venerdì 28 novembre 2014

La nostra percezione temporale si determina dalla frequenza vibratoria. Ovvero…


Francesco Franz Amato La nostra percezione temporale si determina dalla frequenza vibratoria. Ovvero...

Il tempo non è oggettivo, questo si sa. L’ha detto pure Einstein e d’altronde tutti noi sperimentiamo spazi temporali in modo del tutto diverso a secondo, per esempio, di quello che proviamo. Così un’attesa di qualcosa che desideriamo o che temiamo diviene interminabile e ore passate in compagnia di qualcuno che amiamo passano invece in un lampo.

Ma cosa esattamente determina, anche nel ricordo e quindi a posteriori, la percezione del tempo passato da un determinato evento?

Il nostro pensiero viene determinato al 99% dalle emozioni (e viceversa). Il tutto a sua volta viene determinato da stimoli “meccanici” ovvero da condizionamenti… ma questo vale nella sostanza. L’evento “pensiero” o l’evento “emozione” sono infatti determinati dai condizionamenti nella loro natura intrinseca ma vengono molto spesso scatenati da stimoli esterni, vale a dire oggettivi.


La parte soggettiva di quello che viviamo non è in effetti nel fatto di rispondere ad un evento ma nel come lo facciamo.

Mi spiego meglio: siamo in silenzio, concentrati su qualcosa. Alle nostra spalle sbatte una porta e noi sobbalziamo. Il sobbalzo è una reazione istintiva, oggettiva, ad un evento che ci sorprende. Meccanica certamente ma involontaria. Se la nostra concentrazione non viene interrotta da questo sobbalzo, noi continuiamo a fare quello che stavamo facendo. Questo non è affatto meccanico, ma consapevole.

Se invece iniziamo a maledire quell’idiota che ha lasciato la porta aperta oppure ci giriamo pensando “Ma che cazzo…” ecco che questa è una risposta del tutto meccanica ed inconsapevole.

Nell’arco della giornata, gli stimoli esterni che ci raggiungono si contano a milioni. E le nostre reazioni, ovviamente anche. Tuttavia la differenza in termini di consapevolezza si sviluppa proprio nell’intervallo tra lo stimolo e la reazione e successivamente nella reazione stessa.

Ognuno di noi vibra secondo diverse centinaia di armoniche: individuali, personali, universali, planetarie, cosmiche etc. etc. L’insieme di queste vibrazioni genera una sorta di “frequenza” generale. Maggiore è questa frequenza, più raffinati sono gli stimoli a cui reagiamo come pure le nostre reazioni. Ma quello che ci interessa in questo caso non sono queste ultime, quanto le nostre azioni.

Quando il nostro campo (ovvero la nostra energia) vibra ad una determinata frequenza per un certo periodo, ecco che quella frequenza diventa un po’ caratteristica di noi. Così abbiamo persone più dense ed altre meno (per fare un esempio, la nostra frequenza vibratoria determina la nostra raffinatezza) e così via.

Una delle prime cose che reagiscono ad una aumentata frequenza vibratoria del nostro campo sono le emozioni che viviamo. Maggiore è la frequenza più le nostre emozioni, infatti, divengono armoniche, raffinate e di conseguenza lo divengono i nostri pensieri.

Ma il nostro pensiero viene influenzato anche di più dalla suddetta frequenza, aumentando a tutti gli effetti non solo la propria configurazione armonica ma anche proprio la sua velocità. In altre parole, più la nostra qualità si raffina, più diventiamo veloci a pensare, ma anche profondi.

Da un punto di vista soggettivo è questa velocità a determinare la percezione dello scorrere del tempo.

E’ un po’ come quando si viaggia su un’auto molto veloce: il viaggio dura di meno perchè lo spazio percorso nel tempo è maggiore. Lo stesso vale per il pensiero: più cose pensiamo (e più profondamente lo facciamo) e  più lo “spazio di esperienza” viene percorso velocemente. Quindi il “viaggio” dura meno.

Il tempo è lo spazio del pensiero. Quando il pensiero diventa meno meccanico, quello spazio viene percorso più rapidamente ed è proprio questo che determina la percezione di un tempo trascorso più velocemente.

Ovvio che questo non si applica ad un pensiero meccanico, al classico chiacchericcio mentale o anche alle varie elucubrazioni mentali senza ordine e scopo che noi esseri umani siamo abituati a definire “pensiero”.

Però quando passiamo ad una forma di pensiero più concentrata e quindi meno meccanica, ecco che lo spazio del pensiero inizia ad essere percorso più rapidamente. D’altronde, per riprendere l’esempio dell’auto che viaggia velocemente, se la suddetta viaggia in autostrada, percorrerà un tragitto più breve che non quello che percorrerebbe se, per fare un esempio, facesso lo stesso viaggio usando le strade statali e quelle provinciali: la distanza tra il punto di arrivo e quello di partenza, quella in linea d’aria, diciamo, non cambierà. Ma cambierà la distanza percorsa. Quindi abbiamo due fattori che variano il tempo impiegato da un punto ad un altro. Il primo è la distanza oggettivamente percorsa, il secondo è la velocità con cui lo facciamo.

Nello stesso modo, considerando lo spazio del pensiero (cioè il tempo), ecco che gli stessi due fattori si ripresenteranno: la distanza oggettiva tra l’inizio del pensiero e la sua fine e la velocità con cui il pensiero si è dipanato tra le due condizioni.

Nella memoria, ma anche nella percezione istantanea, la percezione del tempo trascorso varierà di conseguenza.

Al limite, nel momento in cui il vero pensiero dovesse essere usato, la percezione del tempo si avvicinerà ad una percezione istantanea. E questo perchè il pensiero vero non ha nulla a che vedere con ciò che siamo abituati a sperimentare come tale, ma attiene più alla sfera della coscienza e della consapevolezza, ovvero due dimensioni in cui non vi è uno spazio per la verbalizzazione e neppure per il giudizio ma solo per la percezione.

Il pensiero vero infatti non attiene lo spazio tridimensionale, non essendo in alcun modo generato da strutture fisiche.

Alcune esperienze di comprensione generatesi nella coscienza direttamente, per fare un esempio, avvengono in uno spazio del tutto atemporale, in una condizione coscienziale completamente disgiunta dalla dimensione in cui il corpo ed il pernsiero ordinario sperimentano il proprio spaziotempo.

Per questo motivo, spesso quando si affrontano periodi intensi, di grande concentrazione, in cui la nostra vita assume una qualità più focalizzata, il tempo sembra accelerare (o rallentare, dipende dal punto di vista) ed un fatto accaduto anche solo un paio d’anni prima sembra perdersi nel tempo, come se fosse accaduto due decenni prima, anzichè solo 24 mesi.

E’ il nostro pensiero che, in quei due anni, ha viaggiato ad una media dieci volte più veloce del normale, dilatando lo spazio di esperienza all’interno del quale abbiamo sperimentato più stimoli di quanti non ne avremmo vissuti in una condizione di consapevolezza ordinaria.

Non è semplicissimo, me ne rendo conto ma… in fin dei conti… è una questione di percezione: una volta compresa la questione, diventa lineare.




fonte: http://www.francescoamato.com/blog/2014/11/24/la-nostra-percezione-temporale-si-determina-dalla-frequenza-vibratoria-ovvero/?Leggi+il+resto...=Leggi+il+resto...

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