La causa diatrogena della malattia(e della morte) non è affatto
un’ipotesi di impercettibile entità in quanto costituisce la componente
essenziale del peggioramento clinico di ogni paziente e molto spesso porta alla morte e
nessuno, dico nessuno, se ne occupa attivamente anche perché al contrario di
quella iatrogena neanche viene citata ed è spesso sconosciuta agli addetti al settore.
Non è affatto normale che in un mondo di umani quello che
manca è proprio l’umanità, l’umanità di comprendere che una diagnosi spesso fa
molto più danni di un qualsiasi tumore, sclerosi, chemio, radio o altra terapia, a
questo si aggiunge il fatto che la stessa viene reiterata a causa dei disumani, ma
redditizi, protocolli di controllo che durano anni e che di fatto sono la
spada di Damocle del malato che quindi è tenuto in una
situazione psico-emotiva disumana per tutto il corso della malattia.
Prendiamo atto che è la salute emotiva e psichica del
paziente la prima a cui bisogna rivolgere le attenzioni, dopo si può intervenire
anche sul corpo certi che esso sosterrà ogni tipo di cura esistente perché il
corpo è perfetto, ma se non c’è il cuore a sorreggerlo sarà l’assenza d’amore a
decretarne la fine.
Marcello Salas
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Il vero problema non sono nemmeno le chemio!
Alcuni recenti fatti di cronaca in Italia che chiamano in causa la morte di due giovani donne che, secondo numerosi articoli di giornale, sono morte per aver rifiutato la chemioterapia, inducono molte persone a schierarsi contro pratiche di medicina naturale, che non prevedono l’utilizzo della chemio e che basano la comprensione del processo di malattia (tumori compresi), sulla consapevolezza della causa emozionale quale attivazione di questi processi biologici.
Il
can can mediatico sulla questione, porta i sostenitori della medicina di Stato
a chiedere a gran voce alle autorità di intervenire per arginare con leggi o
leggine, il proliferare di queste conoscenze che sono così osteggiate dalla
medicina convenzionale. Per contro, coloro che operano con queste conoscenze
basate su una visione alternativa, sentendosi attaccati e sentendo in
particolare attaccato il diritto di scelta terapeutica, tendono a difendersi
rincarando la dose e denunciando gli effetti devastanti di terapie così
fortemente invasive come la chemio.
In entrambi i casi, però, non stiamo evidenziando la vera natura del
problema. Non sono le chemio o le radio o qualunque altra terapia ad essere
(almeno nella maggioranza dei casi) la vera causa di morte dei pazienti
trattati. Il problema va ricercato altrove. Ve lo dice una persona che ha
visto morire molte persone nelle corsie di ospedali, che avevano seguito tutti
gli iter previsti dalla medicina ufficiale, come pure persone che si erano
affidate a pratiche alternative e che sono comunque morte.
Tutto questo mi ha portato a chiedermi quale fosse la “reale”
motivazione dell’insuccesso nel trattare questi pazienti. La risposta forse vi
sorprenderà? ma prima di darvela desidero fare una premessa: questo articolo
non l’ho scritto per la gente comune che tende a credere e ad affidarsi a
questa o quella terapia nella speranza di conservare la salute. A queste
persone chiedo, per questa volta, di essere spettatori di quanto sto per
scrivere, osservatori senza giudizio, capaci di fare una profonda riflessione
davanti a quanto ora dichiarerò.
L’articolo in questione in realtà lo rivolgo a tutti i terapeuti, consulenti delle “5 leggi
biologiche”, medici che praticano terapie alternative, operatori olistici nelle
varie discipline, insomma tutti gli operatori nell’ambito della salute, che
abbiano imparato a vedere la malattia come qualcosa di diverso dalla visione
della medicina convenzionale.
A loro
mi rivolgo per chiedere di unire i nostri sforzi per fare una denuncia
importantissima, per evidenziare la vera causa della morte di più di 500
persone, ogni giorno in Italia, nelle corsie degli ospedali… sì quelle persone
che non fanno scalpore con la loro morte e non sono menzionate negli articoli
scandalistici di qualche giornale, perché perlopiù sono morte di ‘medicina di
Stato’ seguendo cioè tutti i protocolli medici previsti per la loro malattia e
ciò nonostante sono morte.
Chiedo quindi a tutti gli operatori che come me sono stanchi di veder
morire così tante persone, di denunciare la vera causa di tante morti:
L’accanimento diagnostico!
Sì signori! Tutti questi morti sono la conseguenza di una pratica
seguita da tutti i medici convenzionali e cioè quella di accanirsi nel voler
trovare, a tutti i costi il ‘germe della malattia’ nei loro pazienti. In particolare, coloro che hanno già ricevuto una diagnosi di
tumore o malattia oncologica sono soggetti per tutta la loro vita a regolari
controlli, che hanno la finalità non di garantire la salute del soggetto
controllato, ma solo di trovare possibili recidive della malattia oncologica.
Una sorta di ‘spada di Damocle’ sulla testa di queste persone, che vivono nella
paura ad ogni controllo di sentirsi dire la famosa parola che suona come una
condanna a morte: Metastasi.
Metastasi!
Sapete che la maggior parte delle persone che ricevono una diagnosi di
metastasi muore entro 6 mesi? Perché pensate che muoiano? Per delle cellule impazzite che
replicano senza più controllo nel corpo del malato o piuttosto per le conseguenze emotive generate dalla diagnosi
di morte ricevuta dal proprio medico? Perché non denunciare
proprio questo? E cioè, che è
proprio il medico con il suo accanimento diagnostico, la prima causa di morte
in questi pazienti!
Cito
il recente caso di Eleonora, morta a 18 anni in una corsia di ospedale. Nella
precedente dimissione da un altro ricovero ospedaliero, sapete cosa avevano
scritto nel foglio di dimissioni? Malata terminale! Si proprio così! Malata
terminale! Un foglio dato in mano ad Eleonora! Che effetto pensate possa aver
avuto su di lei una frase di questo tipo? Cosa avreste provato voi se
l’avessero scritto su un vostro referto? Allora ha ragione Hamer quando dice che questa medicina è una medicina
senz’anima! Senza coscienza!
Capite ora perché dico che il vero problema non sono le chemio? Dobbiamo
risalire a quello che vive il paziente sottoposto a diagnosi infauste e/o
accanimento diagnostico, per trovare le vere cause di quei processi che
inducono poi la morte! Questo dobbiamo denunciare! Le 5 leggi biologiche
evidenziano proprio questo, e cioè che diagnosi
di questo tipo generano conflitti biologici nel paziente, che sfoceranno in
nuovi processi tumorali che prontamente indurranno il medico ad emettere
ulteriori diagnosi di morte! Il tutto, in nome di una medicina che ha scordato
l’enorme impatto emozionale che ‘quello che dice il medico’
(considerato legge dai pazienti) ha sul
paziente. In seconda battuta l’accanimento diagnostico sfocia
in un altro processo altrettanto devastante: l’accanimento teapeutico.
L’accanimento terapeutico!
Davanti
a delle diagnosi di malattia grave, il medico si sente autorizzato a provare
qualsiasi terapia pur di arginare le metastasi, anche solo per aggiungere
qualche mese di vita al paziente. Ecco quindi proporre terapie devastanti da un
punto di vista biologico, come la chemio e la radio terapia; ma davanti ad un
“brutto male” cos’altro si potrebbe fare se non tentare il tutto per tutto e
sperare nella buona sorte? E’ vero,
molti muoiono come conseguenza diretta del veleno delle chemio, ma credo che
abbiate capito che la vera causa di morte non và ricercata qui, bensì
nell’intero iter diagnostico praticato dal medico.
Questo chiedo di denunciare pubblicamente!
Siamo
disposti ad unire le nostre voci per rispetto di tanti caduti vittime di questa
medicina? Avremo il coraggio di fare questo senza accanirci verso i medici e le
loro terapie, che in fondo si limitano solo a seguire quei ‘protocolli’ che
sono il vero problema?
Nessuna
guerra quindi! Solo una presa di coscienza per chiederci cosa abbiamo sbagliato
nel praticare una medicina, che nel pretesto di essere scientifica, ha
dimenticato il centro della consulenza del medico, e che non è la malattia bensì l’individuo con il suo
vissuto e con le sue emozioni, si proprio quelle emozioni attivate da un
conflitto biologico, ad essere la vera causa della malattia.
Articolo di Adriano Buranello (Naturopata)
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