giovedì 18 febbraio 2016

Forse è la mappa che ha fatto impazzire Erdogan


Erdogan sta distruggendo l’economia, la pace il diritto in Turchia: ha riaperto la guerra civile contro i curdi e la sta trasformando in una operazione di sterminio; imprigiona giornalisti per la minima critica, o per aver detto la verità sulle sue collusioni col Califfato; adesso ha decretato i licenziamento dei funzionari pubblici che sospetta di essere “quinte colonne”. Sta diventando un Kim Il Sung islamico alle porte dell’Europa, anzi a cui Berlino ha aperto le porte. Tuttavia non è stato sempre così: abbiamo conosciuto un Erdogan energico e capace governante, rispettato internazionalmente, amico di Putin….Che cosa l’ha trasformato a questo punto?

Assegnata la parte che spetta al carattere dispotico, e al dispotismo ingenito nelle forme di governo   islamiche (Allah stesso è un divino dèspota), e all’espansionismo insito nelle aspirazioni neo-ottomane, c’è forse stato un elemento che ha convinto Erdogan a fare la guerra alla minoranza curda con tale spietata ostinazione (e con la risposta terroristica, prevedibile, dei secessionisti curdi). La mappa che qui pubblichiamo.

Alcuni lettori la conosceranno già (ne trattò a suo tempo Michael Chossudovsky), ma giova ripetere.
http://www.globalresearch.ca/plans-for-redrawing-the-middle-east-the-project-for-a-new-middle-east/3882

 Prima e Dopo

Nel 2006, una rivista del Pentagono, lo Armed Forces Journal, pubblicò un articolo illustrato da mappe, stilato dal tenente colonnello (a riposo) Ralph Peters: Blood Borders: How a Better Middle East Would Look, ossia: “Confini di sangue: che aspetto avrebbe un Medio Oriente migliore”.   I confini “ingiusti” stilati dagli europei colonialisti hanno formato paesi artificiali, dove vivono minoranze la cui particolarità etnico-religiosa non è riconosciuta e viene oppressa.

Il colonnello s’era dilettato di ridisegnare una mappa in cui le entità etnico-religiose avessero ciascuna il loro stato nazionale. Questa almeno fu la versione ufficiale, dopo che la mappa provocò le più vive proteste nei governi medio-orientali: era l’innocua esercitazione di un pensionato.

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In realtà, la mappa di Peters fu presentata durante un corso di aggiornamento della NATO, al NATO Military College di Roma; provocò un incidente diplomatico. I generali e alti ufficiali turchi presenti si alzarono e se ne andarono: la mappa di Peter infatti mostra una Turchia privata di un terzo del suo territorio consegnato ad un futuro “stato curdo”. Il   generale Buyukanit, capo dello stato maggiore turco, prese il telefono e protestò nei termini più “franchi”   con il generale Peter Pace, capo degli stati maggiori riuniti Usa: questi si sperticò a giurare e spergiurare che la mappa “non riflette la politica ufficiale Usa né gli obiettivi americani nell’area”.

Ovviamente, non ci ha creduto nessuna capitale. Da Teheran a Islamabad vi si vide la conferma che la superpotenza aveva adottato in pieno il programma esposto nel 1982 dalla rivista sionista Kivunim, che appunto caldeggiava la frattura degli stati avversi ad Israele secondo linee di faglia etnico-religiose. I servizi d’intelligence pakistani (nella mappa di Peters il Pakistan era spezzato per crearvi un “Balucistan” indipendente) non ci misero molto a concludere che il colonnello era stato assistito dal PNAC, Project for a new American Century, la centrale neocon che aveva “auspicato” profeticamente la Nuova Pearl Harbor poi realizzatasi l’11 Settembre come pretesto per cominciare la “guerra mondiale al terrore”.

Tanto più che una frase del colonnello Peter sembrava di stampo, come dire? talmudico: “Cinquemila anni di storia confermano lo sporco segreto: la pulizia etnica funziona!”. Una frase che poteva scrivere Wolfowitz. Nel 2006 i governi medio orientali potevano vedere tutta l’ampiezza dell’operazione di destabilizzazione Usa-israeliana in tutti i loro paesi o in quelli vicini: erano naturalmente informati di ciò che il generale Welsey Clark aveva detto min diverse interviste anche alla CNN: che al Pentagono sotto la direzione di Rumfeld e i suoi tre viceministri con doppio passaporto, ci si preparava a guerre “contro una mezza dozzina di paesi: Siria e Libia, Irak, Somalia, e infine Iran”.

Al Pakistan non è piaciuta
Al Pakistan non è piaciuta

Il governo turco, sia lo stato profondo (i dunmeh, i militari) sia il nuovo partito islamista al potere, videro in atto il realizzarsi del progetto Kivunim (e della mappa di Peters) nel vicino Irak: dove lo smembramento sotto guida americana ( misteriosi attentati a moschee sciite) era nel pieno (1) , dove la minoranza curda s’era praticamente resa indipendente da Baghdad sotto l’occupazione americana, il Mossad aveva aperto uffici a Mossul, e Israele appoggiava sul piano internazionale le aspirazioni nazionaliste curde. Le assicurazioni americane contavano poco. Ankara giunse alla conclusione – che dovremmo imitare – che il grande alleato nella NATO non era più un alleato fedele, e ormai era in contrasto con gli interessi nazionali. E che bisognava cominciare a difenderli in modo indipendente.

Il "Grande Kurdistan"
Il “Grande Kurdistan”
Il colonnello Peters (che sarà un pensionato, ma un ex capo della guerra psicologica) aveva scritto sulla rivista Armed Forces Journal:”Un libero Kurdistan, esteso da Djarbakir a Tabriz [in Iran] sarebbe lo stato più filo-occidentale tra la Bulgaria e il Giappone”. Per carità, nel territorio dello stato curdo sognato resterebbe una forte minoranza azera, che parla turco. E’ qui che Peter suggerisce il piccolo sporco segreto dei 5000 anni (“La pulizia etnica funziona”) . Il resto del gruppo linguistico azero che abita in Iran, nella mappa di Peters, andrebbe assegnato all’Azerbaijan , di fresca indipendenza dall’Urss, raddoppiandone la popolazione; ci resterebbe dentro la minoranza armene del Nagorno-Karabak”, che infatti ha fatto secessione e si appoggia all’Armenia e alla Russia.

Ciascuno può constatare la forza destabilizzane di questa mappa (che probabilmente è all’origine anche dalla paranoia della casa regnante saudita,che non si sente più protetta da Washington ). Con l’ambizione di correggere gli accordi colonialisti Sykes-Picot, l’americano (aiutato dalla PNAC) crea problemi incendiari: fra l’altro occorrendo suscitare inimicizie sanguinose mal sopite (il progetto israeliano: beati i seminatori di zizzania), e nazionalismi in gruppi linguistici e religiosi che   mancano da sempre di questa aspirazione, essendo stati membri di imperi tradizionali (la Persia, la Cina, la Russia, l’impero ottomano…), sono adusi a far riferimento identitario ai loro clan, tribù e kabile,  e quindi sono privi della cultura politica di autogoverno necessaria a formare uno stato:   basti come esempio, quello di una popolazione “di civiltà occidentale” che non riesce a farsi stato-nazione e affonda nella corruzione, nella guerra civile, nel collasso economico e nell’oppressione neonazi: l’Ucraina, la cui esistenza dipende soltanto dai miliardi che vi pompano il FMI, Bruxelles e il Dipartimento di Stato.

Fra l’altro, ciò induce ad una considerazione laterale: l’Occidente ha inflitto sanzioni a Mosca e tratta Putin da aggressore per aver annesso la Crimea (dopo un referendum ch ha decretato la volontà della gente di unirsi alla madrepatria), in base al principio della inviolabilità dei confini. Principio inventato e di cui l’Occidente,quando vuole, si dispensa. La mappa di Peters è una gigantesca proposta di violazione di confini. Ma certo, noi occidentali siamo il Bene, lo facciamo per espandere la democrazia e i diritti; e a mappa di Peters “non è la politica ufficiale Usa”. Come no.

Eretz Ysrael
Eretz Ysrael
Con tutti i suoi difetti, Erdogan non la l’idiozia di credere a questa favola che seduce noi vecchi europei.

Per lui, la NATO diventato uno strumento da usare per i suoi fini, l’Europa una mammella da mungere mentre stermina i curdi in Siria e in patria, e si prende ciò che la Russia non vuol dargli in Siria. Noi non abbiamo ancora preso atto, e viviamo in un mondo che non esiste più. Quello dove siamo entrati è d’acciaio.


Note
  • Secondo alcuni studiosi musulmani, Israele ha voluto lanciare gli Usa contro l’Irak per vendicare la deportazione a Babilonia che subirono dal 697 al 586 a.C. Hanno realizzato con ciò le parole di Geremia 50, 1-18: Ecco, io desto e faccio salire contro Babilonia una congregazione di grandi nazioni dal paese del nord, e certamente si schiereranno contro di lei. Di là sarà catturata. Le frecce di uno sono simili a quelle di un uomo potente che causa privazione di figli, il quale non torna senza risultati. E la Caldea deve divenire preda di guerra. Tutti quelli che faranno spoglie di lei si sazieranno”, è l’espressione di Geova”. La coalizione delle grandi nazioni del Nord fu evocata, involontariamente o no, dall’amministrazione Bush: una “coalizione dei volonterosi”, euro-americana, del Nord del mondo, per la guerra a Saddam.

Maurizio Blondet


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