giovedì 28 maggio 2015

Origini e fine del contratto sociale


Non si può individuare alcuna genesi del contratto sociale: non è mai accaduto che una comunità primordiale si sia riunita per concordare i criteri sui quali fondare lo Stato. Esso è simile alle sabbie mobili: subito non ti accorgi nemmeno della loro esistenza; quando te ne avvedi, è troppo tardi: ormai sei intrappolato. Assomiglia pure ad un ficus strangolatore che con mortale lentezza avvolge le sue spire attorno ad altre piante.

Lo Stato sorge a danno degli uomini, sebbene ami ammantarsi di paludamenti etici, giuridici e persino religiosi. Sorge a seguito di una volontà e coercizione unilaterale: si pensi alle élites antiche, un ceto di re-sacerdoti, di governatori e di condottieri che un po’ alla volta, sulla base di una concezione sacra del potere, gettano le fondamenta della comunità statuale. [1]
 
Così probabilmente nascono le città-stato dei Sumeri, così si afferma la dinastia egizia del primo faraone, Menes-Narmer. Se anche le pòleis primigenie sono talvolta amministrate in modo saggio, secondo princìpi nobili, la divisione del lavoro e la conseguente stratificazione sociale ratificano le diseguaglianze su cui lo Stato si fonda, sperequazioni che anzi sono l’architrave dell’edificio eretto dalle classi dirigenti.

La legge, l’esercito e la fiscalità sono i tre pilastri degli apparati. Nelle civiltà antiche la giustificazione del potere è radicata nella religione: ad esempio, YHWH è il Signore di un popolo il cui sovrano è consacrato dallo ierofante, mediatore tra il popolo e la divinità.

Oggi lo Stato dissacrato e dissacrante accampa la sua legittimità (del tutto usurpata), incarnando il ruolo di unico garante della “democrazia”. Alla finzione giuridica si associa l’immensa insincerità di uno Stato-genitore (in realtà patrigno) che, fingendo di occuparsi dei cittadini, allevandoli e proteggendoli, li stritola ope legis.

E’ palese che, stando così le cose, l’unico obiettivo desiderabile non è riformare una compagine in sé irriformabile, ma por fine allo Stato. L’unico fine che deve perseguire l’uomo degno di questo nome è la fine dello Stato.

[1] Sembra che alcune tribù di Nativi americani possano costituire un’eccezione.



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