Il
6 giugno nella città lettone di Daugavpils è successo un caso
istruttivo: uno striscione esposto lungo la strada in cui doveva passare
una colonna dei militari della NATO ha mostrato che qui non tutti danno
il benvenuto ai militari stranieri: “NATO you are killers” e “Yankee go home”,
era scritto sullo striscione. Questo caso ha riacutizzato una polemica
di lunga durata sulla lealtà della popolazione e sul fatto che le
affermazioni delle autorità sull’autenticità della gioia che i Lettoni
esprimono per la presenza dei soldati dell’Alleanza atlantica sono a dir
poco non proprio veritiere.
Con
l’inizio dell’estate, nella regione hanno avuto luogo grandi
esercitazioni NATO. Un blogger lettone, Sergej Vasiljev (Seva – Riga),
scrive: “Sull’autostrada per Pskov c’è gran calca di mezzi militari.
Mai visti così tanti. Mi chiamano dalla Polonia, e lì è lo stesso. La
macchina militare ha cominciato a muoversi, e come ben immaginate è
molto riluttante a fermarsi. Ora alcuni fatti: il 27 maggio
nella UE sono cominciate le grandi esercitazioni congiunte delle forze
NATO aeree (Swift response) e di terra (Saber strike). Secondo il piano
Swift response, le forze USA di risposta rapida rappresentate dall’ 82a
brigata di truppe da sbarco avrebbero attraversato l’Atlantico per
approdare nei pressi della città polacca di Torun, sulla Vistola, nella
stessa zona in cui verranno paracadutati militari britannici e polacchi.
Contemporaneamente,
la 173a brigata aerea dell’esercito USA di stanza in Germania avrebbe
eseguito le manovre nella Polonia settentrionale. Valutando il carattere
delle esercitazioni, il Pentagono simula un attacco fulmineo seguito
dalla presa del territorio da parte del nemico con armamento
convenzionale. Al Saber strike partecipano tredici paesi del blocco,
dispiegando i loro reparti sul territorio di Estonia Lettonia e
Lituania”. La suddetta esercitazione Saber strike – 2016 (“Colpo di sciabola – 2016”) vede la partecipazione di circa 10 mila militari di tredici Paesi della NATO.
Il
6 giugno, a Daugavpils (il capoluogo della regione della Latgalia, nei
pressi del confine con Russia e Bielorussia), si è svolta una parata
militare (60 soldati e 12 mezzi militari), con la partecipazione del
ministro della Difesa lettone Raimond Bergmanis, l’ambasciatore USA
Nancy Pettit, e il comandante del 2° reggimento cavalleria colonnello
John Meyer. Sono stati pronunciati molti discorsi trionfali.
Ad esempio
il sindaco di Daugavpils, Janis Lacplesis, ha affermato che “la
sfilata e le dimostrazioni delle capacità militari provano ancora una
volta che nel Paese va tutto bene, e che nulla minaccia la vita e la
sicurezza della gente”.
Tuttavia,
la buona disposizione dei funzionari è stata guastata da uno scandalo.
Al termine della parata si è venuto a sapere che la polizia stava
cercando i “trasgressori” che ai margini della strada in cui dovevano
passare i mezzi blindati avevano collocato uno striscione con la scritta
(in inglese) “NATO siete degli assassini” e “Yankee andate a casa!”
Anche se le forze dell’ordine hanno definito l’incidente come
“collocamento abusivo di manifesto”, gli autori del gesto non saranno
accusati di “fomentazione di odio”, come ci si poteva aspettare, data la
situazione in Lettonia. Lo striscione è stato rimosso, ma le foto si
sono diffuse sui social.
La
maggioranza della popolazione di Daugavpils è di lingua russa (e anche
nella capitale i Russi sono quasi la metà). A giudicare dai post sui social media e dai commenti sui siti locali, i Russi di Lettonia non sono affatto esaltati dall’arrivo delle truppe della NATO. “Cercate
in tutti i modi di portare i bambini via di qui. C’è un’elevata
probabilità che nel 2017 questo territorio diventi un’area di confronto
tra le forze dell’Alleanza atlantica e della Federazione russa. Grazie
all’idiozia di politici corrotti è in arrivo un’enorme catastrofe. E’
possibile che non capiscano cosa stanno combinando? E tutto per il bene
di Washington…” “Vejonis (il presidente della Lettonia dal 2015 N.d.T.)
dovrebbe ascoltare maggiormente le diverse opinioni del Paese. Lo
striscione contro la NATO è un campanello d’allarme per il governo, la
gente non sempre vuol vedere eserciti stranieri nel proprio Paese.
Soprattutto quando si spendono molti soldi in armamenti, senza che i
problemi sociali vengono risolti. E questo non è un caso isolato, molta
gente condivide queste idee.
E’ sintomatico che per questo striscione
verrà punito qualcuno: ossia è reato avere un’opinione diversa! La gente
avrà paura di esprimersi sulla presenza della NATO. Sarebbe stato
meglio se il presidente avesse raccontato della svastica che il suo
giardiniere ha disegnato sul prato della sua residenza (si tratta di un caso realmente accaduto all’inizio di giugno – EADaily),
invece di spendere parole a favore della NATO. Adesso abbiamo anche un
presidente amante dei simboli nazisti?” “Ragazzi, non scrivete troppo…
Adesso nel nostro paese siamo come ai tempi di Stalin, tra delazioni e
la Sicurezza che esamina ogni commento. Dovete avere un’unica opinione, a
favore dell’America. Lo Stato è sacro, i profughi sono dei santi,
nessuno ruba, ed è tutto un idillio. Tutta la colpa è di Putin, e se
pensate diversamente, benvenuti al fresco” – scrivono gli abitanti di Daugavpils.
Tra paura e orgoglio
Ed ecco i risultati di un sondaggio fatto dall’agenzia estone Turu uuringute AS
su commissione del Ministero della Difesa estone: più della metà dei
russofoni valuta negativamente la presenza di eserciti stranieri sul
territorio del Paese. Il 56% dei russofoni sono contro l’arrivo dei
militari stranieri, mentre l’88% degli Estoni [di lingua estone] giudica
positivamente questo fatto, e il 66% crede che la NATO protegga
effettivamente il Paese.
Il
malumore e la paura della popolazione russofona è comprensibile: essi
credono che la comparsa dei militari americani nella regione moltiplichi
le possibilità di guerra. E non sarà esagerato dire che la pensa così
la maggioranza della popolazione di lingua russa in tutti i paesi
baltici. Essi hanno un vantaggio rispetto agli “autoctoni” lettoni
lituani ed estoni, perché questi sono chiusi rigidamente nel loro spazio
informativo, in cui la valutazione degli eventi che accadono nel mondo
viene dettata da Washington. I russofoni hanno invece una possibilità di
confronto, perché per loro, grazie alla lingua comune, sono accessibili
i media russi. Questo è un grosso grattacapo per le autorità, che da
anni cercano di rendere difficile l’accesso alle TV russe alle
minoranze: il problema viene risolto oscurando i loro canali.
La situazione attuale è stata illustrata per la EADaily dal sociologo e commentatore politico lettone Andrej Solopenko. “L’atteggiamento
della popolazione verso la NATO è direttamente correlato
all’appartenenza etnica. Secondo molti sondaggi la maggioranza assoluta
(circa i due terzi) dei lettoni di lingua lettone giudica la NATO
positivamente, mentre i due terzi dei lettoni russofoni ne danno una
valutazione negativa. Nella società lettone prevale la considerazione
dell’Alleanza atlantica come difensore della Lettonia contro
l’«aggressore», che secondo loro sarebbe la Russia. Inoltre l’esercito
della NATO viene percepito come «protettore», specie se praticamente
tutti i politici si esprimono in modo negativo nei confronti della
Russia. Allo stesso tempo, l’atteggiamento dei russofoni verso la Russia
è diametralmente opposto, e quindi sono molto diffidenti nei riguardi
della presenza degli eserciti della NATO.
Visto
che agli «autoctoni» è stato imposto il punto di vista secondo cui
l’«aggressiva» Russia è pronta ad attaccarli, la maggioranza di loro
considera la presenza dell’Alleanza nella regione diversamente dalla
popolazione russofona, e per il momento ne sono molto soddisfatti. Ma
anche tra loro comincia pian piano a crescere lo scontento. La ragione è
che spesso i militari stranieri si permettono comportamenti
assolutamente ripugnanti nei Paesi che li ospitano. Negli anni passati
si sono verificati diversi casi: basta ricordare le risse con la
partecipazione di soldati americani in Lituania e gli scandali che
coinvolsero militari ubriachi della NATO a Ventspils in Lettonia, nella
primavera del 2014. Lì il sindaco della città, Aivar Lembergs, rivolse
una protesta ufficiale alla dirigenza dell’Alleanza. Ma è proprio negli
ultimi mesi che i rapporti su tali comportamenti indecorosi si sono
moltiplicati a dismisura: risse, atti vandalici, incidenti stradali…”
Qual è la vera minaccia
La
situazione attuale preoccupa realmente alcuni politici. Ad esempio il
parlamentare del partito d’opposizione Concordia, Janis Adamsons, ex
militare di carriera, da diversi anni cerca di attirare l’attenzione su
questo problema. Già nel 2014, commentando gli incidenti a Ventspils,
affermò: “La presenza degli eserciti stranieri in Lettonia ci rende
da un lato più sereni nelle questioni di sicurezza, ma dall’altro ci fa
diventare l’area a maggior rischio di guerra. Non si sa mai chi può fare
delle provocazioni. I militari della NATO credono di stare in una
repubblica delle banane, e qui si sentono come dei re. Che disciplina
può esserci? Hanno dimenticato tutto… Se commettono un delitto o
arrecano un danno alle proprietà dei cittadini lettoni non ne rispondono
a nessuno. A chi obbediscono, al nostro ministro della Difesa? O
eseguono gli ordini del comando delle proprie forze armate?”, si è
domandato il deputato in un’intervista al canale televisivo Russia 1.
Per questa esposizione diretta dei fatti si è guadagnato fiumi di fango
dai membri della coalizione governativa (“non si possono offendere i nostri cari amici Americani”), ma ciò non cambia la sostanza dell’argomento.
In
generale, le autorità dei Paesi Baltici cercano di insabbiare gli
incidenti che coinvolgono i “cari alleati”. Quando il sindaco Lembergs
espresse il desiderio di sporgere querela verso la NATO, i politici
locali cominciarono a condannare non tanto il comportamento dei rissosi
forestieri teppisti, quanto il malcapitato stesso sindaco di Ventspils,
reo di far fare una brutta figura al Paese dinanzi ai membri
dell’Alleanza. I ministri degli Interni e degli Esteri affermarono che
le dichiarazioni di Lembergs riguardo agli alleati erano irresponsabili,
inaccettabili, creavano una minaccia alla sicurezza nazionale e –
orrore! – portavano acqua al mulino della “propaganda russa”. L’ex
ministro della Difesa Artis Pabriks aggiunse che gli incidenti erano
stati fabbricati ad arte, allo scopo di fomentare la discordia tra la
Lettonia e la NATO. Allo stesso modo si espresse l’ex presidente dello
Stato, Valdis Zatlers, oggi capo della commissione parlamentare sulla
sicurezza: “Quando un pubblico ufficiale esprime un così aspro
giudizio sugli alleati della Lettonia, venuti a proteggere il nostro
Paese, non possiamo certo rallegrarci. Capisco che Lembergs è un
dilettante per quanto riguarda la difesa, ma simili dichiarazioni
sollevano questioni sulla loro opportunità verso i nostri alleati, che
si occupano della nostra sicurezza”.
Lembergs, infuriato, rispose per le rime: “C’è una totale pressione politica su di me per imbavagliarmi e non permettermi di raccontare i fatti!”. Secondo Lembergs la vera minaccia si crea quando “militari
in forte stato di ubriachezza violano le leggi dello Stato lettone e
tornano ubriachi sulle loro navi, dove si trovano cannoni e munizioni”. Aggiungendo:
“Il 4 maggio 1990 ho votato per l’indipendenza della Lettonia, perché
qui non ci fosse più nessun esercito straniero, né russo né americano,
né britannico né altro”. Il sindaco sottolineava di non essere lui
il primo a lamentarsi delle porcherie dei militari dell’alleanza, ma che
gli abitanti di Ventspils avevano cominciato a commentare sulle reti
sociali: “Allora risulta che non sono stati i militari della NATO a
comportarsi indecorosamente, ma sono stato io, ubriaco, a urinare nei
luoghi pubblici, a calpestare le aiuole! E’ assurdo! Sono un patriota
lettone e credo che nessuno possa comportarsi in questo modo qui da noi.
Ai tempi dell’Unione Sovietica mi sarei lamentato con Gorbachev, adesso
devo forse scrivere a Putin?”, si giustificava il sindaco.
Campanello d’allarme
Lembergs
non è l’unico esempio di un atteggiamento critico verso la NATO in
Lettonia. Il popolare compositore Imant Kalnins ad esempio dichiara:
“Per me un Paese indipendente è quello che prende tutte le decisioni autonomamente. Penso che anche i piccoli Paesi hanno la possibilità di rimanere indipendenti, come la Svizzera o il Lussemburgo. Possiamo discutere se essi sono veramente autonomi per decidere da soli, ma comunque i militari stranieri non entrano da loro: senza il consenso popolare i carri armati non ci entrano. In Lettonia invece è possibile…”.
In futuro ci si può attendere che man mano che la retorica sull'”aggressione” russa apparirà sempre più lontana dalla realtà, crescerà lo scontento dei baltici per la presenza di soldati stranieri in casa loro. Un pubblicista lettone, Vadim Gilis, ha dichiarato a EADaily: “In realtà la tavolozza delle opinioni nella società lettone è abbastanza variopinta. Penso (e ciò viene confermato dall’analisi delle pubblicazioni su internet) che la maggioranza della popolazione lettone giudichi positivamente ciò che sta accadendo. Ci sono varie ragioni: la più importante secondo me è quella esistenziale. Nei secoli della loro esistenza, questi territori si sono abituati ad accogliere eserciti stranieri, di solito salutandoli con i fiori. E’ una sorta di hobby storico. Storicamente la popolazione si è divisa tra chi tende verso l’Ovest oppure verso l’Est. Per questo ognuno accoglie con gioia la propria parte. Perché oggi tanti lettoni sono contenti? Semplice: la propaganda statale ha trasformato la Russia nella loro mente in un “Mordor” assetato di sangue, e la pressione psicologica continua. Questo influisce sugli umori della gente. Inoltre i giovani non conoscono cosa sia veramente la guerra. Quando un lettone si trova accanto a un mucchio di ferraglia militare americana, pensa di essere partecipe di qualcosa di grande, e che adesso è più forte dei barbari dell’ est. Non immagina e non può immaginare che tutta quella ferraglia può bruciare in un attimo. Non sa cosa sia la guerra moderna. Non sorge in lui la paura della morte. Questa gente vive in un’altra dimensione. Per questo in loro c’è gioia e orgoglio.
C’è solo una piccola parte di lettoni che sono consapevoli, che hanno una minima conoscenza storica, e che in cuor loro intuiscono cosa gli accadrà in caso di conflitto su grande scala sul territorio baltico. Ma la loro voce è troppo debole per essere udita. In una psicosi collettiva trionfalistica essi non possono dire nulla ad alta voce, perché saranno soggetti al massiccio ostracismo da parte dei loro furenti connazionali. Non possono in alcun modo influenzare l’atteggiamento della società lettone. La parte russofona invece si comporta in modo diametralmente opposto. Noi abbiamo assorbito dagli nostri avi la memoria collettiva della guerra, e istintivamente «sentiamo» come tutto ciò possa andare a finire. Per questo non vogliamo la NATO e il loro brandire le armi. Molti hanno paura. E sì, per molti l’Armata è più vicina dell’Abrams (i nomi dei carri armati russo e americano – N.d.T.). E non può essere diversamente, perché noi siamo Russi, e qualunque atteggiamento diverso sarebbe contro natura, vi pare? Oggi secondo me la cosa più importante è far capire alla popolazione di lingua lettone un semplice concetto: in caso di conflitto militare sul territorio baltico, questa per il popolo lettone sarà l’ultima guerra. Dopo, i lettoni cesseranno di esistere come nazione. Come far arrivare questo pensiero alle menti esagitate di persone pronte al suicidio non lo so. Qualsiasi argomento ragionevole viene subito respinto. Purtroppo…”
***
Articolo di Dmitrij Marynich pubblicato da Eurasia Daily il 16 giugno 2016
Tradotto da Elena Petrova per Saker Italia il 22 giugno 2016
Nessun commento:
Posta un commento