martedì 9 dicembre 2014

L’Europa si muove verso il riconoscimento dello Stato palestinese

L’Europa si muove verso il riconoscimento dello Stato palestinese

Settecento cittadini israeliani, tra cui noti scrittiori, politici e scienziati, si sono rivolti all’Europarlamemnto con la richiesta di riconoscere la Palestina uno Stato indipendente.
 
Secondo la loro opinione, negli ultimi anni non è stato registrato nessun progresso in questa questione innanzitutto a causa della paura dei paesi europei di guastare i rapporti con Israele. Recentemente i parlamenti della Gran Bretagna, della Francia e della Spagna hanno espresso la disponibilità a riconoscere lo Stato palestinese. Il Belgio sta per seguire il loro esempio.

Le dichiarazioni fatte da politici europei in appoggio alla sovranità della Palestina suscitano, naturalmente, il malcontento degli esponenti ufficiali israeliani. Ma, come è venuto fuori, anche in Israele esistono diversi punti di vista in merito. Un rilevante strato della società israeliana è del parere che sul territorio in questione devono esistere due Stati, che ciò è estremamente importante per il futuro non solo della Palestina ma anche della stessa Israele.

L’Europa non manifestava una particolare attività nella questione palestinese lasciando la politica mediorientale alla competenza degli USA, suo alleato d’oltreoceano e nello stesso tempo il principale alleato di Tel Aviv. Ed ecco che negli europei è sorto un vivo interesse verso il problema palestinese. 

Non solo, ma la maggioranza delle capitali europee si pronuncia adesso a favore del riconoscimento della Palestina entro i confini del 1967. In altre parole, alla Palestina viene riconosciuto il diritto sui territori della Striscia di Gaza, su tutta la riva occidentale del Giordano e su Gerusalemme Est. 

Ovviamente, tale svolta non piace assolutamente né a Tel Aviv, né a Washington. Ma, a quanto risulta, in alcune questioni di politica estera l’Europa preferisce nondimeno seguire i propri interessi nazionali, rileva Dmitrij Marjasis, esperto dell’Istituto dell’orientalistica presso l’Accademia delle sienze della Russia:
Si tratta, in sostanza, della pressione su Israele. Affinché Israele cessi la costruzione su questi territori, per concordare i confini definitivi e così via. In una serie di paesi europei, ad esempio in Svezia e in Danimarca, senza parlare già della Francia, esiste una rilevante minoranza musulmana di origine prevalentemente araba che influisce sulle elezioni all’interno del paese. I politici, per conquistare voti alle elezioni, si vedono certamente costretti a prendere in considerazione questi gruppi della popolazione.
Resta tuttavia dubbia la questione se le capitali europee si facciano guidare esclusivamente dai propri interessi. Anche l’amministrazione del presidente americano mostra ultimamente un atteggiamenmto più freddo verso i dirigenti israeliani. Si ritiene che qui abbiano svolto il loro ruolo anche i rapporti non semplici tra Barack Obama e il premier iraeliano Benjamin Netanyahu, fa notare Irina Sviaghelskaja, professore dell’Istituto dell’orientalistica:
La tensione nei rapporti americano-israeliani è dovuta ad alcuni fattori. In primo luogo, ha una grande importanza la diversa visione delle prospettive di sviluppo della situazione nel Medio Oriente. Il governo di Netanyahu accettava molto malvolentieri la regolazione del problema palestinese bloccando di fatto tutti i tentativi del segretario di Stato Kerry di riavviare il processo pacifico. Da aggiungere anche i rapporti personali, che sono sempre importanti nell’Oriente: sin dall’inizio i loro rapporti non sono andati bene. Natanyahu ha sempre guadagato punti a casa, in Israele, quando diceva “no” agli Stati Uniti.
Ma nemmeno l’antipatia personale può ledere seriamente l’alleanza americano-israeliana. Troppe cose legano i due Stati, sottolinea Boris Šmeliov, esperto dell’Istituto di economia presso l’Accademia delle scienze della Russia:
In tutti gli ultimi anni la parte del primo violino è stata eseguita dagli Stati Uniti che in questa regolazione hanno difeso, ovviamente, innanzitutto gli interessi di Israele. Negli USA è molto forte la comunità ebraica. È molto influente. Usando le possibilità di questa comunità la lobby israeliana può esercitare fortissime pressioni sulla politica degli USA nella regolazione mediorientale.
Eppure l’Unione Europea ha propri interessi nella questione israeliana. In Europa è forte l’influenza della minoranza araba. Per tutto il mondo arabo la soluzione del problema palestinese è l’obiettivo numero uno. Anche senza questo le capitali europee affrontano seri problemi a causa delle avventure nell’Oriente nelle quali sono state trascinate da Washington. Pochi desiderano aggravare ancora la situazione.

Nello stesso tempo nella questione dell’integrità territoriale e del riconosimento del diritto della nazione all’autodeterminazione Washington e le capitali europee usano spesso doppi e persino tripli standard. Nessuno ancora è riuscito a spiegare in modo intelligibile perché gli albanesi del Kosovo hanno diritto di avere un proprio Stato mentre, ad esempio, gli abcasi e gli ossezi no. D’altronde, quanto più tali Stati autoproclamati vengono riconosciuti, tanto più grandi saranno le speranze di quelli ancora non riconosciuti.


Igor Siletskij


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