A dire il vero è una ‘mezza festa’,
non tutti gli uffici sono chiusi, anzi, a dire il vero, per la maggior
parte sono aperti, come pure sono aperti i negozi, i department store,
e, naturalmente la Borsa.
Ma si sa, money never sleeps.
Houston 13 Ottobre 2014 – Il Columbus
Day non è una festa molto sentita, in verità; girando per il quartiere
non vedo neppure una bandiera sventolante davanti alle villette in fila,
mentre, al contrario, fervono i preparativi per Halloween, con
allestimenti di tombe, ragni giganti, scheletri in dimensione naturale e
streghe assortite che fanno bella mostra di sé davanti ad ogni casa
abitata da bambini. Forse l’unico motivo per cui la gente la apprezza è
il fatto che ci sono molte svendite nei grandi magazzini e quindi si
corre a esercitare l’attività più aprezzata da queste parti nel tempo
libero: lo shopping. In alcuni città, come Seattle e Minneapolis e nel
South Dakota, a dire il vero, il Columbus Day è stato – giustamente –
ribattezzato Native American Day.
Anche se per i Native American – quelli
che noi chiamiamo erroneamente ‘indiani’ -più che una festa il 12
Ottobre 1492 fu l’inizio della fine. C’è da registrare – una vera e
propria chicca – anche l’indignazione della comunità italiana per questo
cambiamento di nome; “Gli italo-americani si sentono profondamente
offesi – ha affermato Lisa Marchese, un avvocato italo-americano al
Seattle Times[1] – perché con questa decisione si dice a tutti gli
italo-americani che la città di Seattle non ha più considerazione del
vostro patrimonio né ritiene la vostra comunità degna di
riconoscimento”. Italiani o Native, in ogni caso, bisogna dire che oggi
fortunatamente, anche qui negli USA, s’incomincia timidamente a
riflettere sul significato di questa data, che ha rappresentato l’inizio
di un vero e proprio genocidio.
C’è anche chi si chiede che senso abbia dire che Colombo scoprì l’America se questo non era un continente
disabitato ma era, al contrario, abitato da civiltà millenarie e, in
alcuni casi, anche particolarmente evolute. Ma, prima di tutto, fu
davvero Colombo a ‘scoprirla’ quest’America? Da molte ricerche
sembrerebbe proprio di no. Ma si sa che tutto ciò che si azzarda a
contraddire quella fable convenue che è la storia viene altezzosamente
bollato, dai templi ufficiali del sapere, come fantasia o
montatura. Allora andiamo a scompigliare un po’ la versione ufficiale di
questa discussa ‘scoperta’. Ecco qui di seguito alcuni interessanti
elementi che farebbero decisamente ritenere che il buon Colombo non sia
stato che uno dei visitatori di questo continente e certamente non il
primo.
Iniziamo con alcuni documenti che
testimonierebbero che il Nuovo Mondo fosse perfettamente noto – e non
solo in Europa – ben prima del 1492. Partiamo dallo storico Gavin
Menzies, che ritiene che la mappa del 1418 – qui di lato raffigurata –
dimostri chiaramente che il Nuovo Mondo è stato scoperto dai cinesi –
dall’ammiraglio Zheng He – circa 70 anni prima di Colombo [2]. Ma non è
ancora niente.
Andiamo ancora indietro nel passato.
Un’altra mappa potrebbe rivelare che, già nel XIII secolo, Marco Polo
sia stato in realtà il primo europeo a scoprire l’America – più di due
secoli prima di Cristoforo Colombo[3]. Questa rozza mappa – riprodotta
qui a sinistra – disegnata su una pelle di pecora mostra, infatti,
quello che sembra essere lo Stretto di Bering, l’Alaska, le isole
Aleutine e la costa occidentale del Nord America. Retrocedendo
ulteriormente, ci troviamo di fronte a prove materiali ancora più
solide. L’Anse aux Meadows, sito archeologico dichiarato patrimonio dell’umanità
nel 1978 è, infatti, un esempio – ufficialmente accettato –
d’insediamento vichingo in Nord America. Il villaggio risale a oltre 400
anni prima della spedizione di Colombo e vi si trovano i più antichi
edifici europei in America. Le case, gli utensili e gli oggetti
rinvenuti sono perfettamente compatibili con la civiltà che li ha
prodotti. Secondo alcuni studiosi si tratterebbe del mitico Vinland,
l’insediamento dell’esploratore Leif Ericsson, risalente niente meno che
all’anno 1000[4].
Vi sono poi studi scientifici e
linguistici che dimostrano l’esistenza di contatti tra le popolazioni
polinesiane e quelle americane ben prima della conquista. Ad esempio la
patata dolce che – proveniente dal continente americano – venne portata
in Polinesia tra il 700 e il 1000 d.C., e qui la prova del radiocarbonio
lascia spazio a pochi dubbi. Ad esempio questo tubero, che nell’isola
di Pasqua si chiama
kumara, viene chiamata k’umar o k’umara presso i Quechua e gli Aymara
in Sud America[5]. Continuando a retrocedere nel tempo ci imbattiamo in
un’altra straordinaria scoperta, che manderebbe all’aria ancora più
radicalmente la storia del primato di Colombo. Nel 1933 fu rinvenuta,
infatti, a una settantina di chilometri da Città del Messico, in una
tomba mai aperta né profanata, una testa di statuetta barbuta dai
lineamenti tipicamente europei, che è [6] perfettamente compatibile con
una scultura romana del II secolo dell’era cristiana.
Ma andiamo ancora oltre nel nostro
viaggio a ritroso. Ebbene, alcuni anni fa, una tossicologa tedesca,
Svetlana Balabanova, ha scoperto tracce di nicotina e di coca nella
mummia di una sacerdotessa, Henut Taui[7], vissuta intorno al 1000
avanti Cristo. Anche l’esame tossicologico dei capelli ha
successivamente confermato questi risultati. La Balabanova esaminò anche
altre mummie sudanesi nelle quali ritrovò gli stessi elementi; nel 1970
vennero rinvenuti frammenti di foglie di tabacco nell’addome del
faraone Ramsete II. Ora, è noto che il tabacco e la coca sono piante
americane che vennero conosciute negli altri continenti solo dopo la
conquista. E questi che ho sinteticamente riportato rappresentano solo
una minima parte delle testimonianza di contatti tra il vecchio e il
nuovo mondo prima dell’impresa di Colombo.
E da un punto di vista spirituale come
stanno le cose? Alcuni studiosi di occultismo concordano nell’affermare
che dalla penisola scandinava ci fu da sempre un regolare interscambio
con il continente americano e questo proseguì sino al XIII secolo,
quando si interruppe per un breve periodo. Nel XII secolo vi erano
ancora traffici molto dinamici tra Irlanda, Islanda e America, in
particolare di erbe medicinali. Navi norvegesi si recavano regolarmente
in America, dove si andavano a studiare determinate malattie sotto
l’influsso del magnetismo terrestre che là era del tutto diverso. Da
questi studi deriverebbe la misteriosa nascita della medicina
europea. “Ma – afferma Rudolf Steiner – per certe ragioni collegate al
karma interiore dell’Europa, e al ruolo che aveva in passato svolto
l’Irlanda, avvenne che Roma facesse tutto il possibile per allontanare
l’Europa dall’America e per far quasi dimenticare l’America. Ciò venne
fatto allora con buone intenzioni nei confronti dell’Europa”[8].
Addirittura, sostiene Steiner “Nel secolo in cui la cosiddetta scoperta dell’America ebbe luogo, un documento pontificio vietò di aver contatti con l’America.
Naturalmente ancora non si chiamava
America”[9]. Quali erano le ragioni del papato per voler tenere l’Europa
lontano dall’America? Ebbene, ciò venne fatto perché l’influsso
squisitamente ahrimanico della terra americana avrebbe provocato – prima
del dovuto – un potente impulso verso il materialismo e la
meccanizzazione dell’uomo. Era necessario, in altri termini, proteggere
l’appena nato pensiero razionale umano, di fondamentale importanza nel
quinto periodo postatlantico.
“Così avvenne in particolare che certi
monaci irlandesi sotto l’influenza di un puro insegnamento esoterico
cristiano che si stava formando là, fecero in modo che a Roma si
sentisse la necessità di tener separata l’Europa dall’emisfero
occidentale. Colombano e il suo allievo Gallo furono coloro che videro
prima di tutti gli altri che la pianta delicata della cristianizzazione
avrebbe potuto diffondersi in Europa solo se l’Europa fosse stata – per
esprimersi da un punto di vista spirituale – protetta da una
recinzione”[10].
Non entrerò nel merito delle antiche
iniziazioni di magia nera connesse con i riti sanguinari dei popoli
centro-americani, né, per converso, delle nobili – se pur legate a una
antica veggenza – tradizioni di Native come i Lakota nel settentrione di
questo continente; quello che è comunque indubitabile – e si è potuto
ampiamente riscontrarlo nell’evoluzione che la civiltà americana ha
avuto negli ultimi, diciamo, due secoli – è un profondo e radicale
legame di queste terre con le caratteristiche ahrimaniche dell’umanità,
il rapporto con la materia, l’istintività, il danaro e
l’egoismo. D’altra parte – e qui è lo stesso Steiner a profetizzarlo –
non c’è molto da fare, dato che un certo futuro appartiene proprio
all’America.
Afferma egli infatti nel 1923: “Ora
abbiamo l’equinozio di primavera nei Pesci. Tra qualche tempo sarà
nell’Acquario; solo a quel punto si farà avanti la corretta civiltà
americana. Fino ad allora ci sarà sempre un trasferimento di civiltà
verso l’America. Chi vuole può vedere già oggi quanto stiano diventando
potenti gli americani e come l’Europa stia sempre più debole. Ora tutta
la civiltà pulsa in America. Sarà un processo lento; ma quando
nell’equinozio di primavera il sole sarà nel segno dell’Acquario, allora
invierà i suoi raggi verso la terra in modo così favorevole, che la
cultura e la civiltà americana saranno particolarmente
potenti”[11]. Allora, a fronte di queste considerazioni, forse la
questione di chi abbia veramente ‘scoperto’ il Nuovo Mondo passa in
secondo piano; insomma, sia stato Colombo o Marco Polo o Leif Ericsson,
l’America era un passaggio obbligato, e rappresenta – come ben
sintetizzò Saul Bellow – “il banco di prova dell’umanità”.
Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)
[9] Rudolf Steiner, O.O.181 pag.21
[10] Rudolf Steiner, O.O.178 pag.67
[11] Rudolf Steiner, O.O.349 pag.60
fonte: http://altrogiornale.org/lha-scoperta-lamerica/
Nessun commento:
Posta un commento