Recenti studi scientifici realizzati da psicologi e sociologi statunitensi e britannici hanno chiarito che, al
contrario di quanto tradizionalmente affermato dagli stereotipi diffusi
dalla cultura di massa, le persone etichettate come 'teorici della
cospirazione' siano più sane ed equilibrate rispetto a chi accetti
supinamente le versioni ufficiali dei fatti contestati.
Lo studio più recente è stato pubblicato lo scorso 8 luglio dagli psicologi Michael J. Wood e Karen M. Douglas dell'Università del Kent (Regno Unito), ed intitolato E l'edificio 7? Studio Psicologico Sociale di Discussione Online sulle Teorie del Complotto sull'11 Settembre. Lo
studio ha confrontato numerosi commenti di tipo 'cospirazionista' e
'convenzionalista' (anti-cospirazione) postati da utenti di siti di
notizie online.
Con grande stupore i ricercatori hanno scoperto che i
commenti a supporto della teoria del complotto fossero numericamente
maggiori rispetto a quelli che continuano a reputare valide le versioni
dei fatti diramate dai media convenzionali. "Dei 2.174 commenti
raccolti, 1.459 sono stati catalogati come cospirazionisti e 715 come
conventionalisti." In altri termini, coloro che non credono alle
versioni ufficiali di eventi come l'11 Settembre e l'omicidio di JFK
sono risultati essere più del doppio rispetto a quelli che credono alle
versioni ufficiali. Il che in parole povere significa che il rapporto si
è invertito, e che la saggezza
convenzionale oggi è espressa dai cosiddetti 'complottisti' mentre le
persone che non credono alle cospirazioni stanno diventando una sparuta
minoranza.
Forse anche perché il loro parere ha smesso di essere espressione della maggioranza, i commentatori anti-cospirazione tendono a tradire una forte rabbia ed ostilità:
"Lo studio ha dimostrato che i soggetti che supportano la versione
ufficiale dei fatti dell'11 Settembre si esprimano generalmente in modo
più ostile nel tentativo di persuadere chi la pensi in modo diverso da
loro."
Si è inoltre appurato che gli avversatori delle teorie del complotto, oltre che fortemente ostili siano anche più tendenti al fanatismo.
Secondo costoro la versione in base a cui 19 arabi - nessuno dei quali
provvisto di adeguate competenze di pilotaggio aereo - sarebbero
riusciti a commettere il crimine del secolo sotto la direzione di un
dializzato nascosto in una grotta in Afghanistan - sia indiscutibilmente
vera. I cosiddetti cospirazionisti - dal canto loro - non pretendono di
avere una teoria del tutto esplicativa degli eventi: "Coloro che
sostengono che gli attentati dell'11 Settembre siano stati in realtà una
cospirazione governativa, non mirano a promuovere una specifica teoria
esaustiva, ma solo a smentire la versione ufficiale."
In breve, lo studio scientifico elaborato
da Wood e Douglas suggerisce che lo stereotipo negativo del
'complottista' - un fanatico ostile che sostiene con piglio ideologico
le versioni ipotizzate dalla propria 'setta' di appartenenza - in realtà
descriva accuratamente le persone che difendono le versioni ufficiali,
non quelle che le contestano.
Lo studio ha anche rilevato come i cosiddetti 'complottisti' abbiano una migliore visione d'insieme e discutano il contesto storico
(ad esempio la contestualizzazione dell'assassinio di JFK rispetto ai
fatti dell'11 Settembre) in misura maggiore degli anti-cospirazionisti.
Ed ha verificato che i cosiddetti complottisti non amino sentirsi
definire 'complottisti' o 'teorici della cospirazione.'
Questi risultati sono amplificati nel nuovo libro Conspiracy Theory in America del politologo Lance DeHaven-Smith, pubblicato all'inizio di quest'anno dalla University of Texas Press. Il prof. DeHaven-Smith spiega come mai la gente non gradisca essere definita: 'complottista.' L'espressione
- infatti - fu coniata ed ampiamente diffusa dalla CIA per diffamare
coloro i quali sollevassero dei dubbi sulla versione ufficiale
dell'assassinio di JFK!
"La campagna della CIA per diffondere l'espressione 'teoria del complotto' ebbe l'obiettivo di rendere chi non credesse alle versioni ufficiali oggetto di scherno e ostilità da parte del resto della collettività, e bisogna ammettere - purtroppo - che si sia rivelata una delle iniziative di propaganda di maggior successo di tutti i tempi."
In altri termini, coloro i quali usino
sotto forma di insulto le espressioni 'teoria del complotto' e
'complottista' stanno reagendo nel modo preventivato ad una documentata,
indiscussa, storicamente reale cospirazione posta in essere dalla CIA
per coprire l'assassinio di JFK. Quella campagna, tra l'altro,
era completamente illegale, e gli agenti della CIA che vi furono
coinvolti erano dei criminali; alla CIA infatti è legalmente proibito di
condurre operazioni sul territorio 'amico', tuttavia è dimostrato che
essa infranga regolarmente il divieto, compiendo operazioni su
territorio nazionale che spaziano dalla propaganda agli omicidi.
DeHaven-Smith spiega anche il motivo per cui coloro che dubitano delle
versioni ufficiali di eventi criminali tendano ad analizzare il contesto
storico. Nel suo testo fa notare che un gran numero di sinistre
cospirazioni che si rivelarono autentiche appaiano fortemente
relazionate a molti crimini di stato contro la democrazia non ancora
provati. Un esempio evidente è il legame tra gli omicidi di JFK ed il
fratello Robert FK, i quali hanno dato via libera a presidenze
intenzionate a proseguire la guerra del Vietnam (e a delegare
l'emissione della moneta a banche private - n.d.t.). Secondo
DeHaven-Smith, è necessario discutere gli "omicidi Kennedy" al plurale,
in quanto i due omicidi sembrano essere aspetti di uno stesso grande
crimine.
La psicologa Laurie Manwell della University of Guelph concorda sul fatto che l'etichetta coniata dalla CIA: "teoria della cospirazione" ostacoli le normali funzioni cognitive. In un articolo pubblicato sulla rivista America Behavioral Scientist (2010), asserisce che le
persone 'anti-complottiste' non siano in grado di ragionare con
lucidità su tali apparenti crimini contro la democrazia proprio per
effetto della loro incapacità di elaborare informazioni che siano in
conflitto con una linea di pensiero che è stata loro inculcata
precedentemente.
Nello stesso numero di ABS, il professor Steven Hoffman dell'Università di Buffalo aggiunge che gli individui avversi alle teorie cospirative siano soggetti a un forte bias di conferma
(v. correlati) - cioè, piuttosto che prendere atto della realtà dei
fatti cercano informazioni che confermino le loro convinzioni
preesistenti facendo ricorso a meccanismi irrazionali (come l'etichetta
di 'complottista') per evitare di confrontarsi con informazioni
contrastanti.
L'estrema irrazionalità di chi attacca le 'teorie della cospirazione' è
stata abilmente esposta anche dai docenti di comunicazione della Boise State University Ginna Husting e Martin Orr. In un articolo del 2007 dal titolo Meccanismi Pericolosi: l'Idea di Complottismo Come Strategia di Esclusione Transpersonale hanno scritto:
«Se io ti definisco complottista, mi importa ben poco se tu stia effettivamente dibattendo di una cospirazione realmente esistente o se hai semplicemente sollevato una questione che preferisco non vedere ... Attraverso questa etichetta sto strategicamente escludendoti dalla sfera in cui discorsi pubblici e dibattiti generano dei conflitti."
Ma ora, grazie a internet, le persone che mettono in dubbio le versioni ufficiali non sono più escluse dal dibattito pubblico; dopo
44 anni di dominio la campagna ordita dalla CIA per soffocare il
dibattito pubblico con la scusa del complottismo è giunta alla frutta.
Negli studi accademici, così come nei commenti postati sotto le
notizie, le voci che sostengono la possibilità del complotto sono ormai
più numerose - e più razionali - di quelle che continuano a supportare
le versioni ufficiali.
Per cui c'è poco da meravigliarsi se i cosiddetti 'anti-complottisti' appaiano sempre di più come una setta di ostili, paranoici individui manovrabili.
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Articolo in lingua inglese, pubblicato sul sito Veterans Today
Link diretto: http://www.veteranstoday.com/2013/07/14/whatabout7/
Traduzione a cura di Anticorpi.info
Traduzione a cura di Anticorpi.info
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