« Il regno di Dio è dentro di te e tutto intorno a te, non in templi di legno e pietra, spacca un pezzo di legno e io ci sarò, solleva una pietra e li mi troverai. » Tommaso - (detti segreti di Gesù il vivente)
“Dio è in te, la luce sei tu, tu sei la luce, io sono dio, gli dei sono con noi, noi siamo dei”
– e il mondo va lo stesso a scatafascio! Come mai? Ma tu guarda se
veramente si riesce a capire di cosa raccontano queste parole, mi
riferisco ai detti di Gesù vivente, ma come altre scritte un po’ in
tutti i testi considerati sacri. Hai capito che - sei stato condizionato
a credere a un idea di Dio che non esiste? Riesci a capire che anche il
tuo concetto di Dio e di luce è frutto di quel condizionamento? E
fintanto che quel condizionamento è tale tu Dio non lo puoi percepire?
Per
secoli uomini hanno imposto ad altri uomini un Dio vendicativo ed
insensibile col quale abbiamo giustificato la brutalità di una natura
umana depravata, che ha giustificato le guerre e la miseria, la
divisioni in classi sociali o caste e l'abbrutimento della donna al
fine di deviare completamente l'evoluzione culturale in atto alle
origini dell'umanità. E per quanto le radici delle antiche civiltà e
splendore non siano state del tutto estirpate, faticano ad emergere in
un mondo di competizione e sopraffazione, dove la trasformazione della
realtà percepita è stata compiuta così bene che i più vivono in modo del
tutto inconsapevole e non percepiscono più nemmeno chi è che gli parla.
Se
hai accettato che sei condizionato, che l’ambiente nel quale ti sei
sviluppato ha influito su di te al punto tale da privarti della
possibilità di estendere in tuo pensiero ad un concetto così astratto
come Dio o Dea, spiegami come puoi tu essere Dio, se non hai neanche la
concezione di quel Dio che vorresti essere? Come puoi essere la luce che
neanche conosci o ignori di conoscere? Di quella luce che hai
sperimentato e non consideri luce, perché tu credi di sapere cosa sia la
luce e quindi quando la incontri non la riconosci.
Le
persone vogliono essere “luce” e vogliono credere che quella “luce” sia
dentro di loro, o almeno questo è quello che si raccontano, implicito
od esplicitamente, senza avere neanche una minima concezione e
collegamento con un esperienza reale da attribuire alla parola “luce”.
Assunto questo, ovvero che non è chiaro a quale "dio" ti rifai, semmai
ce ne fosse uno o più di uno, il secondo dilemma che incontrai o che hai
già incontrato e, quindi, avrai anche cercato di evitare come la peste,
è che devi trovare un colpevole alla tua "nullezza". Finirai pertanto per
convincerti che per qualche ragione non sei quella luce che credi di
dover essere a causa di qualcosa o meglio ancora di qualcuno (di solito
il padre o la madre: Poveri genitori, anche questo). Se ti è andata bene
hai anche incontrato certe idee ed hai iniziato a convincerti che non
sei quella “luce” perché qualcosa o qualcuno, la società per mezzo del
condizionamento, ti ha private dall’esserlo quella luce.
Continuerai
a sentire tutta la tua inadeguatezza, sentirai che non hai una gran
personale stima di te e quindi inizierai a convincerti, per lo più
erroneamente, che senza tutto quello che hai passato non saresti la
persona insulsa che oggi scopri e senti di essere, e per ironia della
sorte non sei lontano dalla verità, se solo tu potessi capire cosa
significa - "restare nella propria inadeguatezza senza fare niente!".
Ma siccome la temi come il fuoco, temendo di rimanere tale cercherai in
tutti i modi di cambiare, cercherai in qualche modo metodi per cambiare
per abbracciare e diventare quella luce. Ad altri è andata anche peggio
dato che hanno incontrato chi gli ha raccontato di essere già Dio, che
dio era il loro e loro sono dio e che a Dio non serve fare nulla perché è
già ciò che deve essere. La domanda semplice sarebbe: quale Dio? Quello
descritto dalle religioni? Quello descritto dalle scritture? Quello
descritto dal tuo guru? A quale dio dovresti assimilarti o saresti? Che
immensa illusione.
Luce,
la parola “luce”, il cui corrispondente termine in greco è reso con φῶς (phaos/phōs) la cui radice corrisponde a quella del verbo phainō,
significa "mostrare", "rendere manifesto". La stessa parola ha una corrispondenza nel latino: "lux" che significa "illuminare" e quindi "far vedere".
Far vedere cosa? Quello che sei? Già quello che sei, quindi tu sei
quello che sei, e quello che sei, sei. Questa è “luce”. Tu cosa sei?
Proverò
ad aiutarti a fare un passo in avanti prendendo il discorso da un altro
lato. Restiamo sulla tua idea della “luce” dentro. Mi verrebbe da
chiederti “dentro dove?”, ma fermiamoci qui. Prova a ragionare
invece su questo: e se il dio e la luce alla quale aspiri non fosse
dentro, ma è da costruire? Se non esistesse nessuna luce dentro, ma
dovrai impegnarti per conquistarla? Saresti disposta o disposto lo
stesso a darti da fare? Se si sei già a buon punto, perché hai smesso di
illuderti e farti belle idee su di te e su cosa sei o non sei. Ognuno
di noi praticamente è nulla, la mancanza più assoluta di tutto, ma ha
una piccola possibilità, un impulso nella direzione del perfezionamento,
gliel'ha data la Madre, la natura, perché essa ha bisogno di evolvere
per sopravvivere. Se saprai farti bastare questo hai buone possibilità
di cambiare, se certi magie inesistenti, ... beh! Saprai risponderti da
sola o da solo.
Voi
mi domanderete che differenza fa? In entrambi casi se non ci si
rivoluzione, se non si lavora al cambiamento e non si cerca una
trasformazione, non c’è mutamento. Si è vero, sei chiamato comunque a
“fare” qualcosa, il punto è che in un senso stai alimentando l’ego, e
nell’altro c’è poco da stare allegri, mi sono fatto capire? Con una
visione mi credo una specie di “cristo” in terra incompreso, che per
colpa del mondo non lo sono diventato, nell’altro so di essere una
cellula del “buco del culo” (mi scuso per l’espressione), e aspiro a
diventare un neurone. Smetto di farmi illusioni, prendo quel barlume di
speranza ed inizio a costruire la mia cattedrale. Capite la differenza?
Non mi credi di essere una cattedrale, so che sono un buon piano di
partenza, ma non c’è ancora nulla, se un fiume d’acqua che scorre e
alcuni punti che congiungono, qualcuno li chiama nodi, altri meridiani,
ma sono solo congiunture, fortunate opportunità.
Accetto
questa nullità e questo mi permette di evolvere. Se così faremo avremmo
sconfitto un primo grande nemico o ostacolo al cambiamento. E si,
perché di seguito ce ne viene incontro subito un secondo. E guardate che
del primo non ce liberiamo solo perché lo sappiamo o lo avete letto
qui, dovete realmente sentirvi nulla, quella nullità che sfuggite
continuamente alimentando la vostra auto-immagine di belle immagini, di
illusioni sulla vostra natura divina. L’uomo è figlio della terra,
ovvero della Madre, è a lei che deve tutto, ed è a questa dea che
dovrebbe immolarsi e sacrificarsi. Il Dio maschile creato dagli uomini è
un dio vendicativo e distruttore utile solo ad alimentare illusioni. I
Nostri antenati sapevano bene chi pregare e per questo che li hanno
sterminati.
Ma veniamo al secondo problema. Noi vogliamo "fare",
ma per qualche ragione alla fine non riusciamo nemmeno la lasciare
andare quell’attrezzo che teniamo tutto il giorno attaccato addosso per
dedicarci almeno 5 min. della nostra giornata a un cavolo di meditazione
o lavoro in calma. Mi riferisco ad “internet”, non tanto allo smarphone
o al computer, che sono solo mezzi, ma al fatto che siamo connessi, o
almeno abbiamo questa illusione, con tutto il resto del mondo h 24.
Perché? Perché accade tutto questo?
Perché
sono diventato così maledettamente dipendente da questo attrezzo?
Perché ho bisogno di sentirmi collegato, riconnesso? Di quale bisogno
parliamo? Perché non riesco completamente a staccarmene? Una parte del
perché l’avete potuta intendere dalle domande stesse che vi ho posto e
che è il bisogno di considerazione, ma, come ho detto in varie
occasioni, il bisogno di considerazione è collegato al concetto di cibo,
di ricevere attenzioni come cibo, in una parola di impressioni, ed è
qui che si può capire dove si annida il vero nemico. Il cibo è “energia[1]”,
ovvero possibilità di “fare”, “opera” o “azione”, “efficace”, “attivo”.
Senza che ve ne rendiate conto in tutto ciò che facciamo siamo legati e
limitati dalla quantità e qualità di energia prodotta dal nostro
organismo.
Ogni
funzione, stato, azione, pensiero o emozione necessita di una certa
energia, di una certa sostanza determinata. Per questa ragione per
quanti la nostra attenzione sia attratta dal mettere in pratica certe
tecniche consigliate per prendere coscienza di se stessi, quali,
l’osservazione di sè e il ricordo di sè, lo studio delle nostro
tendenza, il modo con cui allontaniamo o respingiamo la realtà ed
eventualmente anche il significato dei vari simbolismi, non riusciamo
realmente ad ottenere un qualche tipo di risultato, ed, anzi, a volte,
per quanto paradossale possa risultare, ci troviamo nella condizione di
prendere atto che per quanto siamo animati da buone intenzioni, alla
fine non riusciamo se non per poco a mettere in atto una disciplina
seria o qualche tipo di strategia e soprattutto a lungo termini.
Questo perché ciò che realmente sfugge è che senza la giusta qualità e quantità di energia,
qualsiasi lavoro su se stessi non avrà alcun risultato e non porterà ad
alcun beneficio. Ma questa è un'altra storia, prima te la devi vedere
sul tuo essere un emerita nullità ed esserne contento per questo, sempre
che tu riesca a capire e sentire di quale grado di libertà stia
parlando.
Buon lavoro.
Rocco BRUNO
[1] e-ner-gì-a SIGN Forza, vigore; in fisica, capacità di un sistema di compiere lavoro. dal greco: energheia, composto di en intensivo e ergon opera, azione. È una parola che funge un po' da formula aperta per includere innumerevoli sfumature di forza e vigore; ma in sé non è un concetto vago o svolazzante, anzi. L'energia è la basilare attitudine a compiere un lavoro - anche se, come ci insegna la fisica, l'energia non si potrà tradurre perfettamente in lavoro, essendo inevitabile un certo grado di dissipazione. E questo, fuor di scienza, appare chiaro nell'esperienza di ognuno.
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