venerdì 3 ottobre 2014

I profeti del "cambiamento"


Quante volte, negli ultimi tempi, abbiamo sentito parlare di "necessità di un cambiamento"?

Di fatto, questa formula si ripropone ciclicamente, ogni volta che le condizioni sociali di una determinata nazione si avvicinino al livello dell'intollerabilità. Più quel limite si fa prossimo, più sentirete il politico di turno che si propone con urgenza alla guida del paese per portare un "cambiamento", un "rinnovamento", una "valida alternativa" al sistema vigente.

In realtà, la formula del "cambiamento" è una formula vuota già in partenza, indipendentemente dalla situazione o dal personaggio politico che cerchi di proporla. Non è infatti possibile imporre un qualunque "cambiamento" per decreto legge, o per semplice volontà politica: il cambiamento può essere soltanto la conseguenza di un processo evolutivo, non può esserne la causa stessa.

Non basta (vedi Stati uniti) fare una legge che "stabilisca la fine della discriminazione razziale", per porre effettivamente fine alla discriminazione razziale. Non basta (vedi Italia) creare un "ministero della pari opportunità" ...


... per offrire davvero una pari opportunità a uomini e donne nel mondo del lavoro. Non basta (vedi Europa) "incentivare la crescita" con una qualsivoglia politica monetaria, per risolvere davvero la crisi economica di un intero continente.

Il cambiamento non è qualcosa che si pone a monte del problema, e che in qualche modo lo risolve "per decreto d'autorità". Il cambiamento può essere soltanto la conseguenza di un determinato processo evolutivo, che deve avvenire prima a livello sociale. Se quindi si vuole davvero ottenere un cambiamento, bisogna lavorare per creare le condizioni affinché questo cambiamento possa aver luogo.

Se si vuole davvero porre fine alla discriminazione razziale, bisogna gettare le basi per un avanzamento culturale nel quale i valori dell'eguaglianza e della tolleranza prevalgano su quelli della prepotenza e dell'intolleranza. Allora sì che ne risulterà davvero un cambiamento positivo - e duraturo - in quel senso.

Se si vuole davvero offrire pari opportunità a uomini e donne, è necessario gettare le basi per un avanzamento culturale nel quale il principio del rispetto reciproco fra i sessi faccia poi germogliare una situazione di reale eguaglianza fra di loro.

Se si vuole davvero posse fine al disagio sociale di un intero continente, bisogna prima modificare i valori morali che stanno alle spalle della attuale logica di produzione. A quel punto il benessere economico sarà una conseguenza positiva del cambiamento di questi valori a livello sociale, e non la semplice causa di sè stesso.

In altre parole, proponendo il "cambiamento" come chiave per la soluzione dei problemi, e non come risultato della loro risoluzione, si capovolge l'equazione in una specie di tautologia priva di significato.

Chiunque si proponga come "profeta del cambiamento", a sua volta, è semplicemente una persona - nella migliore delle ipotesi - che non ha capito nulla delle dinamiche sociali del mondo in cui viviamo.

Nella peggiore - e molto più probabile - delle ipotesi invece, è uno che sa benissimo che proporsi come profeta del cambiamento porterà soltanto ad una modificazione esteriore delle cose, lasciandole immutate nella sostanza.

Esattamente come diceva Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

 
Massimo Mazzucco


fonte e discussione su : http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4558

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