venerdì 22 maggio 2015

Normalità e Normalizzazione

La Normalità è uno stato esistenziale che, a volte, spaventa.  
E’ normale definirsi cattolici romani? E’ normale svolgere un lavoro salariato? E’ normale condurre le proprie vite in un contesto familiare codificato? E’ normale ricevere un’alfabetizzazione imposta? 
La lista delle domande retoriche potrebbe prolungarsi all’infinito. Per la neuropsichiatria, la normalità è lo stato di riferimento verso il quale l’individuo e la terapia dovrebbero procedere. Per lo Stato, le maglie della normalità sono ancora più strette. Per le multinazionali infine, ad un’apparente libertà esteriore accettata ed a volte incoraggiata, segue una definizione di normalità come propensione alla predazione ed al consumo. 

Alcuni esseri umani, la cui esistenza è stata fonte di esempio e sommo interesse, come San Francesco od Ernesto Guevara, non rientrano senza dubbio nella definizione di persone normali. Quando è ammesso quindi svincolarsi dai rigidissimi binari della normalità? In che modo ciò è permesso?
Normalità è un concetto che ‘dialoga’ sempre con Libertà. I nostri ‘gradi di libertà’ si riducono ogni giorno che passa. Quelle mostruose sovrastrutture definite Stati o Comunità infatti ridefiniscono in continuazione l’archetipo del ‘cittadino normale’, delineandone gli aspetti (sempre più intimi e reconditi) attraverso leggi, protocolli sanitari, istruzione, norme e balzelli.  
Negli ultimi tempi, stiamo assistendo ad un processo costrittivo di normalizzazione dell’individuo che rasenta il grottesco. Alle tradizionali imposizioni sociali se ne sono aggiunte, spesso a loro parziale sostituzione, delle nuove ben codificate ed ispirate ad un idea di individuo sorprendente e schizofrenica.  
Se da un lato infatti si inneggia alla libertà sessuale, dall’altro si costringe ad un quadro vaccinale obbligatorio denso e preoccupante. Uno stato ebetoide viene indotto con tutti i mezzi a disposizione dei ‘pastori’ (leciti ed illeciti – ma cosa è più definibile illecito?) mentre si procede alla ridefinizione dei settaggi esistenziale collettivi, sin negli aspetti più profondi ed intimi della natura umana.
Esiste quindi un chiaro intento di ridefinire l’archetipo della normalità verso la serializzazione delle esperienze. Il controllo della comunicazione è esaustivo. I modelli proposti sono volutamente schizoidi e deleteri. Alla religione di Stato, quella cattolica, si sono mescolate le lusinghe costrittive di una normalità oppiacea, ebbra della sua deficienza.
Sopravvivono - ma ancora per quanto? – slanci di generosità e compassione, annacquati dai loro surrogati codificati propinati alle masse dalle sedicenti organizzazioni umanitarie. Languono residui di originalità intellettuale, ben repressi dalle psichiatrie inquisitorie e reindirizzati in lidi sterili dalle abili mani dei registi, scrittori e imbonitori di regime.  
E’ normale seguire ritmi imposti alla propria giornata? E’ normale sottostare al ricatto della ‘pagnotta’? E’ normale chinare il capo di fronte ad invisibili entità superiori indecifrabili ed oscure? Renzi, è un individuo normale? Giocare a calcetto od andare agli 'scout' è normale? Andare alla prima comunione con un lucidissimo nero SUV è normale?   
Normalità, nel prossimo futuro, sarà un concetto sempre più abbinato e confuso con la superficialità, la socialità imposta, lo stato oppiaceo, la produzione di inutili e deleterie performance (come quelle sportive codificate oppure quelle intellettuali quantificate), l'assenza di pensiero creativo od indefinibile (non sia mai). Una normalità che somiglia sempre più ad un freddo carcere con le mura di vetro. 
fonte: http://offskies.blogspot.it/2015/05/normalita-e-normalizzazione.html

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