In diverse occasioni don Juan tentò di dare un nome alla sua conoscenza, a mio beneficio. A suo parere il termine più adatto era nagualismo, anche se un po’ oscuro. Dire semplicemente “conoscenza” rendeva tutto troppo vago, e chiamarla “negromanzia” era spregiativo. “La padronanza dell’intento” era troppo astratto e “la ricerca della libertà totale” troppo lungo e metaforico. Alla fine, non riuscendo a trovare un lemma più appropriato, la chiamò “magia”, pur ammettendo una certa inaccuratezza.
Nel corso degli anni egli mi aveva fornito varie definizioni della magia, ma aveva sostenuto che le definizioni cambiano con il crescere della conoscenza. Verso la fine del mio apprendistato, mi sentii in grado di apprezzare una definizione più chiara, così gli posi la domanda ancora una volta.
«Dal punto di vista dell’uomo comune» disse don Juan «la magia è un insieme di sciocchezze, oppure uno spaventoso mistero che travalica la sua comprensione. E qui non sbaglia – non perché sia una verità assoluta, ma perché l’uomo comune non ha l’energia sufficiente per trattare con la magia.»
Fece un attimo di
pausa, prima di continuare. «Gli esseri umani nascono con una quantità
di energia limitata,» proseguì don Juan «un’energia spiegata
sistematicamente a partire dal momento della nascita, in modo da essere
usata con il maggior vantaggio dalla modalità del tempo.»
«Cosa intendi per “modalità del tempo”?» chiesi io.
«La modalità del tempo è il fascio preciso dei campi di energia recepiti» mi rispose. «Credo che la percezione umana sia cambiata nel tempo. Il tempo reale decide il modo; il tempo decide quale fascio preciso di campi di energia sarà usato, scegliendo tra una quantità incalcolabile. Tutta l’energia a nostra disposizione viene assorbita dal contatto con la modalità del tempo – quei pochi, scelti campi di energia – non lasciandoci nulla che possa esserci di aiuto a usare un qualsiasi altro campo di energia.»
«La modalità del tempo è il fascio preciso dei campi di energia recepiti» mi rispose. «Credo che la percezione umana sia cambiata nel tempo. Il tempo reale decide il modo; il tempo decide quale fascio preciso di campi di energia sarà usato, scegliendo tra una quantità incalcolabile. Tutta l’energia a nostra disposizione viene assorbita dal contatto con la modalità del tempo – quei pochi, scelti campi di energia – non lasciandoci nulla che possa esserci di aiuto a usare un qualsiasi altro campo di energia.»
Con un impercettibile inarcare delle sopracciglia mi spronava a considerare il tutto.
«Ecco cosa intendo quando dico che all’uomo comune manca l’energia necessaria per aver a che fare con la magia» continuò. «Se usa solo l’energia che ha, non può percepire i mondi creati dagli stregoni. Gli stregoni, infatti, per farlo, si servono di un insieme di campi di energia che di solito non sono usati. Naturalmente, se l’uomo comune intende percepire quei mondi e comprendere la percezione dei maestri dell’occulto, deve per forza usare lo stesso insieme usato da quelli, e ciò non è materialmente possibile, in quanto egli ha già spiegato tutta la sua energia.»
«Ecco cosa intendo quando dico che all’uomo comune manca l’energia necessaria per aver a che fare con la magia» continuò. «Se usa solo l’energia che ha, non può percepire i mondi creati dagli stregoni. Gli stregoni, infatti, per farlo, si servono di un insieme di campi di energia che di solito non sono usati. Naturalmente, se l’uomo comune intende percepire quei mondi e comprendere la percezione dei maestri dell’occulto, deve per forza usare lo stesso insieme usato da quelli, e ciò non è materialmente possibile, in quanto egli ha già spiegato tutta la sua energia.»
S’interruppe, quasi cercasse la parola più appropriata a esprimere il concetto.
«Mettiamola così» riprese. «Non è tanto che si apprenda la magia col tempo, quanto che si apprenda ad accumulare energia. Questa energia ti metterà in grado di maneggiare alcuni campi di energia che al momento ti sono inaccessibili. La magia è dunque l’abilità di usare campi di energia non necessari per la percezione del mondo di tutti i giorni, che noi conosciamo. La magia è uno stato di consapevolezza. È l’abilità di concepire qualcosa che sfugge alla percezione ordinaria.
«Mettiamola così» riprese. «Non è tanto che si apprenda la magia col tempo, quanto che si apprenda ad accumulare energia. Questa energia ti metterà in grado di maneggiare alcuni campi di energia che al momento ti sono inaccessibili. La magia è dunque l’abilità di usare campi di energia non necessari per la percezione del mondo di tutti i giorni, che noi conosciamo. La magia è uno stato di consapevolezza. È l’abilità di concepire qualcosa che sfugge alla percezione ordinaria.
«Quel che ti
ho mostrato,» continuò don Juan «tutto ciò che ho sottoposto alla tua
attenzione, non era che un accorgimento per convincerti che c’è più di
quanto appaia a un primo sguardo. Non c’è bisogno che venga qualcuno a
insegnarti la magia, perché in realtà non c’è nulla da imparare. Occorre
solo che un maestro ci convinca dell’incalcolabile potere che abbiamo
sulla punta delle dita. Che strano paradosso! Ogni guerriero sulla via
della conoscenza crede, una volta o l’altra, di star acquisendo
cognizioni magiche, ma tutto quello che fa è lasciarsi convincere dal
potere nascosto dentro di sé, che riuscirà a raggiungere.»
«È quel che stai facendo con me, don Juan? Mi stai convincendo?»
«Proprio così. Sto cercando di convincerti che puoi raggiungerlo, quel potere. Ci sono passato anch’io. Ed ero duro da convincere, come te ora.»
«Proprio così. Sto cercando di convincerti che puoi raggiungerlo, quel potere. Ci sono passato anch’io. Ed ero duro da convincere, come te ora.»
«Una volta raggiunto, cosa ne facciamo esattamente, don Juan?»
«Nulla. Una volta raggiunto, esso si servirà per conto suo dei campi di energia che sono a nostra disposizione, ma inaccessibili. Questa è magia, come ho già detto. Allora cominciamo a vedere – cioè, a percepire – qualcos’altro, non immaginario, ma reale e concreto. Così cominciamo a conoscere senza dover usare le parole. Quel che ognuno di noi fa con l’accresciuta percezione, con quella conoscenza silenziosa, dipende dal carattere individuale.»
«Nulla. Una volta raggiunto, esso si servirà per conto suo dei campi di energia che sono a nostra disposizione, ma inaccessibili. Questa è magia, come ho già detto. Allora cominciamo a vedere – cioè, a percepire – qualcos’altro, non immaginario, ma reale e concreto. Così cominciamo a conoscere senza dover usare le parole. Quel che ognuno di noi fa con l’accresciuta percezione, con quella conoscenza silenziosa, dipende dal carattere individuale.»
In una diversa occasione, mi diede una
spiegazione di altro genere. Stavamo discutendo di tutt’altro quando, di
punto in bianco, cambiò argomento e cominciò a raccontarmi una
barzelletta. Rise, e con mano leggera mi diede dei colpetti sulla
schiena, fra le scapole, quasi fosse affetto da grande timidezza e
ritenesse da parte sua molto sfacciato toccarmi. La mia reazione nervosa
lo fece ridacchiare.
«Come sei sensibile» disse, scherzando, e mi assestò una pacca sulla schiena con maggior forza.
Mi
ronzarono le orecchie. Per un istante mi mancò il fiato, quasi mi
avesse colpito ai polmoni.
Respiravo con grande fatica, eppure, dopo
aver tossito più volte, come soffocando, le mie vie nasali si aprirono e
mi ritrovai a fare dei respiri profondi, rasserenanti. Provavo una tale
sensazione di benessere che non me la presi affatto con lui per il
colpo che mi aveva dato, benché fosse stato forte e inaspettato.
Poi don Juan iniziò una spiegazione davvero notevole. In termini chiari e concisi mi fornì una definizione più precisa della magia.
Ero entrato in un meraviglioso stato di consapevolezza! Avevo una lucidità di mente tale che riuscii a comprendere e assimilare tutto quello che don Juan stava dicendo. Diceva che nell’universo c’era una forza indescrivibile e smisurata che gli stregoni chiamavano intento, e che in assoluto tutto quel che esiste nell’intero cosmo è unito all’intento da un anello di collegamento. Gli stregoni o guerrieri, come li chiamava lui, si dedicavano a discutere, capire e utilizzare quell’anello di collegamento. Erano particolarmente occupati a liberarlo dagli stordimenti provocati dalle ordinarie preoccupazioni della vita quotidiana.
La magia a questo livello poteva definirsi come il
procedimento di ripulitura del proprio anello di collegamento con l’intento.
Don Juan sottolineò che era molto difficile capire e imparare a
praticare questo “procedimento di ripulitura”. Per questo gli stregoni
dividevano il loro insegnamento in due categorie. Una comprendeva le
lezioni per lo stato di consapevolezza della vita di ogni giorno, nelle
quali il procedimento si presentava sotto alterate spoglie. L’altra
comprendeva le lezioni per gli stati di consapevolezza intensa, come
quello che stavo sperimentando al momento, nelle quali gli stregoni
raggiungevano la conoscenza direttamente dall’intento, senza fastidiosi interventi della lingua parlata.
Don
Juan spiegò che, usando la consapevolezza intensa per migliaia di anni
di lotte dolorose, gli stregoni avevano acquisito una comprensione
specifica dell’intento, e che avevano trasmesso questi nuclei di
conoscenza diretta di generazione in generazione, fino al presente.
Disse che era compito della magia prendere questa conoscenza,
all’apparenza incomprensibile, e renderla comprensibile ai livelli di
consapevolezza della vita di ogni giorno.
Dopo mi chiarì il ruolo della guida nella vita degli stregoni. Mi spiegò che una guida era chiamata “nagual” e che il nagual era una persona, uomo o donna, con un’energia straordinaria, un maestro dotato di sobrietà, resistenza, fermezza, che i veggenti vedevano come una sfera luminosa formata d quattro comparti, simili a quattro globi luminosi pressati l’uno contro l’altro. Grazie a questa straordinaria energia, i nagual erano intermediari.
La loro energia permetteva loro di incanalare pace,
armonia, allegria e conoscenza direttamente dalla fonte, dall’intento,
e di trasmetterle ai loro compagni. I nagual avevano la responsabilità
di fornire ciò che gli stregoni chiamavano “la possibilità minima”, la
consapevolezza del proprio collegamento con l’intento.
Gli dissi che la mia mente afferrava tutto quello che lui mi stava spiegando e che l’unica parte della sua spiegazione ancora poco chiara era perché mai fossero necessarie due categorie di insegnamento.
Riuscivo a capire
con facilità tutto ciò che diceva del suo mondo, mentre egli me l’aveva
descritto come un processo irto di difficoltà.
«Ti ci vorrà tutta la vita per ricordare quanto hai appreso oggi» affermò «perché si trattava nella quasi totalità di conoscenza silenziosa. Fra qualche istante avrai dimenticato tutto. È questo uno degli insondabili misteri della percezione.»
Don Juan allora mi fece cambiare livelli di
consapevolezza, dandomi un colpetto sul lato sinistro, proprio
all’estremo della gabbia toracica. All’istante persi la straordinaria
chiarezza di mente, e non fui in grado di ricordare di averla mai
avuta...
– da “Il Potere del Silenzio” di Carlos Castaneda –
– da “Il Potere del Silenzio” di Carlos Castaneda –
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