Da
quando la situazione della sicurezza in Yemen s’è deteriorata
ulteriormente a fine dicembre, il divario tra le principali forze
politiche s’è ancor più approfondito, mentre i partiti politici hanno
iniziato ad esprimere il desiderio di sostituire il presidente Abdrabuh
Mansur Hadi, un leader privo di ogni reale potere politico. Tale
tendenza è stata recentemente rafforzata da Washington, Londra e Riad
dopo aver capito che non ha senso sostenere il presidente in carica.
Allo stesso tempo, vi è l’ex-presidente Ali Abdullah Salah, che licenziò
Mansur Hadi da vicepresidente e segretario generale dell’allora al
potere Partito del Congresso Generale del Popolo.
Salah ha recentemente
incontrato un inviato speciale dell’Arabia Saudita che gli ha proposto
di visitare il regno per ricevere cure mediche, ma Salah ha respinto
l’offerta, ammettendo che ciò potesse essere un tentativo di trascinarlo
fuori dal Paese. Quanto a Mansur Hadi, i suoi colloqui con gli Huthi si
sono conclusi in modo disastroso, soprattutto su sicurezza e finanza.
Il presidente yemenita ha rifiutato di nominare un rappresentante Huthi a
capo dello Stato Maggiore alla guida del Ministero della Difesa, i cui
uffici sono bloccati dai ribelli sciiti. Questa situazione è stata
sfruttata da Ansar al-Sharia (ex-al-Qaida), che ha
organizzato una serie di attacchi terroristici nel centro di Sanaa, dove
numerosi leader degli Huthi risiedono.
La situazione è stata
ulteriormente aggravata dal fatto che numerosi manifestanti sono stati
uccisi nei pressi del palazzo presidenziale, portando a scontri armati
tra gli Huthi e una serie di tribù locali, nella periferia della
capitale yemenita. In definitiva tutti questi sviluppi hanno portato a
un serio confronto tra le forze Huthi e le tribù sunnite nel
Governatorato di Marib, dove queste ultime sono fortemente supportate
dai movimenti al-Islah (Fratelli musulmani) e Ansar al-Sharia
sponsorizzati dall’Arabia Arabia. Il governatorato si trova a 10
chilometri a est di Sanaa, ed è il centro dell’industria del petrolio e
del gas del Paese. Gli Huthi sono impegnati ad espandere l’area di
influenza, cercando d’imporre il controllo sulle zone produttive
principali.
A metà gennaio gli Huthi inviarono una grande forza armata a
Marib scontrandosi con più di 30 mila militanti dei gruppi tribali
Shafi (sunniti) e guidati direttamente da al-Islah e Ansar al-Sharia. I
sunniti riuscivano a disarmare la 62.ma Brigata dell’esercito,
catturando numerosi carri armati e lanciarazzi multipli. In risposta gli
Huthi hanno rafforzato le loro unità in questo settore, dato che vi si
trovano le raffinerie di petrolio e gas, gli oleogasdotti per
l’esportazione e due centrali termoelettriche che alimentano la capitale
e il nord del Paese. Inutile dire che il possibile scontro ha messo in
pericolo l’intera economia yemenita. A peggiorare le cose, le tribù
sunnite, sapendo che avrebbero dovuto ritirarsi se gli Huthi lanciassero
una grande offensiva, annunciavano l’intenzione di far saltare tutti
gli impianti industriali che potevano raggiungere, che sono già sul
punto di chiudere a causa del forte calo dei prezzi del petrolio.
In questa situazione il presidente decideva di ordinare al ministro della Difesa e al ministro degli Interni di tentare risolvere la questione con negoziati con tutte le parti coinvolte. Le autorità yemenite hanno anche espresso la volontà di cambiare il governatore di Marib e garantire la restituzione delle attrezzature militari catturate dalle tribù locali presso i depositi militari. Sembra che il governo sia riuscito a concordare la divisione dei territori tra Huthi e tribù sunnite, che dovrebbe essere garantita dalle forze governative. Ma il desiderio degli insorti sciiti di prendere il controllo dell’industria energetica del Paese è troppo allettante, dato che in pratica ciò significa ridistribuire le risorse in loro favore.
Se il conflitto
armato nel Governatorato di Marib esplodesse, dilagherebbe la guerra
settaria in Yemen, come nel caso dell’Iraq. Mezzi politici non sono
riusciti ad impedire alle armi di parlare. La mattina del 19 gennaio al
Palazzo Presidenziale di Sanaa vi fu un pesante scontro a fuoco tra le
unità della Guardia Nazionale, che ha il compito di proteggere il
palazzo, e gli Huthi che usavano artiglieria e mitragliatrici pesanti.
In seguito, continuando il tiro, le guardie del palazzo furono
rinforzate da unità corazzate. In risposta gli Huthi inviarono altre
unità dai governatorati settentrionali di Sada e Amran.
In questa
situazione il presidente Mansur Hadi convocava una riunione urgente
delle élite del Paese. Nonostante l’intensità del fuoco si riducesse il
giorno dopo, la schermaglie locali continuarono. Come risultato dello
scontro, gli Huthi riuscivano a circondare completamente il Palazzo
Presidenziale e a bloccare l’accesso alla residenza del presidente, ma
tuttavia senza catturarlo. Lo scopo di Ansar Allah (l’ala
militare della comunità Huthi) è costringere Mansur Hadi a modificare il
progetto della nuova Costituzione stabilendo una nuova divisione
amministrativa dello Yemen, che avrà solo 6 distretti.
C’è anche la
questione del controllo del Governatorato di Marib, dato che le
controversie su di esso possono causare interventi militari. In cima a
tutto questo, Ansar Allah ha accusato il presidente di collaborare con l’organizzazione terroristica Ansar al-Sharia
e di promuovere la corruzione. In questa situazione, Stati Uniti e Gran
Bretagna hanno cercato di organizzare un’iniziativa collettiva contro
gli Huthi accusando il leader di Ansar Allah, Abdul-Maliq, d’infrangere
la fragile pace. Ma improvvisamente i Paesi del CCG hanno protestato
contro di essi, temendo che un’azione ostile contro gli Huthi possa
ampliare i combattimenti e portare al tentativo di occupare Marib.
In ogni caso, la temporanea diminuzione delle tensioni è solo una breve pausa che consentirà agli Huthi di raggruppare le forze, mentre espandono con sicurezza la loro zona di influenza, quindi è assai improbabile che si fermino presto. Nuovi scontri armati sono in corso, principalmente nel Governatorato di Marib. E gli eventi hanno accelerato quando il 22 gennaio sera il presidente dello Yemen annunciava le dimissioni dopo un nuovo assalto dei ribelli sciiti alla sua residenza. Dopo le dimissioni. il presidente del Parlamento diveniva il capo di Stato provvisorio. Gli Huthi hanno salutato la decisione dell’ex-presidente. Mansur Hadi ha chiesto scusa al popolo dello Yemen per non aver saputo far uscire il Paese dalla crisi politica. Così gli Huthi hanno compiuto un ulteriore passo verso il controllo totale del Paese.
Aleksandr Orlov New Eastern Outlook 23/01/2015
Aleksandr Orlov, politologo, esperto orientalista, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Le forze sciite Huthi nello Yemen cercano una maggiore rappresentanza
Le potenze del Golfo continuano a giocare
la loro geopolitica nel Levante, Iraq, Africa del Nord e sempre più in
certe parti dell’Africa centrale. Nonostante ciò, attualmente sembra che
le forze sciite Huthi aumentino la presa sul potere a Sanaa. Questa
realtà, proprio come la Siria indipendente che si rifiuta di cedere ai
complotti di Golfo e NATO, è un’ulteriore prova che un processo diverso
riguarda tutto il Medio Oriente. Pertanto, resta da vedere se una
reazione taqfiri salafita nello Yemen sarà finanziata urgentemente dalle
potenze del Golfo, per impedire che le dune mutino in questa nazione.
La corruzione politica e l’emarginazione degli sciiti ha fatto sì che le
tensioni del passato testimoniassero gravi tensioni. Ne risultarono
diversi innocenti morti e l’ingerenza di nazioni come l’Arabia Saudita.
In effetti, gli sciiti Huthi sostengono che gli intrighi politici
interni siano volti a sottometterli utilizzando le forze di al-Qaida supportate dalle ratlines centralizzate a Sanaa. La BBC riferisce:
“il presidente dello Yemen assediato ha raggiunto un accordo di pace con i ribelli sciiti Huthi che occupano i punti chiave della capitale Sanaa,… l’ufficio del presidente Abdrabuh Mansur Hadi ha detto che concessioni importanti sono state offerte ai ribelli, che hanno occupato il palazzo e circondato la sua residenza“.
Abdul Maliq al-Huthi, il capo delle
forze sciite Huthi, ha chiarito che non c’è un colpo di Stato
attualmente. Tuttavia, ha dichiarato in televisione che molti politici
yemeniti avevano alienato il popolo grazie agli imbrogli politici. The Independent afferma:
“Huthi ha detto che il governo yemenita aveva abbandonato gli obiettivi dell’accordo nazionale del settembre dello scorso anno. L’indebolimento di Hadi, alto alleato degli Stati Uniti, mina gli sforzi di USA ed alleati per combattere il ramo yemenita di al-Qaida, che ha rivendicato la responsabilità dell’attacco a una rivista satirica di Parigi all’inizio del mese. Washington da tempo vede al-Qaida nella penisola arabica, o AQAP, come il ramo più pericoloso della rete del terrore globale. A New York, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha tenuto una riunione di emergenza sul caso“.
Scontri feroci erano scoppiati tra le forze governative e gli sciiti
Huthi in prossimità del palazzo presidenziale. Eppure oggi sembra che le
forze governative abbiano ristabilito la situazione o che forze
politiche interne stiano minando l’attuale presidente. In entrambi i
casi, è più che evidente che gli sciiti Huthi credono che il momento gli
sia favorevole, e che cambiamenti possono essere fatti. Abdul Maliq
al-Huthi ha dichiarato:
“Il nostro movimento non ha intenzione di sradicare un qualsiasi potere politico. Siamo qui per servire il Paese e non per dominare il popolo yemenita”. Ha continuato affermando che:
“La nostra ascesa sarà graduale se inizia l’attuazione del (non approvato) accordo. In caso contrario, tutte le opzioni sono aperte… seguiamo passi accurati. Non vogliamo che il Paese collassi“.
Gli USA
probabilmente attenderanno, ma resta da vedere che cosa faranno le
potenze del Golfo. Il timore è che forze settarie saranno supportate da
potenze regionali se il mutare delle dune sarà ritenuto contrario ai
loro interessi. In altre parole, lo Yemen può essere ancora ostaggio di
forze che favoriscono l’instabilità, piuttosto che l’equilibrio dei
poteri dello Yemen.
Salma Zribi, Boutros Hussein e Lee Jay Walker, Modern Tokyo Times 22 gennaio 2015
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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