Un uomo guarda le nuvole e dice: "Stasera piove". Una donna guarda le
nuvole e dice: "Che belle! Sembrano due cavalli che si inseguono".
Se
chiedi ad un uomo dove sta il prosciutto in frigo, ti dirà “nel terzo
ripiano in basso a destra”, se lo chiedi ad una donna ti dirà “di fianco
all’insalata, sotto i formaggi”.
Se chiedi ad un uomo le indicazioni
per l’ufficio comunale ti dirà “terzo semaforo a destra, prima a
sinistra e poi subito a sinistra”, se lo chiedi ad una donna ti dirà
“vada avanti finchè vede una grande casa gialla, giri dove c’è la
fontana, e passi sotto il ponticello”.
Se chiedi ad un uomo di
descrivere una persona che ha appena incontrato ti dirà “circa 1,70 di
altezza, sugli 80 chili, aveva un accento bergamasco”, se lo chiedi ad
una donna ti dirà “un pò più basso di te, grassottello, parlava come lo
zio Toni.”
Perchè?
Per quanto ovviamente vi siano delle
eccezioni, il fatto stesso che si possano fare delle generalizzazioni di
questo tipo significa che siamo di fronte ad una differenza sostanziale
nel modo di operare dei due cervelli.
La cosa stupefacente è che
non esista – almeno a quel che mi risulta - una adeguata letteratura
scientifica in merito. Con delle differenze così palesi e marcate,
infatti, ci si aspetterebbe di trovare dozzine e dozzine di ricerche di
tipo psicologico su questo argomento, ...
... mentre sembra quasi
che la differenza “operativa” dei due cervelli venga intenzionalmente
ignorata dalla scienza ufficiale. (Forse perchè non sono in grado di
spiegarla?)
In ogni caso, sembra di poter dire che il cervello
maschile tende a lavorare in modo astratto (o “strutturale”), mentre
quello femminile tende a lavorare in modo concreto (o “formale”). In
altre parole, quando un uomo dice “terzo ripiano in basso a destra”
utilizza una analisi strutturale del frigorifero (astratta, appunto),
mentre quando la donna dice “di fianco all’insalata” utilizza una
percezione visiva del medesimo, ovvero concreta.
Lei “vede
fisicamente” il prosciutto accanto all’insalata, mentre l’uomo “conta
mentalmente” i ripiani del frigorifero. Così avviene per le indicazioni
stradali, dove la donna “vede” la casa gialla e la fontana, mentre
l’uomo “conta” i semafori e le svolte. Stessa cosa per la descrizione di
un individuo, dove l’uomo ne desume le misure ed il peso (termini
astratti), e utilizza la categoria “accento bergamasco” per descriverne
il modo di parlare. La donna invece riporta l’immagine fisica della sua
corporatura (termini concreti), ed utilizza un paragone concreto (lo zio
Toni) per descrivere il modo di parlare.
Un altro classico
esempio, che sembra confermare questo diverso approccio mentale, è
quello del parcheggio in città. Chiedete ad un uomo di parcheggiare
un’auto nello spazio ristretto fra due auto già parcheggiate, e
solitamente con un paio di manovre ben azzeccate la piazzerà esattamente
dove deve stare. Chiedete di fare la stessa cosa ad una donna, e dopo
un quarto d’ora di avanti-e-indietro inutili e interminabili la vedrete
uscire dall’auto, affranta e sudata, con le ruote che distano ancora 40
centimetri dal marciapiede. Questo avviene perchè l’uomo è capace di
“idealizzare” la posizione delle altre due auto e del marciapiede, e
quindi parcheggia sostanzialmente ”nel suo cervello”: usa cioè la
visione come semplice parametro di riferimento, ma in realtà computa le
distanze nel suo cervello. La donna invece ha bisogno di “vedere
fisicamente” il bordo del marciapiede e il paraurti delle altre due
auto, per “controllare” che la sua non le vada a toccare. Non potendolo
fare, fa molta più fatica a compiere una manovra efficace.
Questa
maggiore difficoltà della donna nel valutare correttamente le distanze
fisiche veniva attribuita, in un documentario della BBC di cui non
ricordo il titolo, al fatto che fin dall’antichità l’uomo è sempre
“andato a caccia”, mentre la donna stava solitamente ad accudire il
focolare. In altre parole – secondo il documentario - la necessità
costante dell’uomo di tirare una pietra, sparare con la cerbottana o
scagliare una lancia, lo avrebbero abituato a valutare visivamente le
distanze con la massima precisione. Mentre la donna, costretta a vivere
in un habitat più limitato, non avrebbe avuto bisogno di sviluppare
questa qualità.
Questa spiegazione non sembra però sufficiente a
risolvere un enigma così complesso come quello della sostanziale
differenza operativa dei due cervelli.
Nello stesso documentario
infatti, una serie di test fatta su bambini di 5-6 anni mostrava come i
maschi tendessero a smontare ogni singolo giocattolo che gli venisse
messo in mano: non c’era locomotiva, robot o animale meccanico che non
finisse in pezzi entro pochi minuti. Le bambine invece osservavano i
vari oggetti, se ne dimostravano più o meno interessate, ma nessuna
cercava mai comunque di aprirli o di smontarli.
Venivano infine
presentati dei test di tipo associativo, nei quali le donne battevano
regolarmente gli uomini come rapidità di risposta. La cosa più
divertente era vedere i ricercatori – tutti maschi, ovviamente – che
restavano stupiti dalla velocità di risposta delle donne, e chiedevano:
“Scusi, ma lei che ragionamento ha fatto, per arrivarci così in fretta?”
La donna rispondeva con un sorriso e un’alzatina di spalle, dicendo:
“Boh, non lo so. E’ così e basta”.
Questo sembra quindi
confermare l’ipotesi del diverso approccio analitico-astratto da una
parte, e pratico-concreto dall’altra. Per risolvere un problema l’uomo
deve prima “smontarlo analiticamente” – esattamente come deve smontare
un giocattolo “per capire come è fatto” – prima di poter dare la propria
risposta. La donna invece “ci arriva” intuitivamente, al volo, con un
collegamento “di pancia” e senza necessariamente compiere un percorso
logico.
Sembra quindi che ci troviamo di fronte a percorsi
mentali che si differenziano nella loro stessa rappresentazione grafica:
verticale, lineare, consequenziale (logico) quello del maschio;
orizzontale, “a macchia”, libero-associativo (intuitivo) quello della
donna.
Un paragone che viene alla mente è quello del disco
musicale: sui vecchi “33 giri” le canzoni erano “messe in fila”, una
dopo l’altra, e dovevi per forza ascoltarle nell’ordine in cui erano
state incise. Nel CD-Rom invece il materiale è organizzato in maniera
“orizzontale”, “sparsa”, e qualunque canzone è accessibile con la stessa
facilità. Basta cambiare la playlist, e il CD-rom suonerà le canzoni
nell’ordine che vuoi tu.
Ora, sappiamo tutti che il percorso
logico-deduttivo offre la massima sicurezza in termini di conclusioni,
ma è anche il più lento e laborioso, e non porta mai comunque a
deduzioni che siano maggiori della premessa stessa. Mentre il percorso
intuitivo-induttivo non offre certezze assolute sulle conclusioni, ma è
rapido e folgorante, e porta spesso a squarci di illuminazione davvero
inebrianti.
L’uomo sa andare con precisione assoluta da A a C, ma
per farlo dovrà sempre passare da B. La donna non è altrettanto
“precisa”, ma da A può andare indifferentemente a C, B,F, Y o Z senza
compiere nessun passaggio obbligato. Avete mai provato – mi rivolgo agli
uomini – a seguire i discorsi di un gruppo di donne che chiacchierano
fra di loro? C’è letteralmente da impazzire: saltano da un argomento
all’altro senza il minimo senso logico, ma riescono comunque a non
perdere mai il filo di quello che stanno dicendo. Noi invece siamo
assolutamente logici nel nostro discorrere, ma spesso risultiamo
dannatamente noiosi alle donne che ci ascoltano.
Non si tratta
quindi di affermare che l’uomo sia “meglio” o “peggio” della donna, ma
si tratta di riconoscere una differenza sostanziale nel modo di operare
dei loro cervelli, in cui alla fine i vantaggi e gli svantaggi si
equivalgono e si compenetrano. Dove non arriva l’uno arriva l’altro, e
viceversa.
In questo senso ancora di più uomo e donna appaiono
come due metà della stessa mela, opposte e complementari, la cui
immagine si può ritrovare negli stessi archetipi di tipo spirituale
(mitologico) delle varie culture e tradizioni. Dai Sumeri di Mesopotamia
agli Incas del Perù, dagli Hopi del New-Mexico ai Dogon del Mali, la
cosmogenesi vede infinite variazioni dello stesso tema universale: una
divinità maschile, assoluta, atemporale e incorporea – quindi astratta -
che si innamora di una divinità femminile, materiale e tangibile, e si
unisce a lei creando il tempo e lo spazio in cui viviamo.
“In
principio era il Logos”, dice il Vangelo di Giovanni. “Il Logos era
vicino a Dio, e il Logos era Dio”. E la stessa Trinità - altro archetipo
condiviso da tutte le maggiori tradizioni spirituali - sembra
rappresentare fedelmente questa idea di compenetrazione fra spirito e
materia (Logos e Pathos, maschile e femminile), mutuata dallo “Spirito
Santo”, ovvero dall’unione calata nel tempo in cui si manifesta.
Massimo Mazzucco
fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4455
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