Le
economie di Europa e Stati Uniti hanno urgente bisogno di nuovi
incentivi e liquidità, o scivoleranno in una spirale deflazionistica. La
sempre più debole domanda dei consumatori evidenzia i sospetti sugli
investitori che avevano previsto un futuro fin troppo positivamente. Il
crollo del mercato del petrolio crea problemi non solo per i Paesi le
cui economie dipendono da questo prodotto, dicono gli esperti. La
situazione nei mercati di Europa e Stati Uniti è peggiorata notevolmente
e ora le speranze non si fondano sulla ripresa economica, ma su azioni
rapide e decisive delle autorità monetarie. Se ci si attarda ancora, il
punto di non ritorno sarà superato, queste sono le stime pubblicate
dalla revisione analitica della società d’investimento IT Invest.
La BCE senza risorse
Il 22 ottobre, i mercati azionari europei hanno registrato un significativo calo di circa il 3%. Il mercato azionario greco s’è particolarmente distinto, con un calo del 6,25%.
Il 22 ottobre, i mercati azionari europei hanno registrato un significativo calo di circa il 3%. Il mercato azionario greco s’è particolarmente distinto, con un calo del 6,25%.
“Vedendo che tutti gli indici azionari in Europa sono scesi a un nuovo minimo annuale, ci si domanda: dov’é la ripresa moderata di cui il capo della Banca Centrale europea Mario Draghi parla negli ultimi tre trimestri? Il rallentamento economico nella zona euro continua ad aggravarsi e la deflazione resta imbattuta“,
ha detto Vasilij Olejnik, analista della società IT Invest.
I dati pubblicati ieri hanno sottolineato la debolezza della ripresa
economica dell’UE e mostrano che l’inflazione in Germania non è
aumentata a settembre. L’indice delle aspettative economiche in Germania
è sceso inaspettatamente. L’istituto di ricerca ZEW ha detto che non
esclude la possibilità di una recessione della maggiore economia europea
nel terzo quadrimestre. Gli indicatori dell’inflazione in Francia,
Italia e Spagna sono al di sotto delle aspettative dimostrando anche la
debole crescita dei prezzi al consumo. I dati del Regno Unito
suggeriscono una situazione simile, il mese scorso il tasso d’inflazione
annuale è sceso inaspettatamente all’1,2%. La sterlina è scesa dello
0,7%, a 1,6 dollari, vicino al minimo in 11 mesi rispetto al biglietto
verde. Tutti i mercati azionari europei sembrano aspettarsi il lancio
del promesso programma di acquisto di asset, simile al QE della Federal Reserve degli Stati Uniti, ma non ha ancora risolto la questione dei poteri del regolatore, afferma Vasilij Olejnik.
“Mentre la corte decide se la BCE abbia il diritto di acquistare grandi asset con il suo bilancio, gli investitori diventano nervosi. Considerando che i tedeschi erano fortemente contrari all’introduzione di un tale programma, la situazione sembra ammorbarsi. Draghi non ha più assi nella manica, e il tasso più basso e la distribuzione di crediti a buon mercato non possono salvare le banche. Possiamo solo aspettare, sperare e credere. Il lancio del programma di riacquisto è stato deciso per la seconda metà di ottobre, ma finora nessuno ne conosce i parametri. Se il volume del programma è trascurabile, si riesce a smorzare il panico provvisoriamente e, prima o poi, la BCE dovrà ancora seguire il percorso della FED. La situazione si riscalda assai rapidamente, quindi è probabile che le autorità della zona euro non abbiano tempo“, ha detto.
Si spinge la FED alla flessibilità
La situazione negli USA peggiora. Il protocollo della riunione della FED di settembre, pubblicato la scorsa settimana, ha modificato l’atteggiamento degli investitori globali sul dollaro. L’accento si pone sul rallentamento dell’economia globale e il rafforzamento del dollaro è una potenziale minaccia per gli Stati Uniti. Gli investitori hanno concluso che la FED non ha fretta di restringere la politica monetaria. Ma vi è un grande vantaggio per gli investitori e il motore principale della crescita di tutti i mercati azionari, ha detto Vasilij Olejnik.
La situazione negli USA peggiora. Il protocollo della riunione della FED di settembre, pubblicato la scorsa settimana, ha modificato l’atteggiamento degli investitori globali sul dollaro. L’accento si pone sul rallentamento dell’economia globale e il rafforzamento del dollaro è una potenziale minaccia per gli Stati Uniti. Gli investitori hanno concluso che la FED non ha fretta di restringere la politica monetaria. Ma vi è un grande vantaggio per gli investitori e il motore principale della crescita di tutti i mercati azionari, ha detto Vasilij Olejnik.
“Il 22 ottobre scorso, la riduzione dei principali indici statunitensi ha raggiunto il 3%, il declino massimo giornaliero negli ultimi due anni. Al termine della sessione di contrattazione, gli indici riuscivano a riguadagnare la maggior parte delle perdite. La rapida caduta dei prezzi del petrolio e un dollaro più forte porterebbero immediatamente al calo dell’inflazione negli Stati Uniti. Con tale scenario, gli Stati Uniti rischiano di precipitare in una spirale deflazionistica, seguita dalla recessione, così come in Europa. La cosa buona è che presto spariranno tutti i timori di un aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti, ed è probabile che la FED dovrà riflettere sulle nuove misure di stimolo che gli investitori salutano, visto che il rischio d’inflazione passa in secondo piano. Ora possiamo già scommettere che alla prossima riunione la retorica del regolatore cambierà divenendo più accomodante, e alcune sorprese e cenni positivi non sono esclusi. Anche se la FED riduce sicuramente il programma di acquisto attivo di asset, potrà ancora acquistare attivi con gli interessi sulle obbligazioni in bilancio per un ammontare di 10-15 miliardi di dollari“, dice.
La caduta di ieri nelle borse degli Stati Uniti è dovuta ai cattivi dati
sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti, ha detto l’analista di
VTB24 Stanislav Klechev. Le vendite, escluse le automobili, di settembre
hanno mostrato un calo del 0,2%. Il primo calo da gennaio, quando il
degrado era dovuto al freddo.
“La domanda dei consumatori è inaspettatamente debole, motore principale dell’economia statunitense, scatenando la reazione naturale degli investitori già avvertiti dalla FED su un rischio significativo per l’economia nazionale, come il dollaro a buon mercato e il rallentamento dell’economia globale. Tuttavia, un rischio interno, le cui cause sono ancora da indagare, si aggiunge a tali rischi esterni“,
ha detto. Nel frattempo la vendita
nel mercato azionario passava alla rapida crescita del mercato del
debito, e gli investitori iniziavano a comprare a colpo sicuro titoli
del Tesoro come rifugio per i loro capitali. I rendimenti delle
obbligazioni a 10 anni sono scesi al di sotto del 2% annuo. Ieri la sola
diffusione dell’informazione della riunione a porte chiuse ha impedito
il crollo del mercato azionario statunitense. La presidentessa della FED
Janet Yellen ha apparentemente confermato la convinzione che l’economia
statunitense raggiungerà l’obiettivo della crescita del PIL al 3%,
mentre l’inflazione tornerà al livello voluto del 2%.
“La menzione di quest’ultimo fatto, che non vi sia alcun rischio di deflazione, s’è rivelata molto importante in quanto i dati di ieri sull’indice dei prezzi alla produzione, al netto degli alimentari e dell’energia, hanno mostrato una crescita zero. E’ la prima volta dalla primavera dello scorso anno, generando un timore ben fondato su un crescente senso deflazionistico“,
ha detto l’analista. A suo parere, non c’è nulla
di nuovo nei propositi del capo della FED nella riunione riservata.
Questo punto di vista appare nelle proiezioni ufficiali del regolatore.
Ma il mercato aveva bisogno di emozioni positive, anche inventate, per
fermare il panico. Tuttavia, la questione del completamento della
correzione sul mercato statunitense resta aperta.
Tutti uguali davanti al petrolio
Il crollo del mercato del petrolio è un motivo in più per pensare ad ulteriori incentivi non solo per i Paesi le cui economie dipendono da questi prodotti, ma anche per gli USA, ha detto Vasilij Olejnik. La redditività della produzione di petrolio in molti pozzi negli Stati Uniti è ormai vicina agli 80 dollari al barile, per non parlare dello scisto bituminoso la cui produzione è più costosa.
Il crollo del mercato del petrolio è un motivo in più per pensare ad ulteriori incentivi non solo per i Paesi le cui economie dipendono da questi prodotti, ma anche per gli USA, ha detto Vasilij Olejnik. La redditività della produzione di petrolio in molti pozzi negli Stati Uniti è ormai vicina agli 80 dollari al barile, per non parlare dello scisto bituminoso la cui produzione è più costosa.
“Negli ultimi anni gli Stati Uniti aumentano la produzione di petrolio in vista di un’entrata nei mercati esteri come esportatori avendo una fonte di reddito supplementare nel bilancio, ma tutti questi piani potrebbero fallire. Resta per le autorità degli Stati Uniti una cosa: ancora una volta cominciano a sostenere l’economia stampando moneta, indebolendo il dollaro ed aumentando il costo delle materie prime. Più il petrolio rimarrà al livello attuale, più rapidamente l’eccesso di offerta sul mercato scomparirà e più il prezzo salirà. Si consiglia di acquistare “oro nero” vicino ai livelli attuali, attendendo un aumento di 10 dollari“,
dice l’esperto di IT Invest. Nel frattempo, secondo il capo del dipartimento analisi della società Golden Hills Kapital AM,
Natalja Samojlova, i prezzi del petrolio non saranno lontani dal minimo
da diversi anni e possono continuare a scendere verso l’obiettivo degli
80 dollari al barile, nelle prossime settimane.
Igor Kalinovskij, Expert – Reseau International
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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