Il presidente uscente della Commissione, Jose Manuel
Barroso, ha fatto capire che il prestito non potrà superare 1 miliardo
di dollari (790 milioni di euro), mentre l’Ucraina in precedenza ha
chiesto 2 miliardi di euro. È comunque sicuro che alla fine i soldi si
troveranno – nelle tasche dei contribuenti europei.
Che
l’UE, in un modo o nell’altro, dovrà “manenere” l’Ucraina, non è un
segreto per nessuno.
L’insolvenza di Kiev, abbinata alla sua capacità di
consumare il gas che dovrebbe solo transitare, fa paura, perché a lungo
andare la parte lesa potrebbero essere gli stessi europei che, invece,
sperano che le forniture saranno regolari. Non a caso nel corso del
vertice europeo della settimana scorsa si è parlato soprattutto degli
aiuti all’Ucraina. D’altra parte, proprio i paesi occidentali hanno
creato la crisi ucraina e devono essere consapevoli di tutti i rischi
geopolitici ivi connessi.
A pagare però saranno i
semplici cittadini dell’Unione Europea – polacchi, cechi, ungheresi,
slovacchi, greci e, cosa inaudita, persino i tedeschi. A detta dello
stesso Barroso, la Commissione europea potrebbe dover erogare
all’Ucraina un prestito di circa 800 milioni di euro.
Non
è tanto, ma Barroso è portoghese e forse spera di poter usare i fondi
della Commissione per aiutare le banche portoghesi con a capo il Banco
Espirito Santo, per salvare il quale la Banca di Portogallo ha già
stanziato 4,4 miliardi e potrebbe erogare altri aiuti.
Ma
Bruxelles ha uno strumento finanziario molto più potente: il MES,
Meccanismo europeo di stabilità col capitale di 500 miliardi di euro, di
cui però 100 miliadi sono già stati spesi per sanare le banche spagnole
e 9 miliardi per salvare il sistema finanziario di Cipro. Giorni fa il
MES ha collocato sul mercato i suoi bond biennali per un totale di 4
miliardi di euro, ma quando si tratta dell’Ucraina il MES non promette
aiuti, sebbene l’eventuale crisi del gas giustifichi l’uso del
meccanismo anticrisi su scala europea.
Chi allora dovrà
pagare per gli esperimenti geopolitici di Washington e Bruxelles?
Secondo il Wall Street Journal, toccherà pagare ai governi nazionali dei
paesi UE. Riferendosi alle fonti di Bruxelles, il quotidiano americano
ha scritto che l’attuale situazione potrebbe portare alla “pressione
sugli Stati membri con lo scopo di farli intervenire per liquidare il
gap”. Tradotto in un linguaggio comune ciò significa che l’UE chiederà
ai governi europei di finanziare almeno la metà degli aiuti a Kiev.
Secondo i dati della parte russa, il debito dell’Ucraina nei solo
confronti di Gazprom ha raggiunto la cifra di 5,3 miliardi di dollari.
Il ministro dell’energia della Russia, Aleksandr Novak, crede che per
aiutare l’Ucraina si potrebbero usare “le garanzie delle banche
primarie, dei prestiti ponte o i fondi della BERS e della Commissione
europea”, ma Bruxelles, a quanto pare, preferisce scaricare il debito di
Kiev sui cittadini europei.
La situazione finanziaria
dell’UE non è certamente delle migliori. Come prima cosa l’UE non ha una
netta strategia anticrisi di lungo termine e continua a seguire la
strada delle misure eccezionali dalla creazione di vari fondi di
stabilità al riscatto del debito pubblico. Tutte queste misure non
bastano per risolvere il problema, ha sottolineato Elena Turzhanskaya,
analista della società filnanziaria russa “Kalita-Finance”.
Una di queste misure è stata appunto la costituzione del fondo per il riscatto del debito dei paesi “periferici”. In parallelo si usano gli eurobond che però non piacciono alla Germania perché significano un maggiore carico sul suo sistema finanziario. La BCE, da parte sua, compra i debiti dei paesi “periferici”, ma ciò conduce alla crescita dell’inflazione.
In queste condizioni i cittadini
dei paesi europei potrebbero chiedere ai loro governi a cosa serve
fomentare il conflitto in Ucraina, ignorando le azioni aggressive di
Kiev, iniziando la “guerra delle sanzioni” contro la Russia e lamentando
nel contempo problemi finanziari. La risposta va cercata in campo
geopolitico. Quello della crisi ucraina è un problema politico e
politiche furono anche le ragioni del lancio dell’eurozona che oggi deve
dare dei soldi a Kiev, fa ricordare il direttore dell’Istituto di
analisi strategica della Russia, Igor Nikolaev.
Le ragioni del lancio della moneta unica furono, purtroppo, politiche. Si è trattato di un grave errore. Quando l’economia comincia a dipendere dalla politica, la cosa finisce male. Io almeno non conosco esempi che possano dimostrare il contrario.
La sanguinosa
crisi ucraina, che dura ormai da quasi un anno, è un classico esempio di
quello che succede quando i politici si dimenticano delle leggi
economiche e perdono il buon senso. Sarebbe stato utile capirlo prima
dell'inizio dell’inverno, ma, come si usa dire, meglio tardi che mai...
Nessun commento:
Posta un commento