La nascita della Fondazione data al 1993. George Soros aveva una lista di tre candidati a direttore dell’Open Society Institute,
e tutti e tre avevano la stessa radice politica, appartenenza al SKM
(Savez Komunisti na Makedonija – Lega dei Comunisti di Macedonia) e per
ragioni diverse, principalmente familiari, furono agenti del
controspionaggio. Il prescelto, Vladimir Milcin, era un favorito di Kiro
Gligorov (primo presidente della Repubblica indipendente di Macedonia,
vicino a Tito), che volle anche utilizzarlo nella diaspora macedone
negli USA.
Anche se ufficialmente i documenti della fondazione
dichiarano che dovrebbe trattare assistenza e finanziamento del
cosiddetto campo civile, cioè le organizzazioni non governative, per
aumentare la consapevolezza dei cittadini nel controllo delle
istituzioni statali, l’impegno reale è concentrato fin dall’inizio su un
solo obiettivo: il controllo di media e istituzioni educative, con una
vasta rete propagandistica che dovrebbe controllare la politica dello
Stato, cioè i partiti politici. Era un progetto che prevedeva di
prendere il controllo del territorio. Per realizzare l’idea in modo
facile e senza ostacoli politici dal governo dell’epoca (LCM, cioè
LCM-PDP, SDSM, successori del partito comunista) e dell’opposizione
(VMRO-DPMNE), in quel difficile momento per la Macedonia,
Paese non
riconosciuto e sanzionato dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, ma che
accettava di rispettare (pur non essendo membro delle Nazioni Unite) e
con un blocco commercio unilaterale dalla Grecia (con la tacita
approvazione della CEE), come forma di pressione per cambiare nome,
George Soros approvò un prestito di 19 milioni di dollari per
l’approvvigionamento di petrolio dalla Turchia attraverso la Bulgaria.
Soros volle utilizzare tale prestito come leva politica. Provenendo
dalla Grecia, al Parlamento macedone si rivolse ai deputati avanzando la
proposta di rinominare il Paese “Macedonia slava”. Tutti, tra cui Kiro
Gligorov, respinsero ciò e Soros ne fu offeso (con una dichiarazione ai
media greci di Salonicco). Tuttavia, il vero scopo dell'”Open Society” fu subito perseguito.
L’idea del direttore esecutivo Milcin, secondo lui, era messianica paragonandosi a Ignazio di Loyola che creò i Gesuiti, o un’èlite. Quindi, si trattava di una specie di missione del narcisista dal disturbo della personalità multipla tipica nella sua famiglia. Cercò di realizzarsi nella sua professione di regista, quando iniziò a lavorare con minorenni nei licei. Fallì per arroganza, freddezza e aggressività. Eppure, come direttore della Fondazione, ben finanziata, la sua idea ebbe successo. I risultati dei suoi 23 anni di direzione sono visibili ovunque. La rete di Soros è stata creata ed è operativa. I nuovi giornalisti e cosiddetti intellettuali macedoni furono coltivati come funghi in un seminterrato.
Avanzavano professionalmente e
finanziariamente, ricevendo compensi per presunti documenti scientifici
mai pubblicati o valutati da qualcuno. Viaggiarono nel mondo come
funzionari della rete di Soros, organizzando forum e conferenze su certi
temi per cui venivano pagati profumatamente. Invece di giornalismo e
scienza, la rete dei “sorosoidi” spaccia propaganda di Soros (e CIA). I
proprietari dei media, redazioni e politici erano sempre più impotenti
di fronte alla rete, che poteva cambiarne la vita in una notte.
Una
storia a parte sono i cosiddetti intellettuali macedoni che, privi di
valutazioni obiettive, dipendevano da Soros per finanziare i propri
irrilevanti lavori scientifici che non passavano nemmeno il filtro più
scarso di scientificità. In collaborazione con i politici, in Macedonia
un ambiente di “utili idioti” che senza obiezioni svolgono i compiti
assegnatagli da Milcin. Molte prove dimostrano che dietro ogni tentativo
di controrivoluzione, colpo di Stato e simili, in particolare nella
crisi in Macedonia, c’è la firma di Vladimir Milcin e Soros. Tensioni
interetniche, crisi e scontri politici, rivoluzioni tipo Maidan,
elezioni anticipate vengono organizzate tramite tale mezzo e il suo
raggruppamento intellettuale. Ciò apparve particolarmente chiaro dal
2006. Insieme alla rete che opera a livello regionale da Budapest in
stretta collaborazione con Canvas di Srga Popovich o Otpor
di Dragan Gilas e Sonja Licht, in coalizione con il Partito Democratico
di Boris Tadik o i liberaldemocratici di Chedomir Jovanovik, Soros ha
ben organizzato e gestito fino a poco prima la vita politica in Serbia.
La situazione in Ungheria è la stessa.
Prima il denaro fu usato per occupare lo spazio radiofonico nazionale e locale. Poi si continuò con le stazioni TV comprando A1 (ex-stazione televisiva nazionale privata macedone) e includendola nella rete privata e commerciale occupata con la cooperazione di giornalisti scelti. E infine, nel 1995, Soros iniziò la conquista della carta stampata. Prima comprò un editore (Europa 92 a Kocani) e poi fondò il quotidiano Dnevnik, la cui redazione riceve fondi da Soros. Iniziarono a prepararsi per le elezioni del 1998 dirette da Madeleine Albright quale “cambio” per promuovere i “nuovi” politici di destra. Alcuni giornalisti indipendenti lo capirono e ne discussero con Christopher Hill, all’epoca ambasciatore degli USA in Macedonia. Ma poi dall’Austria fece un’affermazione cinica: “Il popolo macedone è messo alla prova ora e vedremo se sia politicamente maturo o dovrà tornare all’asilo“. Gli elettori macedoni non superarono il test. Fallirono per il trucco dei cosiddetti miliardi di Taiwan promessi agli elettori stremati dalla transizione di Vasil Tupurkovski, il capo di Alternativa Democratica, durante la carovana pre-elettorale della “nuova coalizione”. La “vittoria” di Boris Trajkovski (secondo presidente macedone, ucciso in un incidente aereo) alle elezioni presidenziali fu un falso concordato tra la direzione del SDSM (che propose il peggior candidato possibile, Tito Petkovski).
Tuttavia dopo il primo turno, i risultati indicarono
che il popolo era maturo, poiché il peggior candidato Petkovski era in
testa con 150000 voti in più. Poi Madeleine Albright, a capo del
dipartimento di Stato, intervenne direttamente inviando gli auguri per
la vittoria a Boris Trajkovski. Era chiaro che la Macedonia era stata
ingannata. Il corpo elettorale macedone ignorò le “istruzioni della
propaganda” date dall’Open Society di Soros. Poi ci fu l’episodio del
“riconoscimento di Taiwan” che la Macedonia sconta a caro prezzo ancora
oggi. Infatti, su richiesta di Kiro Gligorov, attraverso Boutros Boutros
Ghali (Segretario Generale delle Nazioni Unite) e il Consiglio di
sicurezza, la Macedonia, che non era membro delle Nazioni Unite e non
aveva i confini statali nella Jugoslavia riconosciuti, per motivi di
sicurezza chiese un monitoraggio internazionale sul confine
settentrionale. La missione fu approvata come UNPREDEP e schierata sul
confine amministrativo. I cinesi ebbero un ruolo fondamentale nella
missione.
Dopo il riconoscimento di Taiwan, su iniziativa di Vasil
Tupurkovski (capo della gioventù comunista ai tempi di Tito), la
Repubblica Popolare Cinese si ritirò dalla missione e UNPREDEP fu
chiusa, e la Macedonia rimase senza confini statali riconosciuti e
sorvegliati a nord. La Cina chiuse l’ambasciata a Skopje, mentre al
Consiglio di sicurezza la Macedonia era alla mercé di Stati Uniti e
partner europei. Ciò inevitabilmente portò alla fase successiva, vissuta
dopo il tentato assassinio di Kiro Gligorov. Da tale passo si può
concludere che lo scopo dell’attentato permettesse, con la sua
eliminazione, di portare al potere la squadra del SDSM che,
individualmente e attraverso varie cooperazioni, aveva già accettato di
distruggere lo Stato della Macedonia. Sfortunatamente per loro, Gligorov
sopravvisse all’attentato ed ebbe il secondo mandato a capo di Stato. I
piani furono rinviati per non far scoprire i mandanti dell’attentato.
Nessuno ne fu ritenuto responsabile, non vi fu alcuna indagine seria,
nessun processo, alcuna responsabilità politica. Perciò la coalizione
per il cambiamento e i nuovi capi furono rilanciati direttamente da
Washington nel 1998. L’obiettivo era attivare le misure che
“silenziosamente” avrebbero avanzato la legge sulla protezione congiunta
delle frontiere, ideata da esercito degli Stati Uniti e istruttori del
MPRI (L-3 MPRI, fornitore globale di servizi militari privati, che offre
una vasta gamma di servizi professionali a clienti pubblici e privati,
in particolare dipartimento della Difesa, dipartimento di Stato,
dipartimento di Giustizia, dipartimento per la Sicurezza Nazionale,
forze dell’ordine organizzazioni, governi, agenzie governative e imprese
commerciali). E’ interessante ricordare che al primo tentativo,
l’ambasciatore russo reagì ferocemente inviando una nota di protesta a
Blagoj Handziski, ministro degli Esteri, ma non fu preso sul serio, e la
protezione delle frontiere congiunta si ebbe dopo la guerra, nel 2001.
La Fondazione ha un particolare interesse per la popolazione albanese. Ha investito molto denaro per costruire media e intellettuali albanesi che dovrebbero svolgere i loro compiti per cui oggi sono attivati su ordine di Milcin. Il riconoscimento dello Stato del Kosovo fa parte dei piani di Soros. In Macedonia, Saso Ordanovski, Guner Ismail e le controparti di Soros-Washington in Kosovo come Veton Suroi e altri, ne sostengono la propaganda. Un altro piano era la creazione di organizzazioni “non governative” albanesi come Razbudi (Risveglio), ma anche giornali, radio e televisioni locali così come portali “civili”. Insieme ai macedoni Archi Brigade, Singing Skopjans e Piazza della Libertà, creazioni personali di Milcin, hanno attaccato il progetto governativo Skopje 2014. Lo scopo era provocare un conflitto interetnico sulla ricostruzione del centro della città in stile neoclassico. Lo stile scelto fu definito espressione architettonica mono-etnica del nazionalismo macedone.
Ci fu
un tentativo di rivolta per combattere la discriminazione verso gli
omosessuali. Anche un attacco fallito contro la Chiesa ortodossa
macedone, quale testimonianza di sciovinismo ortodosso contro la
comunità islamica, anche se la presenza dell’Arabia Saudita si vede
ovunque. Eppure tali scenari fallirono, anche se vi furono tentativi di
attivarli di volta in volta. Un esempio fu l’assassinio di cinque
pescatori vicino a Skopje, il Giovedì Santo prima della Pasqua del 2012.
Oppure quest’anno a gennaio per l’Epifania, quando un gruppo di
islamisti albanesi del Kosovo giunse dalla Siria, attraverso Turchia e
Bulgaria, per massacrare i villeggianti sul fiume Vardar e il Lago di
Okhrid.
E’ interessante che Milcin fosse piuttosto invisibile mentre il SDSM era al potere (fino al 1998) e nei primi due anni di governo dei “nuovi” politici del VMRO-DPMNE insieme ad Alternativa Democratica. Improvvisamente, nel 1999 divenne ferocemente attivo durante la guerra, e nel 2001 ebbe un ruolo chiave nel disarmare il Paese. Grazie a media, attivisti, intellettuali e politici pagati da Soros, il Paese si arrese a ricatti e discredito. Intercettazioni telefoniche del governo furono attuate, proprio come oggi, con il supporto delle strutture del ministero degli Interni, questa volta colte in flagrante. Lo stesso scenario fu utilizzato anche per preparare il “putsch”. Ma la maggior parte del popolo non solo ricorda il passato, ma ha anche perso completamente fiducia nella rete di Soros.
I media in cui lavorano i
“gesuiti” addestrati e pagati dall’Open Society Institute non ammaliano
più nessuno. Le loro pretese ad essere virtuosi come gli ucraini o a
seguire l’esempio degli ungheresi e simili, non hanno ricevuto risposta
positiva. Ecco perché ragazzi e studenti sono oggi manipolati attraverso
“plenum” ad hoc e istigati alla rivolta contro le riforme
dell’istruzione. L’assurdità di tali richieste è dimostrata dal fatto
che, con il sostegno di docenti e professori, si chiede di abolire
l’esame di matematica per la maturità di Stato. Poi c’è stato l’attacco
al valico di frontiera, cioè la stazione di polizia di frontiera di
Goshince.
Anche se la logica mostra che Stati Uniti e partner europei
non avrebbero cercato di destabilizzare la Macedonia come nel 2001, con
gli albanesi del Kosovo, ciò è successo perché la squadra di Soros ha
fallito. In realtà, gli Stati Uniti d’America non volevano ricorrere
agli albanesi a causa della Russia, dopo l’operazione in Crimea, dato
che la possibile destabilizzazione regionale dal Kosovo e l’attacco alla
Macedonia, sarebbero la prova che Stati Uniti e Unione europea, cioè la
NATO e la missione dell’Unione europea in Kosovo, hanno fallito
totalmente. I Balcani non si sono stabilizzati e il Kosovo come Stato
non è una garanzia di stabilità, al contrario esporta destabilizzazione.
Tuttavia, nonostante la logica, hanno iniziato oggi in Macedonia,
mostrando panico e nervi tesi da tempo sotto pressione.
E ora, perché gli USA vogliono tanto attizzare il Nord e l’intero
confine nordoccidentale della Macedonia? La ragione è semplice e va
fatta risalire a quando l’Istituto Carter per la democrazia, nel 1993,
preparava il materiale per il centesimo anniversario della prima guerra
mondiale, sottolineando le guerre balcaniche ma anche quelle nella
regione del Caucaso e Mar Nero, pubblicando una ristampa delle relazioni
Carnegie-Aspen. Secondo la dottrina militare dell’esercito
statunitense, i Balcani (la parte occidentale) e la regione caucasica
del Mar Nero sono territorialmente zone di guerra compatte che non
dovrebbero essere attraversate da frontiere internazionali. Similmente
all’attuale realizzazione del progetto di Stato islamico, si tratta di
eliminare le frontiere tra Paesi e creare unità territoriale.
Per
realizzare ciò, vi è la necessità di ignorare i confini esistenti e di
spezzare la continuità tradizionale di Stato e politica. Fu facile con
la Macedonia, perché Slobodan Milosevich, su richiesta della Grecia, non
ne riconobbe i confini fino al 1996. La prima delimitazione fu fatta
dal ministro degli Interni della Repubblica federale di Jugoslavia
Milutinovic (ex-ambasciatore in Grecia) e da Ljubomir Frckovski,
ministro degli Interni fino al 1995 e ministro degli Esteri nei governi
del SDSM del 1995-97, che apertamente lavorava per gli interessi
statunitensi-greci (memorie di Gligorov e Andov). Con Kiro Gligorov, che
apparteneva alla vecchia scuola politica della RFSJ, i desideri degli
Stati Uniti erano difficili da raggiungere.
L’operazione fu lenta e
assai camuffata. Gligorov non era un grande promotore della NATO,
preferiva neutralità e adesione all’Unione europea a ritmo lento,
promosse la politica di neutralità attiva e l’equidistanza verso i
vicini e centri di potere. Non si addiceva ai “partner” della Macedonia
già posizionati nell’esercito, ministero della Difesa, polizia e
ministeri degli Interni e degli Esteri. La legge di riammissione fu
utilizzata e attraverso gli emendamenti avanzò anche quella sulla
protezione congiunta dei confini con la Repubblica federale di
Jugoslavia. Eppure, entrata pienamente in vigore dal 2001 e con una
frontiera interstatale con il Kosovo, l’ex-ambasciatore statunitense
Lawrence Butler di fronte ai media e in presenza dei rappresentanti
dell’esercito, dimostrò che non vi è alcun confine fisico tra Macedonia e
Kosovo. Così, l’ultimo attacco è la dimostrazione dello stesso
messaggio, precedentemente dato in versione politica. Il presidente
albanese Edi Rama ha affermato che, se la Macedonia non aderisce alla
NATO, l’unità naturale dello Stato pan-albanese verrà attuata. Dato che
il Kosovo è un protettorato della NATO gestito dall’Unione Europea, è
interessante come l’incidente di Goshince non sia stato commentato da
esse. E’ ovvio che fosse una prova per valutare terreno e reazioni del
Paese.
In ogni caso, ciò che non va secondo il piano è la forte volontà dei cittadini macedoni, dopo 25 anni di terrore psicologico e blocchi permanenti, che finalmente escono dall’asilo non fidandosi più della propaganda e della reti che la diffondono. Hanno perso fiducia negli “ideali” di UE e NATO come “unica scelta” e chiedono allo Stato di superare efficacemente la crisi. Questa volta si tratta di una fase cruciale per la Macedonia. Deve agire con cautela a causa dell’ambiente (euro-atlantico), delle strutture e reti interne, della composizione etnica della popolazione e dei vicini che in un modo o nell’altro interferiscono per ragioni storiche. Le sue priorità dovrebbero includere distruzione delle reti, rinnovamento dei partiti, ridefinizione della politica dello Stato macedone in conformità con la nuova realtà mondiale, riforma dell’istruzione con introduzione di standard elevati, liberazione dello spazio mediatico dai cloni di Soros.
Mirka Velinovska e Milenko Nedelkovski Geopolitica 28 aprile 2015
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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