Ne avevamo parlato in un recente post proprio qui su Paid2Write, di quel cancro della società consumistica che è l’obsolescenza programmata, la quale – per riassumere il concetto in poche parole – può essere considerata come quell’infausta pratica da parte delle aziende produttrici di beni di consumo (tecnologici, meccanici, etc.) di programmare una loro data di scadenza passata la quale gli oggetti si rompono o si danneggiano irreparabilmente.
Spesso il costo della riparazione si
avvicina o è addirittura superiore al prezzo di un nuovo prodotto dello
stesso genere e quindi il consumatore è portato ad acquistarne uno
nuovo. Una regola non scritta che consente alle grandi multinazionali di
sfornare continuamente nuovi beni di consumo. L’obsolescenza
programmata non è una leggenda metropolitana, ma una regola base del
consumismo odierno che affonda, tuttavia, le proprie radici teoriche
agli inizi del ‘900: studi e ricerche hanno rivelato, senza ombra di
dubbio, che la pianificazione di cui sopra è stabilita con ambigui
criteri commerciali e tempistiche ben precise.
Ora il problema – perché di problema a
tutti gli effetti si tratta – è stato affrontato dalla commissione
speciale per l’energia dell’Assemblée Nationale francese: i deputati
Alauzet, Baupin e Duflot, tre parlamentari ecologisti, hanno presentato
un emendamento che, se passasse, aprirebbe le porte ad una legge che
porterebbe a punire i responsabili delle ditte che producono oggetti con
una scadenza programmata a tavolino, con sanzioni sino a trecentomila
euro e due anni di reclusione nonché l’accusa circostanziata di “truffa
ai danni dei consumatori”.
Il timore, affatto remoto, è che
l’emendamento si potrebbe scontrare con le potenti lobbies del
consumismo mondiale e finire nel dimenticatoio. In Italia una proposta
simile di alcuni deputati di SEL (Sinistra Ecologia e Libertà) è stata
letteralmente ignorata, scomparendo nel buco nero dei provvedimenti che
non sono stati nemmeno posti in discussione. Secondo quanto rilevato
dall’Agenzia ambientale transalpina, se da un lato gli acquisti di
prodotti tecnologici sono aumentati tra il 1990 ed il 2007 di sei volte,
dall’altro le spese per le riparazioni degli stessi è calata del 42%,
in quanto quasi il 50% di pc, lavastoviglie, televisori, telefonini e
via dicendo, passa direttamente tra i rifiuti senza che i possessori
tentino la via della riparazione.
Indipendentemente dal fatto che
l’emendamento dei parlamentari francesi abbia successo o meno, si tratta
comunque di un preciso segnale alle multinazionali e comunque il
ritorno ad un certo tipo di “artigiani riparatori” non si è fatto
attendere e le comunità di “makers” in Francia (si vedano i Repair
Café), in Italia ed in altre parti del globo si stanno moltiplicando a
macchia d’olio. Prova ne è che a Roma si è appena conclusa la prima
“Maker Faire Rome” dove il movimento dei makers, artigiani
digitali/tecnologici, ma anche meccanici alla vecchia maniera, hanno
promosso la loro proposta di nuovo modello economico e sociale dei
processi di produzione/riparazione dei beni di consumo.
I “makers” aggiustano qualsiasi cosa e
così facendo tentano di mettere freno a quell’oscena regola non scritta
di cui dicevamo sopra, che favorisce sprechi e moltiplica le fonti
d’inquinamento; inoltre essendo fortemente collegati al mondo dell’open
source e del fai-da-te, basano la loro attività sull’autoproduzione di
oggetti tecnici e pezzi di ricambio attraverso l’uso di materiale
economico e facilmente reperibile (ne abbiamo visto uno riparare un
forno a micro onde servendosi dei pezzi recuperati dal motorino di un
piccolo ventilatore).
Curiosamente (ma se ci si ferma a riflettere si capisce anche il perché) l’evento romano è stato fatto passare sui grandi media televisivi come una kermesse di simpatici svitati che attraverso le stampanti 3d creano bizzarri oggettini, mentre nulla si è detto sull’autentica identità dei “neo riparatori”, ossia la loro scelta di opporsi all’obsolescenza programmata, utilizzando due antichi e nobili strumenti: il cervello e le mani.
Paolo Soma
paid2write.org
fonte: http://altrogiornale.org/manette-per-obsolescenza-beni-consumo/
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