La
sofferenza nei bambini malati è un riflesso
Affronto oggi un discorso delicato in quanto sovente contrasta
con le nostre più profonde ed ancestrali convinzioni e percezioni.
Analizzando la malattia nella sua complessità possiamo
notare che oltre alla sua funzione di ripristino della normalità biologica ha,
di norma, anche la funzione, per mezzo della sofferenza, di farci evolvere
spiritualmente, di farci guardare nella nostra interiorità quasi sempre celata
dalle pesanti maschere e norme imposte dalla società che nulla hanno di
naturale.
Al di là di quelle che possano essere le cause delle
malattie nei bambini, è altresì
importante fare delle considerazioni su come gli stessi vivano tale delicato
e sofferente momento, è oramai risaputo che i bambini conoscono innatamente l’arte
del vivere al contrario di noi adulti, tant’è che continuamente ce lo insegnano,
pertanto nei loro confronti la sofferenza tesa all’evoluzione spirituale non ha
motivo di esistere fatto per il quale essa è meno intensa che negli adulti.
Non è un caso se i bambini/ragazzi quando ad esempio hanno
la febbre a 39°C e oltre giocano e fanno l’esperienza della vita nel modo
più piacevole possibile, chiaramente la malattia un po’ li rallenta, ma niente
a che vedere con la profonda debilitazione psicofisica che subirebbe un adulto per
uno semplice malanno.
Ora andando ad analizzare patologie ben più gravi di
quelle che solitamente i bambini “prendono” a scuola, possiamo notare, solo se facciamo bene attenzione, che la
loro sofferenza per la maggior parte non è data dal loro status di malato,
bensì “dall’ambiente” che li circonda, cioè tutto lo stuolo di parenti
e personale sanitario che gli gira intorno e che evidenzia, anche per i più
ciechi, una faccia con una gioia pari a zero, ma anche peggio. Qualcuno obbietterà
che non potrebbe essere altrimenti quando si ha di fronte un bambino con una
malattia grave, ma non è proprio così in quanto in tali circostanze è più
che doveroso tener conto di alcune importanti considerazioni che cercherò di
illustrare.
I bambini, in misura inversamente proporzionale alla loro maturazione
ed indipendenza, vivono la loro vita senza conoscerla, per impararla, come
avviene per i cuccioli di ogni specie animale, non fanno altro che analizzare
l’operato e lo stato emotivo dei genitori copiandolo in toto, insomma il loro
“essere” non è altro che il riflesso dei genitori; se proprio nel momento di
maggior bisogno trova intorno a se persone preoccupate, depresse o piagnucolanti, cosa
copierà e sentirà?
Purtroppo nei casi di gravi malattie infantili, in
continuo aumento, il bambino assorbe “dall’ambiente” solo dolore e sofferenza,
nessun barlume di gioia e di vita, quella che gli farebbe superare meglio la
malattia o di fargli vivere in quel momento già di per sé pesante un pizzico di
pura gioia spensierata o immotivata.
Non dimentichiamo
mai che l’atteggiamento depresso o di paura aggrava qualsiasi patologia e riguardo
ai bambini è meglio ricordare che non gli si può nascondere il proprio stato
d’animo, loro lo
percepiscono spesso anche a distanza, senza che nessuna parola venga
pronunciata e pur nel loro dolore si prodigano a sollevare l’umore dei loro principali
amori e scopo di vita: mamma e papà.
Lo stato di gioia
che dovrebbe invece accerchiare il bambino nel corso della malattia
consentirebbe di accelerare di molto ogni genere di guarigione. Lo stato di gioia, che è la naturale
condizione in cui dovrebbe vivere l’uomo, consente in molte occasioni di
assistere a dei miracoli
(guarigioni prodigiose) che possono essere spiegati solo attraverso una
profonda conoscenza del nostro essere psico-biologico-spirituale nella sua
complessità.
Il problema ovviamente non è quello di comprendere queste
semplici osservazioni quanto quello di adottare un simile atteggiamento
concreto e fiducioso in circostanze che sono al limite della sopportazione
umana, quindi conscio delle difficoltà attuative di un simile approccio, mi
accingo ad elencare alcune considerazioni che dovrebbero quantomeno essere
tenute presenti in questi casi.
Per attuare il necessario atteggiamento è doveroso
considerare che:
·
quando
la situazione appare disarmante per i genitori, per il bambino che è malato
essa lo sarà ancora di più sia per la malattia che per la percezione dello
status dei genitori;
·
bisogna
necessariamente fare uno sforzo incredibile per comprendere la malattia,
informandosi in ogni dove, rivolgendosi ad esperti non convenzionali del corpo
umano (es. esperti e terapeuti delle 5 leggi biologiche o altre medicine
ritenute valide) affinché la comprensione degli eventi fornisca le conoscenze
necessarie ad impedire l’aggravarsi della situazione e il giusto input
direzionale per le successive cure da adottare; cosa tutt’altro che facile, ma
doverosa.
·
qualora,
come spesso accade, la circostanza non lascia nemmeno il tempo di “respirare”, tenere sempre a mente che la malattia
sintomatica è un segnale preciso ed inequivocabile che il corpo del bambino sta
reagendo, sta cercando di ristabilire l’equilibrio biologico, quindi
ringraziare ed amare con vera consapevolezza quel processo che per quanto diabolico che possa sembrare ha uno scopo
nobile quasi sempre del tutto sconosciuto, un processo naturale che bisogna
accompagnare nel modo corretto verso la naturale soluzione, attenuando farmacologicamente
i forti sintomi ove necessario.
·
Qualora
la situazione si protrae per molto o moltissimo tempo, l’unico vero aiuto che
si possa dare è quello di amare più di quanto siamo abituati a fare, amare con un modo nuovo, diverso dal
solito, lasciando fuori le preoccupazioni che giocoforza verranno trasmesse
quindi sostituire il proprio sentire con una gioia senza confini per il solo
fatto che esiste quell’anima e che sta lottando per rimanere con noi.
·
Anche
quando si è all’oscuro della vera motivazione della malattia, praticamente
sempre, lo stato di gioia che si instaurerà consentirà di far cessare
l’eventuale causa nascosta della malattia e che spesso invece reitera se stessa
nei bambini o nei genitori e non consente di giungere alla guarigione.
·
Lo stato di gioia ridurrà di molto
(oltre il 50%) la sofferenza del malato e le complicazioni della malattia.
·
Non
dimenticare mai che pur affidandoci alle amorevoli cure dei bravissimi ed amorevoli
dottori i protocolli di solito prevedono l’uso di farmaci che non di rado aumentano
o fanno permanere il fisico in uno stato di continua “ricaduta” e costituiscono
pertanto un fardello aggiuntivo che il piccolo ma forte corpo deve
riequilibrare, quindi a tale condizione non
si deve in nessuna misura aggiungere tensione, paura, preoccupazione, timore,
pianto, ma solo tanta gioia e profondo amore.
Insomma vi dico che la parte più rilevante della
sofferenza di un bambino malato non deriva dalla malattia stessa bensì dallo
stato d’animo di chi lo ama più della sua stessa vita e senza saperlo aggiunge
sofferenza e rallenta la guarigione, questo perché nessuno mai gli ha confidato
il segreto della vita: l’amore.
Mi tornano in mente
dei ricordi…quando ero piccolo, 10 anni circa, mi venne una
bruttissima febbre (41,5°), poi mi dissero che avevo preso la malaria, e i miei
erano preoccupatissimi e parlavano in continuazione col dottore, gli era già
capitato di perdere un altro figlio e non volevano perdere anche me, ricordo
che mentre i miei parlavano col medico io nella camera strillavo come un matto
e solo dopo capii che non aveva molto senso, infatti mia zia che mi stava
vicino e mi teneva la mano mi disse: “Marcello, perché gridi così? E’ così
forte il tuo male? Strillando ti senti meglio? Valuta bene quanto male hai
veramente e poi fai quello che ti senti” in meno di un minuto avevo smesso di
urlare ed il mio male si era dimezzato e a pensarci bene non gridavo per la
febbre, ma per le circostanze che percepivo anche se mi venivano nascoste.
… inoltre molti
anni fa entrai in un famoso ospedale pediatrico e quello che più mi è
rimasto impresso non erano i bambini gravemente malati, ma i genitori affranti
e sembrava che i bambini dovessero sostenere loro… sembra incredibile, ma è
proprio quello che ho visto.
Ora io mi chiedo non è forse ora di cambiare?
Non sto qui a dire
cosa fare per curare la malattia di un angelo, ma solo a ricordare qual è
l’ingrediente più importante per riportarlo a vita gioiosa e aiutarlo al meglio.
Nulla dev’essere più
come prima, è arrivato il momento di cambiare il nostro approccio verso la
malattia, verso i bambini, verso la vita; c’è una strada migliore da percorrere
quella vecchia ha fatto il suo tempo ora le nuove energie e le nostre esigenze richiedono un
radicale cambiamento nella direzione di un’esistenza più vera, più umana.
Da adesso in poi
tutto volgerà verso il meglio possibile perché ora noi sappiamo che possiamo
creare quel futuro per noi e i nostri bambini che non avevamo osato neanche immaginare, lo
possiamo fare anche con l’aiuto dei bambini/figli, tutti speciali, e del nostro
bambino interiore che sta risorgendo per una nuova civiltà.
I miracoli esistono
e siamo noi a poterli fare, ma dobbiamo approfondire sul chi siamo veramente ed
amare consapevolmente.
Marcello Salas
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