lunedì 22 giugno 2015

DIMONA: LA "PICCOLA HIROSHIMA" D'ISRAELE


All'inizio degli anni Cinquanta, dopo che Israele aveva combattuto una disperata guerra di Indipendenza (o Nakba) in cui migliaia di Israeliani morirono per garantire la fondazione dello Stato, David Ben Gurion, il suo primo Primo Ministro, decise che il Paese aveva bisogno di un jolly esistenziale al fine di garantire la sua sopravvivenza. Nel 1955 incaricò il capo del suo staff, Shimon Peres, di creare un programma nucleare che avrebbe portato alla fabbricazione di un’arma nucleare.

La parte più importante di questo progetto era costituita dalla creazione di un reattore nucleare che avrebbe dovuto produrre il carburante per fare tali armi. Nel 1959, Israele iniziò la costruzione il suo reattore a Dimona. Alla fine, migliaia di lavoratori furono impiegati per la costruzione dell'impianto e, una volta completato, vi rimasero per costruire l'arsenale di 200 armi nucleari che Israele ha la fama di possedere. Un ottimo resoconto sintetico del progetto può essere trovato online qui.


Nelle prime fasi della ricerca, prima della nascita di Dimona, vi furono incidenti che esposero gli scienziati a livelli letali di radiazioni. Alcuni di loro morirono e i loro nomi sono noti (anche se non molto bene). Meno noto è che Dimona ebbe una serie di incidenti (il più grave nel 1966) che espose centinaia di lavoratori a dosi tossiche e persino letali.

Avner Cohen, il maggiore studioso al mondo del programma nucleare israeliano mi disse che nei primi 20-25 anni le procedure utilizzate per proteggere i lavoratori erano primitive e imprecise. Gli errori erano comuni, spesso non intenzionalmente, ma perché si avevano conoscenze relativamente ridotte circa la corretta gestione dei materiali radioattivi. In alcuni casi, la documentazione era inventata.

Questo è l'oggetto dell'affascinante documentario in due parti di Orna Ben Dor, I segreti oscuri del reattore Dimona ( Parte 1 e parte 2, entrambi in ebraico), prodotti per Israeli TV. Là i lavoratori chiamano la centrale nucleare "Piccola Hiroshima", alludendo non solo al potere distruttivo di ciò che là si sta producendo, ma alle tragiche conseguenze che il reattore ha su coloro che vi lavorano all'interno.

Il documentario, oltre a rendere pubblici molti segreti e crimini dello Stato contro i suoi lavoratori, è anche involontariamente molto irritante perché tratta di un argomento che la nazione vuole per ragioni comprensibili mantenere opaco. Per questo motivo, nessuno nella Commissione per l'Energia Atomica israeliana, che gestisce Dimona, parlerà alle telecamere. Nessun giornalista può accedere all'interno della struttura.

Pochissime testimonianze, forse nessuna, sono state rese pubbliche sul funzionamento del reattore. Secondo Ben Dor, la supervisione medica dei lavoratori è stata una farsa. Essi venivano sottoposti a test che non venivano mai analizzati e gli veniva riferito di essere in buono stato di salute. Solo per scoprire mesi o anni più tardi che stavano morendo di cancro. I pochi documenti che sono accessibili lo sono soltanto a causa delle azioni legali che hanno permesso loro di liberarsi dalla morsa dello Stato.

La vera storia del film è quanto incredibilmente lontano lo Stato è disposto ad andare per proteggere se stesso e il suo progetto nucleare dalla pubblica consapevolezza. In conseguenza di ciò vi è la volontà della nazione di trattare quei scienziati, ingegneri e ricercatori che hanno dedicato la loro vita a questo sacro progetto come rifiuti da smaltire una volta che si sono ammalati e sono morti, non potendo più essere di alcuna utilità. C'è una natura schizofrenica sia nel documentario sia nelle vittime descritte. Da un lato, essi sono patrioti che hanno capito il pericolo e lo hanno accettato in nome della protezione dello Stato dai suoi nemici. Ma, dall'altro, si tratta di esseri umani che chiedono che il loro Paese tratti con dignità quelli che hanno compiuto l'estremo sacrificio.

I "più ultimi degli ultimi" (nella scala gerarchica) sono stati i tecnici nucleari, gli addetti alle pulizie inviati a rimettere a posto le attrezzature dopo i malfunzionamenti. Spesso, essi erano "figli" del reattore: cresciuti in città frequentando l'istituto tecnico superiore presso la centrale, dove gli veniva insegnato come effettuare la manutenzione sua e dei suoi impianti. Essi affrontavano il pericolo maggiore. E nessuno li aveva avvertiti.

Hanno fatto il loro lavoro in modo anonimo. Ma quando si sono ammalati, lo Stato li ha gettati in mare. A un lavoratore originario del Marocco venne detto che il suo cancro non era il risultato del suo lavoro a Dimona, ma piuttosto della sua origine marocchina. I suoi geni sefarditi avevano in qualche modo causato la sua malattia. Se ci fosse stato solo del razzismo dietro questa risposta sarebbe già abbastanza grave. Ma utilizzare il razzismo per coprire crimini di Stato contro i suoi cittadini è imperdonabile.

Il dramma è che le vittime stesse, attraverso il proprio senso innato del patriottismo, si rifiutano di comprendere la contraddizione insita in ciò che chiedono allo Stato. Israele stesso è un regno di segreti. Dimona è un segreto all'interno di un segreto, il Santo dei Santi della religione nucleare di Israele. Non è possibile rivelare i misteri ed esporre le menzogne e i crimini a meno che non si strappi via il velo. A tal fine, è necessario forzare Israele a porre fine all'opacità, alla segretezza. Ma nessuno in una posizione di potere è disposto a farlo.

Quelli sono esseri umani che hanno la sensazione di percorrere un corridoio oscurato verso la luce. Non riescono a vedere cosa c'è intorno a loro, ma possono solo toccare le pareti e cercare di capire dove sono e cosa c'è intorno a loro. Sono impauriti. Nessuno li aiuta a comprendere dove sono. Devono fare questo cammino da soli.

Nel secondo film, che descrive la catastrofe ambientale che il reattore ha compiuto nel Neghev, Ben Dor e due residenti locali visitano una centrale elettrica assai distante che alimenta l'impianto. Notano un torrente che scorre nelle vicinanze, che appare scolorito e inquinato. Qualunque giornalista che investighi su un tale soggetto sa di dover controllare l'acqua per determinare il livello di purezza. Ma Ben Dor ci dice che non è possibile. Chi porta un contatore Geiger a un qualsiasi impianto di Dimona o che analizzi l'aria, l'acqua o il suolo attorno ad esso commette un crimine punibile anche con quindici anni di carcere.
In questo spezzone, un giornalista locale dice a Ben Dor:
Io passo vicino al reattore ogni giorno sulla strada per andare e tornare dal lavoro. Non ho mai visto un singolo uccello volare, né lucertole o nuovi fiori.

L'ambiente che circonda Dimona è avvelenato. Se non ci sono piante o animali che possono vivere lì immaginatevi l'impatto sugli esseri umani che lo fanno.

Questo ricorda un amico israeliano della poesia dei bambini del ghetto Theresienstadt, Non ho mai visto un'altra farfalla :
Egli fu l'ultimo.  Davvero l'ultimo.
Un tale giallo era amaro e accecante
Come la lacrima del sole, strappata sulla pietra.
Era questo il suo vero colore.
E quanto facilmente è salito, e quanto alto,
Certamente, salendo, voleva
Baciare l'ultimo del mio mondo
…Non ho visto una farfalla qui.
Quell'ultima è stata l'ultima.
Non ci sono farfalle, qui, nel ghetto.

Poiché il governo ostacola l'accesso alle fonti, Ben Dor deve permettere alle vittime di Dimona di raccontare la loro storia. E lo fanno con tanta forza e tragicità. Le vedove e gli orfani parlano dei loro cari portati via da loro troppo presto da uno Stato che si è comportato crudelmente e spietatamente. Coraggiosi avvocati descrivono gli anni di devozione alla ricerca della giustizia. Medici e ricercatori aiutano a districarsi tra miasmi di menzogne e mezze verità offerte dallo Stato, alcuni mettendo a repentaglio la loro carriera per colpa di un vendicativo IAEC.

Il problema più grande con il film è quello che la nazione stessa affronta. Tutti i mali che ritrae provengono da un potente, velenoso fatto: il progetto nucleare. In altre parole, quando si decide di realizzare una bomba nucleare, si accettano una serie a cascata di scelte che accompagnano quella prima decisione fondamentale.

In termini giuridici, le armi di distruzione di massa israeliane sono l'albero avvelenato e tutti i morti, gli avvelenamenti da radiazioni e i danni ambientali sono i suoi frutti.

Il documentario non si sofferma su queste questioni più profonde. Esso rimane sulla superficie, occupandosi di temi importanti come la salvaguardia dell'ambiente e la mortalità dei lavoratori. Questi sono le parti della storia d'interesse umano. Quelli che un pubblico può cogliere immediatamente, senza la necessità di riflettere sulle problematiche più astratte e complesse.

Avner Cohen ha anche colpevolizzato il produttore del documentario (in ebraico) perché non ha affrontato i burocrati nucleari israeliani più aggressivamente pretendendo che rispondessero alle accuse. Egli ha risposto nella recensione che scrisse per l'edizione in ebraico di Haaretz, che Israele deve costringere coloro che progettano la politica nucleare israeliana a far fronte alle domande scomode. Solo in questo modo è possibile il cambiamento.

La segretezza del programma nucleare, un intervistato lo definisce "Stato di KGB", va di pari passo con la complessiva opacità d'Israele riguardo a ogni aspetto dei problemi di sicurezza. Non è sorprendente che Israele abbia messo il suo destino nelle mani di pochi burocrati nucleari come quelli che gestiscono Dimona, poiché sostanzialmente gestisce tutto il suo apparato militare allo stesso modo. Di controllo civile non se ne parla. I generali ottengono tutto quello che vogliono. Tutto in nome della sicurezza dello Stato. E' un contratto col diavolo.

Ben Gurion avrebbe potuto scegliere un percorso diverso. Avrebbe potuto seguire il percorso che Shimon Peres ha sostenuto per evitare la Guerra del 1973: un test nucleare pubblico per mettere in guardia gli Stati arabi sul nemico che avrebbero dovuto affrontare se avessero attaccato. Nel lungo termine, una tale trasparenza avrebbe potuto migliorare di molto alcuni dei peggiori attacchi allo stato di sicurezza nucleare.

Ma Ben Gurion ritenne che tanto più Israele fosse rimasto tranquillo, tanto meno opposizione avrebbe dovuto affrontare da parte del resto del mondo, in special modo da parte degli USA.

Fece la scelta di creare un arsenale nucleare al fine di offrire allo Stato un meccanismo per garantire la sopravvivenza di fronte a un'imminente sconfitta. Ma ora Israele ha assicurato la sua esistenza. Non vi è alcuna minaccia esistenziale (non importa ciò che Bibi dice a proposito dell'Iran). Le armi nucleari non garantiscono la sicurezza. In realtà, molti seri analisti ritengono proprio il contrario.

Israele non ha combattuto una guerra convenzionale da più di 50 anni. E anche durante i giorni più oscuri della guerra del 1973, quando alcuni dirigenti israeliani temettero che sarebbero stati invasi, Golda Meir ignorò Moshe Dayan quando quest'ultimo sollecitò il lancio di un ordigno nucleare nel deserto come un avvertimento per gli Stati arabi nemici. Oggi, Israele combatte esclusivamente guerre asimmetriche in cui le ADM non sono un deterrente o fattore di superiorità strategica. Al contrario di Israele, molte delle più affermate potenze nucleari stanno riducendo i loro arsenali.

Israele finirà per capire che le armi nucleari sono un albatros intorno al collo. Non sono mai state impiegate in nessuna delle precedenti guerre d'Israele ed è probabile che non ce ne sarà mai bisogno (soprattutto se aderisse alla proposta di una zona libera dalle armi nucleari regionali -- una prospettiva tabù per esso…finora). Tuttavia, nonostante l'assoluta mancanza di utilità delle AMD, il suo personale nucleare ha pagato un prezzo enorme e terribile. E' una vergogna che lo Stato che ha chiesto loro di fare il sacrificio estremo, oltraggi la loro memoria con menzogne e silenzi. Preferisce questo piuttosto che pagare loro quei pochi milioni che ci vorrebbero per fare giustizia del loro dolore e della loro sofferenza.


RICHARD SILVERSTEIN
counterpunch.org


Richard Silversteinscrive il Tikun Olam blog su questioni di sicurezza nazionale israeliana. Vive a Seattle.

Fonte: www.counterpunch.org
Link:  http://www.counterpunch.org/2015/05/21/dimona-israels-little-hiroshima/


Traduzione per www. comedonchiosciotte.org a cura di DELIO GUIDATO
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15214

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