Nel
2008 Washington creò un apposito comando del Pentagono, AFRICOM, per
contrastare le principali iniziative economiche cinesi in Africa,
concedendo prestiti e crediti facili in cambio di accordi commerciali a
lungo termine su petrolio e altre materie prime africane. Ciò non impedì
la ricerca dei cinesi di materie prime per la propria economia in
crescita. Ora la Cina ha compiuto un nuovo passo coraggioso sfidando la
“dottrina Monroe” imperialista statunitense, compiendo importanti
iniziative in America Latina, “Cortile di casa” di Washington. Con un
pugno di dollari, le imprese statali cinesi compiono una grande entrée
sostenuta dal governo nel tradizionale cortile bancario-affaristico
degli Stati Uniti in America Latina.
Si tratta di una mossa
diabolicamente intelligente, colpendo il tallone d’Achille di
Washington. L’intento dell’originale Dichiarazione del presidente
statunitense James Monroe, nel 1823, era dichiarare che le colonie
appena liberatesi delle potenze europee non sarebbero più state oggetto
di nuovi tentativi di colonizzazione europea, con la minaccia di un
intervento degli Stati Uniti. Era una dottrina bizzarra, una
dichiarazione di fatto che a sud del Rio Grande tutta l’America Latina
era una sorta di “sfera di influenza” o colonia informale degli Stati
Uniti. Le nazioni dell’America Latina, in particolare nel periodo
post-1945, subirono di fatto il colonialismo degli Stati Uniti.
L’economia del “libero mercato” degli USA e la crisi del debito sovrano
degli anni ’80, debito imposto dalle banche di Wall Street e dal Tesoro
degli Stati Uniti con la crisi petrolifera degli anni ’80, avevano
sottosposto le nazioni dell’America Latina a una selvaggia austerità e
al furto dei loro beni nazionali più preziosi da parte di
multinazionali, banche e hedge fund, come il Quantum Fund di
George Soros, degli USA. Per reazione, negli ultimi dieci anni diverse
nazioni, a cominciare dal Venezuela di Hugo Chavez, cominciarono ad
allontanarsi dalla dipendenza dagli “yankee” del Nord. Le ragioni erano
chiare. All’alba del XXI secolo, l’America Latina era la società più
disuguale sul globo e molti ne accusavano il libero mercato del
neoliberismo imposto da USA e FMI.
Dopo il successo di Chavez in
Venezuela, sostenuto da L’Avana, o dei cittadini boliviani che per la
prima volta elessero un indigeno indiano a presidente, nel corso dei
veementi tentativi degli Stati Uniti di fermarlo, Evo Morales impedì la
zona di libero scambio delle Americhe (FTAA) di Washington,
un’estensione del NAFTA, denunciandolo, esattamente quale “progetto di neo-colonizzazione… una politica di genocidio economico“.
Ricardo Lagos in Cile (2000); Luiz Inácio Lula da Silva in Brasile
(2002) e il suo successore Dilma Rousseff; Lucio Gutiérrez in Ecuador
(2002); Néstor Kirchner in Argentina (2003) e Tabaré Vasquez in Uruguay
(2004), tutti promisero di cancellare le politiche promosse da Stati
Uniti e Fondo monetario internazionale.
Nel 2005 circa il 75% della
popolazione dell’America Latina era guidata dai nazionalisti avversari
delle politiche neoliberiste di Washington. Washington ha ripetutamente,
e senza successo, tentato delle rivoluzioni colorate in Venezuela,
Bolivia e altri Stati indipendenti. I risultati furono scarsi per
Washington mentre l’attenzione si focalizzava sulla Cina e, più
recentemente, Medio Oriente e Russia. La decisione dell’amministrazione
di Obama di “normalizzare” i rapporti con Cuba comunista è
un’indicazione di un cambio radicale.
Entra il Dragone cinese
Proprio mentre Washington intensifica i tentativi di contrastare l’emergere di un’America Latina economicamente e politicamente assertiva, soprattutto delle nazioni del Sud America, la Cina ha deciso un’iniziativa a cui Washington non può economicamente rispondere. Secondo il sito del China Daily, il presidente cinese Xi Jinping ha detto l’8 gennaio che gli investimenti cinesi in America Latina arriveranno a 250 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni e il commercio dovrebbe salire a 500 miliardi di dollari nello stesso periodo. L’occasione dello strabiliante annuncio è anche notevole.
Proprio mentre Washington intensifica i tentativi di contrastare l’emergere di un’America Latina economicamente e politicamente assertiva, soprattutto delle nazioni del Sud America, la Cina ha deciso un’iniziativa a cui Washington non può economicamente rispondere. Secondo il sito del China Daily, il presidente cinese Xi Jinping ha detto l’8 gennaio che gli investimenti cinesi in America Latina arriveranno a 250 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni e il commercio dovrebbe salire a 500 miliardi di dollari nello stesso periodo. L’occasione dello strabiliante annuncio è anche notevole.
A
Pechino, davanti a trentatré capi di Stato dei Paesi latinoamericani e
caraibici, esclusi Stati Uniti e Canada. Gli anglosassoni evidentemente
non erano ammessi. E’ stato il primo forum ministeriale tra Cina e
Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC), proposto
dalla Cina nel 2014. Pechino non indugia decidendo di portare avanti la
cosa. E questa è strategica. La CELAC fu fondata nel dicembre 2011 da
Hugo Chavez a Caracas, Venezuela, e comprende tutti i Paesi del Sud
America, alcuni dei Caraibi e il Messico. Xi, presidente della Cina,
elemento chiave dei BRICS ospitante la nuova Infrastructure Bank dei
BRICS, ha detto al vertice,
“Credo che questo incontro porterà risultati proficui, dando al mondo un segnale positivo nell’approfondire la cooperazione tra Cina e America Latina, con importante e ampio impatto su promozione della cooperazione Sud-Sud e prosperità nel mondo“.
Un piano quinquennale
I Paesi hanno discusso l’adozione di un piano quinquennale di cooperazione globale durante il vertice di Pechino. Si noti la formulazione del Presidente Xi: “impatto di ampia portata sulla promozione della cooperazione Sud-Sud“. Sud-Sud esclude Nord America e Unione europea. Questo fa parte dell’ampio cambiamento economico mondiale dall’emergere dell’Europa circa cinque secoli fa a fulcro economico mondiale. Le due parti, Cina e CELAC, hanno deciso un quadro di cooperazione, fondi e progetti nei settori dell’energia, delle infrastrutture, dell’innovazione e dell’agricoltura. Per la Cina si tratta dell’accesso alle preziose risorse naturali della regione, tra cui il petrolio in Venezuela, il rame in Cile e Perù, la soia in Argentina e Brasile. I Paesi latinoamericani in cambio otterranno miliardi di dollari in investimenti e credito a lungo termine dai cinesi.
I Paesi hanno discusso l’adozione di un piano quinquennale di cooperazione globale durante il vertice di Pechino. Si noti la formulazione del Presidente Xi: “impatto di ampia portata sulla promozione della cooperazione Sud-Sud“. Sud-Sud esclude Nord America e Unione europea. Questo fa parte dell’ampio cambiamento economico mondiale dall’emergere dell’Europa circa cinque secoli fa a fulcro economico mondiale. Le due parti, Cina e CELAC, hanno deciso un quadro di cooperazione, fondi e progetti nei settori dell’energia, delle infrastrutture, dell’innovazione e dell’agricoltura. Per la Cina si tratta dell’accesso alle preziose risorse naturali della regione, tra cui il petrolio in Venezuela, il rame in Cile e Perù, la soia in Argentina e Brasile. I Paesi latinoamericani in cambio otterranno miliardi di dollari in investimenti e credito a lungo termine dai cinesi.
Si tratta di ciò che Pechino ama
chiamare “win-win”. Nelle discussioni a latere, Xi ha anche
accettato di alleviare il peso del crollo dei prezzi del petrolio sul
Venezuela. Nei colloqui con il presidente venezuelano Nicolas Maduro, la
Cina ha concordato progetti comuni per oltre 20 miliardi di dollari,
mentre l’Ecuador, altro produttore di petrolio e membro dell’OPEC, ha
ricevuto un prestito di 7,5 miliardi dollari dalla Cina per affrontare
lo shock finanziario. In combinazione con l’aspetto storico degli
accordi economici strategici tra Cina e Russia, e l’emergere del gruppo
BRICS di Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa a potenziale sostituto
del FMI e della Banca mondiale dominati da Washington, il rafforzamento
dell’eurasiatica Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e, dal
1° gennaio, l’istituzione formale dell’Unione economica eurasiatica tra
Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia, i contorni del nuovo spazio
economico Sud-Sud, sostituendo il mondo al collasso di dollaro ed euro,
appare sempre più chiaro. Il 2015 sarà, come dicono i cinesi, “un
periodo interessante”.
F. William Engdahl New Eastern Outlook
F. William Engdahl
è consulente di rischio strategico e docente, laureato in politica alla
Princeton University, è autore di best-seller su petrolio e
geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
https://aurorasito.wordpress.com/2015/01/27/guarda-chi-entra-nel-cortile-degli-usa/
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