venerdì 21 novembre 2014

Approvvigionamento energetico: “South Stream” tra politica e la realtà economica

Approvvigionamento energetico: “South Stream” tra politica e la realtà economica

Con la costruzione del gasdotto South Stream crescerà la sicurezza energetica di tutta l’Europa centrale e orientale. Tale affermazione è stata fatta dopo l’incontro di ieri tra i ministri degli Esteri di Russia e Ungheria.
 
Sergej Lavrov ha comunicato che Mosca e Budapest hanno confermato i loro impegni relativi alla costruzione del gasdotto. Il ministro russo spera che l’Europa cominci a capire tutta l’importanza di questo progetto.

La costruzione di South Stream ha preso il via in dicembre 2012. Il gasdotto attraverserà il mar Nero, collegando la Russia ai paesi dell’Europa meridionale e centrale. Le prime spedizioni del gas attraverso il nuovo metanodotto devono iniziare già alla fine del 2015, ma quando erano già stati ratificati gli accordi con i governi dei paesi che partecipano al progetto (Serbia, Bulgaria, Ungheria), Bruxelles ha cominciato ad opporsi. Secondo la Commissione europea, questi accordi sono in contrasto con le regole dell’Unione Europea, cioè con il cosiddetto “Terzo pacchetto energia” che vieta ai fornitori di gas di partecipare alle aziende che gestiscono le attività di trasporto del gas. Le trattative sono in corso da diversi anni, ma da quando è iniziata la crisi in Ucraina Bruxelles frena il progetto con energia ancora maggiore.

Si potrebbe pensare che dovesse fare il contrario, perché la crisi ucraina ha messo in evidenza la vulnerabilità energetica dell’UE. Anche prima Kiev non era un partner affidabile per quel che riguarda il transito del gas, ma dopo il golpe armato ha cominciato apertamente a ricattare l’Europa. Mosca propone la soluzione più rapida e semplice: costruire South Stream aggirando l’Ucraina. Tuttavia cedendo alle pressioni degli USA e credendo forse a Washington che ha promesso di rifornire l’Europa con lo shale gas americano, i burocrati di Bruxelles fanno delle cose strane. 

Decidono per esempio di costruire il Corridoio Meridionale del Gas per le forniture del metano azero. L’Azerbaigian però non è in grado di fornire neanche la metà di quanto fornisce attualmente la Russia, fa notare il vice direttore del Fondo per la sicurezza energetica nazionale Aleksey Grivatch.
Si tratta del Gasdotto Trans-Anatolia, che attraverso la Trchia deve raggiungere la Grecia, e del Gasdotto Trans-Adriatico, che complessivamente dovrebbero trasportare 6 miliardi di metri cubi destinati alla Turchia e 10 miliardi di metri cubi per i consumatori in Europa. La disponibilità effettiva delle quantità di cui sopra fa nascere dei grossi dubbi. Il buon senso dice che per l’Europa è quasi impensabile poter trovare un altro progetto così generoso come South Stream, proposto dalla Russia: l’Europa non deve investire praticamente niente, mentre le forniture sarebbero al sicuro.
Per risolvere i problemi della sicurezza energetica Bruxelles deve prima decidere che cosa per l’Europa è più importante: la politica o l’economia. Finora tutte le decisioni dell’Europa erano estremamente politicizzate. Ci sono alcuni paesi che hanno un interesse vitale a completare la costruzione di South Stream, ma la loro voce si sente poco. Invece quelli che sono in grado di incidere sulle decisioni, già da tempo ricevono il gas russo attraverso un altro gasdotto della Russia – Nord Stream, sottolinea il vice direttore dell’Istituto di studi sulle relazioni internazionali dell’Accademia delle scienze della Russia, Aleksey Kuznetsov.
Nell’Unione Europea esistono due posizioni in lotta tra di esse. Da un lato, c’è la posizione russofoba che, certamente, ha la sua logica. Questo gruppo vuole a tutti i costi ridurre la dipendenza energetica dalla Russia. Seguendo la logica di queste persone, è possibile costruire gasdotti alternativi malgrado i costi e i rischi politici. Tuttavia i paesi che rischiano di restare senza gas nel caso di ulteriori problemi con l’Ucraina cominciano a ragionare in maniera più razionale, ma nell’UE, purtroppo, c’è un’enorme quantità di populisti che stanno costruendo dei castelli in aria.
Eppure Sergej Lavrov crede che alla fine in Europa avrà la meglio la la sobrietà economica e secondo il politologo Evgeny Voyko, dell’Università filnanziaria presso il governo della Russia, questa speranza non è infondata.
Una notevole parte della classe governante europea, ma anche degli imprenditori, è coinvolta nell’implementazione di questo progetto. Lo dimostra in particolare il caso della Bulgaria, ma non solo. Tutto sommato, l’elité europea vorrebbe che in Bulgaria il problema venisse risolto quanto prima. Il suo interesse ce l’ha anche l’Italia, che in questo caso è uno dei partner chiave della Russia. Naturalmente, sono interessati anche l’Austria, la Grecia e la Serbia, cioè i paesi che in un modo o nell’altro sono coinvolti nel transito e vorrebbero avere dei dividendi da questo progetto.
Nonostante lo stato di smarrimento politico in cui si è trovata l’Europa, dovrà comunque prendere le sue decisioni. Non è il caso di sperare in una rapida normalizzazione della situazione in Ucraina: Kiev non ha soldi per pagare il gas e non potrà rilanciare la sua economia nel futuro immediato. Ma non è disposta neanche a guardare impassibilmente il gas che transita verso l’Europa e non cercare di appropriarsene: non sarebbe tipico delle autorità ucraine. Il ministro dell’economia della Germania, Sigmar Gabriel, ha probabilmente colto l’umore degli ucraini, per questo ha esortato l’Europa a dare il nullaosta al progetto South Stream. La forza della natura è davvero sorprendente: più si abbassa la temperatura, e più cresce in Europa il numero di coloro che cominciano a veder chiaro.

Igor Siletskij   


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