Sembra
che gli aspetti mediatici in Giappone siano aggravati dai “viaggi
dorati” occidentali e dagli orpelli dell’“apologetica multiculturale”.
Ciò vale certamente per i media anglofoni in Giappone. Tuttavia, il
primo ministro Shinzo Abe illustra la crescente fiducia del corpo
politico giapponese. Pertanto, se il nazionalismo segue nel quadro
giapponese, allora dovrebbe aiutare la nazione ad emergere da diversi
decenni di auto-disfattismo. Cina, India e altre nazioni dell’Asia
continuano a concentrarsi sulla modernizzazione militare.
Nello stesso
tempo, gli Stati Uniti affrontano il problema del debito crescente e dei
tagli militari. In effetti, le guerre in Afghanistan e Iraq
sottolineano il limitato potere degli USA sul terreno, anche se molti
Paesi sostengono Washington. La debacle in Libia è dovuta a Francia e
Regno Unito e sempre più gli USA si affidano a molti giocatori
nell’affrontare le questioni più serie della politica estera. Tale
realtà indica che il Giappone deve concentrarsi sull’esportare soft
power e nel lungo termine, nel poter usare la potenza in tempi di crisi.
USA e Unione europea non hanno la potente Cina nel loro cortile, ma per
il Giappone la nazione cinese è una realtà. E’ quindi essenziale che le
élite politiche di Tokyo si concentrino sulla costruzione di grandi
ponti con Pechino, non da posizioni di debolezza, ma di parità. Sebbene
la Cina abbia chiuso alle navi giapponesi la zona contesa delle Senkaku
(Diaoyu), nessun Paese può tollerare tali provocazioni a tempo
indeterminato.
Dopo tutto, se la Cina è così preoccupata da diritti e
torti delle zone contese, allora dovrebbe concentrarsi sulla questione
tibetana e di altre aree del Paese. Non è nell’interesse di Cina e
Giappone essere in disaccordo, perché entrambe le nazioni devono
concentrarsi sulla stabilità e rafforzare l’eredità culturale. Nella
storia studiosi di Cina e Giappone s’incontrarono per una maggiore
conoscenza e comprensione. Nessuno mette in dubbio l’influenza di
confucianesimo, taoismo e altre idee provenienti dalla Cina sulla
cultura giapponese. Allo stesso modo, il buddismo arrivò in Cina e
penisola coreana prima di penetrare in Giappone. Pertanto, le nazioni
regionali devono creare un potente blocco economico in Asia
nordorientale sulla base di accordi commerciali vantaggiosi.
Le tendenze nazionaliste del governo Abe non devono essere distruttive. Al contrario, il Giappone deve unirsi al club poiché nessuno mette in dubbio le tendenze nazionalistiche di Cina, Corea democratica, Corea del Sud e Taiwan in Asia nordorientale. Infatti, per troppi decenni il Giappone è rimasto all’ombra dell’ombrello statunitense e dei vincoli costituzionali. Tuttavia, gli USA ora hanno bisogno di un maggiore contributo dagli alleati per via della debolezza economica e delle passate sconfitte militari. Nessuno può sostenere che le sconfitte militari statunitensi in Vietnam nel lontano passato e recentemente in Afghanistan, Iraq e Libia non abbiano comportato una maggiore instabilità, per gli intrighi di Washington.
Afghanistan e Iraq sono ora
rovinati da terrorismo, islamismo, settarismo e le altre forze
negative. Allo stesso modo, la Libia è oggi uno Stato fallito e tutte
queste realtà evidenziano i limiti degli USA e di potenze come Francia e
Regno Unito. Tale realtà significa che il Giappone deve condividere
l’onere degli USA nel Nord-Est dell’Asia, giocando un ruolo geopolitico e
militare più attivo perché il potere di Washington è in declino.
Naturalmente, gli USA godono ancora di molte risorse ma chiaramente la
guerra fredda è morta e gli attori regionali nel mondo hanno le loro
agende geopolitiche, pertanto è necessaria maggiore comprensione tra le
potenze del mondo moderno. Kumi Yokoe, senior fellow della Fondazione Heritage, commenta che
“Con sorprendente coerenza, i media statunitensi hanno ritratto Abe come un personaggio marginale, in genere un “falco” inadatto al Giappone pacifista. Eppure tale presunto “passo falso” politico ha ottenuto una valanga elettorale a dicembre e gode (godeva. NdT) di un gradimento al 71 per cento“. Kumi Yokoe continua affermando che “le opinioni di Abe si differenziano nettamente da quelle della generazione precedente. Vuole rafforzare l’alleanza USA-Giappone e potenziare le capacità militari del Paese. Ciò non deriva da “aggressività”, ma dal grande senso di fiducia che caratterizza la generazione dei quarantenni giapponesi. E i cinquantenni-quarantenni oggi prendono le redini del potere”. “…Il primo ministro Abe è la voce di questa generazione. Questo è il motivo per cui ha così fermamente condannato il riuscito test nucleare della Corea democratica della scorsa settimana. Ecco perché ha insistito che la Cina si scusi per aver volto i radar di puntamento su una nave da guerra giapponese e promettere che non sarebbe più accaduto. I politici della generazione Dankai avrebbero evitato tali risposte in quanto dalla “linea troppo dura”. Ma per la generazione di Abe il confronto non è sinonimo di belligeranza. Piuttosto è segno di fiducia e realismo“.
Abe è anche possibilista verso la Trans-Pacific Partnership,
che l’attuale leader di Washington sostiene. Il crescente potere della
Cina è una realtà e la Federazione Russa è presente in Asia centrale,
Caucaso, Europa dell’est, Medio Oriente e Nord-est asiatico. Pertanto, è
tempo per il Giappone di svolgere un ruolo più costruttivo ed ampliare i
rapporti con tutte le potenze regionali su basi di “normalità” e non
“sottomissione” ai capricci di una qualsiasi nazione. Infatti, con
l’amministrazione Obama che attua i tagli alla difesa, il Giappone può
giocare un ruolo più forte nell’interesse geopolitico di Washington e
Tokyo. Allo stesso tempo, Abe e i futuri governi giapponesi devono
essere sempre più aperti verso Cina e Federazione russa sulla base dei
reciproci interessi.
Hiroshi Saito e Lee Jay Walker Modern Tokyo Times
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2014/11/20/il-giappone-di-abe-realismo-degli-usa-e-fiducia-politica-a-tokyo/
Nessun commento:
Posta un commento