
© Foto: RIA Novosti/Ramil Sitdikov
Mosca non intende discutere con l’UE sulle condizioni per la revoca delle sanzioni imposte dall’Occidente, ma è pronta a dialogare costruttivamente, se l’Europa darà prova di buon senso.
Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri della
Federazione Russa, Sergej Lavrov, che ha rilasciato all’Agenzia RIA
Novosti un’intervista esclusiva in cui ha riassunto i risultati
dell’anno che sta per finire.
Ve ne proponiamo ora alcuni estratti più
significativi.
- La
Russia sente gli effetti delle sanzioni occidentali, in primo luogo
quelle varate dall’UE, i nostri partner in Europa denunciano le
conseguenze delle contromisure adottate dalla Russia. Proseguire con
queste contromisure Le pare una soluzione davvero efficace?
- Purtroppo, nei nostri rapporti con l’UE abbiamo raggiunto un punto dove i gesti di buona volontà non portano più al risultato che ci dovrebbe essere.
Non conviene dimenticare che la situazione di oggi è una conseguenza della politica di Bruxelles nei confronti dell’Ucraina. Successivamente l’UE ha cercato, ingiustamente, di scaricare su di noi la responsabilità della tragedia adottando contro la Russia delle sanzioni unilaterali, sebbene tale prassi sia illegittima in quanto condannata dall’Assemblea Generale dell’ONU e in contrasto con le regole del WTO. C’è da notare che la logica della spirale delle sanzioni da parte dell’UE è ben poco legata all’evoluzione della crisi ucraina.
Abbiamo più volte dichiarato che i tentativi di usare il linguaggio degli ultimatum nei colloqui con la Russia sono assolutamente inammissibili e non hanno alcuna chance di successo. La nostra risposta a queste misure è stata ponderata e teneva conto dei diritti e degli obblighi della Russia derivanti dai suoi accordi internazionali, in particolare quelli firmati nell’ambito del WTO.
Di conseguenza, le misure che limitano le importazioni alimentari dai paesi UE non sono da intendersi come sanzioni, bensì come il nostro diritto a difendere i nostri interessi economici nazionali e a lottare contro la concorrenza sleale. Leazioni della Russia sono motivate e legittime.
Non intendiamo discutere sulle condizioni per la revoca delle sanzioni. Devono essere revocate da chi le ha introdotte. Tuttavia, se l’UE darà prova di buon senso, naturalmente saremo disposti a dialogare costruttivamente su questo tema.
- Considerati
i rapporti non facili con l’Occidente, molti esperti dicono che la
Russia, nella sua politica estera, sta facendo un dietro front virando
verso l’Oriente. È ovvio che in questo caso il partner più importante è
la Cina. Non c’è forse il rischio di una dipendenza eccessiva da questo
paese?
- Il nostro paese sta portando avanti una politica estera multivettoriale, come previsto dalla nuova edizione del Concetto di politica estera della Federazione Russa, firmata dal presidente in febbraio 2013. È nostra intenzione sviluppare rapporti paritari reciprocamente vantaggiosi con tutti coloro che dimostrano diessere reciprocamente disponibili a farlo.
Putin ha più volte rilevato che la cooperazione con la regione Asia-Pacifico sarà per noi prioritaria durante tutto il XXI secolo e la Russia, in quanto una potenza del Pacifico, userà in tutti i modi l’enorme potenziale dell’impetuoso sviluppo di Asia-Pacifico, in particolare al fine di sviluppo del suo Estremo Oriente della Siberia Orientale. Da qui il nostro interesse per un’attiva partecipazione ai processi integrativi che sono in atto nella regione. Tuttavia ci piacerebbe poterlo fare non come alternativa ai nostri legami con l’UE, ma in parallelo con il loro approfondimento.
I nostri rapporti con la Cina non dipendono dalla congiuntura e non sono diretti contro nessuno. Nel secondo decennio del Duemila i nostri legami hanno raggiunto un livello nuovo – quello di un partenariato globale e paritario, basato sulla fiducia, e di interazione strategica. Questa formula significa un intenso approfondimento dei contatti politici, della cooperazione pratica e della collaborazione nell’arena internazionale. Come è stato rilevato più volte dai leader dei nostri paesi, in questo momento i rapporti tra Russia e Cina sono al massimo del loro sviluppo.
Il “medagliere” dell’anno che sta per finire comprende la formalizzazione definitiva del contratto trentennale per la fornitura alla Cina di 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno attraverso il tratto orientale della frontiera russo-cinese, e la firma di un accordo quadro per fornire altri 30 miliardi di metri cubi all’anno attraverso la frontiera occidentale. Ulteriori orizzonti del dialogo energetico con la Cina si aprono alla luce di eventuali forniture, da parte della Russia, di gas liquefatto. I partner cinesi hanno aderito al megaprogetto “Yamal-SPG” e partecipano anche al progetto di Vankor.
- Dopo le elezioni in Ucraina Lei ha detto che intende incontrare il suo omologo ucraino. Quando è previsto l’incontro ?
- Siamo aperti al dialogo costruttivo. Con i miei colleghi ucraini cerco sempre di mantenere normali contatti di lavoro nell’ambito dei quali discutiamo di questioni correnti, compresa l’implementazione degli accordi, inclusi quelli che sono stati raggiunti al massimo livello.
Per quel che riguarda la soluzione del conflitto nel Sud-Est del paese, il nostro principale interlocutore a Kiev oggi è il presidente Petr Poroshenko. Il suo piano di pace e le relative iniziative promosse dal presidente Putin hanno costituito la base degli accordi di Minsk, il cui rigoroso rispetto è la chiave di una risoluzione efficace della crisi che è in corso.
Nei prossimi giorni è prevista una riunione del Gruppo di contatto alla quale dovremo esaminare un piano, preparato da esperti militari, che prevede delle misure per la pratica implementazione del Memorandum di Minsk, firmato il 19 setembre, relativamente al disimpegno delle forze con il conseguente ritiro degli armamenti pesanti dalla “linea di contatto” per cessare definitivamente l’uso delle armi e garantire così la stabilità della tregua. Speriamo che questo piano venga implementato con coerenza.
La Russia ha già apportato e continua ad apportare un contributo enorme al sostegno dell’Ucraina: soltanto negli ultimi tempi ha destinato a questo scopo 32,5-33,5 miliardi di dollari. Anche in seguito ci adopereremo con tutti i mezzi per creare le condizioni atte a favorire la soluzione dei grandi problemi che stanno di fronte al popolo ucraino.
- Mosca
continua ad esprimersi a favore dell’integrità territoriale
dell’Ucraina? Non si prende in considerazione l’ipotesi di eventuale
riconoscimento delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk?
- È ovvio che la risoluzione della crisi interna in Ucraina sarà impossibile, se gli ucraini stessi non raggiungono degli accordi reciprocamente accettabili. La necessità di un dialogo nazionale di tipo inclusivo, con la partecipazione di tutte le regioni, senza alcuna eccezione, e di tutte le forze politiche dell’Ucraina, è stata fissata nell’Accordo del 21 febbraio, poi nella Dichiarazione di Ginevra del 17 aprile firmata da Russia, Ucraina, USA e UE, e negli Accordi di Minsk del 5 settembre. Nell’ambito di questo principio è necessario discutere in dettaglio l’assetto costituzionale e il futuro del paese in cui tutti i cittadini devono sentirsi a proprio agio e poter vivere in sicurezza e che deve garantire la piena osservanza dei diritti umani in tutta la loro diversità.
Siamo convinti che lo scopo, e anche il risultato, dell’elaborazione del disegno di legge sull’emendamento della Costituzione dell’Ucraina non devono essere i ritocchi “cosmetici” dei vecchi testi, bensì il raggiungimento di un contratto sociale, profondamente riealaborato e rinnovato, che possa essere percepito da tutta la polietnica società ucraina come una seria intesa di lunga durata e base dello Stato di diritto che garantisce la parità delle regioni e delle etnie.
In queso contesto vorrei ricordare che a Minsk i rappresentanti di Kiev,Donetsk e Lugansk hanno concordato non solo la tregua, ma anche la fase“postbellica”, se così possiamo dire, di sviluppo del Donbass.
La Russia, in quanto uno degli attivi intermediari del processo negoziale di Minsk, intende partecipare attivamente all’implementazione di questi accordi.
- Come giudica Lei il lavoro degli osservatori OSCE presenti nella zona del conflitto a Donetsk e Lugansk?
- Vorrei ricordare che la decisione sull’invio in Ucraina di una speciale missione di monitoraggio è stata presa dagli Stati dell’OSCE in marzo di quest’anno a seguito di una pressante necessità di eliminare la tensione che stava crescendo nel paese. Certo, il fatto stesso della presenza sul suolo ucraino di un notevole numero di osservatori internazionali ha svolto un determinato ruolo positivo, ma francamente parlando ci eravamo attesi molto di più.
L’efficienza degli osservatori, il loro contributo alla ricomposizione della crisi interna in Ucraina dipendono in maniera diretta dalla loro imparzialità e dall’adeguatezza delle loro valutazioni in merito a quanto sta accadendo nel paese. Dobbiamo riconoscere che in alcuni casi gli mancano fermezza e coerenza.
Tutti noi siamo consapevoli delle condizioni in cui gli osservatori devono operare. Non si tratta soltanto di una fortissima pressione da parte di Kiev e dei suoi sponsor occidentali. È in pericolo la vita degli osservatori, perché la loro immunità, come abbiamo visto, è garantita da Kiev soltanto formalmente. Siamo costretti a ricordare ancora una volta ai dirigenti dell’Ucraina il loro obbligo, assunto in seno all’OSCE, di garantire la sicurezza di tutti i membri della missione di monitoraggio.
fonte: http://italian.ruvr.ru/2014_12_09/Ministro-Lavrov-Con-l-UE-i-gesti-di-buona-volonta-non-funzionano-piu-7620/
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