lunedì 14 dicembre 2015

C’è del marcio in Arabia Saudita

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Nelle ultime settimane una nazione dopo l’altra si accoda, letteralmente, al tiro al piccione conosciuto, erroneamente, come guerra in Siria, apparentemente contro lo Stato islamico. La domanda più cercata e più temuta è dove porterà tale frenesia bellica, e come può essere fermata prima di trascinare l’intero pianeta nella guerra mondiale? 
Il 30 settembre, rispondendo ad un invito formale o richiesta dal presidente legittimo della Repubblica araba siriana, la Federazione russa iniziava una campagna di bombardamenti, inizialmente molto efficace a sostegno del governo siriano. 

Il 13 novembre in seguito agli attacchi terroristici rivendicati dallo SIIL a Parigi, il presidente francese proclamava la Francia “in stato di guerra” e inviava la sua unica portaerei, la Charles de Gaulle, in Siria per unirsi alla battaglia immediatamente. Poi il 4 dicembre, il parlamento tedesco ha approvato l’invio di 1200 soldati e 6 jet Tornado per “aiutare” la Francia. Rapporti dalla Germania dicono che i tedeschi non collaboreranno con la Russia o il regime di Assad, ma con il comando CentCom in Florida e il quartier generale della coalizione, non a Damasco, ma in Quwayt. La stessa settimana il parlamento inglese approvava l’invio di aerei e forze per “combattere lo SIIL” in Siria. Ancora una volta possiamo essere sicuri che non aiuteranno la causa della Russia collaborando con l’esercito siriano per ripristinare la sovranità in Siria. 

Poi la testa calda del presidente turco Recep Erdogan, fresco del criminale abbattimento premeditato del Su-24 russo in Siria, inviava carri armati turchi nella regione petrolifera di Mosul dell’Iraq, contro le veementi proteste del governo iracheno. E si sono aggiunti a questo caos gli Stati Uniti sostenendo che i loro aerei bombardano chirurgicamente i siti dello SIIL da più di un anno, col solo risultato di fare espandere i territori controllati da SIIL e altri gruppi terroristici. Se prendiamo un minuto facendo un passo indietro e riflettere si può facilmente capire che il mondo letteralmente impazzisce, con la Siria che semplicemente innesca una situazione peggiore che potrebbe distruggere il nostro bel pianeta pacifico.

Qualcosa d’importante manca
Nelle ultime settimane ero sempre più insoddisfatto dalle spiegazioni generali su chi in realtà tiri le fila della trama mediorientale o più precisamente delle trame, fino al punto di riesaminare le mie precedenti opinioni sul ruolo dell’Arabia Saudita. Dal giugno 2015 l’incontro a sorpresa a San Pietroburgo tra il presidente russo Putin e il ministro della Difesa saudita principe Salman, la monarchia saudita dava l’impressione di un attento riavvicinamento con l’ex-arcinemica Russia, anche discutendo dell’acquisto per 10 miliardi di dollari di equipaggiamenti militari e impianti nucleari russi, e il possibile “faccia a faccia” di Putin con il re saudita Salman. Il lungo corteo di capi sauditi a Mosca e Sochi negli ultimi mesi, per incontrare il Presidente Putin, dava l’impressione di una versione moderna del viaggio del 1077 dell’imperatore del Sacro Romano Enrico IV per incontrare Papa Gregorio VII nel castello di Canossa, e chiedere la revoca dello scomunica. 

Questa volta sembrava che i sovrani del Golfo avessero il ruolo di Enrico IV, e Vladimir Putin quello del Papa. O almeno così sembrava. Almeno lo credevo, al momento. Come molti eventi politici globali, era ingannevole e menzognero. Ciò che oggi emerge, soprattutto dall’agguato deliberato dei turchi all’aviogetto Su-24 russo nello spazio aereo siriano, è che la Russia non combatte una guerra solo contro i terroristi dello SIIL, né contro i sostenitori dello SIIL in Turchia. La Russia affronta, forse inconsapevolmente, un complotto molto più pericoloso. Dietro la trama vi è il ruolo occulto dell’Arabia Saudita e del suo nuovo monarca, re Salman bin Abdulaziz al-Saud, e del figlio, il ministro della Difesa principe Salman.

La ‘politica interventista impulsiva’ saudita
I media tedeschi hanno ampiamente riportato stime dell’intelligence tedesca BND. La BND è la versione tedesca della CIA. Il rapporto della BND, tra le altre cose, si concentra sul ruolo crescente del figlio del re, il 30enne principe Muhamad bin Salman. Riferendosi al ruolo del principe la BND dichiara, “L’attuale posizione diplomatica prudente dei membri anziani della famiglia reale saudita sarà sostituita da una politica d’intervento impulsiva“. Il principe Salman è ministro della Difesa e ha portato il Regno, all’inizio dello scorso marzo, nella folle guerra denominata “operazione Tempesta Decisiva” contro il vicino Yemen. I sauditi dirigono una coalizione di Stati arabi che comprende Egitto, Marocco, Giordania, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Quwayt, Qatar e Bahrayn. Il principe è anche capo del Consiglio economico saudita, che ha creato. Il nuovo re, Salman, non è il tizio benevolo che il suo staff di PR cerca di dipingere. Nel mio prossimo libro, 

L’egemone perduto: coloro che gli dei distruggeranno, documento in dettaglio che da quando il capostazione della CIA di Cairo, Miles Copeland, organizzò il trasferimento dei Fratelli musulmani, banditi in Egitto per un presunto tentativo di assassinio di Nasser, in Arabia Saudita nei primi anni ’50, c’è il matrimonio perverso tra monarchia saudita e organizzazioni terroristiche “islamiste”. Come ha detto John Loftus, ex-funzionario del dipartimento di Giustizia, dall’unione tra Fratelli musulmani d’Egitto e il rigorismo islamico saudita, “si fusero le dottrine naziste con lo strano culto islamico del wahhabismo“. La CIA di Allen Dulles convinse segretamente la monarchia saudita, nel 1954, a ricostruire i banditi Fratelli musulmani, fondendo la fratellanza con l’ultra-fondamentalismo wahhabita saudita, naturalmente, col sostegno delle vaste ricchezze petrolifere saudite. 

La CIA previde che i sauditi utilizzassero i Fratelli musulmani come arma nel mondo musulmano contro le temute incursioni sovietiche. Il giovane terrorista fanatico Usama bin Ladin sarebbe poi nato da tale matrimonio infernale tra Fratellanza e wahhabismo saudita. Re Salman partecipò alla creazione di al-Qaida, come fu poi soprannominato dai media. Il suo coinvolgimento risale alla fine degli anni ’70, quando governatore di Riyadh fu nominato capo degli importanti enti di beneficenza sauditi conservatori, che poi finanziarono al-Qaida in Afghanistan e Bosnia. Salman lavorò intensamente al finanziamento di ciò che divenne al-Qaida, insieme al ‘gestore’ di bin Ladin, l’allora capo dei servizi segreti sauditi principe Turqi al-Faysal, e alla Lega musulmana mondiale finanziata dai sauditi. 

Re Salman in quei giorni era l’Alto Commissario saudita per il soccorso della Bosnia-Erzegovina, una facciata di al-Qaida nei Balcani negli anni ’90. Secondo un’indagine delle Nazioni Unite, Salman negli anni ’90 trasferì più di 120 milioni di dollari da conti sotto suo controllo, così come dai conti personali, alla Third World Relief Agency, facciata di al-Qaida e canale principale per il contrabbando di armi ai combattenti di al-Qaida nei Balcani. 

Usama bin Ladin era direttamente coinvolto nelle operazioni di Salman. Durante l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003-4, al-Qaida entrò nel Paese guidata dal terrorista marocchino Abu Musab al-Zarqawi, che aveva giurato fedeltà ad al-Qaida, creando al-Qaida in Iraq che poi si proclamò Stato islamico in Iraq, precursore finanziato dai sauditi dello SIIL. Un documento declassificato della DIA del Pentagono dimostra che nell’agosto 2012 la DIA sapeva che la rivolta siriana sostenuta dagli Stati Uniti era dominata dai gruppi islamisti, come “salafiti, Fratelli musulmani e al-Qaida in Iraq“. Secondo l’autore Gerald Posner, il figlio di Salman, Ahmad bin Salman che morì nel 2002, aveva legami con al-Qaida.

L’impero del petrolio saudita
Se si segue la comparsa di al-Qaida in Iraq e la sua trasformazione in Stato islamico in Iraq e Siria (SIIL), tutte le tracce portano alle operazioni saudite risalenti alla fine degli anni ’70 che coinvolgono re Salman, il saudita Usama bin Ladin e il capo dell’intelligence saudita principe Turqi al-Faysal. Washington e CIA collaborarono con tale rete saudita, portando bin Ladin e altri sauditi in Pakistan ad addestrarsi con l’intelligence pakistana ISI, creando ciò che divennero i mujahidin afghani. 

I mujahidin furono creati dalle intelligence saudita, pakistana e statunitense per sconfiggere l’Armata Rossa nella guerra degli anni ’80 in Afghanistan, con l'”Operazione Ciclone” della CIA, il piano di Zbigniew Brzezinski per attirare Mosca nella “trappola per orsi” afghana e dare all’Unione Sovietica ciò che chiamò il suo “Vietnam”. Il cosiddetto SIIL in Iraq e Siria, così come al-Nusra di al-Qaida in Siria e varie altre bande terroristiche jihadiste, attaccate dalla Russia e dal governo di Damasco di Assad, hanno origine in Arabia Saudita, dalle attività di re Salman. Il re subì una conversione sulla via di Damasco, verso una visione del mondo pacifica quando diventò re, come suo figlio, principe Salman? Nonostante i segnali degli ultimi mesi secondo cui i sauditi avrebbero cessato di finanziare le organizzazioni terroristiche anti-Assad in Siria, è vero il contrario.

I sauditi dietro Erdogan
Molta attenzione negli ultimi tempi viene data, comprensibilmente, alla dittatura del delinquente turco Recep Tayyip Erdogan. Ciò è particolarmente vero in quanto la sua aviazione ha deliberatamente abbattuto l’aviogetto Su-24 russo sul territorio siriano, un atto di guerra. Pochi notano i legami di Erdogan e del suo AKP con la monarchia saudita. Secondo una ben informata fonte politica turca con cui parlai nel 2014, coinvolta nel tentativo di mediare la pace tra Assad e Erdogan, prima della campagna elettorale presidenziale dell’agosto 2014, Erdogan fu “unto” con un regalo di 10 miliardi di dollari dai sauditi. 

Dopo la vittoria alle elezioni presidenziali, Erdogan e il suo primo ministro Ahmet Davutoglu aprirono molti centri di addestramento segreti di ciò che fu chiamato SIIL. Sotto la supervisione di Hakan Fidan, il capo scelto da Erdogan dei servizi segreti (MIT), la Turchia organizzò campi d’addestramento dello SIIL e altri terroristi in Turchia che inviò e rifornì in Siria. Il finanziamento dell’operazione turca dello SIIL fu organizzato chiaramente da un amico personale di Erdogan, Yasin al-Qadi, banchiere saudita vicino alla casa reale, membro dei Fratelli musulmani, finanziere di Usama bin Ladin e al-Qaida dall’Afghanistan degli anni ’80. 

I campi di addestramento dei terroristi di Erdogan sostenuti dagli Stati Uniti e finanziati dai sauditi raccolsero 200000 terroristi mercenari da tutto il mondo, transitando dalla Turchia per condurre la “jihad” in Siria. Ma la jihad, ormai è chiaro, non riguarda Allah ma i soldi. La monarchia saudita è decisa a controllare i giacimenti di petrolio dell’Iraq e della Siria tramite lo SIIL. Vuole chiaramente controllare l’intero mercato mondiale del petrolio, prima mandando in bancarotta gli sfidanti produttori di scisto degli Stati Uniti, poi controllando attraverso la Turchia i flussi di petrolio di Iraq e Siria.

Missili TOW sauditi allo SIIL
Nel maggio 2014, il MIT trasferì ai terroristi dello SIIL in Siria, con convogli speciali, quantità di armi pesanti e nuovi pickup Toyota offerti dall’Arabia Saudita. Un esame approfondito dei video dell’agguato turco all’aviogetto Su-24 russo rivela che il caccia F-16 turco che l’aveva abbattuto fu supportato da due aerei AWACS consentendogli di colpirlo con un’esattezza molto difficile, impresa altrimenti impossibile contro un aereo agile come il Su-24. Uno degli aerei AWACS era un Boeing E-3A AWACS della Saudi Arabian Air Force decollato dalla base aerea di Riyadh, in Arabia Saudita. 

Poi, mentre un elicottero di soccorso russo accorse sul luogo dello schianto del Su-24, missili TOW sauditi lo distrussero. I sauditi avevano inviato 500 missili TOW, altamente efficaci, ai gruppi terroristici anti-Assad in Siria, il 9 ottobre. Ciò che abbiamo, dunque, non è una guerra dei russi contro il solo SIIL in Siria. Chi si nasconde dietro lo SIIL non è solo il regime criminale di Erdogan, ma ancor di più il regno dell’Arabia Saudita e i suoi alleati wahabiti di Quwayt, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Nel vero senso, lo SIIL è semplicemente un'”esercito saudita sotto mentite spoglie“. 

Se eliminiamo la falsa copertura religiosa, ciò che emerge è la mossa saudita per afferrare alcune delle più grandi riserve di petrolio del mondo, nelle regioni sunnite dell’Iraq e della Siria, con il criminale regime turco nel ruolo di delinquente che svolge il lavoro sporco, da buttafuori di un bordello. Se Mosca non è consapevole di tale aspetto, corre il rischio di finire in una mortale “trappola per orsi”, che sempre più ricorda l’Afghanistan degli anni ’80. Ciò che puzza in Arabia Saudita non è lo sterco di cammello, è la monarchia delle teste calde re Salman e del principe Salman. Per decenni hanno finanziato il terrorismo sotto copertura religiosa, promuovendo la loro agenda privata plutocratica. 

Non hanno nulla a che fare con la religione ma solo con denaro e petrolio. Uno sguardo alla mappa dello SIIL dall’Iraq alla Siria dimostra che appunto mirano alle ricchezze petrolifere di questi due Stati sovrani. Il controllo saudita di questa ricchezza petrolifera attraverso i loro agenti dello SIIL, insieme al chiaro piano di eliminare la concorrenza statunitense degli scisti bituminosi, secondo Riyadh, renderebbe la monarchia saudita uno Stato molto più ricco, con i cui soldi sarà finalmente rispettata dai bianchi ricchi occidentali e dalla loro società. Questo è chiaramente un pensiero bovino. Non ci scommetta Salman.

F. William Engdahl New Eastern Outlook 08/12/2015
 
 

F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in Scienze Politiche all’Università di Princeton ed autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.


Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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