Dai contributi offerti da
Calogero Grifasi
(ad
ogni modo l’ipnosi è uno tra i mezzi possibili, l’ideale è operare
liturgicamente in sé senza mediazione di terzi) si rafforza in noi la
certezza che l’uomo
sia
una creatura multidimensionale, dotata di
una potenza latente realizzata attraverso il “Risveglio”. Risveglio
variamente perseguito da ogni Civiltà tradizionale e che
l’Allegoria del Figlio dell’Uomo personifica attraverso la figura
del Cristo, il quale non a caso risana i corpi materiali al fine di
perfezionare la loro identità metafisica.
L’idea o conoscenza del miracolo, innanzitutto rimpasta il fango che siamo.
Se possiamo ancora ricavare qualche goccia d’olio sapienziale
stillante dall’esercizio prevalentemente interiore di una rinnovata
quanto “felice” Disciplina dello
Spirito, faremo ottima cosa nel considerare con attenzione rinnovata alcuni passaggi dell’Odissea, o delle stesse Fatiche di Ercole, dove lo
svolgimento della narrazione culmina sempre con l’evento di una liberazione interiore, in cui cambia l’immagine metaforica ma non la sostanza dell’insegnamento ultimo.
L’arco che Odisseo tende è emblema della volontà stessa tesa al riscatto da ciò che parassita la sua vitalità – tendere l’arco è uguale ad innalzare la
propria “frequenza” onde incenerire, trafiggere mediante dardi iridescenti le Ombre (Proci) che infestano la nostra "reggia".
Per magia, qui s'intende la reintegrazione della coscienza alla
dimensione universale e dunque, della capacità d’invertire quel processo
di corruzione, oggi apparentemente inarrestabile,
riguardante la perdita interiore di lucentezza,
provocata dal progressivo declino dei tempi e dall’accrescimento
malevolo dell'ego volgare a discapito della pura "coscienza animica" o
"coscienza superiore", di cui ottenebra la potenza vitale.
Magia, pertanto, qui è intesa unicamente come fattivo recupero di
una parte o dell'interezza stessa dell'atavica determinazione
primordiale, per la quale la nostra identità si rende nel medesimo
tempo assai più “leggera” e ugualmente maggiormente “grave”; tanto
da non poter essere estirpata da entità soprasensibili estranee ai
nostri autentici interessi.
“E’ da sapere che questo seme divino nella nostra anima incontanente
germoglia, mettendo a verzicando per ciascuna potenza dell’anima,
secondo la esigenza di
quella.”
(Dante, Quarto Trattato del Convivio XXIII cap.)
(Dante, Quarto Trattato del Convivio XXIII cap.)
Riporto parte del brano conclusivo dell’introduzione che A. Reghini scrisse per il libro sulla magia di C.
Agrippa.
«La
cosa arcana, necessaria e segreta, dice Agrippa (III, 3) a chiunque
voglia operare nell'arte della magia, e la quale è il principio, il
complemento e la chiave di tutte le operazioni di magia, è
la dignificazione dell'uomo a questa così alta virtù e potenza».
Perché le cose miracolose le può operare soltanto l'intelletto, che è
in noi, la più sovrana
intelligenza dell'anima; «perché (III, 3) noi che aspiriamo a questa
alta dignità bisogna che pensiamo a due cose: in quale modo ci
staccheremo dalle affezioni della carne, dal senso mortale, e
dalle passioni della materia e del corpo; e l'altra, per quale via
ci eleveremo a questo intelletto puro e unito alle virtù degli dei,
senza le quali non possiamo mai felicemente pervenire alla conoscenza delle cose segrete ed alle virtù delle operazioni miracolose. Tutta la dignificazione consiste in questi
due punti». Sono
questi i due obiettivi da raggiungere, uno dopo l'altro, poiché il
primo non è che il preliminare del secondo. La prima operazione consiste
nella soluzione, nello scioglimento dei vincoli perciò la coscienza si sente legata al corpo, nella liberazione dal senso materiale e mortale; la seconda consiste nel
raggiungimento della stabilità, nella fissazione o coagulazione e nella unione ed unificazione con l'intelletto puro.
La
prima parte è la catarsi, la purificazione, la rettificazione
ermetica, il digrossamento della pietra grezza in massoneria; la
seconda, è l’iniziazione,
il rinvenimento della pietra occulta filosofica nell'ermetismo, la formazione della pietra cubica della maestrìa muratoria.
Questi due punti della dignificazione sono dati, secondo Agrippa,
dalla natura, dal merito e da una certa arte e la saggezza stessa, che
insegna a purificare la nostra mente ed a ristabilirla
nella sua purezza divina.
Agrippa segue, o meglio concorda in questo argomento con gli
scrittori neo-platonici ed ermetici, riportandosi ad essi talora, anche
esplicitamente.
«Come dio conosce tutte le cose, così anche l'uomo può conoscere
tutto quello che è conoscibile, avendo in comune con l'oggetto adeguato e
l’essenza, o, come altri dicono, il vero stesso. Non si
trova niente nell'uomo né alcuna disposizione in cui non rifulga
qualche scintilla di verità; e non vi è nulla in dio che non sia
rappresentato anche nell'uomo. Per conseguenza chiunque avrà la
conoscenza di se stesso, conoscerà il mondo di cui gestisce il
simulacro... Ora, quando l'uomo è congiunto con dio, tutto quello che è
nell'uomo gli è congiunto, primieramente la mente, quindi lo
spirito e le forze animali, le virtù vegetative e gli elementi sino
alla materia, che trae seco anche il corpo in cui la forma ha
sussistenza, conducendolo ad una sorte migliore ed ad una natura
celeste, sino a che sia glorificato nella immortalità».
La purificazione è assolutamente necessaria e non può essere compiuta che gradatamente.
«Chi ignora la purificazione dell'animo non potrà comprendere le
cose divine. Bisogna pervenire passo a passo e come salendo di gradino
in gradino a questa purezza dell'animo; perché uno
qualunque novellamente iniziato a questi misteri non comprende d'un
colpo chiaramente tutte le cose, ma bisogna assuefare a poco a poco
l'animo sino a che l'intendimento predomini in noi, e che
applicandosi alla luce divina si mescoli ad essa».
Aggiungendo
poco più oltre: «Lo spirito si purga e si espia per mezzo della purezza, per mezzo dell’astinenza, della penitenza
…
e a esso conferiscono anche certe istituzioni sacre
... perché l'anima deve essere guarita per mezzo delle religioni, studiiocculti
per il volgare, affinché rimessa in sanità, confermata dalla verità,
e munita dei presidii divini, essa non tema le scosse da venire» (III,
53).
Per noi, la magia non è una superstizione.
Una scienza ed una tradizione magica esistevano al tempo di Agrippa ed
esistono, piaccia o non piaccia ai teologastri ed ai
dottori in chiacchierologia, anche oggi. Chi conosce queste cose per
esperienza, ne valuta necessariamente anche la vitale importanza; ed
imposta sopra di questa conoscenza la propria azione.
Agrippa aveva già sin dalla primissima sua gioventù tal conoscenza; e
determinò la propria vita ed azione in base alla propria sapienza ed
alle contingenze sociali del suo tempo. Vide le
deficienze spirituali della chiesa, la scostumatezza monacale, gli
eccessi del clero, gli orrori della inquisizione, e le opportunità ed i
mezzi di azione che offrivano il grande movimento della
Rinascenza ed il tempestoso fermentare della «Riforma».
Ricollegandosi umanisticamente alla antichità classica ed armonizzando
in un sincretismo
illuminato dalla comprensione iniziatica, paganesimo e
cristianesimo, pitagorismo, platonismo, cabala ed ermetismo, si accinse
ad un'opera di inquadramento e sistemazione culturale di tutti
questi elementi alla luce della scienza suprema, della «tradizione
spirituale». Umanista egli stesso, amante delle
buone lettere, scrittore di stile, italiano di educazione,
comprese come di fronte al cieco e fanatico imperare di una
superstizione religiosa, priva o dimentica di ogni comprensione ed
esperienza sacra, l'umanesimo poteva offrire il modo di ristabilire
tale conoscenza, di riportare gli spiriti alla giusta considerazione
della magia o filosofia occulta, di ricostituire in Occidente, nella
cristianità, una gerarchia spirituale effettiva;
l'umanesimo ergeva i valori umani di fronte a quelli rivelati,
poneva la ragione, la cultura, l'esperienza, l'eclettismo di fronte alla
fede, alla povertà di spirito, alla negazione dei propri
sensi, all'unilateralità; ma nel profondo della coscienza umana
stava la coscienza divina e, conoscendo sé stesso, l'uomo assurgeva alla
conoscenza divina, e quindi alla comprensione dei più
profondi misteri della magia e di quegli studiireligiosi,
che Agrippa sosteneva erano occulti per il "volgo".
Articolo di Giovanni Ranella - (‘grassetto’ di freeskies)
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