giovedì 11 dicembre 2014

L’integrazione europeo-eurasiatica non può essere arrestata, viene solo rallentata

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23 anni dopo la liquidazione dell’URSS e la creazione della CIS, l’8 dicembre 1991, possiamo concludere che la Comunità degli Stati Indipendenti è difatti un progetto defunto, dice Rostislav Ishenko.
Certo, politici e diplomatici continueranno a parlare dell’enorme potenziale della CSI elencandone risultati, documenti, accordi, trattati, vertici e piani a lungo termine. Queste sono le regole. Raramente le circostanze sono tali da discutere, approvare e adottare l’attuazione di un progetto internazionale conclusosi con le parole: “Questo è un progetto chiuso“. Di solito, accade in silenzio. Come il gasdotto Nabucco, morto in silenzio come l’organizzazione GUAM. Sembra che lo stesso destino attenda la CSI. Non era necessario annunciarne la decisione, ma semplicemente finirla con i vertici. Poi si dovrebbe mantenere e finanziare il personale della CSI, ma a quale scopo? 

Il trucco ha funzionato. Subito dopo l’annuncio della creazione dell’Unione eurasiatica (EEU), l’eliminazione dell’inutile Comunità economica eurasiatica (EurAsEC) è stata annunciata. Quando verrà creata l’Unione Eurasiatica politica (EAU), anche l’Unione di Russia e Bielorussia diverrà inutile (in ogni caso Aleksandr Lukashenko non ha escluso tale possibilità). Oggi, infatti, la CSI si presenta come una memoria dell’integrazione post-sovietica, che soprattutto è stata più una disgregazione. 

Se tale struttura è stata efficace, non sarebbe stato necessario sviluppare il concetto d’integrazione a tappe e creare EurAsEC, Unione doganale, EEU e neanche la CSTO (Collective Security Treaty Organization) sulla sua base. La creazione della CSI fu considerata dagli ottimisti come formazione dello Stato confederato consolidando la maggioranza delle repubbliche ex-sovietiche nelle nuove circostanze. Fino all’agosto 1993, le forze armate unite della CSI esistevano ancora. Teoricamente, gli eventi potevano seguire quella direzione, ma solo in teoria. Come pratica ed esperienza hanno dimostrato, la disgregazione non si esaurì nel 1991, non potendo forzare un percorso contrario alle tendenze storiche. La Russia ha lottato contro le tendenze centrifughe per un decennio. Solo all’inizio del 2000 la situazione negli Stati nucleo della CSI s’è stabilizzata.

Dal 2004-2005 le tendenze centripete nella politica russa hanno cominciato ad accumularsi, e dal 2010 dominano assolutamente non solo la politica interna, ma anche estera. Movimenti separatisti minacciavano il Kazakhstan. Le dispute territoriali tra le repubbliche dell’Asia centrale si sovrapponevano a quelle interne tra certi gruppi etnici ed interessi economici regionali, creando una zona di instabilità permanente che ha prodotto conflitti civili e la minaccia di conflitti tra Stati, miracolosamente evitati. Nel Caucaso colpi di Stato sono stati seguiti da guerre civili e guerre tra Paesi. 

Ci sono state due ampie guerre con la partecipazione (su entrambi i lati) di Stati membri della CSI: il conflitto del Nagorno-Karabakh e la guerra del 08.08.08. La Moldova si spezzò dopo la guerra civile, praticamente perdendo la Transnistria. In Ucraina la guerra civile infuria mentre parliamo, la Crimea ha aderito alla Russia e il Donbas è quasi perso. Quali altre regioni se ne andranno e quali resteranno nell’Ucraina, non si sa. Tale formazione amorfa, in cui i membri avevano status diversi (l’Ucraina co-fondatrice della CSI ma non ha firmato la Carta, che non è stata firmata dal Turkmenistan, ed Ucraina e Russia non hanno ratificato il protocollo dell’accordo sulla creazione della CSI del 21 dicembre 1991) e non riconoscono le rispettive frontiere, ecco la Comunità di Stati Indipendenti. 

Dopo la guerra dell’08.08.08, la Georgia si ritirò formalmente dalla CSI, ma partecipa a quasi tutti gli accordi raggiunti nel suo ambito. E’ come se il Belgio si ritirasse dall’UE ma rimasse membro di Schengen, zona euro, ecc. A loro volta Ucraina, Turkmenistan e occasionalmente altri Paesi, hanno parzialmente ratificato vari documenti della CSI, considerando alcune sue regole accettabili, altre no. È chiaro che una organizzazione internazionale non può esistere in tali condizioni. E fu così. Ad esempio, l’Ucraina non ha fretta di lasciare la CSI anche se grida ogni volta all’invasione russa, proprio perché la sua formale uscita, oltre a pubblicità a breve termine presso la platea nazionale, non darebbe nulla dato che vi sarebbero problemi su molti accordi formalmente collegati alla CSI, e vantaggiosi per l’Ucraina. E l’assenza di una procedura unica non garantirebbe a Kiev di uscirsene con il trucco usato dalla Georgia per recedere dalla CSI. 

In generale, la situazione è cambiata così tanto che i progetti d’integrazione della Russia hanno smesso di concentrarsi sullo spazio post-sovietico e si concentrano sull’intera Eurasia (EEU e EAU) e addirittura sul mondo intero (BRICS). E’ chiaro che i progetti d’integrazione eurasiatica sono molto più chiaramente definiti, anche se la posizione ostruzionistica dell’UE contro i propri interessi (non lo sviluppo, ma la sopravvivenza) non volendo mollare la supervisione degli Stati Uniti, impone correzioni, costringendo a volgere le priorità verso l’Asia e il Medio Oriente. Tuttavia, nel 2014 i BRICS hanno dimostrato attiva unità politica (rifiuto di sostenere la pressione USA sulla Russia e sostegno indiretto a Mosca) e finanziario-economica (costituzione della Banca BRICS e avvio della transizione verso scambi internazionali in valute nazionali).

Infatti, il compito del reintegrare lo spazio post-sovietico, non adempiuto dal CIS, viene ora assolto a un livello diverso. Questo spazio è solo parte di un progetto d’integrazione eurasiatica molto più grande. La mano tesa dalla Russia, sulleatesta di ambiziose formazioni post-sovietiche, a Cina, Iran, Turchia, India spingono questi Paesi oltre il quadro statico, trasformandosi da attori marginali nei programmi di civiltà, su posizioni di frontiera, a nuclei della formazione eurasiatica, che non esisterebbe senza la partecipazione esterna al progetto d’integrazione eurasiatica. Nel frattempo la Russia (a causa della posizione dell’UE) non supera la posizione alla frontiera dell’Ucraina, una delle principali cause della guerra civile in corso. Se l’Europa avesse accettato il compromesso proposto a marzo dalla Russia, quando la continuazione dell’unione politico-economica tra UE e CU (UEE) sarebbe stata scambiata con il mantenimento di un’unica Ucraina federata e neutrale, il problema di Kiev sarebbe stato risolto così come il problema dell’Asia centrale, a seguito dell’integrazione politico-militare russa ed economico-finanziaria cinese. 

Nella dinamica dell’integrazione Europa-Unione Eurasiatica, l’Ucraina semplicemente avrebbe perso spazio di manovra e le sue élite la possibilità di speculare sulle scelte geopolitiche. Ci sarebbe stata una sola scelta. Tuttavia, nonostante l’incremento della retorica conflittuale, il punto di non ritorno non è stato accettato nel rapporto tra Russia e Unione europea, anche se è già molto vicina. La cosa più importante è che, indipendentemente dalla posizione dell’Unione europea, l’integrazione eurasiatica non può essere fermata, è possibile solo rallentarla verso occidente. Tuttavia, gli Stati Uniti non possono sostenere ulteriormente la base economica e finanziaria dell’Unione europea, né l’economia europea può fornire le risorse di base sufficienti a mantenerne l’unità. Così, l’unica domanda è se l’Unione europea si unirà al progetto eurasiatico subito e completamente, o gradualmente e parzialmente. La prima sarebbe preferibile.

Riguardo la CSI, dato che il faccia a faccia tra Mosca e Bruxelles sull’Ucraina s’è trasformato in un faccia a faccia tra Washington e Mosca sull’Unione europea, la CSI come meccanismo politico finalmente ha fatto il suo tempo. Ora si tratta solo della sinecura per l’apparato dei periodici vertici tra presidenti e primi ministri per discutere di priorità impossibili o già risolte nell’ambito di altri progetti d’integrazione. Oggi la CSI, mera immagine mediatica, è la mangiatoia di un piccolo numero di burocrati e argomento di “opinionisti”.

Rostislav Ishenko, RIA Novosti, FortRuss

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2014/12/10/lintegrazione-europeo-eurasiatica-non-puo-essere-arrestata-viene-solo-rallentata/ 

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