mercoledì 6 maggio 2015

Passi scelti dal Tao Te Ching, un classico del taoismo, adattamento da più traduzioni, con breve commento:


I

Il Tao che si può nominare
Non è il Tao eterno.
L'essere che può venire nominato
Non è quello eterno.
Come non nominabile
esso è il principio del cielo e della terra.
Divenuto con ciò determinato
Divenne l'origine degli esseri particolari.
Una l'essenza,
diversa solo la denominazione.
Mistero è la loro identità,
arcano degli arcani.
Porta attraverso la quale sono emerse,
nell'universo manifesto,
tutte le meraviglie che lo popolano.
Così lo spirito libero dalle passioni
percepisce l'essenza misteriosa,
lo spirito preda delle passioni
non conoscerà se non i suoi effetti (apparenze fenomeniche).


Commento:
Il Tao Te Ching, un testo così affascinante e spesso criptico, si apre con ovvie constatazioni, almeno per chi intuisce almeno un po' della verità, ma subito dopo (qui al quinto passo) fa delle importanti distinzioni che fanno sorgere un dubbio importante: esse sono state fatte per rendere comprensibile a tutti il messaggio insito nel manoscritto oppure dimostrano una comprensione non ancora esaustiva del Principio? Infatti a parole divide il Principio dai suoi effetti o manifestazioni, mentre la realtà fondamentale è ben diversa, e parlare in questa maniera è chiaramente un esprimersi condizionato. Più avanti il testo si riscatta ricordando come sia diversa la sola denominazione, ma insiste poi a dimostrarsi imperfetto quando parla di mistero: fin che vi è mistero non vi è vera comprensione! Più tardi persiste per l'ennesima volta ad esprimersi in maniera discriminatoria evidenziando un dualismo fra Principio ed esseri particolari, ed ancora dice chiaramente che uno spirito libero da passioni percepisce l'essenza del Principio quando è chiaro che fra percepire e fare essi stessi parte di una data cosa vi è una grossa differenza: essere il Principio significa anche non percepirlo. Così il dubbio permane, non si scioglie con l'analisi del testo: abile espediente per far comprendere un po' di saggezza anche ai profani o manifestazione di una realizzazione ancora imperfetta?


II

Per tutti i nati sotto questo cielo,
concepito il bello
nasce il brutto.
Fissato il bene
Prende forma il male.
Allo stesso modo essere e non essere sono correlati,
possibile ed impossibile sono complementari,
grande e piccolo si caratterizzano a vicenda,
l'alto si capovolge nel basso,
suono e rumore si integrano,
prima e dopo si susseguono.
Così l'Uomo Reale permane nel non agire,
insegna senza parlare,
dirige senza comandare.
Conduce allo sviluppo senza appropriarsi,
compie senza fare.
Essenzialmente non risiedendo nei correlativi
partecipa della forza originaria.


Commento:

Questo capitolo debutta con il fissare nelle menti il gioco degli opposti che domina il mondo del relativo, lo crea e ne è alla base, essendo un tutt'uno con esso; relativo che tuttavia imprigiona solo le menti che si muovano al suo interno. Viene così affermata l'indipendenza del saggio che stabilito nel Principio agisce senza un io particolare, senza quindi egoismo individuale e per questo libero ed architetto d'azioni di natura assoluta (Come del resto sono tutte le azioni, dipende esclusivamente da come queste sono concepite.). Ancora una volta viene qui stabilita a parole una dualità nel discorso che probabilmente è un espediente per farsi comprendere, ma che non ci si aspetterebbe da un testo così ispirato.


III

Potenziando oltre al limite
si provoca la lotta.
Dando risalto a ciò che è raro avere
si suscita un colpevole desiderio di appropriazione.
Si veli ciò che nelle cose attira
e l'animo resterà calmo.
Così: l'Uomo Reale in veste di capo
va senza preferenze ed appetiti.
Indebolisce gli impulsi
e tempra l'essere interno
(letteralmente ventre ed ossa che in oriente sono sinonimi dell'interiorità;
alcuni traduttori qui hanno commesso un madornale errore,
dando al testo un senso puramente fisico e di bassa lega!).
Senza un sapere (superficiale) e senza desideri
guida i diecimila esseri.
Confonde coloro che sanno.
Evita l'agire (comune)
e la società vivrà sempre libera nel suo ordine.


Commento:

Anche qui il gioco degli opposti permea tutto il discorso, accrescendo qualcosa si cade nel suo contrario e/o nel disordine, agendo senza un io particolare che possa essere coinvolto dal mondo, tutto acquista la purezza e la libertà originarie. E' evidente che qui si parla di un mondo ben lontano dal nostro, basta accendere la televisione per rendersi conto del male insito in tanti messaggi che vengono oggi propinati, e per di più del fatto che sembra lecito darsi da fare in ogni modo per procurarsi quel che viene propagandato; anzi, pare che chi non si comporti in tale modo sia da additare come sciocco.


IV

Il Tao non è sostanza,
è attività inesauribile.
Agire che non lo accresce.
Com'è insondabile!
E' come la scaturigine primordiale di ogni cosa.
Smussa l'acuto,
schiarisce il confuso;
tempera l'abbagliante.
Ordina le parti elementari (della materia).
E' inafferrabile eppure onnipresente;
come potrebbe essere stato generato?
E' anteriore al Signore del Cielo.
(La divinità cinese per eccellenza)


Commento:

Dire che il Tao non è materiale potrebbe anche andare bene, ma perché poi dire che è attività?! Tanto vale dire che Esso è anche materiale: dal punto di vista assoluto non è errato asserire sia l'una che l'altra delle preposizioni. Anche qui viene fatto notare che ogni cosa, raggiunto il suo apice, viene permeata dal suo opposto.


VII

L'Universale è eterno.
E' eterno
perché non vive per sé stesso.
Perciò: l'Uomo Reale
indietreggiando avanza.
Restando fuori è sempre presente.
Col non fare di sé il centro
raggiunge la perfezione.


Commento:

si esalta la non personalizzazione del Tao, anche il saggio perciò spogliandosi dell'ego trova la verità e si unisce a tutte le cose.


IIX

La qualità trascendente assomiglia all'acqua.
Senza resistere assume la forma di ogni cosa,
prende la posizione più bassa
che gli uomini disprezzano.
Più si è lontani dall'agire comune,
più si è vicini alla Via.
Così l'Uomo reale nel dominio materiale
tiene per buono il restare nel posto che ha.
Nel dominio del sentire tiene per buona
la profondità dell'essere.
Se dona, tiene per buona la generosità.
Parlando, tiene per buona la verità.
Governando tiene per buono lo sviluppo ordinato.
Agendo tiene per buono l'accorto raggiungimento del fine.
Nel dominio pratico tiene per buono l'intervenire
nel punto e nel momento giusti.
Invero, proprio grazie all'adeguarsi senza lotte,
nulla altera il suo essere.


Commento:

Il passo inizia con una efficace metafora che successivamente sviluppa nei vari casi della vita per far capire come sia distante la verità dal modo d'agire degli esseri umani che pur vi sono immersi. Proprio allontanandosi dai contrasti l'Uomo Reale trova la sua realizzazione e la pace interiore. Interessante il risalto messo sull'uso dell'accortezza, la quale ha sempre dominato la mente cinese che è sempre stata assai pratica, anche nella sua filosofia, e non si può certo dargli torto.


IX

Mantenere quando si sia riempito sino all'orlo
non è possibile.
Conservare una lama estremamente affilata
non è possibile.
Non si può, ad un tempo,
possedere e conservare.
Beni e potere uniti ad orgoglio
preparano da sé la rovina.
Agire e ritirarsi
è la Via del cielo.


Commento:

la legge dell'impermanenza fa sì che nulla perduri e che ogni cosa tramuti alla fine nella sua mancanza, una qualsiasi fortuna non può essere mantenuta per sempre, specie se vissuta con duro egoismo; agire senza orgoglio e senza pensiero di sé, non attaccarsi a ciò che si crea, è la natura della saggezza dell'uomo del Tao.


X

Conservando l'Uno a che spirito e corpo si congiungano
e più non si separino.
Far circolare il soffio sottile
generando l'embrione spirituale.
Pulire lo specchio segreto escludendo ogni pensiero complicato
perché la mente non ti logori.
Nei rapporti con gli altri e reggendo lo stato
seguire il non agire.
L'instabilità della sorte
valga a sviluppare la ricettività dell'anima.
Con la visione essenziale che abbraccia ogni aspetto
eliminare il sapere condizionato.
Per raggiungere lo sviluppo:
creare senza possedere,
agire senza appropriarsi,
elevarsi senza forzare.
Questa è la Via. 



Commento:

Il testo inizia con delle istruzioni riguardo la pratica taoista, si noti come queste siano simili a molte altre presenti in altre pratiche esoteriche: non solo al primo rigo si parla dell'unione degli opposti come già nell'alchimia occidentale (i nomi sono solo un mascheramento per la verità), la strofa successiva offre istruzioni sulla respirazione e più avanti, proprio come in molti detti buddisti, si indica la pulitura della mente attraverso la non discriminazione. Successivamente si torna sul tema del non agire come agire non personalizzato, e per il quale chi lo pratica è destinato ad avere successo o ad essere, nel caso la sorte gli sia avversa, indifferente al fallimento.


XI

Trenta raggi convergono nel mozzo,
ma è il vuoto del mozzo l'essenziale della ruota.
I vasi sono fatti di argilla,
ma è il vuoto interno che fa l'essenza del vaso.
Mura con finestre e porte formano una casa,
ma è il vuoto di essi che ne fa l'essenza.
In genere: l'essere serve come mezzo utile,
nel non essere sta l'essenza. 



Commento:

Bella metafora che mostra in maniera intuitiva, anche se può darne solo una pallida idea, la qualità della natura fondamentale; infatti qui vi è ancora una contrapposizione fra le diverse cose e l'essenza. La vera visione trascende questa divergenza, perché è univoca; comunque tutto questo basta a far sorgere un dubbio nella mente del lettore su cosa sia davvero fondamentale e farlo credere che in quel che appare ai sensi solo come una negazione, vi sia una verità profonda, misteriosa, onnipresente. Quando si giunge ad inglobare anche l'apparente nel vuoto si sarà già di un passo innanzi. Come in alcuni passi precedenti anche qui si può provare un dubbio sulla reale comprensione dello scrittore: davvero realizzato che si piega ad illustrare una profonda dottrina con espressioni pesantemente condizionate, oppure ancora legato ad un concepire la realtà come duale?


XII

La vista dei colori acceca gli occhi dell'uomo.
La percezione dei suoni assorda l'udito.
Il gusto dei sapori rende ottusa la bocca.
L'immedesimarsi nell'azione oscura la mente.
Il desiderio bramoso distrugge la possibilità di movimento (la libertà).
Perciò: l'Uomo reale
non perde l'io nel non io,
esclude l'esteriore, consiste nell'interiore.


Commento:

Un bel capitolo che partendo da considerazioni elementari illustra come le passioni od i desideri smodati, l'egoismo, l'eccedere nelle cose; non facciano che, oltre ad ottundere gli stessi sensi comuni e far smarrire la stessa libertà personale in una illusione di volgare autosoddisfazione, far perdere di vista il senso del Reale; meglio sarebbe quindi preservare la vera natura a detrimento di quella che al senso comune appare essere la realtà, e non è che apparenza (seppur anche questa trovi spazio nel Dharma finale) che diviene, proprio perché solitamente è l'unica conosciuta, fonte dei mali del mondo.


XIII

Grazia ricevuta ferisce come disgrazia,
la grandezza appesantisce come il corpo.
Che significa: grazia ricevuta ferisce come disgrazia?
La grazia ricevuta implica il proprio abbassamento,
vi è ansia nell'attenderla,
vi è ansia nel perderla.
Che significa: la grandezza appesantisce come il corpo?
Avere un corpo vuol dire offrire presa,
il corpo è il principio della pesantezza.
Se non lo si avesse non vi sarebbe transitorietà.
Perciò: chi si stacca dalla grandezza
può reggere liberamente l'impero.
A chi è attaccato al corpo così poco come all'impero,
può affidarsi l'impero.


Commento:

Questo passo illustra l'incompatibilità della Via con le preoccupazioni mondane, non solo queste sono causa di gravi preoccupazioni che indeboliscono la mente, ma impediscono lo scorgere della Via e rappresentano delle vere e proprie trappole per l'evoluzione spirituale; inoltre chi è nel karma non può non soggiacere alle sue trasformazioni, la caducità è proprio dovuta ai desideri che si nutrono, per cui porsi come obiettivi la ricchezza, la fama ed ammirare le persone che le hanno ottenute non porterà che a mete ed effetti transitori, destinate a perpetuare la ruota della vita e della morte. Qui è presente anche l'idea, unica, a mia conoscenza, nella tradizione orientale, che all'individuo affrancatosi da tali brame si possa affidare la guida di uno stato, come per una sorta di investitura divina; anche se in altri scritti taoisti si affermi che però il tempo attuale (cioè il periodo storico in cui questi venivano compilati, figuriamoci oggi!) è troppo corrotto perché tale operazione abbia effettivo successo.


XVI

Chi realizza il vuoto estremo
trova ciò che al di là del mutevole e del particolare
sussiste immobile e calmo.
Nel flusso degli esseri innumerevoli
vede il loro uscire allo stato formale e moltiplicarsi,
e come tutti ritornino alla radice.
tornare alla radice significa stato di riposo,
da tale riposo essi tornano ad uscire per un nuovo destino.
Questa è la legge immutabile della trasformazione.
La conoscenza della legge immutabile porta alla chiara visione,
la non conoscenza della legge immutabile porta all'agire cieco e dannoso,
la conoscenza della legge immutabile conduce alla equanimità distaccata.
Essere distaccati significa essere superiori,
essere superiori significa essere regali,
essere regali significa essere come il cielo,
essere come il cielo significa essere simili al principio,
e si sarà per sempre fuori dal danno.


Commento:

Vorrei fare degli appunti al senso del testo: a parte il fatto che il vuoto estremo non è ancora che un aspetto condizionato, essendo lo stato finale trascendente pure il vuoto; anche sussistere continuamente immobili e calmi non è altri che un aspetto della morte; qui il mio sospetto che il taoismo non abbia tratto le ultime conclusioni sul reale, a differenza del buddismo, viene rafforzato alquanto. Interessante la parte che tratta del destino degli esseri, molto simile all'idea buddista della reincarnazione, anche se qui non vi si fa ancora nessuna considerazione morale; cioè la legge di causa ed effetto delle azioni non è qui considerata; semplicemente tralasciata od ignorata? Anche essere distaccati in maniera equanime personalmente mi ripugna, può anche andare bene per chi si accontenti di trovare la liberazione per sé stesso, ma non certo per raggiungere l'ideale del bodhisattva che anima il buddismo. Tale impressione si rafforza nell'ultima frase che ancora una volta non spende una parola per la salvezza altrui, ma solo su quella personale; quanto diviene limitato, arido ed egoista qui il taoismo!


XVIII

Perduta la Via
anteposero "umanità e giustizia".
Perduta la semplicità originaria,
da abilità e scaltrezza
nacque la grande ipocrisia.
Spezzato il vincolo di sangue che legava all'originario
si supplì coi sentimenti familiari.
Quando i regni caddero nel disordine
si fecero avanti i "buoni ministri".


Commento:

Ora il Taoismo, come molte altre antiche tradizioni, del resto, fa riferimento ad uno stato delle cose ad esso precedente che assume le caratteristiche del mito; dubito che questa condizione dello spirito e del reale sia veramente esistita, tuttavia il testo può essere tranquillamente letto sia in chiave metaforica che anagogica, come non altrimenti viene fatto in occidente ad esempio con la bibbia; così questa arcadia, questo stato paradisiaco ed ancestrale può assumere i connotati vaghi, simbolici e d'ampio significato del periodo immediatamente seguente la creazione del mondo umano o dell'affermarsi prevaricante dell'io che discrimina a danno di quel sapere intuitivo allora esclusivamente legato all'istinto, con la susseguente apparizione di una personalità vera e propria, capace di distinguere, anche fra il bene ed il male, e perciò passibile di sbagliare, peccare e meritarsi una punizione. Forse era destino che il passaggio da uno stato animale incontaminato dai dubbi della coscienza sia stato avvertito dall'umanità come una caduta, una perdita irrimediabile, e che, probabilmente, attraversata una fase "adolescenziale" in cui impulso naturale e ragione si equilibravano, l'uomo sia arrivato al giorno d'oggi avendo sviluppato troppa razionalità a detrimento del suo animo; come del resto è probabile che, se pur su tempi lunghissimi, se avrà la possibilità di viverli, egli debba tornare a vivere, questa volta coscientemente, la verità che è in lui, con un nuovo, antico, padrone al posto di quello che è la logica nel mondo odierno, quella funzione intuitiva che dovrà però essere integrata nella coscienza (forse allora sarà meglio chiamarla amica che padrona). Tutto lo scritto non parla che della progressiva caduta nei fraintendimenti del mondo delle distinzioni e del scaturire da esso dei nuovi valori: possesso, ricchezza, dominio al posto di quelli del cuore: amore, comprensione umana, tolleranza che nel periodo descritto erano però ancora inconsci, o meglio, non definiti, semplicemente vissuti (e qui si capisca come sia assurdo invocarli, andare a ricercarli, senza voler cambiare, senza affidarsi alla propria interiorità).



XXI

La grande Virtù, quale si manifesta,
è solo l'esteriorizzazione del Principio,
ma la sostanza del Principio
è indifferenziata e inafferrabile.
Indifferenziata e inafferrabile
essa contiene i semi (gli archetipi, i modelli, le idee platoniche).
Misterioso ed incomprensibile
esso contiene le esistenze formali.
Profondo e nascosto
esso contiene le essenze (gli spiriti?).
Come tale è la grande Realtà,
la sede sicura di tutti gli esseri.
Dall'origine sino al presente
non muta il suo nome.
Da lui procede il principio animatore di ogni cosa.
Quale è il fondamento di tale conoscenza?
Questo.


Commento:

Il capitolo inizia con l'affermare che rispetto al Tao anche la virtù che emana e che è così vissuta da chi si trova in armonia con il Principio, ne è solo una emanazione; come del resto anche la stessa funzione creatrice che nel Taoismo ha caratteristiche femminili, per analogia con la sua funzione; poi asserisce la inconoscibilità dell'ente primo. Tutto questo può andare bene per avvicinarsi debolmente alla vera comprensione, ma è ancora imperfetto e fa distinzione fra un principio ed il creato che da lui procede, come se fossero diversi (attenzione: nemmeno uguali, per chi lo sa intuire, ma anche quest'ultima affermazione è ancora assurda, meglio parlare di stato di talità, o, più preferibilmente, non dire altro che Dharma). Bello il finale che riscatta il resto del paragrafo, invita a vedere, constatare direttamente la realtà e la fa balzare letteralmente fuori dalle righe per colpire direttamente le menti di chi possieda almeno un po' d'intuito spirituale; anche se spero che questa sia una buona traduzione, non troppo adattata rispetto ad altre tradizioni forse conosciute dal traduttore, perché questa affermazione finale sa già molto di Zen; in questo campo, cioè quello delle trasposizioni dalle lingue orientali, così indefinite e complesse, è facile trovare cattive trascrizioni o scritti piegati al senso di quel che ha già in mente il loro curatore.


fonte: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/tao/passicommentati.htm

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