La presente monografia si articola in otto parti: un’introduzione in cui si espone l’oggetto di studio, gli antefatti che hanno portato a definirlo, l’interesse, l’inquadramento e la metodologia utilizzata, seguita da un’esposizione del contesto storico in cui vennero costruiti i templi neolitici di Malta e Gozo, da una descrizione dei templi, basata su letture, ma anche sull’esperienza sul campo compiuta in due viaggi, nel settembre 2010 e nel marzo 2011, da un approfondimento sui significati e le funzioni delle spirali, da un riassunto e una sintesi e dalle conclusioni. Viene anche indicata la bibliografia che ha fatto da riferimento nello studio e nella ricerca.1. Introduzione
L’oggetto di studio è costituito dal significato e dalla funzione delle spirali, incise nella pietra e dipinte in ocra rossa in numerosi templi neolitici delle isole mediterranee di Malta e Gozo.1.1.Oggetto di studio
Sebbene la presente monografia sia un
progetto individuale, desidero ringraziare i Maestri che mi
hanno accompagnata nei due viaggi a Malta – Carmen M., Giusy S., Celia
P., Cecilia F., Rafa de la R., Luis D., Luis S.Rosa B., Lory T. e Thomas
S. – per il prezioso contributo di osservazioni, suggerimenti ed
esperienze fornito a questa ricerca.
1.2.Antefatti
L’interesse per le civiltà preistoriche è nato con la visita alla mostra
“Le antenate di Venere” nel febbraio 2010, la lettura della monografia
di Karen Rohn sulle radici della disciplina energetica in Asia Minore,
Creta e nelle isole egee[1] e con le prime notizie, nell’aprile 2010,
sui monumentali templi neolitici di Malta e Gozo. Il passo successivo è
stato la decisione di visitare Malta per cercare un contatto con il
Profondo attraverso pratiche energetiche compiute in quegli antichissimi
luoghi sacri.
Il primo viaggio è avvenuto nel
settembre del 2010, insieme a otto Maestri Energetici di vari paesi,
il secondo nel marzo 2011, insieme a un Maestro Mentale e a
un’Energetica.
Mi sono preparata ai viaggi a Malta con
varie letture, in particolare i libri dell’archeologa Marja
Gimbutas. Leggendo uno di questi, Il linguaggio della dea[2]
con oltre 500 illustrazioni di statuette, vasi e incisioni, sono rimasta
colpita dalla somiglianza tra le spirali presenti nei templi di Malta e
in molti altri antichissimi santuari e i piccoli dipinti che avevo
cominciato a realizzare nel tentativo di tradurre esternamente i
registri provati durante le routine della Disciplina Energetica. Questa
scoperta ha rafforzato la sensazione che in quegli antichi templi si
praticasse un lavoro energetico, le cui tracce erano rimaste scolpite
nella pietra e dipinte sulle pareti di roccia per millenni e ha creato
un legame con quelle che ho percepito e definito come Antenate, lontane
nel tempo, ma molto vicine per esperienza e sensibilità.
I due soggiorni a Malta sono stati una
sorta di “viaggio iniziatico”, in cui il contatto con il sacro, con
una spiritualità antichissima, ha abbattuto ogni barriera di spazio e
tempo e ha permesso esperienze, intuizioni e scoperte di grande
intensità e importanza. Il contatto con le Antenate maltesi ha
accompagnato tutto il mio processo disciplinario, fornendomi aiuto e
ispirazione per completarlo e in seguito per approfondire gli ultimi
passi dopo l’entrata a Scuola e per iniziare l’Ascesi. Nei periodi
precedenti ai due viaggi a Malta ho fatto richieste perché le Antenate
si manifestassero e aiutassero la ricerca che intendevo realizzare. Tali
richieste sono state esaudite, suscitando in me una gratitudine
profonda per l’aiuto fornito e creando un legame ormai stabile e
interiorizzato.
Questo studio rappresenta la
prosecuzione e l’approfondimento delle esperienze fatte a Malta e anche
un modo per ricambiare l’enorme regalo ricevuto, trasmettendo a chi
cerca oggi il contatto con il Profondo l’esperienza accumulata millenni
fa da questa avanzatissima civiltà.
1.3.Interesse e inquadramento
L’interesse più generale è quello di ricostruire parti del processo
umano, gettando un ponte tra il presente e il patrimonio di saggezza ed
esperienza accumulato nel passato da civiltà antiche spesso
cancellate, dimenticate o comunque poco conosciute. Non si tratta di un
semplice interesse “archeologico”: il recupero e l’interpretazione di
tale patrimonio può infatti dare un grande contributo alla ricerca
spirituale attuale, fornendo ispirazione, spunti, stimoli e
insegnamenti.
La scoperta inoltre dell’avanzato grado
di spiritualità raggiunto da civiltà che potrebbero apparire “primitive”
da un punto di vista tecnologico può cambiare l’immagine convenzionale e
diffusa che si ha di periodi molto lontani nel tempo, ma molto vicini
al presente per la loro sensibilità. Nel caso particolare della civiltà
fiorita a Malta e Gozo tra il 5200 e il 2500 a.C, (e soprattutto tra il
3600 e il 2500, il cosiddetto “Periodo dei Templi”) si tratta di
studiare quello che potrebbe essere un interessante antecedente storico
della Disciplina Energetica. Come nel caso delle monografie su Creta,
l’Asia Minore o l’India, dunque, l’interesse è posto nella ricerca delle
radici della Disciplina Energetica in una civiltà molto antica.
Lo studio particolare delle spirali, del
loro significato e funzione, assume una rilevanza speciale nel
contesto di quei tentativi intenzionali di contatto con il Sacro e il
Profondo mediante pratiche energetiche che l’umanità ha conosciuto fin
dai tempi più remoti. Il fatto che a Malta e in molti altri luoghi (per
esempio in Spagna, Irlanda, Danimarca e Bretagna) si siano trovati
motivi (come le spirali e i cosiddetti “occhi raggianti”) simili o
addirittura identici ci riporta a quanto detto nella Nota 1 del
materiale sulle Quattro Discipline[3]:
“Quando sorgono le stesse cose in luoghi differenti, gli antropologi credono che queste scoperte siano state trasferite da un luogo all’altro. La realtà è che si poté arrivare, in diverse culture, a registri simili. Questa simultaneità di registri senza influenza diretta degli uni sugli altri si spiega grazie al contatto con certe zone comuni del Profondo, un registro che si traduce in immagini simili”.
Queste analogie dunque non sono il
prodotto di un contatto diretto tra popoli, piuttosto difficile viste le
distanze e spesso le epoche diverse, ma la traduzione di registri ed
esperienze comuni di contatto con il Profondo in immagini simili tra
loro.
1.4.Metodologia
Studiosi di vario tipo (archeologi, linguisti, storici, geografi,
esperti di miti e di religioni comparate, ecc) hanno fornito preziose
informazioni, avanzato ipotesi e realizzato ricerche affascinanti e
utilissime, ma pur arrivando a definire simboli di energia e
rappresentazioni del dinamico flusso vitale motivi ricorrenti come le
spirali, gli alberi della vita, gli occhi raggianti, ecc, non li hanno
mai collegati a un’esperienza energetica di contatto personale con il
Profondo.
Questo è possibile solo dopo aver fatto
direttamente tale esperienza. La metodologia seguita in questo studio
dunque è basata su letture e conversazioni con esperti, ma anche sul
prezioso contributo offerto dalle esperienze energetiche e spirituali
fatte prima, durante e dopo i viaggi a Malta del settembre 2010 e del
marzo 2011, considerate di pari importanza rispetto a filoni di
indagine più convenzionali.
Nei templi di Malta ho potuto
sperimentare direttamente ciò che Karen Rohn scrive nella sua monografia
a proposito degli altari e più in generale degli spazi sacri incontrati
durante la ricerca in Anatolia e a Creta:
“La costruzione di altari nel Neolitico dimostra un procedimento che mirava a produrre un intenzionale spazio di contatto con il Sacro. In questa zona gli altari erano presenti dappertutto – nelle case, nei templi, nelle caverne, nelle foreste e in montagna. Sono il centro dello spazio sacro e i depositari di richieste profonde, ringraziamenti, connessione con aspirazioni e ispirazioni profonde e soprattutto ambiti devozionali. Questi “altari” sono spazi fisici che concentrano e fissano traduzioni di significati e copresenze connesse con l’esperienza del significato del Sacro. Davanti a uno sguardo esterno un altare non ha potenziale. Quando però questo spazio viene contemplato da uno spazio più interno, accompagnato da un’atmosfera mentale che corrisponde a quella che ha configurato l’altare, allora questo spazio ha la capacità di produrre molteplici fenomeni mentali come: commozione ispirata, distorsione dello spazio e del tempo, maggiore percezione del volume e della brillantezza”.
Vista la mancanza di documenti scritti
su questa antica civiltà (o almeno, scritti nel senso che
attribuiamo agli alfabeti, agli ideogrammi, ai geroglifici, alla
scrittura cuneiforme ecc, dato che, come vedremo, a Malta esisteva una
sorta di linguaggio simbolico), abbiamo poche informazioni certe
sull’organizzazione sociale e domestica e sui riti che venivano compiuti
nei templi maltesi. Questo apparente svantaggio viene però compensato
dalla possibilità di avanzare ipotesi e interpretazioni, ovviamente
cercando di fornire loro un fondamento, senza che nessuna possa
prevalere sulle altre, o venire respinta come inverosimile.
Le ipotesi esposte in questo studio non
pretendono quindi di essere LA VERITA’, l’unica
interpretazione possibile della misteriosa civiltà maltese, ma puntano
piuttosto a dare un contributo alla ricostruzione del processo umano
studiando una sua manifestazione particolare e avvalendosi di una gamma
di strumenti più ampia di quella utilizzata dagli storici e dagli
archeologi tradizionali.
2.1 L’introduzione dell’agricoltura
Durante il Neolitico gli esseri umani cominciano ad abbandonare
le caverne, ad addomesticare e allevare gli animali (cani, pecore,
capre, buoi e maiali ) e a dedicarsi all’agricoltura[4] . Tutto questo
avviene in un arco di tempo molto ampio, che va dalla seconda metà del X
millennio a.C., quando a Gerico si trovano le prime tracce di una
cultura agricola, fino al tardo Neolitico (2800‐1900 a.C). Un’altra
innovazione fondamentale è costituita dall’invenzione della ceramica.
Secondo gli studi più recenti,
l’introduzione dell’agricoltura in Europa è legata sia a fenomeni
di colonizzazione che alla sua adozione da parte di comunità locali. Non
si tratta dunque di un’unica forma attraverso la quale l’agricoltura e
l’allevamento diventano la forma principale di sussistenza., ma
piuttosto di una varietà di modi di diffusione, che vanno dalla
migrazione di popolazioni via terra e via mare, alla colonizzazione da
parte di piccole comunità di naviganti, che si insediano in alcune aree
“scavalcandone” altre (verosimilmente già occupate), alla penetrazione
di piccoli gruppi in comunità pre‐esistenti, alle interazioni tra
comunità di cacciatori/raccoglitori e gruppi di agricoltori. Si formano
anche i primi insediamenti stabili, costituiti da villaggi e capanne.
2.2 La spiritualità del Neolitico
Secondo l’archeologa Marjia Gimbutas[5] la dea venerata nel Neolitico
nell’Europa antica è una dea della nascita, della vita, della morte e
della rigenerazione e rappresenta un ciclo completo ed eterno,
vissuto come una totalità. Tutti questi aspetti non sono contrapposti:
la dea che dispensa la vita è anche quella che incarna la morte. Questa
comunque non rappresenta la fine di tutto, ma viene immediatamente
seguita dalla rigenerazione, in un ciclo ispirato dall’osservazione
della natura, dove l’inverno porta un’apparente morte, seguita poi dal
risveglio primaverile e dal raccolto estivo.
La dea della vita e della morte, del
“continuum vitale”, viene spesso rappresentata come un uccello o
un serpente[6], figure che comprendono tutte le possibilità spaziali
(l’uccello vola in cielo, mentre il serpente è una creatura della terra e
del mondo sotterraneo ) e temporali (uccelli come la colomba
rappresentano la vita, mentre il corvo è legato alla morte, soprattutto
sul campo di battaglia. Il serpente che cambia pelle e ne acquista una
nuova simboleggia la rinascita e il ciclo continuo della vita,
un’energia dinamica in continuo rinnovamento). Nella dea si riflette
dunque un equilibrio tra la vita e la morte, un’energia che onora la
vita e non teme la morte.
Come spiega lo storico delle religioni Mircea Eliade[7],
“La creatività religiosa fu suscitata non dal fenomeno empirico dell’agricoltura, ma dal mistero della nascita, della morte e della rinascita, identificato con il ritmo della vegetazione. Le culture agricole elaborano quella che può essere definita una religione cosmica, perché l’attività religiosa è concentrata intorno al mistero centrale: il rinnovamento periodico del mondo. Il ciclo cosmico è concepito come ripetizione infinita del medesimo ritmo: nascita, morte e rinascita.”
In queste società agricole la fertilità
della terra e quella delle donne diventano una cosa sola e le
donne, depositarie del “mistero della vita” diventano anche responsabili
dell’abbondanza dei raccolti.
Il principio maschile viene incorporato
come compagno della dea in una complementazione tra maschile e femminile
e il mistero della continuità della vita viene così condiviso. Si
comprende la relazione tra il sesso e la riproduzione, tra l’energia
sessuale e la continuità della specie e vengono costituiti spazi sacri
(altari, templi, santuari sotterranei e non) che rispondono a un
desiderio di connessione con il Sacro e il Profondo. L’unione sacra tra
il principio maschile e quello femminile (che verrà chiamata in greco
“hierosgamos”, ossia nozze sacre) si collega alle società agricole e ai
cicli stagionali della vegetazione, con la terra che ogni
anno nasce, muore e risorge. Tale rito viene descritto in testi sumeri del 3000 a.C , mentre numerose statuette in terracotta rinvenute in Turchia, Romania e vari siti del Medio Oriente rappresentano l’unione tra un uomo e una donna. La sessualità è considerata sacra e l’accoppiamento e le orge assicurano il benessere e la continuità della comunità attraverso un rito stagionale che celebra il nuovo anno coinvolgendo tutti i suoi membri.
Posizione di Malta rispetto all’Italia
2.3 Fasi del Neolitico a Malta
Le prime tracce della presenza umana rivenute e datate a Malta risalgono
al 5200 a.C. circa: si ipotizza che un gruppo di agricoltori sia
arrivato nell’isola dalla parte sud‐orientale della Sicilia, nella zona
di Stentinello e Siracusa, dove sono stati trovati esempi di ceramica
simile a quella maltese. Il loro arrivo segna l’inizio dell’agricoltura
nelle isole maltesi, come dimostrano i reperti trovati nello
strato superiore della grotta di Ghar Dalam.
Posizione dei principali templi di Malta e Gozo
Le fasi successive del Neolitico (Skorba
grigia e rossa, 4500 ‐ 4100 a.C.) prendono il nome dalla località
di Skorba, dove gli scavi hanno portato alla luce un diverso tipo di
oggetti di ceramica, resti di ossa di animali, cereali e depositi
stratificati risalenti a tutte le fasi della preistoria di Malta[8]. E’
comunque chiaro che per tutto il Neolitico gli scambi culturali e
commerciali tra le isole maltesi, la Sicilia, Lipari e Pantelleria sono
stati intensi, come testimoniano la pietra focaia e l’ossidiana,
importate a Malta dalle altre isole.
Durante la fase Zebbug (4100 – 3800
a.C), sembra che una nuova ondata di coloni arrivata dalla Sicilia
abbia introdotto a Malta un nuovo tipo di ceramica. L’ocra rossa veniva
inoltre usata come decorazione. L’elemento più significativo tuttavia è
la presenza di tombe collettive scavate nella roccia. La fase di Mgarr
(3800 – 3600 a.C) vede l’uso di un altro tipo ancora di ceramica.
Tra il 3600 e il 3000 a.C (fase
Ggantija) inizia la costruzione dei templi megalitici, che si diffondono
a Malta e Gozo. Il cosiddetto Periodo dei Templi (3600‐2500 a.C.) vede
la costruzione delle strutture megalitiche più
monumentali del mondo, più antiche di Stonehenge (2000 a.C.) e delle
piramidi egizie (2530 a.C.) . Nel periodo in cui i templi megalitici
venivano eretti a Malta e Gozo, in nessun altro luogo sorgevano
infatti edifici monumentali paragonabili ad essi per dimensioni e
perizia architettonica e artistica. Il periodo corrisponde all’Età del
Rame del continente europeo, ma non esistono elementi che provino
la presenza dei metalli a Malta.
La fase di Tarxien (3000 – 2500 a.C.)
segna l’apice della civiltà dei templi e anche il suo declino. I templi
di quest’ultima fase sono i più elaborati di tutti, sia dal punto di
vista tecnico che da quello artistico. I megaliti sono tagliati con
maggiore precisione e le decorazioni a spirali e con animali sono
eseguite con incredibile maestria. Il motivo della fine di questa
civiltà, intorno al 2500 a.C., resta un mistero. E’ possibile che si
siano verificati cambiamenti climatici e periodi di siccità, o altri
eventi legati alla crisi e all’abbandono del tipo di spiritualità che
aveva dato origine ai magnifici templi megalitici. In ogni caso si
verifica un declino delle isole maltesi, con un vuoto che si colma verso
il 1500 a.C., con l’arrivo di nuove popolazioni che portano a Malta i
metalli e l’uso di cremare i morti.
2.4 Alcune considerazioni generali
Come si è già detto, la scarsità di notizie certe apre il campo a una
varietà di ipotesi e interpretazioni sulla civiltà che ha dato origine
ai templi maltesi. Possiamo però sottolineare alcuni dati molto
significativi e concreti, su cui basare alcune ipotesi: la presenza di
ossidiana importata da Lipari e Pantelleria a Skorba a Malta e Xagra a
Gozo dimostra l’esistenza di scambi e contatti tra le isole maltesi e la
Sicilia, Pantelleria
e Lipari[9].
Possiamo ipotizzare che questi contatti non si limitassero a
importare a Malta e Gozo materiali impossibili da trovare sul posto,
ma riguardassero anche il campo culturale e spirituale. Inoltre, le
ipotesi più recenti sulla diffusione dell’agricoltura nell’Europa antica
presentano un quadro molto variegato e dinamico, con
frequenti spostamenti di gruppi umani o intere popolazioni e dunque
ricco di possibili “contaminazioni” e influenze reciproche.
E veniamo qui a un elemento che colpisce
immediatamente chiunque studi questa misteriosa civiltà:
la sproporzione tra le dimensioni ridotte di Malta e Gozo e l’enorme
numero di templi. Sono stati trovati i resti di un gran numero di
edifici sacri (dai 23 ai 30), di cui sette – i templi di Ta ‘Hagrat,
Skorba, Ggantija, Tarxien, Mndajdra e Hagar Qin e l’ipogeo sotterraneo
di Hal Saflieni ‐ sono stati dichiarati nel 1980 Patrimonio dell’Umanità
dall’Unesco, ma potrebbero essercene molti di più, anche perché gli
scavi compiuti finora lasciano ancora spazio a molte, possibili
scoperte.
Visto che le dimensioni ridotte di Malta
e Gozo non giustificano una simile quantità di templi monumentali, si
può ipotizzare che queste fossero isole sacre per una parte del
Mediterraneo, conosciute e frequentate al di là dei loro confini. Un
luogo di culto, studio, iniziazione e guarigione posto in una sorta di
crocevia tra l’Africa, la Sicilia e le isole minori circostanti, a metà
tra quelli che in seguito sarebbero stati denominati lo Stretto di
Gibilterra e il Canale di Suez.
Nell’Ipogeo di Hal Saflieni si sono
trovati i resti mescolati tra loro di circa 7.000 persone, sepolte in
forma collettiva nel corso di un millennio. Questo equivarrebbe a circa 7
morti all’anno, assai pochi se si ipotizza che quello fosse un luogo di
sepoltura per i membri della comunità circostante. Si potrebbe allora
avanzare l’ipotesi che venissero sepolte là solo alcune persone
“speciali”, come iniziati, sacerdoti, ecc.
La dimensione monumentale dei templi fa
pensare a una civiltà in cui l’elemento spirituale aveva un
ruolo centrale. Una civiltà dotata di una grande maestria
architettonica, una tecnologia molto avanzata nella lavorazione della
pietra, evidente nella precisione delle opere (l’Ipogeo è scavato nella
roccia a vari livelli) e capace di mantenere progetti nel tempo,
attraverso diverse generazioni. Questo implica il coinvolgimento di un
gran numero di persone, da chi scavava, spostava ed erigeva i grandi
massi che costituivano i templi e le imponenti muraglie che li circondavano, fino agli artisti in grado di creare sublimi sculture, vasi decorati e armoniose incisioni.
La motivazione della manodopera era
probabilmente il fervore religioso, più che la coercizione sociale: i
templi maltesi fanno pensare alle cattedrali medievali europee, più che
alle piramidi costruite in Egitto dagli schiavi. E questo ci porta a
un’altra, affascinante ipotesi, suffragata dal mancato ritrovamento di
armi da guerra, mura fortificate e difensive e segni di conflitto: i
primi abitanti di Malta formavano comunità unite e pacifiche, raccolte
intorno a un gruppo di sacerdoti che pianificava e organizzava la
costruzione dei templi e dirigeva la vita spirituale del luogo.
Nonostante a Malta e Gozo si siano
trovati i resti di moltissimi edifici sacri (23 secondo alcune fonti e
30 secondo altre)[10], mi concentrerò qui sui sette templi visitati nel
settembre 2010 e nel marzo 2011, che sono anche quelli di maggiori
dimensioni e in miglior stato di conservazione, dichiarati nel 1980
dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità: uno, l’Ipogeo di Hal Saflieni, è un
tempio sotterraneo che si estende per 500 mq su tre livelli e scende
fino a dieci metri sotto terra, mentre gli altri sei ‐ Ta’ Hagrat,
Skorba, Ggantjia, Tarxien, Mnajdra e Hagar Qim ‐ sorgono sopra il
livello del suolo.
Tutti i templi maltesi presentano la
stessa forma, uno schema che si ripete con qualche variante, ma
resta sostanzialmente uguale nel corso di oltre mille anni: vista
dall’alto, infatti, la disposizione delle pietre ricorda la figura
sinuosa e abbondante della Dea Madre, che accoglie i fedeli nel suo
grembo per riti legati alla fertilità e alla rigenerazione.
Foto aerea dei Templi di Mnajdra
I siti visitati inoltre sono spesso
costituiti da vari templi vicini (quattro nel caso di Tarxien, tre nel
caso di Mnajdra e due a Ggantjia) e sono spesso circondati da alte
muraglie. A differenza dei templi dell’Europa sud‐occidentale, dove la
spiritualità e la vita quotidiana si mescolavano e i templi
assomigliavano dall’esterno a normali abitazioni nel mezzo dei villaggi,
i templi maltesi sono chiaramente separati dalla zona circostante.
I tetti sono crollati, ma basandosi su
ciò che resta e sul modellino di tempio trovato a Ta ‘Hagrat, si
può ipotizzare che fossero a volta.
Gli elementi comuni tra i vari templi sono:
- un corridoio centrale, intorno a cui si aprono camere semi‐circolari e simmetriche in numero variabile (dalle tre di Ta ‘Hagrat alle quattro di Mnajdra, alle sei di Tarxien).
- un portale d’entrata monumentale, costituito da due grandi pietre erette e una orizzontale posta al di sopra, a mo’ di architrave, che dà su uno spazio aperto e a cui si accede salendo vari gradini.
- un orientamento sud‐est/sud‐ovest, con l’eccezione del tempio di Mnajdra, che è orientato a est.
La struttura geologica di Malta
consentiva l’uso di due tipi di pietra calcarea: la dura, grigiastra
pietra corallina e la globigerina, più morbida e chiara, utilizzata per
decorazioni e incisioni. Le grandi pietre venivano spezzate
con rudimentali strumenti di pietra, selce e ossidiana e trasportate
ai siti dei templi usando leve e palle di pietra, ancora visibili sul
posto. I megaliti venivano in seguito eretti adoperando lunghe rampe, rimosse una volta che la struttura veniva completata.
posto. I megaliti venivano in seguito eretti adoperando lunghe rampe, rimosse una volta che la struttura veniva completata.
Ecco ora una concisa descrizione dei
vari templi e delle intense esperienze vissute in ognuno di essi nel
corso dei due viaggi compiuti a Malta.
L’Ipogeo, o tempio sotterraneo
è un monumento eccezionale e un superbo esempio di architettura “al
negativo”. Gli scavi hanno prodotto una grande quantità di materiale
archeologico, che va dal vasellame e alle ossa umane, fino agli
ornamenti personali come perline e amuleti, animaletti scolpiti
e statuette più grandi.
L’Ipogeo comprende sale, stanze e
passaggi scavati nella viva roccia per una superficie di circa 500
metri quadrati. Le stanze sono di forma e grandezza diverse, più o meno
rifinite dal lavoro umano. Il complesso si estende su tre livelli: il
livello superiore (3600‐3300 a.C.), il livello intermedio (3300‐3000
a.C.) e il livello inferiore (3150‐2500 a.C.). La stanza più profonda è
situata al livello inferiore, a 10,6 metri sotto il livello stradale.
Il livello superiore è formato da una
grande cavità con un passaggio centrale e nicchie per la sepoltura
su entrambi i lati. Il livello medio consiste in varie stanze dalle
pareti lisce che sembrano il risultato di un intervento dell’arte
muraria.
Qui è stata trovata la famosa statuetta
della “Dama dormiente”. La discesa nell’Ipogeo è stata un’esperienza
molto intensa, che ha permesso di percepire l’energia e la spiritualità
ancora presenti e di sentirsi partecipi dei riti di passaggio che
venivano celebrati in queste sale sotterranee, come testimoniato dalle
pareti decorate con spirali di ocra rossa, simbolo del sangue, della
vita e della rinascita. Il suono di una voce profonda registrata
nell’audio-guida consegnata a tutti i visitatori, che si diffonde nelle
varie sale e produce un’impressionante vibrazione fa pensare a
preghiere, invocazioni e riti realizzati per aiutare a prendere contatto
con il Profondo.
Altare e spirali a Tarxien
I templi di Tarxien, risalenti al 3600‐2500 a.C., sono costituiti da quattro strutture megalitiche e rappresentano il sito più complesso a Malta. Essi sono famosi per i dettagli dei loro intagli, che includono animali domestici scolpiti in rilievo, altari e steli decorati con motivi a spirale ed altri disegni.
A Tarxien ho ritrovato con emozione i
motivi a spirale incisi su enormi pietre che avevo disegnato e dipinto
mesi prima e che tanta parte avevano giocato nella decisione di visitare
Malta. Ho potuto constatare dove erano collocati: tutte le
spirali segnavano delle soglie, delimitavano ambiti dove si
avvertiva subito una grande energia.
Nel secondo viaggio, seguito alla
spiegazione sull’Ascesi, la collocazione delle lastre e delle steli con
incise le spirali ha assunto un significato più chiaro e profondo,
legato alla loro vicinanza agli altari: esse segnano infatti un percorso
di avvicinamento all’altare, in genere collocato più in alto, come
punto di entrata negli spazi sacri e aiutano a concentrare ed elevare
l’energia necessaria a compiere questo passo.
A Skorba
si trovano i resti di due templi: tra il 3600 e il 3200 a.C, qui fu
costruito un tempio tipico a tre absidi e tra il 3150 e il 2500 a.C.
venne aggiunto un secondo tempio verso est, costituito da quattro absidi
e da una nicchia centrale.
I due templi di Ta’ Hagrat, risalenti al 3600‐3200 a.C., sono tra gli edifici religiosi di Malta più antichi e meglio conservati.
Il maggiore risale al 3600‐3200 a.C. e
il minore al 3300‐3000. L’abbondanza di oggetti in terracotta trovati in
questo luogo conferma l’ipotesi che i due templi sorgessero sopra un
villaggio precedente. I reperti del luogo includono una
scoperta straordinaria: un modellino di edificio sacro in calcare, che
permette di immaginare come apparivano i templi nella loro completezza.
Il tempio più grande si trova al centro
di un ampio spiazzo a forma semicircolare e l’imponente facciata e il
suo monumentale portale d’entrata furono ricostruiti nel 1937. Vari
gradini portano all’entrata principale, quindi ad un
corridoio fiancheggiato da enormi montanti in pietra calcarea corallina.
Il corridoio è ricoperto da blocchi di pietra posati con grande
precisione.
Varcando questo imponente portale, ho
avvertito un contatto emozionante con la comunità piccola e unita che
l’aveva costruito. Era come se ogni tempio avesse un’energia particolare
e riflettesse le caratteristiche della gente che l’aveva eretto e
usato.
I due templi di Ggantija
a Gozo risalgono al 3600‐3200 a.C. A causa delle dimensioni gigantesche
dei megaliti, nei secoli passati si riteneva che i templi fossero opera
dei giganti (e in effetti Ggantija significa gigante in maltese).
Il
complesso megalitico è formato da due templi circondati da un massiccio
muro di confine in comune, edificato usando alternativamente pietre di
punta e di piano, con alcuni dei megaliti che superano la lunghezza di 5
metri e il peso di 50 tonnellate. Costruito con blocchi grezzi di
calcare corallino, ciascun tempio contiene cinque sale
semicircolari, collegate da un corridoio centrale che conduce alla
sezione trilobata più interna.
La visita a Ggantija ha segnato un punto
di svolta nel viaggio del settembre 2010: mentre eravamo in pullman per
raggiungere il porto d’imbarco, si è scatenato un temporale spaventoso,
un vero diluvio universale, con fiumi d’acqua che ci investivamo, tanto
che a un certo punto abbiamo avuto la tentazione di tornare indietro.
Per fortuna l’insistenza di alcuni ci ha convinti a continuare e quando
siamo entrati nel tempio di Ggantija è spuntato un sole abbagliante! Era
come se avessimo superato una prova e là, entrando in uno degli spazi
ovoidali tipici dei templi, le mie braccia hanno cominciato a sollevarsi
da sole, senza che io le controllassi e a muoversi intorno alla testa
formando una sorta di lungo rettangolo pieno di spirali vorticanti,
simile alle grandi lastre di pietra con incise le spirali
che delimitavano proprio quello spazio. Fino ad allora avevo percepito
l’energia della cuspide come una sorta di aureola rotonda intorno alla
testa, ma da quel momento in poi è stato quel registro ad accompagnare
tutte le routine successive.
Quest’esperienza è stata molto simile a
quella avuta nel secondo viaggio nel tempo di Tarxien, quando
ho avvertito un contatto intenso con una delle antiche guide legate a
quel luogo. Anche in questo caso le mie braccia si sono mosse da sole,
come se lei le sollevasse, raccogliendosi sul cuore e poi riaprendosi in
un movimento continuo, a spirale, un gesto sacro che rappresenta un
ciclo continuo tra interno ed esterno, sacro e profano. E’ stato proprio
questo il messaggio che quell’antica guida mi ha comunicato: “Ti
insegno il nostro gesto sacro. Tu fanne buon uso.” Questo gesto si è
ripetuto nelle visite ai templi successivi, a conferma di un
insegnamento che è andato perfezionandosi nel corso dei millenni: la
maggiore esperienza interna di contatto con il Profondo attraverso
pratiche energetiche si rispecchia nella bellezza sempre più raffinata
delle decorazioni, che passano dalle spirali ancora rozze dei primi
templi a quelle splendide di Tarxien.
Isolotto di Filfla
Il complesso di Mnajdra
si trova sulle scogliere della costa meridionale di Malta, in una
posizione molto suggestiva che domina dall’alto l’isoletta di Filfla.
Altare nel tempio di Mnajdra
E’ formato da tre templi e osservato
dall’alto compone una figura ovale. Il primo è il più antico e risale
al 3600‐3200 a.C., mentre il secondo e più imponente fu costruito tra
il 3150 e il 2500 a.C.; il terzo, costruito per ultimo, fu inserito in
mezzo agli altri due. Il tempio inferiore ha un particolare
allineamento astronomico e agli Equinozi e ai Solstizi i raggi del sole
illuminano delle zone precise.
Il tempio di Hagar Qim
(3600‐3200 a.C.), in maltese “pietre sacre”, è costituito da un unico
edificio e si innalza sulla cima di un colle che guarda il mare a
qualche centinaio di metri da Mnajdra. I due templi sono collegati da un
sentiero che evoca con facilità immagini di processioni tra l’uno e
l’altro. Vari reperti interessanti sono stati portati alla luce a Hagar
Qim, in particolare un altare a colonna punteggiato e decorato, detto
l’Albero della vita.
Nelle altre sale, tutte circolari, si
trovano due mense da altare ed alcune statuette (gli originali sono
esposti al Museo Nazionale di Archeologia della Valletta), tra cui la
famosa “Venere di Malta”.
L’intensissima esperienza fatta nel
primo viaggio a Ggantjia si è ripetuta, sempre nel primo viaggio,
nei templi di Mnajdra e Hagar Quim, colmi di una pace profonda che ha
evocato in me la possibilità di riti e pratiche di guarigione compiuti
là. Qui ho avvertito la presenza di una guida antichissima, che mi
diceva: “Vedi, l’energia può prendere diverse forme. Questa è la forma
che abbiamo qui” e ho capito che era lei a sollevarmi le braccia, come
per rafforzare e spiegare il messaggio che voleva comunicarmi.
L’isoletta di Filfla, visibile da
Mnajdra e Hagar Quim, sembra un immenso altare naturale che riprende
la forma degli altari presenti nei templi e celebra la potenza del
divino nella natura. Guardandola dai templi, si rafforza il registro di
trovarsi in un luogo che era già sacro ancora prima della loro
costruzione.
4. Le spirali
Il libro di Marija Gimbutas Il linguaggio della dea
mostra con abbondanza di illustrazioni come le spirali compaiano
dipinte e incise nelle grotte fin dal Paleolitico Superiore, per poi
diventare un importante elemento decorativo dell’arte ceramica. Questo
motivo ricorre in vasi, statue, recipienti, lastre di pietra e steli,
esprimendo sempre il potere della forza vitale, il flusso ininterrotto
dell’energia.
A Malta e Gozo le spirali sono presenti
nei templi di Hal Saflieni, Ggantija, Mnajdra, Hagar Qim e soprattutto
Tarxien e seguono in genere due filoni figurativi: uno sottolinea la
simmetria e l’armonia, con due o quattro spirali collocate una a fianco
dell’altra o a gruppi di due, l’altro mette in risalto la forza
vitale della natura, con una successione di spirali incise su grandi
pietre rettangolari, che fanno pensare alle piante o alle onde del mare.
Come già accennato nella descrizione dei
vari templi, le steli e le pietre incise con le spirali segnano
delle soglie, un percorso di elevazione verso un altare, in modo da
concentrare ed elevare l’energia per arrivare al contatto con il Sacro e
il Profondo.
Queste due magnifiche steli mi
hanno colpito fin dai primi studi sulla civiltà maltese; la scoperta del
loro significato ha rafforzato la certezza che pur non disponendo di
una scrittura vera e propria, chi usava quei templi era perfettamente in
grado di trasmettere la propria esperienza incidendola nella pietra,
come un messaggio destinato non solo ai contemporanei, ma anche
alle future generazioni.
5. Riassunto
Dipinte o incise, le spirali ricorrono
in decorazioni sulla pareti delle grotte e poi in vasi, statue,
recipienti, lastre di pietra e steli, esprimendo sempre il potere della
forza vitale, il flusso ininterrotto dell’energia. A Malta e Gozo le
spirali sono presenti nei templi di Hal Saflieni, Ggantija, Mnajdra,
Hagar Qim e soprattutto Tarxien, assumendo dato il contesto un carattere
sacro. Esse seguono in genere due filoni figurativi: uno sottolinea la
simmetria e l’armonia, con due o quattro spirali collocate una a fianco
dell’altra o a gruppi di due, l’altro mette in risalto la forza vitale
della natura, con una successione di spirali incise su grandi pietre
rettangolari, che fanno pensare alle piante o alle onde del mare.
Nella presente ricerca le spirali hanno
costituito una sorta di filo conduttore che ha permesso di studiare
e comprendere non solo il loro significato e funzione, ma anche la
civiltà che le ha utilizzate come aiuto per l’accesso al Sacro e al
Profondo attraverso pratiche energetiche.
Nei vari templi visitati le steli e le
pietre incise con le spirali segnano delle soglie, un percorso di
elevazione verso un altare, collocato più in alto rispetto ad esse, in
modo da concentrare ed elevare l’energia per arrivare al contatto con il
Sacro e il Profondo.
Due steli in particolare contengono
anche un messaggio espresso in forma simbolica, quelle che si potrebbero
considerare istruzioni per uno stile di vita corrispondente all’Ascesi e
anche un’indicazione delle condizioni necessarie per l’entrata negli
spazi sacri. Pur non disponendo di una scrittura vera e propria,
chi usava quei templi era dunque perfettamente in grado di trasmettere
la propria esperienza incidendola nella pietra, come un messaggio
destinato non solo ai contemporanei, ma anche alle future generazioni.
6. Sintesi
La civiltà neolitica fiorita a Malta e
Gozo raggiunse un elevato grado di sviluppo spirituale,
testimoniato dagli immensi templi costruiti nel corso di molte
generazioni e lasciò incise nella pietra un grande patrimonio di
esperienza e saggezza, un messaggio e un insegnamento destinati non solo
ai contemporanei, ma anche alle future generazioni.
Lo studio delle spirali presenti in
numerosi templi maltesi e le esperienze ad esse collegate hanno
permesso di svelare il loro significato e la loro funzione come aiuto
per l’accesso al Sacro e al Profondo attraverso pratiche energetiche.
7. Conclusioni
Ho intrapreso lo studio della civiltà
neolitica maltese e in particolare delle spirali con l’intento di
dimostrare che in quell’epoca lontana si cercava in modo intenzionale un
contatto con gli spazi sacri e profondi attraverso pratiche
energetiche.
Le intense esperienze fatte nei templi
di Malta e Gozo e la comprensione del significato di altari e steli
mi hanno portato non solo a confermare questa teoria, ma anche a
formulare ipotesi più ampie sull’avanzato grado spirituale raggiunto da
quella civiltà, o almeno dal gruppo di sacerdoti, studiosi, guaritori e
iniziati che utilizzava i templi. In particolare emerge l’ipotesi che
queste fossero isole sacre per una parte del Mediterraneo, un luogo di
culto, studio, iniziazione e guarigione noto al di là dei confini
dell’arcipelago maltese.
Per giungere a queste conclusioni è
stata fondamentale la disposizione di apertura e ricerca con cui
sono entrata nei templi: le barriere di spazio e tempo sono sparite,
permettendo un contatto diretto con le Antenate (le ho percepite
soprattutto come donne, anche se ovviamente non si può escludere la
presenza di uomini), la trasmissione di insegnamenti ed esperienze e la
possibilità di comprendere il significato e la funzione delle spirali e
dei puntini scavati nella pietra come simboli energetici e appoggi
nell’accesso al Profondo.
Posso quindi ritenere raggiunto il
proposito di partenza: svelare il significato e la funzione delle
spirali nel contesto di una civiltà che rappresenta un antecedente
storico della Disciplina Energetica.
8. Bibliografia
[1] Karen, Rohn, Study & Field
Investigation: Root antecedents of the Energetical Discipline and
Ascesis in the Occident Asia Minor, Crete and Aegean Islands, 2008.
[2] Marija Gimbutas, Il linguaggio della dea, Le Civette, Venexia 2008.
[3] Le Quattro Discipline.
[4] Laura Seragnoli, Dispense sul Neolitico, Cattedra di Preistoria e Protostoria dell’Università degli Studi di Milano, 2008.
[5] Marija Gimbutas, Le dee viventi, Medusa 2005.
[6] Miriam Robbins Dexter, Whence the Goddesses. A Source Book, Athene series, Teachers College Press, 1990.
[7] Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose – Volume primo: Dall’età della pietra ai misteri eleusini, BUR 2008.
[8] Maria Elena Zammit, Ta’ Hagrat and Skorba Temples, Heritage Malta, 2006.
[9] David H. Trump, Malta, Prehistory and Temples, Midsea Books Ltd, 2008.
[10] Mark Miceli‐Farrugia, Europe’s Oldest Civilization: Malta’s Temples Builders.
[2] Marija Gimbutas, Il linguaggio della dea, Le Civette, Venexia 2008.
[3] Le Quattro Discipline.
[4] Laura Seragnoli, Dispense sul Neolitico, Cattedra di Preistoria e Protostoria dell’Università degli Studi di Milano, 2008.
[5] Marija Gimbutas, Le dee viventi, Medusa 2005.
[6] Miriam Robbins Dexter, Whence the Goddesses. A Source Book, Athene series, Teachers College Press, 1990.
[7] Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose – Volume primo: Dall’età della pietra ai misteri eleusini, BUR 2008.
[8] Maria Elena Zammit, Ta’ Hagrat and Skorba Temples, Heritage Malta, 2006.
[9] David H. Trump, Malta, Prehistory and Temples, Midsea Books Ltd, 2008.
[10] Mark Miceli‐Farrugia, Europe’s Oldest Civilization: Malta’s Temples Builders.
Anna Polo
(Parco di Studio e Riflessione Casa Giorgi)
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