Una storia da leggere con calma,
staccandosi per un momento dagli impegni del quotidiano. Una
testimonianza di amore incondizionato e di attaccamento per Madre Terra.
Voliamo virtualmente al confine tra Canada e Alaska, dove vivono gli indigeni Lax Kw’alaams: nelle loro terre verrà costruito l'impianto per la produzione di gas naturale liquefatto Pacific Northwest. È stato offerto loro un mega risarcimento di un miliardo di dollari da parte della società petrolifera Petronas, ma i Lax Kw’alaams hanno rifiutato.
L'offerta comprendeva esattamente un miliardo cash in 40 anni e altri 108 milioni in terre, pari a 320mila dollari per ogni indigeno. Un NO
che suona ancora più forte se si pensa che è il simbolo della Natura
contro i veleni umani, dell'amore per la terra contro quello delle
multinazionali per il denaro.
Bastano le parole del grande capo
Stewart Phillip a far capire come il denaro sia nulla se rapportato al
valore degli ecosistemi naturali, di cui gli indigeni si porgono a
tutela:
“I nostri anziani ci ricordano che il denaro è come la polvere che viene soffiata via velocemente dal vento, mentre la terra è per sempre” ha detto al quotidiano canadese The Globe and Mail.
Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia che
si snoda attorno al progetto del gruppo Pacific Northwest Lng (Pnw
Lng), un piano che prevede un investimento da 11,4 miliardi di dollari
per la realizzazione di una struttura dedicata alla trasformazione del
gas naturale in gas naturale liquido e poi al trasporto in Asia via mare
lungo un gasdotto di 950 chilometri. Non è un errore: quasi 1000 km.
La struttura partirebbe dall'isola Lelu e dal Flora Bank,
un banco di sabbia che la marea a volta nasconde sull'estuario del
fiume Skeena. E qui si aggancia la vicenda dei Lax Kw’alaams che
rivendicano queste aree come indigene. Il fiume Skeena è l'antichissima
casa di questa comunità formata da 3.600 persone, che hanno accesso
esclusivo alle risorse naturali.
Spiegano
gli indigeni che il significato della foce del fiume Skeena non può
essere sottovalutato e che i Kw'alaams Lax sono vincolati dalla legge
tradizionale che coinvolge anche le altre comunità a proteggere le
risorse naturali per le generazioni future.
In base alla legge canadese,
Petronas, proprietario di maggioranza del gruppo Pacific Northwest Lng,
doveva avviare le consultazioni con la comunità indigena. Così ha fatto.
Ma i Lax Kw’alaams hanno rifiutato all'unanimità l'enorme risarcimento offerto, rivendicando il diritto sancito dall’articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite. E in un comunicato spiegano:
“Speriamo che il pubblico riconosca il consenso unanime della comunità (dove l'unanimità è l'eccezione) nei confronti di un progetto in cui alla comunità stessa è fatta un'offerta al di sopra di un miliardo di dollari. Non è un problema di soldi ma una questione ambientale e culturale”.
Per il progetto, gli indigeni
saranno esclusi dall’isola Lelu, da cui ricavano tradizionalmente
piante e medicine tradizionali. Non si tratta solo di diritti delle
popolazioni indigene ma di un'intera comunità che non vuole sacrificare i propri luoghi per gli interessi delle multinazionali. La
consultazione per il progetto è stata rivolta a cinque gruppi indigeni
ma solo i Lax Kw’alaams hanno rifiutato ogni compromesso pur essendosi
detti aperti al dialogo e al confronto.
Peccato però che intanto il governo provinciale abbia rinnovato il proprio impegno nel progetto, firmando un accordo con Pacific Northwest Lng per
uno dei 19 progetti nella Columbia Britannica. L'ultima parola spetta
ora alla Canadian Environmental Assessment Agency, che si pronuncerà in
autunno.
Francesca Mancuso
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