La decisione di escludere la Grecia dalla riunione dell’Eurogruppo di sabato 27 giugno, subito definita «informale», rappresenta l’equivalente di un colpo di mano da parte del Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. È un fatto inaudito, che viola tanto lo spirito quanto le norme dei trattati dell’Unione Europea.
L’assenza di reazioni da parte degli altri partecipanti alla riunione è altrettanto grave. Quel giorno è stato un giorno decisamente nero per la democrazia. Domenica 28 giugno, le pressioni sulla Grecia sono riprese. E i giorni a venire potrebbero rivelarsi i più oscuri per la democrazia, in Grecia come in Europa. È opportuno valutarne le conseguenze.
I fatti
La realtà dei fatti è che nel corso della riunione del 27 giugno Dijsselbloem ha chiesto al Ministro greco delle finanze, Yanis Varoufakis, di uscire dalla sala. L’Eurogruppo ha pubblicato un comunicato senza il consenso del Ministro greco, come si vede qui
Communiqué de l’Eurogroupe, publié au Journal Officiel de l’UE
Figura 1: Il comunicato dell'Eurogruppo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE
Questo comunicato riporta in nota la precisazione che il testo rappresenta la posizione di tutti i membri ad eccezione della parte greca. La posizione greca non è affatto verbalizzata come da prassi (ovvero come «posizione minoritaria»). È bene soffermarsi su questo aspetto.
- Se la riunione, come ha detto Dijsselbloem, era una riunione «informale», perché ne è scaturito un comunicato ufficiale?
- Se questa riunione non era informale, con quale diritto il Ministro greco ne è stato escluso, e con che diritto la sua posizione non è stata menzionata nel comunicato?
- L’Eurogruppo è un «gruppo informale» in seno alle istituzioni dell’Unione Europea. Ma agisce su delega del Consiglio Europeo, del quale riprende parte delle prerogative. Da questo punto di vista, segue le stesse regole – sia esplicite sia tacite – del Consiglio
La posizione di Yanis Varoufakis
Sul suo blog[1] il Ministro delle finanze greco spiega con chiarezza i motivi per cui non ha accettato le proposte dell’Eurogruppo, e spiega altresì i motivi che lo portano a ritenere che tali proposte costituivano in realtà un ultimatum. Il testo della sua dichiarazione, che non è stato smentito dagli altri membri dell’Eurogruppo e che quindi può essere considerato autentico, è un ragionamento economico ben articolato. Gli argomenti avanzati da Varoufakis sono dei più seri, ed hanno ricevuto il sostegno di molti economisti di fama internazionale (quali Paul Krugman o Joseph Stiglitz).
Si possono contestare alcuni passaggi logici nel discorso di Varoufakis, ma in tal caso bisogna comunque mettersi al suo stesso piano. È quindi giocoforza constatare che non si può dire altrettanto delle sedicenti «proposte» dell’Eurogruppo. In realtà quest’ultimo non ha minimamente toccato la questione dello sviluppo economico della Grecia, ma esclusivamente la questione dei mezzi e delle procedure per continuare ad estorcere pagamenti che essa non può fare. L’Eurogruppo ha perseguito una logica politica e non una logica economica. Perciò la rottura fra Grecia ed Eurogruppo prende tutt’altra dimensione rispetto a quella di un conflitto fra debitore e creditori. In gioco c’era la sovranità del popolo greco. La rottura non si è consumata su questioni economiche, ma sulla constatazione che l’Unione Europea applica ormai l’equivalente della «dottrina Brežnev», la dottrina della sovranità limitata, formulata nell’agosto del 1968 all’epoca dell’intervento dei paesi del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia.
È dunque il colmo che l’Unione Europea innalzi la bandiera della “difesa della democrazia”, per esempio in Ucraina (dimenticando opportunisticamente il ruolo delle milizie fasciste che aiutano il governo di Kiev), e allo stesso tempo schiacci nel modo più freddo e cinico quella stessa “democrazia” per quel che riguarda la Grecia. Questa è una lezione che dovremmo ricordare. Il 27 giugno 2015 potrà restare nella memoria di ciascuno come l’equivalente – per l’Unione Europea – dell’intervento sovietico in Cecoslovacchia, che contribuì notevolmente a far perdere credibilità al regime sovietico e che determinò, venti anni dopo, la sua caduta.
Il ruolo della BCE
In questo contesto la decisione della Banca Centrale Europea di mantenere invariati i prestiti di emergenza in liquidità che già forniva alla Grecia (il cosiddetto ELA) è stata il detonatore dei fatti verificatisi la sera di domenica 29 giugno. Di fronte all’imponente uscita di capitali fin dallo scorso mese di gennaio, le banche greche dipendono vitalmente dal programma di aiuti della BCE. Le fughe di capitali sono accelerate in questi ultimi giorni. L’annuncio del mantenimento dell’ELA, ma agli stessi livelli di prima, è equivalso a minacciare le banche di una penuria di liquidità a corto termine.
Déclaration de la BCE sur sa coopération avec la Grèce
Figura 2: Dichiarazione della BCE in merito alla sua cooperazione con la Grecia
Il governo greco è stato perciò costretto contro la sua volontà a mettere in atto un controllo dei capitali e a chiudere le banche per una settimana. È una decisione estremamente grave, e potrebbe rendere il referendum inutile se dovesse portare, di fatto, ad avviare una procedura di default con espulsione della Grecia fuori dalla zona Euro. Sembra che il governo greco sia rassegnato a questa logica, a dispetto delle dichiarazioni che ha reso sia sabato sia domenica.
Ma è anche una decisione che rivela la violenza delle pressioni esercitate sulla Grecia dai paesi creditori.
Converrà ricordarselo al momento opportuno.
Jacques Sapir
Fonte: https://russeurope.hypotheses.org
Link: https://russeurope.hypotheses.org/4023
[1] http://yanisvaroufakis.eu/2015/06/28/as-it-happened-yanis-varoufakis-intervention-during-the-27th-june-2015-eurogroup-meeting/
Traduzione per www.comedonchiscitte.org a cura di MARTINO LAURENTI
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15250
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