domenica 3 maggio 2015

Le spirali nei templi neolitici di Malta e Gozo

 La presente monografia si articola in otto parti: un’introduzione in  cui si espone l’oggetto di studio, gli antefatti che hanno portato a definirlo, l’interesse, l’inquadramento e la metodologia utilizzata, seguita da un’esposizione del contesto storico in cui vennero costruiti i templi neolitici di Malta e Gozo, da una descrizione dei templi, basata su letture, ma anche sull’esperienza sul campo compiuta in due viaggi, nel settembre 2010 e nel marzo 2011, da un approfondimento sui significati e le funzioni delle spirali, da un riassunto e una sintesi e dalle conclusioni. Viene anche indicata la bibliografia che ha fatto da riferimento nello studio e nella ricerca.
 1. Introduzione
1.1.Oggetto di studio
L’oggetto di studio è costituito dal significato e dalla funzione delle spirali, incise nella pietra e dipinte in ocra rossa in numerosi templi neolitici delle isole mediterranee di Malta e Gozo.
Sebbene la presente monografia sia un progetto individuale, desidero ringraziare i Maestri che mi hanno accompagnata nei due viaggi a Malta – Carmen M., Giusy S., Celia P., Cecilia F., Rafa de la R., Luis D., Luis S.Rosa B., Lory T. e Thomas S. – per il prezioso contributo di osservazioni, suggerimenti ed esperienze fornito a questa ricerca.
 1.2.Antefatti
L’interesse per le civiltà preistoriche è nato con la visita alla mostra “Le antenate di Venere” nel febbraio 2010, la lettura della monografia di Karen Rohn sulle radici della disciplina energetica in Asia Minore, Creta e nelle isole egee[1] e con le prime notizie, nell’aprile 2010, sui monumentali templi neolitici di Malta e Gozo. Il passo successivo è stato la decisione di visitare Malta per cercare un contatto con il Profondo attraverso pratiche energetiche compiute in quegli antichissimi luoghi sacri.

Il primo viaggio è avvenuto nel settembre del 2010, insieme a otto Maestri Energetici di vari paesi, il secondo nel marzo 2011, insieme a un Maestro Mentale e a un’Energetica.

Mi sono preparata ai viaggi a Malta con varie letture, in particolare i libri dell’archeologa Marja Gimbutas. Leggendo uno di questi, Il linguaggio della dea[2] con oltre 500 illustrazioni di statuette, vasi e incisioni, sono rimasta colpita dalla somiglianza tra le spirali presenti nei templi di Malta e in molti altri antichissimi santuari e i piccoli dipinti che avevo cominciato a realizzare nel tentativo di tradurre esternamente i registri provati durante le routine della Disciplina Energetica. Questa scoperta ha rafforzato la sensazione che in quegli antichi templi si praticasse un lavoro energetico, le cui tracce erano rimaste scolpite nella pietra e dipinte sulle pareti di roccia per millenni e ha creato un legame con quelle che ho percepito e definito come Antenate, lontane nel tempo, ma molto vicine per esperienza e sensibilità.

I due soggiorni a Malta sono stati una sorta di “viaggio iniziatico”, in cui il contatto con il sacro, con una spiritualità antichissima, ha abbattuto ogni barriera di spazio e tempo e ha permesso esperienze, intuizioni e scoperte di grande intensità e importanza. Il contatto con le Antenate maltesi ha accompagnato tutto il mio processo disciplinario, fornendomi aiuto e ispirazione per completarlo e in seguito per approfondire gli ultimi passi dopo l’entrata a Scuola e per iniziare l’Ascesi. Nei periodi precedenti ai due viaggi a Malta ho fatto richieste perché le Antenate si manifestassero e aiutassero la ricerca che intendevo realizzare. Tali richieste sono state esaudite, suscitando in me una gratitudine profonda per l’aiuto fornito e creando un legame ormai stabile e interiorizzato.

Questo studio rappresenta la prosecuzione e l’approfondimento delle esperienze fatte a Malta e anche un modo per ricambiare l’enorme regalo ricevuto, trasmettendo a chi cerca oggi il contatto con il Profondo l’esperienza accumulata millenni fa da questa avanzatissima civiltà.
 1.3.Interesse e inquadramento
L’interesse più generale è quello di ricostruire parti del processo umano, gettando un ponte tra il presente e il patrimonio di saggezza ed esperienza accumulato nel passato da civiltà antiche spesso cancellate, dimenticate o comunque poco conosciute. Non si tratta di un semplice interesse “archeologico”: il recupero e l’interpretazione di tale patrimonio può infatti dare un grande contributo alla ricerca spirituale attuale, fornendo ispirazione, spunti, stimoli e insegnamenti.

La scoperta inoltre dell’avanzato grado di spiritualità raggiunto da civiltà che potrebbero apparire “primitive” da un punto di vista tecnologico può cambiare l’immagine convenzionale e diffusa che si ha di periodi molto lontani nel tempo, ma molto vicini al presente per la loro sensibilità. Nel caso particolare della civiltà fiorita a Malta e Gozo tra il 5200 e il 2500 a.C, (e soprattutto tra il 3600 e il 2500, il cosiddetto “Periodo dei Templi”) si tratta di studiare quello che potrebbe essere un interessante antecedente storico della Disciplina Energetica. Come nel caso delle monografie su Creta, l’Asia Minore o l’India, dunque, l’interesse è posto nella ricerca delle radici della Disciplina Energetica in una civiltà molto antica.

Lo studio particolare delle spirali, del loro significato e funzione, assume una rilevanza speciale nel contesto di quei tentativi intenzionali di contatto con il Sacro e il Profondo mediante pratiche energetiche che l’umanità ha conosciuto fin dai tempi più remoti. Il fatto che a Malta e in molti altri luoghi (per esempio in Spagna, Irlanda, Danimarca e Bretagna) si siano trovati motivi (come le spirali e i cosiddetti “occhi raggianti”) simili o addirittura identici ci riporta a quanto detto nella Nota 1 del materiale sulle Quattro Discipline[3]:
“Quando sorgono le stesse cose in luoghi differenti, gli antropologi credono che queste scoperte siano state trasferite da un luogo all’altro. La realtà è che si poté arrivare, in diverse culture, a registri simili. Questa simultaneità di registri senza influenza diretta degli uni sugli altri si spiega grazie al contatto con certe zone comuni del Profondo, un registro che si traduce in immagini simili”.
Queste analogie dunque non sono il prodotto di un contatto diretto tra popoli, piuttosto difficile viste le distanze e spesso le epoche diverse, ma la traduzione di registri ed esperienze comuni di contatto con il Profondo in immagini simili tra loro.
 1.4.Metodologia
Studiosi di vario tipo (archeologi, linguisti, storici, geografi, esperti di miti e di religioni comparate, ecc) hanno fornito preziose informazioni, avanzato ipotesi e realizzato ricerche affascinanti e utilissime, ma pur arrivando a definire simboli di energia e rappresentazioni del dinamico flusso vitale motivi ricorrenti come le spirali, gli alberi della vita, gli occhi raggianti, ecc, non li hanno mai collegati a un’esperienza energetica di contatto personale con il Profondo.

Questo è possibile solo dopo aver fatto direttamente tale esperienza. La metodologia seguita in questo studio dunque è basata su letture e conversazioni con esperti, ma anche sul prezioso contributo offerto dalle esperienze energetiche e spirituali fatte prima, durante e dopo i viaggi a Malta del settembre 2010 e del marzo 2011, considerate di pari importanza rispetto a filoni di indagine più convenzionali.

Nei templi di Malta ho potuto sperimentare direttamente ciò che Karen Rohn scrive nella sua monografia a proposito degli altari e più in generale degli spazi sacri incontrati durante la ricerca in Anatolia e a Creta:
“La costruzione di altari nel Neolitico dimostra un procedimento che mirava a produrre un intenzionale spazio di contatto con il Sacro. In questa zona gli altari erano presenti dappertutto – nelle case, nei templi, nelle caverne, nelle foreste e in montagna. Sono il centro dello spazio sacro e i depositari di richieste profonde, ringraziamenti, connessione con aspirazioni e ispirazioni profonde e soprattutto ambiti devozionali. Questi “altari” sono spazi fisici che concentrano e fissano traduzioni di significati e copresenze connesse con l’esperienza del significato del Sacro. Davanti a uno sguardo esterno un altare non ha potenziale. Quando però questo spazio viene contemplato da uno spazio più interno, accompagnato da un’atmosfera mentale che corrisponde a quella che ha configurato l’altare, allora questo spazio ha la capacità di produrre molteplici fenomeni mentali come: commozione ispirata, distorsione dello spazio e del tempo, maggiore percezione del volume e della brillantezza”.
Vista la mancanza di documenti scritti su questa antica civiltà (o almeno, scritti nel senso che attribuiamo agli alfabeti, agli ideogrammi, ai geroglifici, alla scrittura  cuneiforme ecc, dato che, come vedremo, a Malta esisteva una sorta di linguaggio simbolico), abbiamo poche informazioni certe sull’organizzazione sociale e domestica e sui riti che venivano compiuti nei templi maltesi. Questo apparente svantaggio viene però compensato dalla possibilità di avanzare ipotesi e interpretazioni, ovviamente cercando di fornire loro un fondamento, senza che nessuna possa prevalere sulle altre, o venire respinta come inverosimile.

Le ipotesi esposte in questo studio non pretendono quindi di essere LA VERITA’, l’unica interpretazione possibile della misteriosa civiltà maltese, ma puntano piuttosto a dare un contributo alla ricostruzione del processo umano studiando una sua manifestazione particolare e avvalendosi di una gamma di strumenti più ampia di quella utilizzata dagli storici e dagli archeologi tradizionali.

2. Contesto storico
2.1 L’introduzione dell’agricoltura
Durante il Neolitico gli esseri umani cominciano ad abbandonare le caverne, ad addomesticare e allevare gli animali (cani, pecore, capre, buoi e maiali ) e a dedicarsi all’agricoltura[4] . Tutto questo avviene in un arco di tempo molto ampio, che va dalla seconda metà del X millennio a.C., quando a Gerico si trovano le prime tracce di una cultura agricola, fino al tardo Neolitico (2800‐1900 a.C). Un’altra innovazione fondamentale è costituita dall’invenzione della ceramica.

Secondo gli studi più recenti, l’introduzione dell’agricoltura in Europa è legata sia a fenomeni di colonizzazione che alla sua adozione da parte di comunità locali. Non si tratta dunque di un’unica forma attraverso la quale l’agricoltura e l’allevamento diventano la forma principale di sussistenza., ma piuttosto di una varietà di modi di diffusione, che vanno dalla migrazione di popolazioni via terra e via mare, alla colonizzazione da parte di piccole comunità di naviganti, che si insediano in alcune aree “scavalcandone” altre (verosimilmente già occupate), alla penetrazione di piccoli gruppi in comunità pre‐esistenti, alle interazioni tra comunità di cacciatori/raccoglitori e gruppi di agricoltori. Si formano anche i primi insediamenti stabili, costituiti da villaggi e capanne.
2.2 La spiritualità del Neolitico
Secondo l’archeologa Marjia Gimbutas[5] la dea venerata nel Neolitico nell’Europa antica è una dea della nascita, della vita, della morte e della rigenerazione e rappresenta un ciclo completo ed eterno, vissuto come una totalità. Tutti questi aspetti non sono contrapposti: la dea che dispensa la vita è anche quella che incarna la morte. Questa comunque non rappresenta la fine di tutto, ma viene immediatamente seguita dalla rigenerazione, in un ciclo ispirato dall’osservazione della natura, dove l’inverno porta un’apparente morte, seguita poi dal risveglio primaverile e dal raccolto estivo.

La dea della vita e della morte, del “continuum vitale”, viene spesso rappresentata come un uccello o un serpente[6], figure che comprendono tutte le possibilità spaziali (l’uccello vola in cielo, mentre il serpente è una creatura della terra e del mondo sotterraneo ) e temporali (uccelli come la colomba rappresentano la vita, mentre il corvo è legato alla morte, soprattutto sul campo di battaglia. Il serpente che cambia pelle e ne acquista una nuova simboleggia la rinascita e il ciclo continuo della vita, un’energia dinamica in continuo rinnovamento). Nella dea si riflette dunque un equilibrio tra la vita e la morte, un’energia che onora la vita e non teme la morte.

Come spiega lo storico delle religioni Mircea Eliade[7],
“La creatività religiosa fu suscitata non dal fenomeno empirico dell’agricoltura, ma dal mistero della nascita, della morte e della rinascita, identificato con il ritmo della vegetazione. Le culture agricole elaborano quella che può essere definita una religione cosmica, perché l’attività religiosa è concentrata intorno al mistero centrale: il rinnovamento periodico del mondo. Il ciclo cosmico è concepito come ripetizione infinita del medesimo ritmo: nascita, morte e rinascita.”
In queste società agricole la fertilità della terra e quella delle donne diventano una cosa sola e le donne, depositarie del “mistero della vita” diventano anche responsabili dell’abbondanza dei raccolti.

Il principio maschile viene incorporato come compagno della dea in una complementazione tra maschile e femminile e il mistero della continuità della vita viene così condiviso. Si comprende la relazione tra il sesso e la riproduzione, tra l’energia sessuale e la continuità della specie e vengono costituiti spazi sacri (altari, templi, santuari sotterranei e non) che rispondono a un desiderio di connessione con il Sacro e il Profondo. L’unione sacra tra il principio maschile e quello femminile (che verrà chiamata in greco “hierosgamos”, ossia nozze sacre) si collega alle società agricole e ai cicli stagionali della vegetazione, con la terra che ogni

anno nasce, muore e risorge. Tale rito viene descritto in testi sumeri del 3000 a.C , mentre numerose statuette in terracotta rinvenute in Turchia, Romania e vari siti del Medio Oriente rappresentano l’unione tra un uomo e una donna. La sessualità è considerata sacra e l’accoppiamento e le orge assicurano il benessere e la continuità della comunità attraverso un rito stagionale che celebra il nuovo anno coinvolgendo tutti i suoi membri.

 Posizione di Malta rispetto all’Italia

2.3 Fasi del Neolitico a Malta
Le prime tracce della presenza umana rivenute e datate a Malta risalgono al 5200 a.C. circa: si ipotizza che un gruppo di agricoltori sia arrivato nell’isola dalla parte sud‐orientale della Sicilia, nella zona di Stentinello e Siracusa, dove sono stati trovati esempi di ceramica simile a quella maltese. Il loro arrivo segna l’inizio dell’agricoltura nelle isole maltesi, come dimostrano i reperti trovati nello strato superiore della grotta di Ghar Dalam.
 
Posizione dei principali templi di Malta e Gozo

Le fasi successive del Neolitico (Skorba grigia e rossa, 4500 ‐ 4100 a.C.) prendono il nome dalla località di Skorba, dove gli scavi hanno portato alla luce un diverso tipo di oggetti di ceramica, resti di ossa di animali, cereali e depositi stratificati risalenti a tutte le fasi della preistoria di Malta[8]. E’ comunque chiaro che per tutto il Neolitico gli scambi culturali e commerciali tra le isole maltesi, la Sicilia, Lipari e Pantelleria sono stati intensi, come testimoniano la pietra  focaia e l’ossidiana, importate a Malta dalle altre isole.

Durante la fase Zebbug (4100 – 3800 a.C), sembra che una nuova ondata di coloni arrivata dalla Sicilia abbia introdotto a Malta un nuovo tipo di ceramica. L’ocra rossa veniva inoltre usata come decorazione. L’elemento più significativo tuttavia è la presenza di tombe collettive scavate nella roccia. La fase di Mgarr (3800 – 3600 a.C) vede l’uso di un altro tipo ancora di ceramica.

Tra il 3600 e il 3000 a.C (fase Ggantija) inizia la costruzione dei templi megalitici, che si diffondono a Malta e Gozo. Il cosiddetto Periodo dei Templi (3600‐2500 a.C.) vede la costruzione delle strutture megalitiche più monumentali del mondo, più antiche di Stonehenge (2000 a.C.) e delle piramidi egizie (2530 a.C.) . Nel periodo in cui i templi megalitici venivano eretti a Malta e Gozo, in nessun altro luogo sorgevano infatti edifici monumentali paragonabili ad essi per dimensioni e perizia architettonica e artistica. Il periodo corrisponde all’Età del Rame del continente europeo, ma non esistono elementi che provino la presenza dei metalli a Malta.

La fase di Tarxien (3000 – 2500 a.C.) segna l’apice della civiltà dei templi e anche il suo declino. I templi di quest’ultima fase sono i più elaborati di tutti, sia dal punto di vista tecnico che da quello artistico. I megaliti sono tagliati con maggiore precisione e le decorazioni a spirali e con animali sono eseguite con incredibile maestria. Il motivo della fine di questa civiltà, intorno al 2500 a.C., resta un mistero. E’ possibile che si siano verificati cambiamenti climatici e periodi di siccità, o altri eventi legati alla crisi e all’abbandono del tipo di spiritualità che aveva dato origine ai magnifici templi megalitici. In ogni caso si verifica un declino delle isole maltesi, con un vuoto che si colma verso il 1500 a.C., con l’arrivo di nuove popolazioni che portano a Malta i metalli e l’uso di cremare i morti.
2.4 Alcune considerazioni generali
Come si è già detto, la scarsità di notizie certe apre il campo a una varietà di ipotesi e interpretazioni sulla civiltà che ha dato origine ai templi maltesi. Possiamo però sottolineare alcuni dati molto significativi e concreti, su cui basare alcune ipotesi: la presenza di ossidiana importata da Lipari e Pantelleria a Skorba a Malta e Xagra a Gozo dimostra l’esistenza di scambi e contatti tra le isole maltesi e la Sicilia, Pantelleria e Lipari[9]. 

Possiamo ipotizzare che questi contatti non si limitassero a importare a Malta e Gozo materiali impossibili da trovare sul posto, ma riguardassero anche il campo culturale e spirituale. Inoltre, le ipotesi più recenti sulla diffusione dell’agricoltura nell’Europa antica presentano un quadro molto variegato e dinamico, con frequenti spostamenti di gruppi umani o intere popolazioni e dunque ricco di possibili “contaminazioni” e influenze reciproche.

E veniamo qui a un elemento che colpisce immediatamente chiunque studi questa misteriosa civiltà: la sproporzione tra le dimensioni ridotte di Malta e Gozo e l’enorme numero di templi. Sono stati trovati i resti di un gran numero di edifici sacri (dai 23 ai 30), di cui sette – i templi di Ta ‘Hagrat, Skorba, Ggantija, Tarxien, Mndajdra e Hagar Qin e l’ipogeo sotterraneo di Hal Saflieni ‐ sono stati dichiarati nel 1980 Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, ma potrebbero essercene molti di più, anche perché gli scavi compiuti finora lasciano ancora spazio a molte, possibili scoperte.

Visto che le dimensioni ridotte di Malta e Gozo non giustificano una simile quantità di templi monumentali, si può ipotizzare che queste fossero isole sacre per una parte del Mediterraneo, conosciute e frequentate al di là dei loro confini. Un luogo di culto, studio, iniziazione e guarigione posto in una sorta di crocevia tra l’Africa, la Sicilia e le isole minori circostanti, a metà tra quelli che in seguito sarebbero stati denominati lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez.

Nell’Ipogeo di Hal Saflieni si sono trovati i resti mescolati tra loro di circa 7.000 persone, sepolte in forma collettiva nel corso di un millennio. Questo equivarrebbe a circa 7 morti all’anno, assai pochi se si ipotizza che quello fosse un luogo di sepoltura per i membri della comunità circostante. Si potrebbe allora avanzare l’ipotesi che venissero sepolte là solo alcune persone “speciali”, come iniziati, sacerdoti, ecc.

La dimensione monumentale dei templi fa pensare a una civiltà in cui l’elemento spirituale aveva un ruolo centrale. Una civiltà dotata di una grande maestria architettonica, una tecnologia molto avanzata nella lavorazione della pietra, evidente nella precisione delle opere (l’Ipogeo è scavato nella roccia a vari livelli) e capace di mantenere progetti nel tempo, attraverso diverse generazioni. Questo implica il coinvolgimento di un gran numero di persone, da chi scavava, spostava ed erigeva i grandi massi che costituivano i templi e le imponenti muraglie che li circondavano, fino agli artisti in grado di creare sublimi sculture, vasi decorati e armoniose incisioni.

La motivazione della manodopera era probabilmente il fervore religioso, più che la coercizione sociale: i templi maltesi fanno pensare alle cattedrali medievali europee, più che alle piramidi costruite in Egitto dagli schiavi. E questo ci porta a un’altra, affascinante ipotesi, suffragata dal mancato ritrovamento di armi da guerra, mura fortificate e difensive e segni di conflitto: i primi abitanti di Malta formavano comunità unite e pacifiche, raccolte intorno a un gruppo di sacerdoti che pianificava e organizzava la costruzione dei templi e dirigeva la vita spirituale del luogo.

3. Descrizione dei templi
Nonostante a Malta e Gozo si siano trovati i resti di moltissimi edifici sacri (23 secondo alcune fonti e 30 secondo altre)[10], mi concentrerò qui sui sette templi visitati nel settembre 2010 e nel marzo 2011, che sono anche quelli di maggiori dimensioni e in miglior stato di conservazione, dichiarati nel 1980 dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità: uno, l’Ipogeo di Hal Saflieni, è un tempio sotterraneo che si estende per 500 mq su tre livelli e scende fino a dieci metri sotto terra, mentre gli altri sei ‐ Ta’ Hagrat, Skorba, Ggantjia, Tarxien, Mnajdra e Hagar Qim ‐ sorgono sopra il livello del suolo.

Tutti i templi maltesi presentano la stessa forma, uno schema che si ripete con qualche variante, ma resta sostanzialmente uguale nel corso di oltre mille anni: vista dall’alto, infatti, la disposizione delle pietre ricorda la figura sinuosa e abbondante della Dea Madre, che accoglie i fedeli nel suo grembo per riti legati alla fertilità e alla rigenerazione.
 
Foto aerea dei Templi di Mnajdra

I siti visitati inoltre sono spesso costituiti da vari templi vicini (quattro nel caso di Tarxien, tre nel caso di Mnajdra e due a Ggantjia) e sono spesso circondati da alte muraglie. A differenza dei templi dell’Europa sud‐occidentale, dove la spiritualità e la vita quotidiana si mescolavano e i templi assomigliavano dall’esterno a normali abitazioni nel mezzo dei villaggi, i templi maltesi sono chiaramente separati dalla zona circostante.

I tetti sono crollati, ma basandosi su ciò che resta e sul modellino di tempio trovato a Ta ‘Hagrat, si può ipotizzare che fossero a volta.
Gli elementi comuni tra i vari templi sono:
  • un corridoio centrale, intorno a cui si aprono camere semi‐circolari e simmetriche in numero variabile (dalle tre di Ta ‘Hagrat alle quattro di Mnajdra, alle sei di Tarxien).
  • un portale d’entrata monumentale, costituito da due grandi pietre erette e una orizzontale posta al di sopra, a mo’ di architrave, che dà su uno spazio aperto e a cui si accede salendo vari gradini.
  • un orientamento sud‐est/sud‐ovest, con l’eccezione del tempio di Mnajdra, che è orientato a est.


    Fasi della costruzione di un tempio
La struttura geologica di Malta consentiva l’uso di due tipi di pietra calcarea: la dura, grigiastra pietra corallina e la globigerina, più morbida e chiara, utilizzata per decorazioni e incisioni. Le grandi pietre venivano spezzate con rudimentali strumenti di pietra, selce e ossidiana e trasportate ai siti dei templi usando leve e palle di pietra, ancora visibili sul
posto. I megaliti venivano in seguito eretti adoperando lunghe rampe, rimosse una volta che la struttura veniva completata.

Ecco ora una concisa descrizione dei vari templi e delle intense esperienze vissute in ognuno di essi nel corso dei due viaggi compiuti a Malta.

L’Ipogeo, o tempio sotterraneo è un monumento eccezionale e un superbo esempio di architettura “al negativo”. Gli scavi hanno prodotto una grande quantità di materiale archeologico, che va dal vasellame e alle ossa umane, fino agli ornamenti personali come perline e amuleti, animaletti scolpiti e statuette più grandi.


Una sala dell’Ipogeo
L’Ipogeo comprende sale, stanze e passaggi scavati nella viva roccia per una superficie di circa 500 metri quadrati. Le stanze sono di forma e grandezza diverse, più o meno rifinite dal lavoro umano. Il complesso si estende su tre livelli: il livello superiore (3600‐3300 a.C.), il livello intermedio (3300‐3000 a.C.) e il livello inferiore (3150‐2500 a.C.). La stanza più profonda è situata al livello inferiore, a 10,6 metri sotto il livello stradale.

Il livello superiore è formato da una grande cavità con un passaggio centrale e nicchie per la sepoltura su entrambi i lati. Il livello medio consiste in varie stanze dalle pareti lisce che sembrano il risultato di un intervento dell’arte muraria.


“Dama dormiente” – Ipogeo di Hal Saflieni
Qui è stata trovata la famosa statuetta della “Dama dormiente”. La discesa nell’Ipogeo è stata un’esperienza molto intensa, che ha permesso di percepire l’energia e la spiritualità ancora presenti e di sentirsi partecipi dei riti di passaggio che venivano celebrati in queste sale sotterranee, come testimoniato dalle pareti decorate con spirali di ocra rossa, simbolo del sangue, della vita e della rinascita. Il suono di una voce profonda registrata nell’audio-guida consegnata a tutti i visitatori, che si diffonde nelle varie sale e produce un’impressionante vibrazione fa pensare a preghiere, invocazioni e riti realizzati per aiutare a prendere contatto con il Profondo.
 
Altare e spirali a Tarxien

I templi di Tarxien, risalenti al 3600‐2500 a.C., sono costituiti da quattro strutture megalitiche e rappresentano il sito più complesso a Malta. Essi sono famosi per i dettagli dei loro intagli, che includono animali domestici scolpiti in rilievo, altari e steli decorati con motivi a spirale ed altri disegni.

A Tarxien ho ritrovato con emozione i motivi a spirale incisi su enormi pietre che avevo disegnato e dipinto mesi prima e che tanta parte avevano giocato nella decisione di visitare Malta. Ho potuto constatare dove erano collocati: tutte le spirali segnavano delle soglie, delimitavano ambiti dove si avvertiva subito una grande energia.

Nel secondo viaggio, seguito alla spiegazione sull’Ascesi, la collocazione delle lastre e delle steli con incise le spirali ha assunto un significato più chiaro e profondo, legato alla loro vicinanza agli altari: esse segnano infatti un percorso di avvicinamento all’altare, in genere collocato più in alto, come punto di entrata negli spazi sacri e aiutano a concentrare ed elevare l’energia necessaria a compiere questo passo.

A Skorba si trovano i resti di due templi: tra il 3600 e il 3200 a.C, qui fu costruito un tempio tipico a tre absidi e tra il 3150 e il 2500 a.C. venne aggiunto un secondo tempio verso est, costituito da quattro absidi e da una nicchia centrale.


Portale di Ta’ Hagrat

I due templi di Ta’ Hagrat, risalenti al 3600‐3200 a.C., sono tra gli edifici religiosi di Malta più antichi e meglio conservati.

Il maggiore risale al 3600‐3200 a.C. e il minore al 3300‐3000. L’abbondanza di oggetti in terracotta trovati in questo luogo conferma l’ipotesi che i due templi sorgessero sopra un villaggio precedente. I reperti del luogo includono una scoperta straordinaria: un modellino di edificio sacro in calcare, che permette di immaginare come apparivano i templi nella loro completezza.

Il tempio più grande si trova al centro di un ampio spiazzo a forma semicircolare e l’imponente facciata e il suo monumentale portale d’entrata furono ricostruiti nel 1937. Vari gradini portano all’entrata principale, quindi ad un corridoio fiancheggiato da enormi montanti in pietra calcarea corallina. Il corridoio è ricoperto da blocchi di pietra posati con grande precisione.

Varcando questo imponente portale, ho avvertito un contatto emozionante con la comunità piccola e unita che l’aveva costruito. Era come se ogni tempio avesse un’energia particolare e riflettesse le caratteristiche della gente che l’aveva eretto e usato.

I due templi di Ggantija a Gozo risalgono al 3600‐3200 a.C. A causa delle dimensioni gigantesche dei megaliti, nei secoli passati si riteneva che i templi fossero opera dei giganti (e in effetti Ggantija significa gigante in maltese).

Il complesso megalitico è formato da due templi circondati da un massiccio muro di confine in comune, edificato usando alternativamente pietre di punta e di piano, con alcuni dei megaliti che superano la lunghezza di 5 metri e il peso di 50 tonnellate. Costruito con blocchi grezzi di calcare corallino, ciascun tempio contiene cinque sale semicircolari, collegate da un corridoio centrale che conduce alla sezione trilobata più interna.

La visita a Ggantija ha segnato un punto di svolta nel viaggio del settembre 2010: mentre eravamo in pullman per raggiungere il porto d’imbarco, si è scatenato un temporale spaventoso, un vero diluvio universale, con fiumi d’acqua che ci investivamo, tanto che a un certo punto abbiamo avuto la tentazione di tornare indietro. Per fortuna l’insistenza di alcuni ci ha convinti a continuare e quando siamo entrati nel tempio di Ggantija è spuntato un sole abbagliante! Era come se avessimo superato una prova e là, entrando in uno degli spazi ovoidali tipici dei templi, le mie braccia hanno cominciato a sollevarsi da sole, senza che io le controllassi e a muoversi intorno alla testa formando una sorta di lungo rettangolo pieno di spirali vorticanti, simile alle grandi lastre di pietra con incise le spirali che delimitavano proprio quello spazio. Fino ad allora avevo percepito l’energia della cuspide come una sorta di aureola rotonda intorno alla testa, ma da quel momento in poi è stato quel registro ad accompagnare tutte le routine successive.

Quest’esperienza è stata molto simile a quella avuta nel secondo viaggio nel tempo di Tarxien, quando ho avvertito un contatto intenso con una delle antiche guide legate a quel luogo. Anche in questo caso le mie braccia si sono mosse da sole, come se lei le sollevasse, raccogliendosi sul cuore e poi riaprendosi in un movimento continuo, a spirale, un gesto sacro che rappresenta un ciclo continuo tra interno ed esterno, sacro e profano. E’ stato proprio questo il messaggio che quell’antica guida mi ha comunicato: “Ti insegno il nostro gesto sacro. Tu fanne buon uso.” Questo gesto si è ripetuto nelle visite ai templi successivi, a conferma di un insegnamento che è andato perfezionandosi nel corso dei millenni: la maggiore esperienza interna di contatto con il Profondo attraverso pratiche energetiche si rispecchia nella bellezza sempre più raffinata delle decorazioni, che passano dalle spirali ancora rozze dei primi templi a quelle splendide di Tarxien.

Isolotto di Filfla

Il complesso di Mnajdra si trova sulle scogliere della costa meridionale di Malta, in una posizione molto suggestiva che domina dall’alto l’isoletta di Filfla.

 
 Altare nel tempio di Mnajdra

E’ formato da tre templi e osservato dall’alto compone una figura ovale. Il primo è il più antico e risale al 3600‐3200 a.C., mentre il secondo e più imponente fu costruito tra  il 3150 e il 2500 a.C.; il terzo, costruito per ultimo, fu inserito in mezzo agli altri due. Il tempio inferiore ha un particolare allineamento astronomico e agli Equinozi e ai Solstizi i raggi del sole illuminano delle zone precise.


Albero della vita
Il tempio di Hagar Qim (3600‐3200 a.C.), in maltese “pietre sacre”, è costituito da un unico edificio e si innalza sulla cima di un colle che guarda il mare a qualche centinaio di metri da Mnajdra. I due templi sono collegati da un sentiero che evoca con facilità immagini di processioni tra l’uno e l’altro. Vari reperti interessanti sono stati portati alla luce a Hagar Qim, in particolare un altare a colonna punteggiato e decorato, detto l’Albero della vita.

Nelle altre sale, tutte circolari, si trovano due mense da altare ed alcune statuette (gli originali sono esposti al Museo Nazionale di Archeologia della Valletta), tra cui la famosa “Venere di Malta”.


Filfla vista da Hagar Qim
L’intensissima esperienza fatta nel primo viaggio a Ggantjia si è ripetuta, sempre nel primo viaggio, nei templi di Mnajdra e Hagar Quim, colmi di una pace profonda che ha evocato in me la possibilità di riti e pratiche di guarigione compiuti là. Qui ho avvertito la presenza di una guida antichissima, che mi diceva: “Vedi, l’energia può prendere diverse forme. Questa è la forma che abbiamo qui” e ho capito che era lei a sollevarmi le braccia, come per rafforzare e spiegare il messaggio che voleva comunicarmi.

L’isoletta di Filfla, visibile da Mnajdra e Hagar Quim, sembra un immenso altare naturale che riprende la forma degli altari presenti nei templi e celebra la potenza del divino nella natura. Guardandola dai templi, si rafforza il registro di trovarsi in un luogo che era già sacro ancora prima della loro costruzione.

4. Le spirali

Il libro di Marija Gimbutas Il linguaggio della dea mostra con abbondanza di illustrazioni come le spirali compaiano dipinte e incise nelle grotte fin dal Paleolitico Superiore, per poi diventare un importante elemento decorativo dell’arte ceramica. Questo motivo ricorre in vasi, statue, recipienti, lastre di pietra e steli, esprimendo sempre il potere della forza vitale, il flusso ininterrotto dell’energia.

A Malta e Gozo le spirali sono presenti nei templi di Hal Saflieni, Ggantija, Mnajdra, Hagar Qim e soprattutto Tarxien e seguono in genere due filoni figurativi: uno sottolinea la simmetria e l’armonia, con due o quattro spirali collocate una a fianco dell’altra o a gruppi di due, l’altro mette in risalto la forza vitale della natura, con una successione di spirali incise su grandi pietre rettangolari, che fanno pensare alle piante o alle onde del mare.

Spirali

Come già accennato nella descrizione dei vari templi, le steli e le pietre incise con le spirali segnano delle soglie, un percorso di elevazione verso un altare, in modo da concentrare ed elevare l’energia per arrivare al contatto con il Sacro e il Profondo.

Spirali Neolitiche Malta e Gozo2
Steli a TarxienL’esempio più illuminante di tale funzione e significato delle spirali è fornito dalle due steli poste una di fronte all’altra a Tarxien, come se costituissero una sorta di alto schienale per il sedile ad esse collegato e un momento di sosta, di pausa, di raccolta di energia prima di accedere al vicino altare e quindi al passo successivo della ricerca spirituale. Le due lastre di pietra contengono anche un messaggio espresso in forma simbolica, quelle che si potrebbero considerare istruzioni per uno stile di vita corrispondente all’Ascesi e anche un’indicazione delle condizioni necessarie perché l’entrata negli spazi sacri sia possibile: la sfera centrale allude alla necessità di creare e rafforzare un centro di gravità interno, la posizione delle spirali all’importanza di incanalare l’energia vitale, dando armonia e proporzione alla propria vita, i collegamenti con l’alto e il basso mostrano l’importanza dell’azione nel mondo, del contatto con il piano della vita quotidiana e con quello degli spazi alti, in una perenne connessione tra “cielo” e “terra” e i puntini presenti anche in tanti altri templi indicano le pratiche energetiche come canale per realizzare tutto ciò.

Queste due magnifiche steli mi hanno colpito fin dai primi studi sulla civiltà maltese; la scoperta del loro significato ha rafforzato la certezza che pur non disponendo di una scrittura vera e propria, chi usava quei templi era perfettamente in grado di trasmettere la propria esperienza incidendola nella pietra, come un messaggio destinato non solo ai contemporanei, ma anche alle future generazioni.
5. Riassunto
Dipinte o incise, le spirali ricorrono in decorazioni sulla pareti delle grotte e poi in vasi, statue, recipienti, lastre di pietra e steli, esprimendo sempre il potere della forza vitale, il flusso ininterrotto dell’energia. A Malta e Gozo le spirali sono presenti nei templi di Hal Saflieni, Ggantija, Mnajdra, Hagar Qim e soprattutto Tarxien, assumendo dato il contesto un carattere sacro. Esse seguono in genere due filoni figurativi: uno sottolinea la simmetria e l’armonia, con due o quattro spirali collocate una a fianco dell’altra o a gruppi di due, l’altro mette in risalto la forza vitale della natura, con una successione di spirali incise su grandi pietre rettangolari, che fanno pensare alle piante o alle onde del mare.

Nella presente ricerca le spirali hanno costituito una sorta di filo conduttore che ha permesso di studiare e comprendere non solo il loro significato e funzione, ma anche la civiltà che le ha utilizzate come aiuto per l’accesso al Sacro e al Profondo attraverso pratiche energetiche.

Nei vari templi visitati le steli e le pietre incise con le spirali segnano delle soglie, un percorso di elevazione verso un altare, collocato più in alto rispetto ad esse, in modo da concentrare ed elevare l’energia per arrivare al contatto con il Sacro e il Profondo.

Due steli in particolare contengono anche un messaggio espresso in forma simbolica, quelle che si potrebbero considerare istruzioni per uno stile di vita corrispondente all’Ascesi e anche un’indicazione delle condizioni necessarie per l’entrata negli spazi sacri. Pur non disponendo di una scrittura vera e propria, chi usava quei templi era dunque perfettamente in grado di trasmettere la propria esperienza incidendola nella pietra, come un messaggio destinato non solo ai contemporanei, ma anche alle future generazioni.

6. Sintesi
La civiltà neolitica fiorita a Malta e Gozo raggiunse un elevato grado di sviluppo spirituale, testimoniato dagli immensi templi costruiti nel corso di molte generazioni e lasciò incise nella pietra un grande patrimonio di esperienza e saggezza, un messaggio e un insegnamento destinati non solo ai contemporanei, ma anche alle future generazioni.
Lo studio delle spirali presenti in numerosi templi maltesi e le esperienze ad esse collegate hanno permesso di svelare il loro significato e la loro funzione come aiuto per l’accesso al Sacro e al Profondo attraverso pratiche energetiche.

7. Conclusioni
Ho intrapreso lo studio della civiltà neolitica maltese e in particolare delle spirali con l’intento di dimostrare che in quell’epoca lontana si cercava in modo intenzionale un contatto con gli spazi sacri e profondi attraverso pratiche energetiche.

Le intense esperienze fatte nei templi di Malta e Gozo e la comprensione del significato di altari e steli mi hanno portato non solo a confermare questa teoria, ma anche a formulare ipotesi più ampie sull’avanzato grado spirituale raggiunto da quella civiltà, o almeno dal gruppo di sacerdoti, studiosi, guaritori e iniziati che utilizzava i templi. In particolare emerge l’ipotesi che queste fossero isole sacre per una parte del Mediterraneo, un luogo di culto, studio, iniziazione e guarigione noto al di là dei confini dell’arcipelago maltese.

Per giungere a queste conclusioni è stata fondamentale la disposizione di apertura e ricerca con cui sono entrata nei templi: le barriere di spazio e tempo sono sparite, permettendo un contatto diretto con le Antenate (le ho percepite soprattutto come donne, anche se ovviamente non si può escludere la presenza di uomini), la trasmissione di insegnamenti ed esperienze e la possibilità di comprendere il significato e la funzione delle spirali e dei puntini scavati nella pietra come simboli energetici e appoggi nell’accesso al Profondo.

Posso quindi ritenere raggiunto il proposito di partenza: svelare il significato e la funzione delle spirali nel contesto di una civiltà che rappresenta un antecedente storico della Disciplina Energetica.

8. Bibliografia
[1] Karen, Rohn, Study & Field Investigation: Root antecedents of the Energetical Discipline and Ascesis in the Occident Asia Minor, Crete and Aegean Islands, 2008.
[2] Marija Gimbutas, Il linguaggio della dea, Le Civette, Venexia 2008.
[3] Le Quattro Discipline.
[4] Laura Seragnoli, Dispense sul Neolitico, Cattedra di Preistoria e Protostoria dell’Università degli Studi di Milano, 2008.
[5] Marija Gimbutas, Le dee viventi, Medusa 2005.
[6] Miriam Robbins Dexter, Whence the Goddesses. A Source Book, Athene series, Teachers College Press, 1990.
[7] Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose – Volume primo: Dall’età della pietra ai misteri eleusini, BUR 2008.
[8] Maria Elena Zammit, Ta’ Hagrat and Skorba Temples, Heritage Malta, 2006.
[9] David H. Trump, Malta, Prehistory and Temples, Midsea Books Ltd, 2008.
[10] Mark Miceli‐Farrugia, Europe’s Oldest Civilization: Malta’s Temples Builders.

Anna Polo
(Parco di Studio e Riflessione Casa Giorgi)


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