La coscienza identificata, egoica, è continuamente a caccia di obiettivi, traguardi, orizzonti che possano dare un senso all'agire ed al vivere. Accade così che si sacrifichi l'intensità di ogni istante in relazione a un concetto astratto, proiettato nel futuro. Si apre un conflitto tra ciò che stiamo vivendo e ciò che dovremmo vivere al fine di raggiungere l'obiettivo prefissato. Non ci possono essere nè pace, nè gioia in una vita popolata da finalità ed obiettivi. Non si vive, si lotta.
Bisogna tuttavia prendere atto che ciò che ci porta a lottare e produce ansia non è tanto la presenza di obiettivi in sè ma il fatto di ritenere che solo raggiungendoli potremo essere felici e realizzati. Inventiamo dei traguardi, lottiamo per raggiungerli, ci disperiamo se questo non accade e ne inventiamo invece di nuovi nel caso essi siano stati raggiunti per riprendere il gioco dall'inizio. E' come bere acqua salata. Più ne bevi e più la sete cresce.
Quando smascheriamo l'assurdità di questo movimento, generatore di competizione, ansia e conflitti, ci riapriamo a quell'intensità del vivere che ci sconcerta nei bambini, che possono giocare un'intera giornata senza mai stancarsi, godendosi il gioco istante per istante, che passano ore e ore a costruire meticolosamente un castello di sabbia per poi distruggerlo placidamente.
Perchè? Perchè per loro il gioco non ha altra finalità che non sia il gioco stesso. Se chiediamo a un bambino qual'è il senso del suo giocare è molto probabile che non capisca la domanda. Qualsiasi questione riguardo al senso infatti è tipica di quella coscienza egoica "avanzata", astratta, soffocante e frammentaria, tipica dell'età adulta.
Che cosa è successo?
La
Coscienza, identificandosi con un corpo, inizia a credersi un punto
nello spazio. Non è più Spazio ma un oggetto che si muove nello spazio. E
questo oggetto inizia dunque ad aver bisogno di direzioni, di
orientamenti, di sensi di marcia per orientare il proprio movimento.
Allora ci inventiamo religioni, filosofie, ideologie che possano dare
senso al nostro agire, senza tuttavia renderci conto di quanto sia
innaturale questo processo sin dalle sue premesse. E' come se l'oceano,
credendosi onda, cercasse disperatamente dei motivi trascendenti per
orientare il proprio movimento. Per l'oceano questo gioco
dell'identificazione con un'onda può essere eccitante per un po' ma alla
lunga non può che rivelarsi deprimente e soffocante.
Tutto
in questo universo si muove in perfetto ordine senza porsi alcuna
questione riguardo al senso. Solo nell'essere umano queste domande
emergono in virtù dell'identificazione con un corpo che produce la
coscienza egoica, la coscienza personale, auto-coscienza. Solo per
l'onda le domande di senso possono assumere un qualche significato. Per
l'Oceano, per la Totalità esse non hanno alcun significato. Ed ancor
meno per l'acqua, che compone sia l'onda che l'Oceano.
Quando
ci risvegliamo alla nostra vera natura, cessiamo semplicemente di
crederci un punto nello spazio assetato di direzioni. Torniamo ad essere
Spazio Incondizionato.
E
questo non può che portare al dissolvimento di tutte le questioni
riguardo al senso, al significato, agli orizzonti grazie ai quali
orientare il vivere. Torniamo a vivere le cose nella loro naturale
intensità perchè non ci sono più frammentazione, sacrificio dell'oggi
per il domani.
Il
senso della Vita torna ad essere il vivere stesso. Così come il senso
della Relazione il relazionarsi, il senso della danza il danzare, il
senso dell'Amore l'amare, ecc. E in questo riscopriamo coscientemente
una pace, una gioia, una pienezza a lungo dimenticati a causa
dell'esilio illusorio nella terra straniera dell'identificazione.
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