mercoledì 31 dicembre 2014

L’Iran pronto a un nuovo confronto con gli Stati Uniti, se non c’è altra opzione

Iran, Oman to hold joint naval drill in 2014: cmdr. 

Il 25 dicembre l’Iran ha iniziato una vasta esercitazione militare intitolata “Muhammad Rosulullah” (Muhammad Messaggero di Allah), dimostrando la capacità di respingere un attacco lanciato dal Golfo di Oman. L’esercitazione si svolge su una superficie di 2,2 milioni di chilometri quadrati dallo Stretto di Hormuz al confine con il Pakistan e al 1° parallelo nord nell’Oceano Indiano comprendendo alcune parti orientali e meridionali del territorio iraniano. Il comandante della Marina iraniana Contrammiraglio Hobibullah Sayari ha commentato dicendo che l’Iran non nutre piani aggressivi contro i confinanti e che la sua crescente potenza militare sarà utilizzata per la difesa degli interessi e del territorio nazionali. 


Ha sottolineato la disponibilità dell’Iran a garantire la sicurezza dell’Oceano Indiano settentrionale ad est dello Stretto di Hormuz e di avere esercitazioni congiunte con gli Stati confinanti, in futuro. La dichiarazione s’integra con la posizione ufficiale della leadership iraniana, che ritiene che i Paesi del Medio Oriente possano affrontare i problemi della sicurezza in modo indipendente e senza una presenza militare straniera. 

Le attività dell’Iran nella regione non sono limitate solo alle esercitazioni militari su larga scala. Teheran aumenta anche gli aiuti militari e di altro tipo all’Iraq in lotta contro il gruppo terroristico Stato islamico. Ali Yunessi, l’assistente speciale al presidente per le minoranze etniche e religiose in Iran, ha detto che l’Iran considera la sicurezza dell’Iraq propria. Il principio definisce la politica verso il prossimo. Questa estate l’esercito iracheno ha subito una sconfitta nella lotta ai militanti dello Stato islamico. Anche le unità di autodifesa peshmerga curde combattono gli islamisti, ma soprattutto perseguono obiettivi che hanno poco a che fare con l’integrità territoriale dell’Iraq. 

Le formazioni armate sciite hanno inflitto allo Stato islamico delle sconfitte in Iraq di recente. Sono l’unica forza su cui Haydar al-Abadi, il nuovo primo ministro dell’Iraq, può contare. Nello Yemen gli sciiti del gruppo ribelle al-Huthi (Partigiani di Dio) hanno avuto numerosi successi militari sulle forze governative. Ora avanzano dai governatorati (Muhafazah) di Sadah, Hajah e al-Jawf prendendo il controllo di gran parte di Sanaa, capitale della nazione, compresi gli edifici governativi, facendo dimettere il primo ministro yemenita Muhamad Salim Basindwa. Anche se gli Huthi non hanno alcuna rappresentanza nel nuovo governo, esercitano una forte influenza su esso e sulla situazione nel Paese in generale. L’Iran è il principale sostenitore del gruppo.

I colloqui sul nucleare sono il problema principale che definisce la politica estera iraniana. Vi sono state molte indicazioni sui media secondo cui un accordo globale USA-Iran è prossimo rendendo possibile la revoca delle sanzioni. In questo caso i Paesi non saranno più avversari. Ciò gli consentirebbe di compiere progressi nelle relazioni bilaterali. Potrebbero anche diventare quasi partner. Molti credono che l’emergere del comune nemico Stato islamico potrebbe ridurre le differenze e riavviare il rapporto magari rendendolo più stretto come ai tempi dello Shah. Tali speculazioni evocano grande preoccupazione tra molti attori del Medio Oriente, non importa quanto diversi siano per esempio Israele e Arabia Saudita.

I suggerimenti secondo cui Stati Uniti e Iran si avvicinano al disgelo nelle loro relazioni si sono rafforzati il 24 dicembre quando i colloqui sul nucleare “big six” – Iran si avvicinavano alla scadenza. Non è così. Le differenze sono troppo ampie e i colloqui sul nucleare non si sono conclusi entro la data fissata, per estendersi fino a luglio 2015. Le sanzioni statunitensi continuano a rimanere in vigore e gli iraniani non fanno nulla per nascondere la loro frustrazione. Inoltre, in Iran è sempre più forte la sensazione che il calo del prezzo del petrolio non sia diretto solo contro la Russia, ma anche ad indebolire la posizione iraniana ai colloqui sul nucleare. 

Forse Washington ritiene che il calo del prezzo del petrolio con il fallimento alla tavola rotonda comporterebbe una frattura nella leadership iraniana, per esempio tra moderati come il Presidente Ruhani e il ministro degli Esteri Muhamad Javad Zarif, da un lato, e il leader spirituale dell’Iran Ali Khamenei, fortemente sostenuto dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie dell’Iran (IRGC) dall’altro. Le voci sulla frattura sono circolate sui media occidentali per molto tempo senza essere mai confermate. Inoltre, il Comandante in Capo del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie, Generale Muhamad Ali Jafari, ha categoricamente negato tali speculazioni dicendo che erano il risultato di “operazioni psicologiche del nemico”. Secondo lui, il Presidente Ruhani si fida pienamente delle Guardie Rivoluzionarie. Senza dubbio, la dichiarazione del comandante delle Guardie Rivoluzionarie riecheggia le opinioni del leader spirituale iraniano.

Sembra che l’Iran cerchi di lasciare a Stati Uniti e altri Stati sapere se ha abbastanza carte vincenti nella manica. Gli eventi in Yemen ricordano agli statunitensi che gli sciiti vivono anche in diverse parti del Medio Oriente, per esempio nelle zone orientali dell’Arabia Saudita, dove si trovano i principali impianti di produzione di petrolio. Questo fatto può essere usato a vantaggio dell’Iran in diverse combinazioni geopolitiche. Semjon Bagdasarov, Direttore del Centro di Studi per il Medio Oriente e dell’Asia centrale (Russia), ha paragonato l’Arabia Saudita senza le sue province orientali a un deserto senza petrolio. I territori sunniti dell’Iraq ora sotto il controllo dello Stato islamico non hanno giacimenti di petrolio. Il controllo di questa parte dell’Iraq non comporta il profitto economico necessario per finanziare il costoso processo per minare la stabilità del Medio Oriente. 

L’Iran è seriamente intenzionato ad effettuare attacchi di precisione sui punti deboli individuati nel sistema di relazioni internazionali statunitense che trasforma i gruppi terroristici sotto bandiera islamica nel motore principale della destabilizzazione globale. Da un lato, gli Stati Uniti usano l’aeronautica per colpire lo Stato Islamico mentre, dall’altra parte, fanno grandi sforzi per eliminare tutti gli ostacoli sulla via islamista.

La comprensione reciproca tra Iran, Russia e Cina fermò l’offensiva degli Stati Uniti in preparazione contro la Siria nel 2013. Il rifiuto di Teheran nel rinunciare al programma nucleare in cambio delle vuote promesse statunitensi è una prova del fatto che gli iraniani hanno tratto le giuste conclusioni osservando il destino di Milosevic, Sadam Husayn e Muammar Gheddafi.



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La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2014/12/30/liran-pronto-a-un-nuovo-confronto-con-gli-stati-uniti-se-non-ce-altra-opzione/ 

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