Secondo la loro opinione, negli ultimi anni non è stato
registrato nessun progresso in questa questione innanzitutto a causa
della paura dei paesi europei di guastare i rapporti con Israele.
Recentemente i parlamenti della Gran Bretagna, della Francia e della
Spagna hanno espresso la disponibilità a riconoscere lo Stato
palestinese. Il Belgio sta per seguire il loro esempio.
Le
dichiarazioni fatte da politici europei in appoggio alla sovranità
della Palestina suscitano, naturalmente, il malcontento degli esponenti
ufficiali israeliani. Ma, come è venuto fuori, anche in Israele esistono
diversi punti di vista in merito. Un rilevante strato della società
israeliana è del parere che sul territorio in questione devono esistere
due Stati, che ciò è estremamente importante per il futuro non solo
della Palestina ma anche della stessa Israele.
L’Europa
non manifestava una particolare attività nella questione palestinese
lasciando la politica mediorientale alla competenza degli USA, suo
alleato d’oltreoceano e nello stesso tempo il principale alleato di Tel
Aviv. Ed ecco che negli europei è sorto un vivo interesse verso il
problema palestinese.
Non solo, ma la maggioranza delle capitali europee
si pronuncia adesso a favore del riconoscimento della Palestina entro i
confini del 1967. In altre parole, alla Palestina viene riconosciuto il
diritto sui territori della Striscia di Gaza, su tutta la riva
occidentale del Giordano e su Gerusalemme Est.
Ovviamente, tale svolta
non piace assolutamente né a Tel Aviv, né a Washington. Ma, a quanto
risulta, in alcune questioni di politica estera l’Europa preferisce
nondimeno seguire i propri interessi nazionali, rileva Dmitrij Marjasis,
esperto dell’Istituto dell’orientalistica presso l’Accademia delle
sienze della Russia:
Si tratta, in sostanza, della pressione su Israele. Affinché Israele cessi la costruzione su questi territori, per concordare i confini definitivi e così via. In una serie di paesi europei, ad esempio in Svezia e in Danimarca, senza parlare già della Francia, esiste una rilevante minoranza musulmana di origine prevalentemente araba che influisce sulle elezioni all’interno del paese. I politici, per conquistare voti alle elezioni, si vedono certamente costretti a prendere in considerazione questi gruppi della popolazione.
Resta tuttavia
dubbia la questione se le capitali europee si facciano guidare
esclusivamente dai propri interessi. Anche l’amministrazione del
presidente americano mostra ultimamente un atteggiamenmto più freddo
verso i dirigenti israeliani. Si ritiene che qui abbiano svolto il loro
ruolo anche i rapporti non semplici tra Barack Obama e il premier
iraeliano Benjamin Netanyahu, fa notare Irina Sviaghelskaja, professore
dell’Istituto dell’orientalistica:
La tensione nei rapporti americano-israeliani è dovuta ad alcuni fattori. In primo luogo, ha una grande importanza la diversa visione delle prospettive di sviluppo della situazione nel Medio Oriente. Il governo di Netanyahu accettava molto malvolentieri la regolazione del problema palestinese bloccando di fatto tutti i tentativi del segretario di Stato Kerry di riavviare il processo pacifico. Da aggiungere anche i rapporti personali, che sono sempre importanti nell’Oriente: sin dall’inizio i loro rapporti non sono andati bene. Natanyahu ha sempre guadagato punti a casa, in Israele, quando diceva “no” agli Stati Uniti.
Ma
nemmeno l’antipatia personale può ledere seriamente l’alleanza
americano-israeliana. Troppe cose legano i due Stati, sottolinea Boris
Šmeliov, esperto dell’Istituto di economia presso l’Accademia delle
scienze della Russia:
In tutti gli ultimi anni la parte del primo violino è stata eseguita dagli Stati Uniti che in questa regolazione hanno difeso, ovviamente, innanzitutto gli interessi di Israele. Negli USA è molto forte la comunità ebraica. È molto influente. Usando le possibilità di questa comunità la lobby israeliana può esercitare fortissime pressioni sulla politica degli USA nella regolazione mediorientale.
Eppure
l’Unione Europea ha propri interessi nella questione israeliana. In
Europa è forte l’influenza della minoranza araba. Per tutto il mondo
arabo la soluzione del problema palestinese è l’obiettivo numero uno.
Anche senza questo le capitali europee affrontano seri problemi a causa
delle avventure nell’Oriente nelle quali sono state trascinate da
Washington. Pochi desiderano aggravare ancora la situazione.
Nello
stesso tempo nella questione dell’integrità territoriale e del
riconosimento del diritto della nazione all’autodeterminazione
Washington e le capitali europee usano spesso doppi e persino tripli
standard. Nessuno ancora è riuscito a spiegare in modo intelligibile
perché gli albanesi del Kosovo hanno diritto di avere un proprio Stato
mentre, ad esempio, gli abcasi e gli ossezi no. D’altronde, quanto più
tali Stati autoproclamati vengono riconosciuti, tanto più grandi saranno
le speranze di quelli ancora non riconosciuti.
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