lunedì 17 novembre 2014

Ambiente ostile? Sarete più religiosi



Per quale motivo determinate popolazioni mostrano un maggiore attaccamento alla religione rispetto ad altre? Una risposta arriva da uno studio del National Evolutionary Synthesis Center (NESCent), pubblicato su Pnas, che per la prima volta ha messo in correlazione gli aspetti ambientali e sociali legati alla nascita delle grandi religioni. I ricercatori, guidati da Carlos Botero, della North Carolina State University, hanno utilizzato dati storici, sociali ed ecologici di 583 popolazioni per illustrare la relazione tra la credenza in divinità superiori e altre variabili esterne.

Lo studio, che inizialmente doveva esplorare l’evoluzione delle culture umane, si è ampliato quando Botero ha inserito dati etnografici di popolazioni che credevano in divinità moralizzatrici: gli scienziati hanno notato che la distribuzione di queste popolazioni è simile a quella degli uccelli cooperativi (popolazioni di volatili che in condizioni avverse smettono di competere tra di loro), suggerendo l’implicazione di fattori ambientali. Stando all'analisi dei ricercatori, per l'appunto, le grandi religioni avrebbero attecchito soprattutto tra le popolazioni che hanno vissuto in ambienti più ostili.


Come si può vedere nell’immagine, le società che credono in “grandi divinità moralizzatrici” (punti blu) e quelle che “sono atee/credono negli spiriti/in divinità non moralizzatrici” (punti in rosso) sono riportate in funzione della disponibilità di una risorsa naturale, la crescita delle piante (tonalità di grigio: più intense per potenziale maggiore, più chiare per potenzialità minore).

I punti non riflettono le religioni attualmente praticate in queste zone, ma ognuno di essi riflette una società tradizionale, identificata dagli antropologi all’inizio del ventesimo secolo. "Quando la vita è dura o incerta, le persone tendono a credere nelle grandi divinità", afferma Russell Gray, professore presso l’università di Auckland e direttore del Max Planck Institute for History and the Sciences di Jena. "Il comportamento prosociale può aiutare le persone a fare bene in ambienti avversi o imprevedibili”.

L’esistenza di uno schema spaziale nella distribuzione delle credenze religiose è diventata molto chiara, cosi come lo è in particolare”, afferma Botero, “la convinzione che ci sia una sorta di divinità coinvolta nella morale umana”. Secondo Botero, infatti, in ambienti difficili la fede condivisa in un dio moralizzatore aiuta le persone a creare comunità e a cooperare tra loro.

La nascita delle religioni è stata spiegata a lungo come il risultato di fattori ambientali o sociali, ma non di entrambi. I risultati di questa ricerca invece indicano che le pratiche complesse, caratteristiche degli esseri umani, nascono dall’interazione di variabili ecologiche, storiche e culturali; inoltre questi dati evidenziano la presenza di una correlazione tra le religioni che credono in divinità moralizzatrici e la cooperazione di gruppo, un legame, quest’ultimo, mai dimostrato in precedenza.

"Siamo in un momento senza precedenti nella storia", commenta Botero, "ora siamo in grado di sfruttare sia i dati che una combinazione di competenze multidisciplinari per affrontare questo tipo di domande in modo empirico”.

Visti i risultati dello studio, il team in futuro prevede di approfondire esplorando i processi che hanno influenzato l'evoluzione di altri comportamenti umani, compresi i tabù, la circoncisione, e la modifica degli habitat naturali.

di Davide Bilancetti

Credits immagine: Carlos A. Botero et al, "The ecology of religious beliefs," Proceedings of the National Academy of Sciences, November 10, 2014

Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1408701111

fonte: http://www.galileonet.it/articles/5465e1b3a5717a3c570000e1

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