La realtà è solo un sentimento
La
realtà è un mito. Come dire: tutto ciò che ci sta intorno non è quello
che sembra, cioè molte cose stanno lì, davanti ai nostri occhi, eppure
non le vediamo. Ossia ciò che percepiamo non è tutto il reale.
A
pensarci bene la storia dell'arte non è altro che il tentativo di
<<riprodurre>> la realtà nella sua veste completa. I primi
grafiti delle caverne ci mostrano i diversi tentativi dell'uomo
primitivo di rappresentare sulle due dimensioni virtuali gli animali che
gli facevano paura, quasi a esorcizzarli, a domarli in un'eterna
immobilità, ma anche a farli riconoscere ai piccoli, una volta capaci di
muoversi da soli.
Le scoperte della prospettiva pittorica, delle profondità, del trompe l'oeil,
di una possibile resa della terza dimensione attraverso i chiaroscuri,
ci racconta di una vocazione al realismo mai abbandonata dall'essere
umano.
Prima
Raffaello poi Caravaggio creano spazi, profondità e luci che Giotto non
poteva neanche immaginare. E Michelangelo ha addirittura capito che
sembrano più vere le cose false.
Basta
dare un'occhiata alla Pietà: Maria, seduta ha tra le braccia il corpo
di Cristo. A guardare bene la scultura ci si rende subito conto che se
la madre si alzasse in piedi sarebbe alta quasi il doppio del figlio.
Invece in quella posizione l'immagine è perfetta e congrua nelle
proporzioni.
La
pittura del seicento, i manieristi, fino agli iperrealisti e allo
stesso Andy Warhol, si avventurano nel realismo approdando quasi alla
fotografia. Solo con la coscienza di una realtà altra, non formalizzata,
invisibile a occhio nudo, nascosta nelle pieghe dell'apparenza,
comincia a prendere piede l'arte dei nostri tempi, anche in coincidenza
con la scoperta dell'inconscio e con la crisi delle filosofie
totalizzanti.
Le
figure cominciano a sfumare, a farsi indiziarie (impressionismo), a
spezzarsi (Picasso), a diventare astratte e informali, dove il colore e
linee <<dicono>> della realtà più cose di quanto possano
dire le forme.
Alla
base di questa vocazione mai abbandonata dall'uomo c'è la necessità, da
parte sua, di raccontarsi nelle sue verità più recondite. E non c'è
modo migliore di raccontarsi se non mostrando con quale sguardo viene
inquadrato il mondo, cioè la realtà circostante.
L'arte,
quindi, produce oggetti testamentari che narrano la storia dell'uomo
dal punto di vista del suo sentimento della realtà. Una storia più
veritiera di quella appiattita sui fatti e sulle vicende politiche ed
economiche che è scritta sui libri di scuola.
Ho
fatto l'esempio della pittura ma se si va a confrontare il discorso con
le altre arti, si noterà che la spinta a raccontare il reale è da tutte
condivisa e perpetuata. La letteratura e la musica (con l'innesto di
nuove sonorità) hanno attraversato gli stessi processi della pittura.
Sono in perenne viaggio verso il mito della realtà, di cui è sempre
impossibile un inventario definitivo.
"Pensieri Così"
di Vincenzo Cerami
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