Tutti gli osservatori hanno giudicato le recenti elezioni amministrative come una sconfitta personale del Presidente del Consiglio Renzi e come un inizio della sua fase discendente. Da più parti si ipotizza persino che la vita del governo sia oramai segnata e che le dimissioni siano solo questione di tempo.
Indubbiamente,
anche dove il PD ha vinto e cioè in Puglia e Campania, non si e'
trattato di una vittoria del premier poiché Emiliano, il neo presidente
pugliese, non è affatto uno dei suoi seguaci e il salernitano De Luca,
diventato suo sostenitore solo in un secondo tempo, è più imbarazzante
che gratificante a causa della sua nota "impresentabilità" e della
prossima sospensione a causa della legge Severino. Dove, inoltre, si
sono presentati i candidati a lui più vicini e cioè in Veneto, Liguria e
Venezia città, la sconfitta è stata netta.
E' impossibile fare una netta comparazione tra le elezioni europee (quelle del famoso 40%)e le amministrative perché questi due momenti elettorali hanno obiettivi e logiche molto diverse tra loro. Tuttavia, è indubbio che il "periodo di grazia" che accompagna i primi mesi di ogni nuovo Presidente del Consiglio sia finito. Che la sua parabola abbia passato l'apogeo non cambia pero' la realta': di alternative a Renzi ancora non se ne vedono.
La dissidenza interna al suo partito gode certo di un qualche
sostegno tra gli elettori nostalgici del vecchio PCI ma, agli occhi dei
più, i suoi esponenti rappresentano il passato e nessuno tra loro può
aspirare ad avere un consenso tale da farli diventare nuova
maggioranza. La neonata estrema sinistra che potrebbe coagularsi
attorno a Landini può sperare, qualora mai decidesse di presentarsi alle
elezioni, in un massimo del 10% ed avrebbe difficoltà a giustificare
una coalizione con qualunque altra forza politica. A destra abbiamo una
galassia di forze minori dove NCD, Fratelli di'Italia e qualche altra
velleitaria formazione deve fare i conti con percentuali che, qualora si
presentassero da soli, non sarebbero nemmeno sufficienti a superare la
pur minima soglia del 3%. Restano Forza Italia e la Lega.
Quest'ultima è in un momento di particolare vigore grazie alle battaglie popolari del suo giovane leader sul tema dell'immigrazione. Salvini ha dimostrato di essere abile nella comunicazione e di saper cogliere una certa parte di quelle proteste che nascono dalla crisi economica, canalizzandole genericamente contro l'euro e l'Europa. Proprio questi atteggiamenti demagogici che gli hanno assicurato un consenso crescente (non solo nelle tradizionali roccaforti del nord) costituiscono però il suo stesso limite perché, al momento della decisione di voto almeno per ora, anche una buona parte di chi guarda con simpatia a queste lotte avrà un atteggiamento più moderato, come è tradizione degli italiani, e non gli consentirà di superare un 15 — 16%. Di Berlusconi e di FI sarebbe quasi meglio non parlarne. Il primo sentimento che nasce pensando all'ex Cavaliere e' l'umana compassione.
E' impossibile fare una netta comparazione tra le elezioni europee (quelle del famoso 40%)e le amministrative perché questi due momenti elettorali hanno obiettivi e logiche molto diverse tra loro. Tuttavia, è indubbio che il "periodo di grazia" che accompagna i primi mesi di ogni nuovo Presidente del Consiglio sia finito. Che la sua parabola abbia passato l'apogeo non cambia pero' la realta': di alternative a Renzi ancora non se ne vedono.
Quest'ultima è in un momento di particolare vigore grazie alle battaglie popolari del suo giovane leader sul tema dell'immigrazione. Salvini ha dimostrato di essere abile nella comunicazione e di saper cogliere una certa parte di quelle proteste che nascono dalla crisi economica, canalizzandole genericamente contro l'euro e l'Europa. Proprio questi atteggiamenti demagogici che gli hanno assicurato un consenso crescente (non solo nelle tradizionali roccaforti del nord) costituiscono però il suo stesso limite perché, al momento della decisione di voto almeno per ora, anche una buona parte di chi guarda con simpatia a queste lotte avrà un atteggiamento più moderato, come è tradizione degli italiani, e non gli consentirà di superare un 15 — 16%. Di Berlusconi e di FI sarebbe quasi meglio non parlarne. Il primo sentimento che nasce pensando all'ex Cavaliere e' l'umana compassione.
E',purtroppo,
patetico osservare come qualcuno che godeva di un vastissimo supporto
popolare e sembrava poter affrontare e risolvere i nodi cruciali della
politica italiana manifesti in modo evidente i segni della vecchiaia e,
come qualche volta succede a vecchi che pur furono grandi, è diventato
un bamboccio nelle mani di giovani signorine che si sono impadronite,
tramite suo, di un partito. Solo pochi politici degni di questo nome vi
resistono a fatica e con sempre maggior disagio. Il consenso
potenziale di Forza Italia stenta, oggi, a toccare il 10 percento.
Anche un'alleanza tra Lega e Forza Italia non e' ancora sicura perche' la prima punta alla leadership ma Berlusconi difficilmente accettera' di mettersi in secondo piano. Da un lato perche' non riesce ad immaginare di cedere il passo a qualcuno, dall'altro perche' sa che i limiti di una forza anti-sistema, come la Lega continua ad essere, stanno proprio nella sua impossibilita' di diventare maggioranza.
L'unica alternativa che appare possibile restano i grillini e il sempre piu' frequente corteggiamento dei media verso Luigi Di Maio lascerebbe intuire che i "poteri forti", nazionali e non, hanno cominciato ad abbandonare Renzi per puntare su questo altro giovane. E' certo pero' che il Movimento 5 stelle deve ancora evolversi se vuole veramente puntare a diventare una forza di governo e dalla fase "destruens", deve ancora rendersi credibile nel passaggio a una "construens".
Detto tutto cio', fa male constatare che le ragioni piu' profonde della non crescita italiana e della riluttanza generale a nuovi investimenti restino sempre nell'ombra e nessuna delle forze politiche vi accenni. Non e' la riforma della scuola, ne' quella (un'ennesima?) delle pensioni che possono ridare fiato al nostro Paese.
Entrambe sono importanti per il futuro dei nostri giovani e per la tenuta dei conti pubblici ma cio' che frena l'Italia sono piuttosto quattro altre cose: la lungaggine e inefficienza della giustizia civile che toglie certezza al diritto e rende vane le regole; la macchinosa e inefficiente burocrazia che causa costi aggiuntivi alle aziende e allontana ancora di piu' il popolo dalle istituzioni; l'esagerato livello delle imposizioni e la sua farraginosita' che penalizzano, molto di piu' della rigidita' dei rapporti di lavoro, i costi di produzione.
C'è l'ultimo freno, che però non dipende dai politici e dalle loro decisioni anche se spiega perché tra di loro esiste una sovrabbondanza di incapaci e di disonesti: è lo carso senso civico degli italiani. Sta proprio in quest'ultimo aspetto la spiegazione di tanti dei nostri mali. Se non aumenteranno il senso di appartenenza e di comunità, se non si avra' il coraggio di sottrarsi ai corporativismi, se non si comincera' a pensare alla cosa pubblica come "cosa di tutti" non basteranno mai i Berlusconi, i Renzi, i Salvini, i Grillo o altri ancora a rilanciare il futuro del Paese. Uno dopo l'altro, anche loro saranno maciullati dalle non-riforme che non-faranno e la loro paralisi non potra' che accelerare la nostra corsa verso l'autodistruzione.
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