mercoledì 20 maggio 2015

Allevamento brado e ambiente


Negli ultimi anni gli allevamenti di bovini e di altri ruminanti sono stati additati come un’importante causa del Riscaldamento Globale. Questi animali con i loro flati ed eruttazioni producono una quantità notevole di gas serra che, secondo alcuni, contribuirebbe non poco ai cambiamenti climatici, sebbene pare che dopo i primi catastrofici annunci la questione sia stata ridimensionata.

Un miliardo e mezzo di soli bovini attualmente nel mondo sembra eccessivo, ma prima della crescita numerica di questi animali il Pianeta era decisamente più affollato di ruminanti di adesso. Infatti, pare che nell’America del Nord poco prima che i bianchi ci mettessero piede prosperassero 70 milioni di bisonti, dai 30 ai 40 milioni di antilopi, 10 milioni di alci, 10 milioni di cervi e qualcosa come 2 milioni di capre di montagna. E questo solo nel Nord America. Se poi aggiungiamo tutti gli altri ruminanti, rigorosamente metano-produttori, che popolavano numerosi le pianure africane, come giraffe, gazzelle, bufali, antilopi, kudu, ecc, arriviamo a cifre astronomiche, che fanno impallidire quelle degli attuali bovini di allevamento, cui si attribuiscono così gravi danni per il Pianeta.


Inoltre, l’innalzamento dei gas serra atmosferici iniziarono ad aumentare vistosamente solo dagli anni ’40, quando l’incremento numerico di animali da allevamento era già iniziato da un pezzo. Infatti nel 1870 nel Nord America si contavano 25 milioni di bovini e 28 milioni di pecore, mentre tra il 1880 e il 1920 l’Argentina aveva già un notevole stock di bovini che pascolavano sulle sue estese pianure.

Tuttavia, sicuramente, i moderni allevamenti di animali da carne o da latte non sono certo un toccasana per l’atmosfera e per l’ambiente. Un certo vegetarianesimo salvifico e irrazionale vorrebbe che questi e tutte le altre forme di allevamento animale per scopi alimentari sparissero, ma questa è pura fantasia, il vegetarianesimo non è la soluzione. Su di un fatto però sono d’accordo: considerato l’aumento della popolazione mondiale, si tratta di riconsiderare i consumi individuali di carne, rivedere gli attuali metodi intensivi di allevamento e rivalutare quelli tradizionali. Il paesaggio, l’agricoltura e, come vedremo, anche l’ambiente, hanno bisogno degli animali, così è stato per millenni, tempo in cui l’uomo ha addomesticato animali e plasmato l’ambiente. Inoltre, vaste zone prative del Pianeta non sono sfruttabili dall’agricoltura, ma lo sono da parte di animali al pascolo, che trasformano in cibo vegetali per noi non commestibili.

Quindi, il primo passo non è diventare tutti vegetariani o vegani, ma innanzitutto sostenere e ampliare forme di allevamento più ecosostenibili. Infatti, quando adeguatamente gestito, l’allevamento brado o semibrado, rispetto a quello intensivo, porta a notevoli benefici all’ambiente ed è ecologicamente superiore alle colture cerealicole. Questo è quello che emerge da diversi studi e dalle esperienze di gruppi di allevatori che attuano un tipo di allevamento che non solo non danneggia il suolo, ma lo rende ancora più fertile.

Nel caso dei bovini, una dieta a base di erba da pascolo richiede un minor consumo di petrolio rispetto ad una a base di insilati di mais o di soia. Inoltre, pascolando, gli animali si procurano da soli il cibo e fertilizzano la terra, due operazioni che se condotte dall’uomo prevedono un maggiore consumo di pesticidi e combustibili fossili. Se ben concepito, l’allevamento brado garantisce un terreno sempre coperto di erba, che in questo modo trattiene umidità e fertilità e assorbe energia solare. Inoltre, come si evince da uno degli studi citati più avanti, le superfici mantenute dall’uomo a pascolo rimuovono la CO2 dall’atmosfera in modo molto più efficiente rispetto alle superfici erbose non destinate al pascolo animale e addirittura rispetto alle superfici coperte di foreste, contribuendo in questo modo al rallentamento del cosiddetto Global Warming.

Secondo alcuni esperti, il 75% delle superfici mondiali a pascolo sono degradate non perché ci sono troppi bovini che le pascolano, ma perché ce ne sono troppo pochi.

Vediamo adesso alcuni studi scientifici:

1) Allevare i bovini al pascolo, come si faceva una volta, ha notevoli effetti positivi per l’ambiente e per la salute dell’uomo. Questa è la conclusione cui è giunto uno studio della USDA Agricultural Research Service. Vacche da latte allevate brade liberano nell’atmosfera il 30% in meno di ammoniaca rispetto a quelle che vivono confinate negli allevamenti intensivi. Questa riduzione riguarda anche altri gas serra, come metano, ossido di azoto e CO2. Infine la “carbon footprint” dell’allevamento brado è del 6% in meno rispetto ad un allevamento convenzionale. E come al solito, si conferma che il latte delle vacche libere ha una qualità decisamente superiore rispetto a quello delle vacche stabulate.

2) Lo scorso aprile, il ministro dell’Agricoltura britannico, Jim Page, ha reso pubblici i risultati di un nuovo studio che mostra come l’arricchimento di zucchero dell’erba da pascolo riduca le emissioni di gas serra del 20%. Lo zucchero permette agli animali di digerire con molta più efficienza le proteine dell’erba

3) Uno studio americano durato circa 12 anni ha studiato l’impatto che gli animali da pascolo hanno sul suolo. Rispetto alle superfici erbose non adibite al pascolo, quelle moderatamente pascolate hanno più CO2 immagazzinato nel terreno. Maggiore è il CO2 è immagazzinato nel suolo, migliore è la sua fertilità e minore sono gas serra nell’atmosfera.

4) La UCS (Union for Concerned Scientists), durante un convegno, tenuto nello scorso febbraio, dal titolo “Il riscaldamento globale e l’allevamento brado negli USA” ha affermato che, nonostante il bestiame produca gas serra, è provato che allevare in modo corretto gli animali allo stato brado permette il mantenimento di ampi pascoli capaci di assorbire grandi quantità di gas serra e trasformali in nutrimento. Gli scienziati della UCS danno un giudizio globalmente positivo a questo modo di allevare gli animali.  Ecco riassunte alcune delle loro raccomandazioni principali: a)migliorare la qualità del pascolo aggiungendo il trifoglio; b) gestire gli animali in modo che disseminino le loro deiezioni in modo uniforme; c) evitare il “sovrappascolo” e l’impoverimento del suolo; d) attuare il metodo della rotazione; e) trovare il modo di incrementare la produzione di erba durante tutto l’anno; f) arricchire il terreno con giuste quantità di azoto a lento rilascio e nel periodo più appropriato.

5) Sempre più gente è convinta che consumare carne abbia un impatto negativo per l’ambiente. Questo potrebbe essere vero soprattutto se si consuma carne, ma anche latte e latticini, di allevamenti intesivi. Invece il consumo di prodotti animali di allevamenti tradizionali, bradi o semibradi ha un netto vantaggio per l’ambiente. Uno studio scientifico del Natural Resources Conservation Service (USA) indica i seguenti punti: a) gli animali da pascolo si nutrono di piante comunque non commestibili per l’uomo; b) la carne proveniente da animali bradi necessita solo di una caloria di carburante per produrre due calorie di cibo. La gran parte delle coltivazioni cerealicole e di altre piante necessitano dalle 5 alle 10 calorie di combustibile fossile per ogni caloria di cibo prodotta; c) un pascolo ben gestito trattiene più acqua piovana rispetto a terreni agricoli con altra destinazione; d) le superfici a pascolo rallentano il riscaldamento globale, assorbendo efficacemente la CO2 dall’atmosfera. Le Grandi Pianure americane assorbono 40 tonnellate di CO2 per acro, un terreno della stessa superficie coltivato per altri scopi ne assorbe solo 26; e) un territorio a pascolo ben gestito è anche più ricco di fauna selvatica e biodiversità, trattiene molto meglio la pioggia e produce corsi d’acqua più pulita, più abbondante, sia per gli animali che per l’uomo. Mantenere un territorio a pascolo vuol dire anche conservare ambienti tradizionali e caratteristici, poco o nulla antropizzati.

6) Tutti i ruminanti, inclusi i bovini, ovini e caprini producono una notevole quantità di metano dovuta alla digestione di una dieta vegetariana. Il metano è un principale gas serra, pertanto ridurre la produzione di questo gas è importante per proteggere l’ambiente. Gli zoologi hanno scoperto che dividere il pascolo in settori separati dove gli animali stazionano in tempi diversi porta alla crescita di erba più nutriente. Inoltre, le vacche che pascolano su quest’erba producono il 20% in meno di metano. Questo sistema di gestione del pascolo è stato denominato MiG (Management Intesive Grazing) e attuato da molti allevatori americani.

7) L’agricoltura non può dirsi sostenibile se continua ad impoverire lo strato superiore fertile del terreno. Uno studio condotto dalla University of Wisconsin Discovery Farms Program ha mostrato che le coltivazioni estensive di soia e mais erodono e impoveriscono il suolo di 6 volte di più rispetto ad un allevamento brado di animali. Secondo Dennis Frame, il direttore di Discovery Farms, se la tendenza di molti agricoltori di abbandonare l’allevamento brado e di darsi alle coltivazioni cerealicole non si inverte, l’impoverimento del suolo sarà inarrestabile.

8) Ecco un altro studio simile al precedente. Sei allevatori di bovini bradi del Minnesota hanno chiesto a dei ricercatori di confrontare la fertilità dei propri pascoli con i terreni coltivati a mais, soia, avena e fieno dei loro vicini agricoltori. Dopo quattro anni di studio, i ricercatori hanno concluso che se il terreno a pascolo è ben gestito, rispetto al terreno coltivato a cereali, ha i seguenti vantaggi: a) 
131% in più di lombrichi (quindi, più fertilità); b) 53% in più di stabilità del terreno (meno erosione); c) decisamente più materia organica; d) meno inquinamento delle falde; e) corsi d’acqua più puliti; f) migliore habitat per uccelli selvatici e altra fauna. Quindi, gli allevamenti di animali non sono in assoluto negativi per l’ambiente, ma dipende da come vengono gestiti.

9) Le vacche da latte allevate in modo intensivo vivono meno. Sono munte con ritmi innaturali, stressate, nutrite con molti cereali e non vedono mai un prato. Hanno infiammazioni, infezioni e problemi di infertilità che le portano a morte dopo 2 o 3 anni dalla nascita. Le vacche allevate al pascolo sono più forti, sane e fertili. Danno un latte decisamente migliore e possono vivere fino a 12 anni. Si tratta di animali decisamente meno stressati e più felici e secondo uno studio britannico producono l’11% in meno di metano.

10) Attualmente gli USA stanno perdendo 3 miliardi di tonnellate di strato di terreno fertile ogni anno. Questo è dovuto principalmente alle coltivazioni convenzionali di soia e mais per uso animale. In paragone, una corretta gestione a pascolo delle terre riduce del 93% la perdita di superficie fertile.

11) Un numero sempre più numeroso di allevatori americani si sta convertendo al “green grazing”, un modo di far pascolare gli animali che permette di conservare o ricostituire la fertilità della terra. La T.O Cattle Company in San Juan Bautista, in California, ha praticato questo tipo di allevamento dal 1993. Si tratta di controllare attentamente le mandrie al pascolo, in modo da mimare l’impatto che avrebbe un branco di ungulati selvatici (cervo, alce, antilope ) sull’ambiente. Studiando bene questo metodo si è capito che: a) aumenta il numero delle specie di piante autoctone e delle erbe perenni; b) aumenta la copertura vegetale delle sponde dei torrenti; c)  aumenta l’estensione delle zone umide; d) accelera la decomposizione del letame bovino; e) aumenta il periodo vegetazionale dei pascoli.

12) E’ cosa nota che gli alberi assorbono CO2 dall’atmosfera e la immagazzinano come carbonio. Tuttavia, un nuovo studio della Duke University mostra che la gestione e conservazione delle zone a pascolo è meglio di piantare alberi. I ricercatori affermano. “I prati ingannano, non sono come gli alberi che accumulano gas serra e crescono vistosamente. I prati accumulano sotto terra, nella massa radicale e lo fanno meglio degli alberi”.


Francesco Perugini Billi©


Bibliografia presso l’autore.

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