lunedì 21 dicembre 2015

Le pieghe dell'apparenza

La realtà è solo un sentimento
 
La realtà è un mito. Come dire: tutto ciò che ci sta intorno non è quello che sembra, cioè molte cose stanno lì, davanti ai nostri occhi, eppure non le vediamo. Ossia ciò che percepiamo non è tutto il reale.

A pensarci bene la storia dell'arte non è altro che il tentativo di <<riprodurre>> la realtà nella sua veste completa. I primi grafiti delle caverne ci mostrano i diversi tentativi dell'uomo primitivo di rappresentare sulle due dimensioni virtuali gli animali che gli facevano paura, quasi a esorcizzarli, a domarli in un'eterna immobilità, ma anche a farli riconoscere ai piccoli, una volta capaci di muoversi da soli.

Le scoperte della prospettiva pittorica, delle profondità, del trompe l'oeil, di una possibile resa della terza dimensione attraverso i chiaroscuri, ci racconta di una vocazione al realismo mai abbandonata dall'essere umano.

Prima Raffaello poi Caravaggio creano spazi, profondità e luci che Giotto non poteva neanche immaginare. E Michelangelo ha addirittura capito che sembrano più vere le cose false.

Basta dare un'occhiata alla Pietà: Maria, seduta ha tra le braccia il corpo di Cristo. A guardare bene la scultura ci si rende subito conto che se la madre si alzasse in piedi sarebbe alta quasi il doppio del figlio. Invece in quella posizione l'immagine è perfetta e congrua nelle proporzioni.

La pittura del seicento, i manieristi, fino agli iperrealisti e allo stesso Andy Warhol, si avventurano nel realismo approdando quasi alla fotografia. Solo con la coscienza di una realtà altra, non formalizzata, invisibile a occhio nudo, nascosta nelle pieghe dell'apparenza, comincia a prendere piede l'arte dei nostri tempi, anche in coincidenza con la scoperta dell'inconscio e con la crisi delle filosofie totalizzanti.

Le figure cominciano a sfumare, a farsi indiziarie (impressionismo), a spezzarsi (Picasso), a diventare astratte e informali, dove il colore e linee <<dicono>> della realtà più cose di quanto possano dire le forme.

Alla base di questa vocazione mai abbandonata dall'uomo c'è la necessità, da parte sua, di raccontarsi nelle sue verità più recondite. E non c'è modo migliore di raccontarsi se non mostrando con quale sguardo viene inquadrato il mondo, cioè la realtà circostante.

L'arte, quindi, produce oggetti testamentari che narrano la storia dell'uomo dal punto di vista del suo sentimento della realtà. Una storia più veritiera di quella appiattita sui fatti e sulle vicende politiche ed economiche che è scritta sui libri di scuola.

Ho fatto l'esempio della pittura ma se si va a confrontare il discorso con le altre arti, si noterà che la spinta a raccontare il reale è da tutte condivisa e perpetuata. La letteratura e la musica (con l'innesto di nuove sonorità) hanno attraversato gli stessi processi della pittura. Sono in perenne viaggio verso il mito della realtà, di cui è sempre impossibile un inventario definitivo.

"Pensieri Così" 
di Vincenzo Cerami  
 
 

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