lunedì 6 ottobre 2014

Decodificare la svolta di Erdogan sul SI

erdogan_biden_168893359 

Il parlamento turco ha votato l’autorizzazione al governo ad inviare truppe in Iraq e la Siria, con un’inversione storica del lascito di Kemal Ataturk, secondo cui il Paese non si sarebbe mai più impantanato in Medio Oriente. Ankara ha tirato fuori varie ragioni per giustificare la svolta sul ruolo della Turchia nella lotta allo Stato islamico (SI). La base del ragionamento è che la Turchia è dedita alla lotta al terrorismo. Ma i motivi turchi sono altamente sospetti. Il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto, in un discorso all’Università di Harvard, che il primo ministro turco Recep Erdogan è sinceramente pentito del sostegno segreto della Turchia al SI degli ultimi anni. Biden era incline a perdonare Erdogan per i peccati del passato e faceva molto piacere che la Turchia ora permettesse agli Stati Uniti di usarne le basi militari per lanciare attacchi aerei in Iraq e Siria, difatti una ‘svolta’ nelle operazioni militari statunitensi. 

Biden ha dato l’impressione che il rinato Erdogan non vedesse l’ora di attaccare lo SI. Ma Erdogan dice che la vera ragione è che il suo cuore pio sanguina alla visione di carneficine e sofferenze umane in Iraq e Siria, e che non può restare a guardare. Biden e Erdogan sono dei gorilla della politica. Quale potrebbe essere il calcolo di Erdogan? Una cosa si può dire fin da ora, Erdogan è un esponente del ‘neo-ottomanismo’, rifacendosi al destino di Istanbul quale capitale di Medio Oriente e Nord Africa musulmani. 

Le rovine di lontane cittadelle ottomane, come il Kenya in Africa orientale, ne testimoniano il glorioso passato. Baghdad, Cairo e Damasco sono state sistematicamente devastate e indebolite negli ultimi dieci anni, grazie alla combinazione tra strategie regionali segrete statunitensi e follia dei Paesi del Golfo (in particolare l’Arabia Saudita) perseguendo i propri interessi da barboncini della politica regionale degli USA. Basti dire che non c’è potenza araba oggi che possa fingere di poter giocare un ruolo di leadership nella regione. Gli arabi sono in ginocchio. In ogni caso, i turchi hanno sempre considerato gli arabi del Golfo forma inferiore di vita. Così, Erdogan potrebbe aver capito che l’ora della resa dei conti della Turchia è arrivata, essendo di gran lunga il più potente Paese sunnita. Tatticamente, naturalmente, la Turchia ha tutto da guadagnare occupando le terre curde nel nord dell’Iraq e della Siria, da cui i separatisti del PKK colpiscono la Turchia. La Turchia è anche contraria alla formazione di una qualsiasi entità curda in Iraq e Siria. Ma oltre a tutto ciò, vi è un’altra domanda, i sogni espansionistici della Turchia. 

La Turchia è una potenza regionale ‘insoddisfatta’. I suoi confini attuali furono imposti dalle potenze imperialiste Gran Bretagna e Francia. Ma non ha spazio per espandersi verso i Balcani e la Grecia. Erdogan avrebbe sentito l’osservazione allettante dal presidente Barack Obama. in una recente intervista con Tom Friedman, secondo cui l’accordo Sykes-Picot del 1916 si sta disfacendo. La Turchia non ha mai accettato la perdita di territorio, in Iraq e in Siria, dopo la decisione anglo-francese. Particolarmente irritante fu la perdita di territorio con il Trattato di Sèvres (1920) e gli eventi immediatamente successivi. La Gran Bretagna impedì che le regioni petrolifere nel nord dell’Iraq e Mosul (ora sotto controllo) facessero parte dello Stato turco. La Gran Bretagna insisteva sul fatto che le regioni (dove il petrolio venne scoperto agli inizi degli anni ’20) dovevano far parte dello neo-Stato Iraq (in modo che rimanessero sotto il controllo inglese, ovviamente).

Se qualcuno è interessato a sapere del contesto storico mozzafiato dagli sviluppi epocali attuali in Medio Oriente, con il pretesto della lotta contro lo Stato islamico, mi sento di raccomandare il brillante libro (che ho appena finito di leggere per la seconda volta) di David Fromkin intitolato “Una pace senza pace”. Infatti, avvoltoi spietati iniziano a volteggiare nei cieli del Levante e della Mesopotamia, per raccogliere le carcasse che saranno disseminate su quelle terre calcinate, mentre la lotta degli Stati Uniti contro lo SI segue. Ma quanto spazio Stati Uniti e Gran Bretagna concederanno alla Turchia? Nel 1920 gli Stati Uniti erano di passaggio mentre la Gran Bretagna dettava le condizioni alla Turchia. Oggi ciò che accade è un’operazione anglo-statunitense con un proprio ordine del giorno. 

Poi vi sono i curdi vicini ad Israele. E a differenza dei primi anni ’20, quando i bolscevichi erano occupati a casa, quando furono i sovietici che svelarono l’esistenza del patto segreto Sykes-Picot (1916), la Russia è tornata in Medio Oriente. Inoltre, i Paesi arabi tollereranno l’ondata turca nei territori arabi sunniti con qualunque pretesto? Il ricordo umiliante del dispotico dominio ottomano brucia ancora, soprattutto in Arabia Saudita. Baghdad ha già protestato e così la Siria. Per quanto tempo Cairo e Riad taceranno? Ancora una volta, come può lo storico rivale della Turchia, l’Iran, restare inerte guardando Erdogan ordinare alle truppe di occupare territori nel suo vicinato?

L’interazione di questi fattori è estremamente rilevante. Per il momento, però, va bene a Washington che la Turchia non segua l’esempio lodevole dell’Australia unendosi alla lotta contro lo SI. Senza dubbio, militarmente, la Turchia sarebbe una risorsa strategica nelle operazioni degli Stati Uniti, ma politicamente può creare un domani inaffidabile. Erdogan ha dato rifugio alla leadership della Fratellanza musulmana recentemente scacciata dal Qatar (su pressione saudita.) Erdogan ancora probabilmente spera che ci sia una transizione politica in Siria, e che i Fratelli abbiano la possibilità di combattere per conquistarvi il potere. Ma poi, i Fratelli sono nemici giurati del regime egiziano, e rappresentano una minaccia esistenziale alle autocratiche monarchie di Golfo e Giordania. Non è chiaro fino a che punto Obama possa accompagnarsi con Erdogan, una volta che quest’ultimo sospinge l’idea della trasformazione democratica del Medio Oriente (primavera araba), iniziando dalla Siria. Tutto sommato, l’ingresso della Turchia nella guerra degli USA contro lo Stato islamico introduce un’altra contraddizione.



ei 


Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/10/05/decodificare-la-svolta-di-erdogan-sul-si/ 

Nessun commento:

Posta un commento