martedì 16 febbraio 2016

Casa dei Saud, Siria e stupidità

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Albert Einstein (1879-1955), una volta disse: 
Solo due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana, e non sono sicuro della prima“. 
Dopo tutti questi anni, molte persone ancora ridacchiano di questa citazione anche se l’hanno letta molte volte. Forse perché fonte d’ispirazione e dalla natura penetrante in relazione a certe persone e anche certi tipi di governi, per esempio un regime ambizioso come in Arabia Saudita, un regime impantanato nella guerra dello Yemen, che ancora vorrebbe farci credere che può invadere un altro Paese del Medio Oriente, una nazione sovrana come la Siria, con il pretesto di combattere lo SIIL, una chiara sua progenie. 

Il problema è che l’immaginario “schieramento” saudita comporta molto. La Casa dei Saud vorrebbe vedere Stati Uniti e NATO partecipare alla sua invasione per il “cambio di regime”, cosa fuori discussione. Il governo siriano e le Nazioni Unite non danno a Riyadh alcun permesso d’invaderla. 

Inoltre, i funzionari iraniani e russi avvertono sulla retorica sciocca, con il premier Dmitrij Medvedev che avverte che l’invasione saudita potrebbe innescare una “nuova guerra mondiale”. Allo stesso modo, il consigliere militare del leader supremo iraniano, il Maggior-Generale Yahya Rahim Safavi, dice che lo spiegamento saudita in Siria è stupida propaganda, uno stratagemma concepito solo per ridurre i danni.

Secondo lui, “Se i sauditi avessero tale capacità, l’avrebbero fatto nello Yemen“. Non potremmo essere più d’accordo:
– Lo schieramento saudita, con la scusa di combattere i terroristi dello SIIL, in realtà è volto a spodestare il Presidente Bashar al-Assad, un pio desiderio. Se avessero il coraggio d’invadere la Siria, l’avrebbero fatto anni fa, in particolare quando i loro sicari terroristici avevano il sopravvento e controllavano ampi territori in Iraq e Siria. Un lusso di cui non godono più.
– Lo schieramento saudita è un bluff volto a fare pressione su Iran e Russia nell’incentivare i colloqui sulla Siria accogliendo le loro richieste sul cessate il fuoco, nel momento in cui l’esercito siriano appoggiato da iraniani e russi circonda Aleppo e si prepara alla battaglia che deciderà l’esito di cinque anni di guerra.
– Lo schieramento saudita è stato accolto con favore da Washington, ma questo non è del tutto vero. Washington non commetterà mai la follia di rischiare lo scontro diretto con la Russia per uno “scherzo politico”. Al contrario, il segretario di Stato degli USA John Kerry ha concordato con Iran e Russia la cessazione delle ostilità in Siria, destinata ad iniziare al più presto. Questo mentre Iran e Russia rifiutano le richieste di dimissioni del Presidente Assad o di comprendere i vari gruppi terroristici nella lista dei bersagli non ostili. Dicono che i colloqui propiziati dalle Nazioni Unite siano tra Damasco e l’opposizione, e non con i terroristi filo-sauditi.
 Cay_bxzW0AENrNM.jpg large Tutto questo e molto altro spiega perché la Casa dei Saud non potrà mai far ingaggiare a Stati Uniti e NATO truppe di terra per effettuare la sua invasione immaginaria. La Casa dei Saud è in preda al panico e i suoi complici sanno meglio di chiunque altro che non hanno il coraggio di fare nulla oltre che colpire il Paese arabo più impoverito chiamato Yemen, vergogna dell’amministrazione Obama. Sanno anche meglio di chiunque altro che non possono vincere una guerra ingiustificabile. In poche parole, lo schieramento saudita in Siria è un disperato tentativo di salvare il fallito cambio di regime. Le loro stupide ambizioni sono smisurate rispetto alle loro “presunte” capacità militari nell’universo basato sulla realtà chiamato Siria. - Fars News Agency, 14/2/2016

La Turchia flette i muscoli in Siria
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L’esercito turco ha continuato, per il secondo giorno, a bombardare le posizioni della milizia curda siriana oltreconfine, chiedendo a quest’ultima di ritirarsi dai territori che ha occupato ultimamente nella provincia settentrionale di Aleppo, in particolare la base militare strategica di Minaq, di vitale importanza per le linee di rifornimento dalla Turchia ai gruppi terroristici. Ma i combattenti curdi con sfida respingono la richiesta turca A loro volta, hanno avvertito che resisteranno ad ogni incursione turca. 

Il leader curdo siriano Salah Muslim ha detto a Reuters che l’esercito turco affronterà “l’intero popolo siriano”. Gli ultimi rapporti indicano che la milizia curda, con la copertura aerea russa, accerchia un’altra città strategica, Tal Rifat, vicino al confine turco. A dire il vero, Ankara deve affrontare una sfida frontale dalla milizia curda che ha cancellato le “linee rosse” ad ovest dell’Eufrate e ora avanza costantemente per prendere il controllo dei territori al confine con la Turchia.

L’obiettivo turco sarà ritagliare una zona cuscinetto in Siria, a lungo sostenuto apparentemente per creare campi per i profughi dalla zona del conflitto, ma in realtà per avere il controllo dei territori di confine e impedire ai curdi siriani di accedervi. Le stime di Ankara sembrano indicare che se l’amministrazione Obama s’è finora rifiutata di sostenere il piano turco, potrebbe non essere più così con un’influente movimento di opinione negli Stati Uniti che favorisce sempre più l’idea. In un articolo del quotidiano filo-governativo Sabah, il portavoce presidenziale della Turchia Ibrahim Kalin ha fatto capire con forza che gli Stati Uniti accetteranno come fatto compiuto ogni ‘zona cuscinetto’ che l’esercito turco potrà ritagliarsi nel territorio siriano. 

Naturalmente, un intervento diretto turco sarà rischioso. Di sicuro incontrerà la resistenza non solo delle forze governative siriane e della milizia curda, ma anche dei combattenti di Hezbollah che operano nella zona di Aleppo. La grande domanda sarà sulla reazione russa. Molto probabilmente, ciò spiega la telefonata urgente del 13 febbraio del presidente degli Stati Uniti Barack Obama a Vladimir Putin. Il Cremlino descrive la conversazione come “franca e costruttiva” e cita Putin sottolineare con forza l’importanza degli Stati Uniti “nel rinunciare ai due pesi e due misure”. (Kremlin)
 
E’ del tutto possibile che la Turchia prepari un qualche intervento in Siria. L’emiro del Qatar è stato a Istanbul per incontrare il presidente Recep Erdogan, l’11 febbraio; aerei da caccia sauditi sono arrivati nella base aerea d’Incirlik. Washington ha espresso preoccupazione e cerca di ridurre le tensioni, ma conoscendo la testardaggine del presidente Recep Erdogan, non sarà facilmente scoraggiato dal perseguire ciò su cui ha messo gli occhi. Il punto è che Erdogan non può assistere impotente ai gruppi di ascari della Turchia, nella regione di Aleppo, sconfitti sistematicamente. La caduta di Aleppo sarà la sconfitta della Turchia e un’enorme perdita di prestigio per Erdogan. 

Questo è il momento di agire poiché la maggior parte dei quartieri orientali di Aleppo è ora sotto il controllo delle forze governative e la perdita del tenue corridoio di Azaz significherà che la Turchia non potrà rifornire i terroristi intrappolati ad Aleppo. D’altra parte, è improbabile che i sauditi vogliano scendere sul campo in Siria. I sauditi hanno preso la posizione intelligente di essere disposti a schierare truppe sul fronte guidato dagli Stati Uniti (che sanno essere improbabile). Quindi, la Turchia saprebbe che i sauditi bluffano. Ed è improbabile che la Turchia vada da sola. (Leggasi il perspicace commento iraniano qui sopra). 

Nel frattempo, non c’è tregua nelle operazioni dei curdi siriani e delle forze e milizie governative. Senz’altro perseguiranno senza sosta nelle prossime settimane l’obiettivo di prendere il pieno controllo delle regioni di confine con la Turchia. E c’è scarsa probabilità che i feroci attacchi aerei russi rallentino. I prossimi giorni saranno i più critici. La Turchia si guarda attorno, mentre Erdogan cerca la sua via d’uscita dalla palude.

MK Bhadrakumar, Indian Punchline, 14 febbraio 2016

Recep Tayyip Erdogan 

Il bluff della Turchia

13940922000250_PhotoIC’è un déjà vu nei rapporti sull’esercito turco sul punto d’impegnarsi in un’incursione in Siria. Rapporti simili emersero anche lo scorso anno. Allora, la storia era che la Turchia si preparava a creare una zona di sicurezza al confine con la Siria lunga 70 miglia e profonda 20 miglia, con un’incursione al confine con la Siria. È difficile prendere seriamente l’idea di un’incursione unilaterale turca in Siria per una serie di ragioni. In primo luogo, vi è la pura assenza di logica nell’idea del coinvolgimento militare senza gli alleati occidentali. La Siria è stata a lungo un disastro minaccioso, ma né la Turchia né alcun altro è proprio voglioso d’inviarvi il proprio esercito. Certo, combattenti stranieri abbondano in Siria e tutte le potenze regionali, così come Stati Uniti e Russia, vi sono sostengono i loro. Ma con il coinvolgimento diretto russo, la prospettiva di un’incursione turca è ancora più remota. In secondo luogo, vi è l’opinione pubblica turca negativa. In Turchia, l’idea di un intervento militare in Siria rimane assai impopolare. L’intervento sarà certamente controproducente e scatenerà ancora più il terrorismo dello Stato islamico in Iraq e Levante (SIIL) nel Paese. Che dire dell’argomento che la Turchia interverrà in Siria solo per fermare le forze curde. 

La teoria afferma che l’avanzata dei curdi siriani contro lo SIIL ha esacerbato le preoccupazioni della Turchia sui curdi che si creano una sorta di Stato o regione autonoma, e che per evitarlo il governo turco, ci viene detto, sia finalmente disposto a intervenire in Siria. Non vi è alcun dubbio sul fatto che Ankara sia irritata dal fatto che Russia e Stati Uniti sostengano militarmente i curdi siriani. La rabbia della Turchia è guidata dall’idea che la Casa Bianca ora preferisca i partner curdi siriani ai turchi. Il governo turco è estremamente frustrato dalla nuova visibilità dell’alleanza tra Stati Uniti e curdi siriani, in particolare con il Partito dell’Unione Democratica (PYD), filiale siriana del Partito dei Lavoratori del Kurdistan turco (PKK). 

Ankara attribuisce il successo curdo contro lo SIIL alla volontà statunitense di sostenere le forze curde siriane con la potenza aerea e i rifornimenti. Dal punto di vista turco, il PYD è semplicemente un ramo del PKK che Turchia e Stati Uniti hanno bollato come gruppo terroristico. Permettere al PYD di riunire le zone curde della Siria rappresenterebbe una minaccia esistenziale per la Turchia. In tali circostanze, l’interpretazione più realistica delle voci sull’intervento turco è la seguente: con la minaccia d’intervenire in Siria, il governo turco semplicemente cerca di cambiare la politica statunitense che trova potenzialmente molto dannosa per gli interessi turchi. 

Come il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha senza dubbio ricordato al vicepresidente statunitense Joe Biden, nell’ultima visita, la Turchia può avere un impatto assai maggiore nella lotta allo SIIL dei curdi. Invece di un’incursione, la Turchia diffonde la notizia della prospettiva di un intervento militare degli Stati Uniti per avere attenzione e convincerne il governo a ridurre il sostegno al PYD. Al momento, la prospettiva di un intervento è molto utile per il governo turco. L’intervento reale, tuttavia, con tutti i rischi che ne conseguono, come un confronto con la Russia, è assai meno attraente. In altre parole, la Turchia sta bluffando.

Omer Taspinar, Todays Zaman, 14 febbraio 2016

YPG 

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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