mercoledì 24 giugno 2015

Mangiamo animali morti?


La domanda può sembrare assurda. Ovviamente, per essere mangiati, gli animali devono prima essere uccisi. Sappiamo tutti che dietro a una bistecca, c’è un animale morto.

Tuttavia, per la maggior parte del tempo, facciamo dell’animale un elemento estrinseco alla carne.

Ci crea sempre fastidio quando, a tavola, un vegetariano ci ricorda che il cosciotto d’agnello è innanzi tutto una carogna.

Questi moralizzatori!

Così, spesso, abbiamo fatto finta di dimenticare. Dopotutto, bisogna mangiare carne per vivere!

Questo è un alibi.

La necessità della carne, è il nostro pretesto. E poi, se si ammette che la carne non è, come è ovvio, necessaria, si potrà sempre dire che, poiché ci piace mangiarli e li mangiamo, il consumo di animali è giustificato di fatto.

Il mio piacere di mangiare una bistecca vince perché così ho deciso. Gli animali hanno solo bisogno di essere trattati bene. Uccisi con amore.


Come è possibile conciliare l’amore che diciamo di provare per gli animali “domestici” (gatti, cani, ecc), con il massacro a cui partecipiamo dando il nostro denaro a coloro che “uccidono con amore”?

Martin Gibert, che insegna etica e filosofia del diritto, nel suo ultimo saggio di recente pubblicazione, “Voir son steak comme un animal mortVéganisme et psychologie morale” (“Vedere la sua bistecca come un animale morto – Veganismo e psicologia morale”) spiega questa ambiguità inerente alla natura umana attraverso il concetto di “dissonanza cognitiva” che si manifesta, in relazione alla carne, con il seguente sintomo: “noi amiamo gli animali ed amiamo mangiare i loro cadaveri”.

Il cadavere sul mio piatto
L’immagine del cadavere, noi la temiamo; e questo, gli industriali lo hanno compreso perfettamente.

È la ragione per la quale non troveremo mai sulle confezioni di dentifricio la scritta: “Contiene animali morti”; perché, presentati così, molti prodotti sarebbero molto meno vendibili.

Allora, il problema si camuffa.

In effetti, è in circostanze simili che, secondo Martin Gibert, interviene la “percezione morale”.

Ma la percezione morale dei mangiatori di animali è piuttosto “confusa” e infatti potrebbe succedere che un telespettatore che mangia solitamente bistecche, rimanga sconvolto dal fatto che un partecipante ad uno show televisivo uccida un maiale in diretta per nutrirsene definendo questa violenza “non necessaria”, e ignorando il fatto che non lo sia uccidere un animale in generale.

Se uccidere degli animali non è necessario, perché si mangia ancora carne?

La domanda è, secondo Martin Gibert, “Come si fa a non essere vegan?”.

È vero, è difficile rimanere indifferenti alla sofferenza degli animali, dice Gibert, “Chi può vedere senza rabbrividire l’agonia di un bue o di un maiale?”.

Tuttavia, teniamo alla nostra bistecca ed è proprio in questa cornice contraddittoria che bisogna analizzare la psicologia dell’onnivoro.

C’è, nei nostri rapporti agli animali, una continua contraddizione da superare. Possiamo, ad esempio, persuaderci che gli animali non soffrano veramente, o del fatto che abbiamo realmente bisogno delle proteine che, per credenza popolare, si dice siano contenute solo nei prodotti di origine animale ma, quando ci viene dimostrato il contrario, inneschiamo automaticamente un processo di rimozione della colpa.

Sosteniamo in questi casi che “le cose non dipendono da noi” e che, anche se mangiamo animali, non siamo responsabili della loro uccisione.

E, così ci piace dire, in nessun caso, smetteremo di mangiare carne perché sono i vegani che smettono di farlo, e i vegani sono una setta.

Dire questo ci rassicura, perché i vegani costituiscono un campanello d’allame per la nostra “dissonanza cognitiva”.

Rendere la realtà più digeribile
“Dovunque, si creano degli eufemismi per rendere la realtà più digeribile”. Secondo Martin Gibert, riprendendo il termine coniato dalla psicologa americana Melanie Joy, “La maggior parte delle persone sono carniste”.

Dietro a questo neologismo, c’è “l’apparato ideologico che ha per funzione il soffocamento della dissonanza cognitiva”.

Il carnista fa appello a innumerevoli alibi per giustificare delle pratiche e mantiene la posizione che nell’immaginario collettivo è maggioritaria, secondo la quale non c’è niente di male ad abbattere degli animali se tutto questo è visto come naturale e necessario.

Martin Gibert vede il carnismo come una “barriera ideologica che nasconde la realtà dello sfruttamento”.

“L’allevamento industriale riguarda l’82% degli animali in Francia, eppure molto spesso si fa appello, per giustificare la pratica del mangiare animali, ad un ipotetico podere felice in cui gli animali sarebbero trattati bene.

Ma la questione della necessità ritorna costantemente: perché porre fine alla vita di un animale privandolo di tutto ciò che avrebbe potuto vivere quando non è necessario?

Si potrebbe dire, per esempio, che è legittimo uccidere il mio cane in modo “felice e umano” perché io voglio andare in vacanza?

Perché sarebbe legittimo uccidere un maiale solo per mangiare un pezzo di salsiccia?

Sicuramente non è la presunta “carne felice” la risposta a questi dubbi e il presunto concetto di necessità fa acqua da tutte le parti.

Il veganismo come soluzione
Ma il problema della carne va oltre la questione legata all’uccisione e allo sfruttamento degli animali.

Come giustamente ricorda Martin Gibert, anche la questione ambientale deve essere presa sul serio.

Nonostante le ambizioni apparenti dei governi in materia di politica ambientale, il problema dell’influenza degli allevamenti di bestiame sull’ambiente è in gran parte nascosto. Questi sono responsabili del 14,5% delle emissioni di gas a effetto serra, secondo un rapporto della FAO pubblicato nel 2013; più che “tutti i mezzi di trasporto”.

Perché il problema viene ignorato anche da coloro i quali pretendono di definirsi “ambientalisti”?

Come si può giustificare questa disparità tra le nostre convinzioni e le nostre concrete abitudini?

Basta fermarsi a mentire a se stessi.

Se penso che gli animali non devono essere uccisi senza necessità, è perché credo che abbiano un interesse a perseguire la loro esistenza.

Il consumo di carne non è compatibile con la presa in considerazione gli interessi degli animali e dei requisiti ambientali.

L’imperativo è quello di eliminare la carne dalla nostra dieta.

Versione originale:


Kevin Barralon

Fonte:b www.huffingtonpost.fr
Link: http://www.huffingtonpost.fr/kevin-barralon/voir-une-viande-comme-un-animal-mort_b_7550278.html


Versione italiana:

Fonte: www.veganzetta.org
Link: http://www.veganzetta.org/mangiamo-animali-morti/


Traduzione a cura di Ada Carcione per Veganzetta
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15222 

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ma dico io, anche supponendo di non cibarsi più di carne animale, poi bisogna pensare al pesce che contengono i famigerati omega3 e non solo, bisogna pensare a come impiegare tutte quelle persone che vi lavorano indotto compreso; poi bisogna pensare a come nutrire senza rimetterci e quindi fallire, tutti gli animali da fattoria. Dove li portiamo in gita turistica o in qualche parte desolata del mondo oppure li lasciamo liberi che vaghino per le strade? Ma poi alle piante non ci pensate? Se fossimo tutti vegetariani quante coltivazioni intensive verrebbero prodotte? Quando assaggia una foglia di insalata non pensa che anche quella pianta avrebbe lo stesso diritto riservato agli animali?Ma allora perchè continuiamo a cibarci, non sarebbe meglio che morissimo tutti, magari di fame, così queste altre creature del pianeta, potrebbero vivere in santa pace? Allora avanti il primo. Vuole essere lei per caso? - andriun
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Caro andriun, il suo divertente intervento è riuscito a riportarmi a scrivere su CDC, cosa che non facevo da almeno 2 anni.

Risponderò ad ogni punto da Lei proposto. Il mio intento non è contrappormi a un suo punto di vista, non c'è bisogno di contrapporsi, ognuno ha il suo tempo, e il diritto di scegliere la strada che preferisce; possibilmente con rispetto degli altri se opta per “l'amore”, o senza particolari limiti, se opta per “il rimanere distaccato”.


Il mio intento è solo mostrarle che c'è almeno un'altra una forma di pensare, “non ortodossa” (ma non per questo “sbagliata”) per ciascuno dei punti da Lei toccati.

C'è la possibilità che alcune cose che scriverò non siano comprese, ma non importa.
“ma dico io, anche supponendo di non cibarsi più di carne animale, poi bisogna pensare al pesce che contengono i famigerati omega3 ...”
pensi che la prima volta che sentii parlare di questi “omega 3” fu a metà degli anni novanta; prima … il buio più completo (nonostante già all'epoca fossi un lettore accanito, definibile di cultura medio-alta). Le racconterò, perché me lo ricordo come se fosse ieri, in quale situazione feci la mia conoscenza con i “miracolosi” omega 3: stavo guardando un vecchio enorme (cubico) televisore, quando apparse la pubblicità di un tizio pelato, insieme a dei bimbi vestiti da animali che reclamizzavano il latte di una nota impresa di Parma (un impresa già decotta quando fu collocata sul mercato azionario dalle principali banche italiane alla fine degli anni ottanta, in completa malafede … ma questa è un 'altra storia). Bene a ridosso di poco tempo da questo spot, i supermercati si riempirono di prodotti di questa azienda, che portavano la dicitura “+ omega 3”, … l'azienda in questione fece un bel botto una decade dopo, ma la scritta “omega 3” sui prodotti di supermercato … rimase.
“… e non solo, bisogna pensare a come impiegare tutte quelle persone che vi lavorano indotto compreso”
Ci sono diverse possibili osservazioni a questa Sua affermazione: la mia favorita potrebbe essere “É proprio necessario lavorare ? (taglio, dicendo subito che non sono ricco ...)”
Aneddoti legati a questa mia osservazione sono: quello dell'uccello cresciuto in cattività dentro una gabbia che al momento di trovarsi fuori, rimane completamente spaesato, senza sapere dove andare … o quello dello schiavo cresciuto nella piantagione che è disperato perché essendo stato liberato, non ha la più pallida idea di cosa deve fare …

Ma come ci sono degli inguaribili schiavi che vogliono continuare a esserlo, mi mantengo su questo livello di più facile comprensione. Un paese dove non c'è lavoro, è un paese dove tutto va bene e non ci sono problemi. (Mi sforzo di trovarne uno in questa epoca, con questa caratteristica ma non ci riesco). Quindi un paese che ha molti problemi, ha per forza di cose molta necessità di lavoratori per risolvere i problemi … quindi in questa epoca – il lavoro non manca – al limite manca la volontà e/o i mezzi per pagare codesto lavoro; ma come il denaro non cresce sugli alberi … il problema è, semmai, con chi si arroga il diritto di emetterlo e di decidere chi debba essere “premiato” o “penalizzato”; ma qui stiamo sconfinando in altri argomenti.
“poi bisogna pensare a come nutrire senza rimetterci e quindi fallire, tutti gli animali da fattoria”
Fino a 150 anni fa c'era un numero di animali enormemente superiore a quello attuale sul pianeta.
Nessuno è mai fallito nel mantenerli, perché loro stessi si mantenevano.
Spazio ne esiste ancora molto (gli essere umani sono stati “concentrati” nelle città, l'indice di urbanizzazione è del 60-65%, in forte aumento), e una buona parte è usato per produrre cibo artificiale (OGM) per le bestie d'allevamento … il cane che si morde la coda.
“Dove li portiamo in gita turistica o in qualche parte desolata del mondo oppure li lasciamo liberi che vaghino per le strade?”
Le due risposte che da, le trovo eccellenti e entrambe validissime.
Una volta gli animali girovagano liberi, … perché erano nati liberi, come dovremmo esserlo noi, quindi potrebbero tornare a fare ciò che facevano beatamente negli ultimi migliaia di anni.
Come pure, già che chi ha veramente bisogno di aiuto, non sono loro, ma siamo noi. Potremmo anche fare da accompagnatori, in modo da ricevere tutti gli effetti benefici che la simbiosi con gli animali, porta alla salute dell'uomo. Con tutti i malati di mente in circolazione (indotti e/o creati dal sistema), quale migliore rimedio avere una amica mucca. Lo so che sarebbe difficile farle salire le scale fino al 10o piano per farla stare nell'appartamento di 55 m2, ma la soluzione potrebbe essere di non vivere al 10o piano in un appartamento di 55m2.
“Ma poi alle piante non ci pensate? Se fossimo tutti vegetariani quante coltivazioni intensive verrebbero prodotte?”
Non sono un pollice verde, ne un agricoltore, come non lo è la maggior parte delle persone in questa epoca al punto di essere ignoranti totali in materia. Le voglio però portare ad esempio ciò che mi è successo alcuni anni or sono. Avevo affittato una casetta, fuori città, dove vivevo: 200 m2 di giardino più 75m2 di casa.

C'erano 2 alberi di mango adulti, ognuno alto un 5-6 metri, con un diametro (non di tronco) di chioma di 8-10 metri. La prima volta che fecero frutto (dopo che affittai la casa) mi coprirono 80m2 di giardino di frutti; dopo aver fatto 3 pentolate enormi di marmellata, dolce di mango, torta di mango, ero invaso dai manghi. Decidi allora di “pulire” il giardino raccogliendo tutti i manghi, quasi tutti in perfette condizioni, maturi, meravigliosi, dolcissimi, che erano caduti per terra, nell'ultima settima. Dopo un pomeriggio di lavoro (all'epoca odiavo il giardinaggio e ancora meno raccattare frutta), riempii 8 sacchi neri (della spazzatura) da 200 litri ciascuno. Ripeto 8 sacchi neri da 200 litri ciascuno di mangiare “gratis”. Un mango pesa circa 100-150 grammi (ci sono pure quelli da 1 chilo, ma è un'altra qualità), con 3 manghi avevo pranzato. Dentro ogni sacco ci saranno stati 300-400 manghi. Il frigo, le credenze, le pentole erano già pieni di manghi. Che fare ? Scelsi i migliori di un sacco e li misi sul muretto sulla strada per chi li volesse prendere (ho sempre odiato vedere il cibo sprecato). Il giorno dopo erano tutti li.

Nel pomeriggio ci fu una guerra di manghi tra bambini, con i miei manghi come munizioni, non era esattamente l'uso proprio, ma almeno qualcuno si era divertito.
Effettivamente nell'urbanizzazione dove abitavo c'erano alberi di manghi e banani dappertutto, e il mio problema era lo stesso di tutti.

Dettaglio: ciò che raccolsi in quella giornata era solo ciò che era caduto fino a quel giorno. In cima alle 2 chiome c'erano appesi ancora una quantità almeno 3-4 volte superiore.

Se poi pensa che il mango butta circa 3-4 volte in un anno. Con 2 alberi di mango, pensi quanto cibo … solo a vederlo si ha un'idea chiara.

Questa è la natura. L'uomo concentrato nella città, non ha la più pallida idea di cosa sia.


A proposito, gli altri 7 sacchi pieni di manghi, marcirono lì, erano troppo pesanti per essere trasportati (e comunque si sarebbero rotti); fu l'ultima volta che raccolsi i manghi caduti … passai a calpestarli come se fossero erba …


Alla luce di questo mio racconto penso proprio che non ci sia alcuna necessità di culture intensive; la natura è esplosiva già per quello che è, e il nostro pianeta potrebbe dar da mangiare ad altri 7 pianeti … (vegetali ovviamente).
“Quando assaggia una foglia di insalata non pensa che anche quella pianta avrebbe lo stesso diritto riservato agli animali?”
Devo dedurre che la frutta sia “masochista”. Perché farsi dolce, zuccherina, dissetante, sapendo che esseri umani o in mancanza animali sono inevitabilmente attratti a mangiarla ? Eppure abbiamo, dai documentari, al chiara nozione che i vegetali arrivano ad essere repellenti, se è messa in gioco la loro sopravvivenza.

In fondo quando mangiavo quei manghi, della storia precedente, non è che per farlo abbattevo l'albero (tutt'altro, mi regalava l'ombra), quindi non ammazzavo la pianta.

I vegetali hanno un grosso problema … non hanno le gambe.

Ed è giustamente per una questione di sopravvivenza che si fanno teneri, gustosi etc.

Suppongo che, se con fare predatore, si avvicina ad un melo, e stacca con violenza alcune mele, scappa via, e se le mangia, … il più felice di tutti sarà proprio quel melo.
"Ma allora perchè continuiamo a cibarci, non sarebbe meglio che morissimo tutti, magari di fame, così queste altre creature del pianeta, potrebbero vivere in santa pace?"
Comunque può darsi, se proprio vogliamo credere che sia bene neanche sfiorare un altro essere vivente, che non ci sia neanche bisogno di mangiare … Potremmo stare lì fermi, baciati dal sole, a contemplare ciò che ci circonda, senza mangiare, per non recare offesa a nessun essere vivente, in attesa della morte. Può darsi che la morte per fame, neanche arrivi … Perché fu scritto che “non di solo cibo, vive l'uomo” ...

Può darsi che basti guardare il sole.

Chissà che un giorno, renderemo tristi i meli del pianeta smettendo di mangiare le loro mele …


"Allora avanti il primo. Vuole essere lei per caso?"


Ci vuole molto coraggio a essere primi …

Un cordiale abbraccio

xmas
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