Chi
legga in modo spassionato i Vangeli deve convenire che non di un solo
Messia sono narrate le vicende ed è riferita la predicazione, ma di due.
Poco importa se essi furono personaggi storici o no: le religioni
germinano attorno ad un’idea che può essere incarnata da una figura
carismatica realmente esistita, ma pure coincidere con una prodigiosa
mitopoiesi.
Saremmo propensi a vedere nei Messia evangelici (compresi quelli tratteggiati nei libelli apocrifi) due uomini che veramente vissero in Palestina tra il I sec. a. C. ed il I secolo dell’era volgare. Per ironia (o frode?) della storia al Cristo politicizzato è stato attribuito un messaggio di amore ecumenico, mentre la placida figura del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) è stata o appannata o svilita in malfattore, a tal punto che il vocabolo “barabba” è assurto a sinonimo di “briccone”.
Saremmo propensi a vedere nei Messia evangelici (compresi quelli tratteggiati nei libelli apocrifi) due uomini che veramente vissero in Palestina tra il I sec. a. C. ed il I secolo dell’era volgare. Per ironia (o frode?) della storia al Cristo politicizzato è stato attribuito un messaggio di amore ecumenico, mentre la placida figura del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) è stata o appannata o svilita in malfattore, a tal punto che il vocabolo “barabba” è assurto a sinonimo di “briccone”.
Che cosa induce molti studiosi ad ipotizzare che i Messia fossero due?
Gli indizi non mancano: gli Esseni, confraternita nel cui milieu o
ai margini del quale si sviluppò il movimento ebionita, attendevano due
Messia: uno regale ed uno sacerdotale. La congiunzione Giove-Saturno,
che fu forse la stella di Betlemme, adombra la distinzione menzionata.
Il Vangelo di Matteo contiene una genealogia regale, laddove Luca
riferisce l’ascendenza levitica.
Non solo. I Vangeli di Matteo e Marco riportano due distinti episodi in cui Gesù moltiplicò pani e pesci per sfamare la moltitudine che lo aveva seguito: nel primo (Matteo 14,13-21, Marco 6,30-44) con cinque pani e due pesci rifocillò cinquemila persone; nel secondo (Matteo 15,32, 45, 44. Marco 8,1-10) con sette pani e "pochi pesciolini" il Salvatore ristorò quattromila seguaci.
La prima moltiplicazione è riportata anche da Luca (9,10-17) e Giovanni (6,1-14). E’ probabile che i due pesci siano i due Messia; i cinque pani, in tale contesto, dovrebbero simboleggiare i cinque libri della Torah.
Più di queste tracce è, però, la dicotomia diegetica e descrittiva a deporre a favore della congettura in oggetto. Coesistono nei Vangeli un Cristo combattivo ed uno mite: le loro vicende procedono desultorie non solo per i tagli, le cuciture e le ricuciture del tessuto narrativo, ma anche poiché lo scrittore pare seguire due itinerari, dipingere due attanti principali. La regia è piuttosto scaltrita, ma gli stacchi, le incongruenze affiorano: il montaggio è di tipo sovrano per necessità (e per la difficoltà ad armonizzare ed incastrare sequenze eteroclite) e non per scelta estetica.
Così si giustappongono episodi discordanti e proclami onestamente inconciliabili. Matteo 10, 34-38 scrive: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno i suoi familiari.”
Luca è ancora più bellicoso, anzi incendiario: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Devo ricevere un battesimo e quanto mi sento angustiato, finché non sia compiuto. Credete che io sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Perché d’ora in poi cinque persone in una casa saranno divise, tre contro due e due contro tre. Saranno divisi il padre contro il figlio, il figlio contro il padre, la madre contro la figlia, la figlia contro la madre, la suocera contro sua nuora, la nuora contro la suocera.” (Luca 12, 49-53)
Luca 35-38 riporta un dialogo dove all’ordine messianista è stata aggiunta una pacifica coda paolina: "Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38 Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!"
Ecco che ci si sbizzarrisce con le esegesi metaforiche, simboliche, allegoriche… Spesso sono letture molto brillanti: peccato che brillino di una luce da oggetto di bigiotteria. Piaccia o no, siamo al cospetto di contenuti politici anti-romani maldestramente aggiustati, a guisa di un abito rappezzato alla bell’e meglio. Il Cristo depoliticizzato piaceva a Paolo: faceva alla sua bisogna. I dissidi con Giacomo, fratello del Signore, e gli altri Nazirei erano inevitabili, ma la propaganda nicena li cancellò: fu come propiziare la pace tra Eteocle e Polinice. Tanto chi conosce Eteocle e Polinice e chi era ed è al corrente delle dispute tra l’apostolo dei Gentili e gli Ebioniti?
Non solo. I Vangeli di Matteo e Marco riportano due distinti episodi in cui Gesù moltiplicò pani e pesci per sfamare la moltitudine che lo aveva seguito: nel primo (Matteo 14,13-21, Marco 6,30-44) con cinque pani e due pesci rifocillò cinquemila persone; nel secondo (Matteo 15,32, 45, 44. Marco 8,1-10) con sette pani e "pochi pesciolini" il Salvatore ristorò quattromila seguaci.
La prima moltiplicazione è riportata anche da Luca (9,10-17) e Giovanni (6,1-14). E’ probabile che i due pesci siano i due Messia; i cinque pani, in tale contesto, dovrebbero simboleggiare i cinque libri della Torah.
Più di queste tracce è, però, la dicotomia diegetica e descrittiva a deporre a favore della congettura in oggetto. Coesistono nei Vangeli un Cristo combattivo ed uno mite: le loro vicende procedono desultorie non solo per i tagli, le cuciture e le ricuciture del tessuto narrativo, ma anche poiché lo scrittore pare seguire due itinerari, dipingere due attanti principali. La regia è piuttosto scaltrita, ma gli stacchi, le incongruenze affiorano: il montaggio è di tipo sovrano per necessità (e per la difficoltà ad armonizzare ed incastrare sequenze eteroclite) e non per scelta estetica.
Così si giustappongono episodi discordanti e proclami onestamente inconciliabili. Matteo 10, 34-38 scrive: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno i suoi familiari.”
Luca è ancora più bellicoso, anzi incendiario: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Devo ricevere un battesimo e quanto mi sento angustiato, finché non sia compiuto. Credete che io sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Perché d’ora in poi cinque persone in una casa saranno divise, tre contro due e due contro tre. Saranno divisi il padre contro il figlio, il figlio contro il padre, la madre contro la figlia, la figlia contro la madre, la suocera contro sua nuora, la nuora contro la suocera.” (Luca 12, 49-53)
Luca 35-38 riporta un dialogo dove all’ordine messianista è stata aggiunta una pacifica coda paolina: "Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38 Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!"
Ecco che ci si sbizzarrisce con le esegesi metaforiche, simboliche, allegoriche… Spesso sono letture molto brillanti: peccato che brillino di una luce da oggetto di bigiotteria. Piaccia o no, siamo al cospetto di contenuti politici anti-romani maldestramente aggiustati, a guisa di un abito rappezzato alla bell’e meglio. Il Cristo depoliticizzato piaceva a Paolo: faceva alla sua bisogna. I dissidi con Giacomo, fratello del Signore, e gli altri Nazirei erano inevitabili, ma la propaganda nicena li cancellò: fu come propiziare la pace tra Eteocle e Polinice. Tanto chi conosce Eteocle e Polinice e chi era ed è al corrente delle dispute tra l’apostolo dei Gentili e gli Ebioniti?
Il contrappunto è dato dalle parole parenetiche trascritte da Luca (6,27-38): “Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.
Se amate
quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo
stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne
avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da
cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono
prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri
nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla ed il vostro
premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo
verso gli ingrati ed i malvagi. Siate misericordiosi, come è
misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati;
non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;
date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi
sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà
misurato a voi in cambio”.
L’esortazione del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) collide con la concione infiammata del comprimario. Collide fino ad un certo punto: Giovanni di Gamala (?) non sarà stato tanto in disaccordo sul metodo, se non sul merito, ossia cementare gli Ebrei tutti, di là da inimicizie tra sette e tribù, in nome della causa comune: il rovesciamento dell’inviso potere romano e l’instaurazione del Regno di Israele, un regno molto terreno. Siamo autorizzati a pensare che il messaggio sia rivolto a tutta l’umanità e non ai Giudei?
Lo stesso arcinoto “discorso della montagna” sembra più un pamphlet “comunista” e rivoluzionario che un appello alla fraternità universale, quantunque il Messia levitico non sia scevro qua e là di voli sublimi e di profondi insegnamenti, per lo più radicati nell’humus egizio e nelle filosofie ellenistiche. E’ da questo humus che sbocciò il bel fiore noto come Vangelo di Giuda Tommaso, un opuscolo dove i temi canonici si accendono di scintille esoteriche. Non sono poche anche le gemme incastonate nel Vangelo di Cerinto (Giovanni), ma si respira un’altra aria rispetto ai sinottici.
“Non andate fra i pagani e non entrate nel paese dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della Casa d’Israele” (Mt 10,5-6) Ancora: “Non sono stato mandato, se non alle pecore perdute della Casa di Israele”. (Mt 15,24) Si troveranno pure dei versetti in cui sembra che si affermi il contrario: fatto sta che ai Messia interessava poco o punto il destino dei Gentili. Fu Paolo o chi per lui a cambiare le regole, mentre si stava ancora giocando la partita. Era, invece, controverso se riammettere i disprezzati Samaritani nell’ovile. L’episodio della Samaritana al pozzo lascerebbe pensare che per coloro la porta non fosse sbarrata.
In questa passeggiata tra i labirinti narrativi dei Vangeli ci imbattiamo in un altro personaggio molto intrigante: è Giuda Tommaso detto Didimo (ossia Giuda Gemello detto Gemello… sfrontata tautologia con cui si tentò di nascondere l’identità dell’apostolo). Chi fu costui? Presumibilmente uno dei fratelli del Signore (Il Messia di David): in quanto gemello omozigote gli assomigliava a tal punto da essere scambiato per il germano? Si spiegherebbero così episodi come la Resurrezione e la mancata agnizione del Redentore per opera di due discepoli sino alla cena in Emmaus.
Altri personaggi in cerca di identità sono Maria Maddalena e Lazzaro (Eleazar, "il discepolo che Gesù amava"): ormai molti studiosi sono proclivi ad identificarli rispettivamente con la consorte del Messia regale e con il cognato, strenuo difensore della roccaforte di Masada.
Non manca chi (ad esempio, lo studioso David Donnini) in questo giuoco delle parti, in questo turbinio di figure ora mascherate (Lazzaro) ora sdoppiate (Giuda Taddeo e Giuda Tommaso sono probabilmente lo stesso discepolo etc.) ora incollati (i due Messia a formare il Cristo paolino ed ufficiale) crede che Giovanni Battista, altra labilissima silhouette tra racconto e mito, possa essere identificato con il Messia sacerdotale. E’ supposizione su cui è difficile pronunciarsi, ma, a nostro parere, se fosse plausibile, accennerebbe ad una rivalità tra i due copratogonisti. Il cosiddetto precursore del Cristo fu, infatti, un suo concorrente, come si evince da alcuni passi dei Vangeli. E’ una rivalità che contrasta con l’apparente cooperazione tra i due mattatori.
Sia come sia, il corpus su cui si fonda una storia nota a tutti - e proprio per questo ignorata - nonché la fede di circa due miliardi di “cristiani” è uno dei più grossi pastiches della letteratura. Un’analisi narratologica si rivela dunque più proficua e non meno avventurosa degli innumerevoli studi storiografici e filologici, ammesso e non concesso che sia così importante tentare di accostarsi ad una verità storica, invece che ad una verità ultima.
L’esortazione del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) collide con la concione infiammata del comprimario. Collide fino ad un certo punto: Giovanni di Gamala (?) non sarà stato tanto in disaccordo sul metodo, se non sul merito, ossia cementare gli Ebrei tutti, di là da inimicizie tra sette e tribù, in nome della causa comune: il rovesciamento dell’inviso potere romano e l’instaurazione del Regno di Israele, un regno molto terreno. Siamo autorizzati a pensare che il messaggio sia rivolto a tutta l’umanità e non ai Giudei?
Lo stesso arcinoto “discorso della montagna” sembra più un pamphlet “comunista” e rivoluzionario che un appello alla fraternità universale, quantunque il Messia levitico non sia scevro qua e là di voli sublimi e di profondi insegnamenti, per lo più radicati nell’humus egizio e nelle filosofie ellenistiche. E’ da questo humus che sbocciò il bel fiore noto come Vangelo di Giuda Tommaso, un opuscolo dove i temi canonici si accendono di scintille esoteriche. Non sono poche anche le gemme incastonate nel Vangelo di Cerinto (Giovanni), ma si respira un’altra aria rispetto ai sinottici.
“Non andate fra i pagani e non entrate nel paese dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della Casa d’Israele” (Mt 10,5-6) Ancora: “Non sono stato mandato, se non alle pecore perdute della Casa di Israele”. (Mt 15,24) Si troveranno pure dei versetti in cui sembra che si affermi il contrario: fatto sta che ai Messia interessava poco o punto il destino dei Gentili. Fu Paolo o chi per lui a cambiare le regole, mentre si stava ancora giocando la partita. Era, invece, controverso se riammettere i disprezzati Samaritani nell’ovile. L’episodio della Samaritana al pozzo lascerebbe pensare che per coloro la porta non fosse sbarrata.
In questa passeggiata tra i labirinti narrativi dei Vangeli ci imbattiamo in un altro personaggio molto intrigante: è Giuda Tommaso detto Didimo (ossia Giuda Gemello detto Gemello… sfrontata tautologia con cui si tentò di nascondere l’identità dell’apostolo). Chi fu costui? Presumibilmente uno dei fratelli del Signore (Il Messia di David): in quanto gemello omozigote gli assomigliava a tal punto da essere scambiato per il germano? Si spiegherebbero così episodi come la Resurrezione e la mancata agnizione del Redentore per opera di due discepoli sino alla cena in Emmaus.
Altri personaggi in cerca di identità sono Maria Maddalena e Lazzaro (Eleazar, "il discepolo che Gesù amava"): ormai molti studiosi sono proclivi ad identificarli rispettivamente con la consorte del Messia regale e con il cognato, strenuo difensore della roccaforte di Masada.
Non manca chi (ad esempio, lo studioso David Donnini) in questo giuoco delle parti, in questo turbinio di figure ora mascherate (Lazzaro) ora sdoppiate (Giuda Taddeo e Giuda Tommaso sono probabilmente lo stesso discepolo etc.) ora incollati (i due Messia a formare il Cristo paolino ed ufficiale) crede che Giovanni Battista, altra labilissima silhouette tra racconto e mito, possa essere identificato con il Messia sacerdotale. E’ supposizione su cui è difficile pronunciarsi, ma, a nostro parere, se fosse plausibile, accennerebbe ad una rivalità tra i due copratogonisti. Il cosiddetto precursore del Cristo fu, infatti, un suo concorrente, come si evince da alcuni passi dei Vangeli. E’ una rivalità che contrasta con l’apparente cooperazione tra i due mattatori.
Sia come sia, il corpus su cui si fonda una storia nota a tutti - e proprio per questo ignorata - nonché la fede di circa due miliardi di “cristiani” è uno dei più grossi pastiches della letteratura. Un’analisi narratologica si rivela dunque più proficua e non meno avventurosa degli innumerevoli studi storiografici e filologici, ammesso e non concesso che sia così importante tentare di accostarsi ad una verità storica, invece che ad una verità ultima.
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