Il gas da scisto in Europa non ha funzionaro: troppo
alti sono i costi e troppo grandi i rischi. Le multinazionali stanno
chiudendo i lavori. L’ultimo esempio è l’americana ExxonMobil che ha
dichiarato che l’estrazione in Polonia non è redditizia, nonostante che
in Europa porprio la Polonia abbia i giacimenti di shale gas più grandi.
Quindi, niente rivoluzione. Dice il direttore del Dipartimento
analitico del Fondo per la sicurezza energetica nazionale, Aleksandr
Pasechnik:
Coloro che, teoricamente, erano interessati a questo tipo di progetti, hanno perso il loro ottimismo quando è iniziata la perforazione. Ci ha contribuito anche la dinamica dei prezzi petroliferi. Tra alcuni mesi cominceranno a calare anche i prezzi del gas, mentre l’estrazione di shale gas ha costi molto alti, tanto più in Europa.
Gli europei volevano seguire il modello americano, ma occorre capire che non hanno né i territori degli USA, né i loro macchinari o aziende chimiche che consumano molte componenti di shale gas. Pertanto il scisto europeo è un’utopia.
Non è la prima volta che i
progetti in Europa finiscono con un nulla di fatto. Nel 2009 la Exxon
aveva già rinunciato ai lavori in Ungheria, dopo aver speso 75 milioni
di dollari, perché nei pozzi c’era più acqua che gas.
Dei
problemi legati ai pozzi perforati in Polonia si era cominciato a
parlare ancora all’inizio dell’anno, ma Exxon non aveva fretta di
chiudere i suoi progetti nell’Est europeo. Allora il presidente della
società di consulenza americana Brookshire Advisory & Research, con
sede a Chicago, Gianna Bern, diceva che l’insuccesso di Exxon dimostrava
che l’estrazione di shale gas in Polonia poteva diventare una sfida
singolare portando all’aumento dei costi e ai ritardi. Alla fine però i
romantici hanno perso: il progetto polacco, e con esso il sogno
dell’indipendenza da scisto, si è frantumato. Una situazione analoga la
possiamo vedere ovunque in Europa. Spiega Anna Kokoreva, analista della
società “Alpari”:
Quello da scisto è un gas difficile in tutti i casi, persino quando i prezzi del petrolio sono alti. Ora che i prezzi sono andati giù, il margine è diventato ancora più stretto. Sin dall’inizio le prospettive dello shale gas in Europa erano molto incerte. Prima o poi si doveva rivedere i programmi, perché i costi sono troppo alti. Non solo i costi finanziari, ma anche quelli ecologici. In particolare, la tecnologia di estrazione prevede il consumo di grandi quantità di acqua che in Europa scarseggia. Per questo motivo, per esempio, la Cina non inizia l’estrazione del suo shale gase, sebbene vi siano stati scoperti parecchi giacimenti.
In
un certo senso gli americani hanno ingannato le speranze dei polacchi,
ai quali avevano promesso 5 miliardi di metri cubi di gas che,
teoricamente, si potevano estrarre in Polonia. In seguito questa cifra è
stata ridotta a 500 miliardi di metri cubi, ma anche con questa
quantità, premesso che sia effettivamente disponibile, il paese
difficilmente potrà diventare un esportatore di gas. Nel miglior dei
casi la Polonia potrebbe soltanto ridurre la sua dipendenza dal gas
russo, perché dei 14 miliardi di metri cubi, che i polacchi consumano
annualmente, due terzi sono forniti da Gazprom.
In tal
modo, la rivoluzione dello shale gas, promessa dagli americani, era solo
un’esca politica. L’Europa è stata semplicemente ingannata. Proprio per
questo motivo gli analisti seri consigliano agli europei di non
rinunciare alla Russia se vogliono garantire la sicurezza energetica del
continente.
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