Il procuratore generale di Torino, Marcello Maddalena,
ha dapprima compiuto un affondo all’arma bianca contro la soppressione
di una settimana di ferie per la sua categoria:
i l presidente del Consiglio non ha trovato niente di meglio che ispirarsi al personaggio di Napoleone della Fattoria degli animali di orwelliana memoria, che aveva scoperto per tutti i problemi della vita il grande rimedio: lavorare, anzi, far lavorare gli altri, di più. Fino a farli crepare di fatica.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Corte di Appello di Bologna, Giuliano Lucentini:
Attribuire la lentezza della giustizia italiana alle ferie dei giudici è uno sconsolante accostamento.
Infine ci ha pensato l’Associazione Nazionale Magistrati ha lanciare il vero e proprio guanto di sfida
per le promesse mancate, la timidezza in materia di prescrizione e corruzione, la proposta, alla vigilia di Natale, di depenalizzare l'evasione fiscale fino al 3%.
Le critiche dei
magistrati sono dettate dalla delusione per l’incoerenza tra parole e
fatti che caratterizza l’attuale governo e la sua sordità verso le loro
proposte per velocizzare e semplificare il sistema giudiziario.
E
così il Presidente del Consiglio ha perso letteralmente la brocca, come
sempre accade quando si sente attaccato: si è lanciato in un attacco
frontale verso la magistratura con toni talmente sprezzanti da ricordare
quelli che usava contro di essa Berlusconi. Ecco l’uscita di Renzi sui
giudici:
Hanno perso il contatto con la realtà. E su Facebook ha proseguito: Oggi di nuovo le contestazioni di alcuni magistrati che sfruttano iniziative istituzionali (anno giudiziario) per polemizzare contro il Governo. E mi dispiace molto perché penso che la grande maggioranza dei giudici italiani siano persone per bene, che dedicano la vita a un grande ideale e lo fanno con passione. Ma trovo ridicolo e lo dico, senza giri di parole, che se hai un mese e mezzo di ferie e ti viene chiesto di rinunciare a qualche giorno, la reazione sia: ‘Il premier ci vuol far crepare di lavoro’. Noi vogliamo solo sentenze rapide, giuste.E ha aggiunto: Bisogna anche valorizzare i giudici bravi, dicendo basta allo strapotere delle correnti che oggi sono più forti in magistratura che non nei partiti. A chi mi dice: ma sei matto a dire questa cose? Non hai paura delle vendette? Rispondo dicendo che in Italia nessun cittadino onesto deve avere paura dei magistrati. E i nostri giudici devono sapere che il Governo (nel rispetto dell’indipendenza della magistratura) è pronto a dare una mano.
In
tutta questa vicenda quello che fa veramente male è vedere due poteri
dello Stato lanciarsi strali senza esclusione di colpi, a una settimana
dall’elezione del Presidente della Repubblica: in un ping pong di
responsabilità sulle proprie mancanze, ben lontano da un clima utile per
quella stagione di riforme tanto auspicata dall’Unione Europea. A
perdere il contatto con la realtà non sono, come racconta Renzi, le
toghe e il sistema giudiziario bensì l’intero vertice dirigente
italiano. Di fronte a numeri impietosi come quelli della giustizia
dovrebbero tacere tutti e preoccuparsi di migliorarli.
Dal
2001, per effetto della legge Pinto, gli imputati hanno diritto a
pretendere il risarcimento del danno patrimoniale causato dal dilatarsi
dei tempi del giudizio: il conto dei soldi pagati dallo Stato è
ammontato a 723 milioni. Ci sono poi anche i 35 milioni frutto delle
quasi mille domande di risarcimento accolte nel 2014 per le ingiuste
detenzioni: cittadini che sono stati portati in carcere e in seguito
sono stati assolti o prosciolti. Dal 1991 lo Stato ha pagato 580 milioni
risarcendo 23.226 cittadini.
E c’è la cronaca
quotidiana. Come quella di Alessio Burtone, un giovane romano che nel
2010 ha ucciso con un pugno l'infermiera romena Maricica Hahaianu: dopo
appena quattro anni è già tornato a piede libero. Oppure come quella di
uno stalker arrestato la scorsa settimana a Genova. Il 27 gennaio del
2006 era stato condannato a sedici anni di reclusione per avere ucciso a
coltellate la sua fidanzata. La pena prevista in questi casi è di 24
anni, ma l'uomo, avendo richiesto il rito abbreviato, ha potuto
beneficiare della riduzione di un terzo della pena. In seguito la
condanna è stata ulteriormente ridotta a 12 anni, poiché secondo i
giudici nell'uccidere la sua compagna a coltellate "non ci fu crudeltà".
Dopo soli otto anni di carcere, anche grazie al suo comportamento
irreprensibile, l'omicida aveva ottenuto la libertà vigilata. Ora è di
nuovo agli arresti.
Ecco, forse
sarebbe bene che il premier e le toghe si incontrino e facciano delle
riflessioni serie su casi come questi, affinché non si ripetano più,
piuttosto che esercitarsi nell’arte dello scaricabarile, praticata in
Italia ormai da troppi anni.
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