Per morire bene dobbiamo vivere bene, utilizzare il nostro potenziale per portare giustizia in un mondo ingiusto. Per sfidare l'inganno con la verità"
Non ha senso fingere che è qualcosa a cui non pensiamo. Tanto lo facciamo, giusto? Ma è come lo pensiamo che fa la differenza, anzi il come ci sentiamo sul tema, è ancora più importante.
Carlos Castaneda inchioda la nostra attenzione su questo elemento sempre incombente, proclamando la regola dello sciamano, ovvero che se non affrontiamo la realtà incrollabile della morte, siamo inadatti al ruolo del “viaggiatore guerriero”.
Ok, qualcuno potrebbe rispondere a tono che: “non stiamo aspirando ad essere guerrieri in ogni caso, quindi perché insistere così tanto su questo?”. Ok, cerchiamo di non confondere la connotazione più standard che associa la parola "guerriero” alla guerra, e guardiamo invece a ciò che è il suo ulteriore significato: il “viaggiatore” guerriero.
Vedete, il fattore “viaggiatore” è molto significativo: vuol dire qualcosa che si muove, che non è statico. Suggerisce un'esplorazione continua, un viaggio, un cambiamento, un evento che si sviluppa, giusto?
Molti che stanno leggendo questo articolo senza dubbio sono viaggiatori guerrieri in divenire; esploratori coraggiosi all'interno del dramma divino della vita. Ma molti di più potrebbero desiderare di esserlo, se non fosse che costoro si sentono un po' impauriti dai molti territori ignoti, che il futuro iniziato deve affrontare.
Il mio suggerimento è che tutti noi riconosciamo questo dilemma e condividiamo le insicurezze e le domande che ciò evoca in noi. Quindi, proprio come accadrebbe per uno degli innumerevoli ostacoli della vita, possiamo cominciare ad osservarlo passare, come fosse una sfida creativa.
C'è certamente un'arte per morire, così come ce n'è una per vivere. La questione è, cosa potrebbe essere quell’arte… e anche… saremo abbastanza fortunati per avere uno spazio di quiete generoso e privo di dolore, in cui svolgere questa rappresentazione? Sarebbe sicuramente una benedizione.
Tenterò di rispondere a queste domande retoriche, ma per cortesia tenete a mente che sono semplicemente ciò che io ritengo che sia .. nulla di più. E’ solo un volo della immaginazione guidata dalla intuizione.
Se morire è un'arte, allora la prima cosa da riconoscere è che è "un’arte in corso”, è come lo fosse. Stiamo parlando di “transizione”, giusto? Stiamo parlando di muoverci attraverso diversi stati di esistenza. E quindi per rendere questa transizione il più morbida possibile, possiamo trarre profitto preparandoci in certi modi.
Tutti gli artisti devono abbracciare la disciplina della pratica e dello sviluppo delle loro abilità, altrimenti i loro talenti vanno persi. Quindi anche noi possiamo trarre profitto da una disciplina, come preludio all'atto del “passaggio”.
Ecco che l'arte del morire può svilupparsi, se organizziamo un po' di sessioni di pratica prima di tutto per trovare noi stessi (le nostre anime) in questo viaggio, che ci piaccia o meno.
Sicuramente molti di voi conosceranno già queste tecniche di rilassamento.
‘Completo rilassamento”, ha a che fare con il lasciare andare. Quindi credo che questa è la fase di transizione. Sdraiarsi perciò sul dorso, con le braccia lungo i fianchi, lasciando che tutte le faccende della giornata svaniscano, che vengano spinte verso il centro della terra ed usando un tipo di gravità che spinge verso il basso, un procedimento applicabile con il pensiero astratto.
Questi pensieri ampiamente inutili vengono quindi consumati da un fuoco nel nucleo della terra; l’energia pura, così, spogliata del suo fardello di peso, galleggia verso l’alto, nel cosmo.
Il trucco per rilasciare questa energia, è quella di abbandonare se stessi completamente alla Fonte, la Sorgente, il Divino, il Supremo Creatore, o qualsiasi altra forza che la persona crede l'abbia portata in primo luogo, in questo ciclo di esistenza. Perché questa è la stessa forza che ci porterà a casa. [occhio alle “contraffazioni… aggiungo io…ndt]
Mentre siamo così supini, ci doniamo ai poteri universali benigni e chiediamo di essere purificati e guariti: per perdere l’”io-identità”, per disperdere l’ego. Per far si che scompaiano tutti pensieri incentrati sull’io, fino a che una profonda calma e una leggerezza dell’essere, prevalgano e prenda il sopravvento un sottile senso di divenire gradualmente spirito.
Qualcuno potrebbe poi sperimentare un sottile senso di fluttuazione verso l'alto, come se il peso del corpo svanisse.
È qui, in in questo morbido punto di separazione tra la fisicità materiale e la leggerezza dello spirito, che abbiamo qualcosa di simile a una memoria di transizione nella vastità dell’infinito. Infinito amore. Uno stato di una dimensione che si chiama “paradiso” nei testi antichi.
Nella prima parte del viaggio la presenza di raggi brillanti di luce si rende manifesta. Presto quei fotoni diventano l'esperienza dello stato dell'essere. La luce come uno stato dell'essere. L'anima e la luce congiunti, sono uno. Tutto si espande in un'intensità di una risonanza sinfonica in crescendo.
La velocità dell'ascesa può puoi aumentare, quando “l’io spirito” viene spinto rapidamente verso un punto magnetico di grande potere radiante. E’ qui dove inizia una profonda purificazione, che fa sì che il seme della nostra anima si fonda in una grande pozza di plasma fecondo e altamente energetico, liberato di tutte le energie molecolari legate alla terra, che erano indispensabili per gestire la terza densità di questa esistenza terrena
E’ qui dove il seme dell’anima (ciò che resta di noi) viene fuso nell’espressione vibrazionale dell'Essenza stessa
L’ essenza che vibra ad una tale alta velocità da formare un'oasi di quiete profonda. La fusione onnipotente del duale. Ciò che include sia l’Alpha che l’Omega come Uno. L’Uno. Questo è l'apice del viaggio esteriore ma anche l'apice del viaggio interiore. I viaggi interiori ed esteriori arrivano alla stessa fonte da cui sono partiti.
Da qui viene “sparata” la doppia spirale estatica del cosmo che nasce. Il re-inizio. Facendo detonare il seme della vita che si sveglia di nuovo, che rientra in un nuovo ciclo: una fase successiva di avventura del “nostro” spirito purificato. Si tratterà o di rifare l’esperienza di vita sulla terra, come neonato che emerge dall'utero di una donna, oppure di procedere in un altro viaggio, guidato dalla Fonte, per svolgere un ruolo che dona ulteriore servizio al risveglio universale.
Per ciò che riguarda i nostri viaggi individuali, beh saranno determinati dal nostro karma. Ogni viaggio è unico, tuttavia simile per certi versi. Ma la transizione dalla vita “materiale”, “allo spirito dopo la morte” ed oltre in densità superiori, oppure di nuovo nell'esistenza materiale di terza densità, ha una cosa in comune: è un incredibile mistero!
Una parte intrigante di questo mistero è quella che ruota intorno alla questione: chi decide se dobbiamo ritornare sul pianeta terra?
Io credo che decidiamo noi. Ma solo se e quando abbiamo raggiunto ( o mantenuto) uno stato di consapevolezza cosciente durante la maggior parte del tempo sulla terra.
In ogni modo, un abbraccio gioioso “di questo grande mistero” è in se stesso un fattore vitale per andare in tutte le direzioni, al di sopra, al di sotto, in avanti…
Nel dire questo non sto sostenendo che vada negata una vera esplorazione scientifica. Quando questa è autentica e appassionata, è un complemento alla nostra consapevolezza intuitiva.
Non molto tempo fa, un tal senso di mistero, faceva eco dalle pagine che avevano visto molto sfogliare… quelle di libricini di storie di fate. Le nostre giovani menti appassionate venivano aperte come i nostri occhi, dal senso di anticipazione e di meraviglia che queste favole ci facevano invocare.
Ed è quel senso di mistero che deve prevalere in tutte le nostre vite e nel nostro passaggio; nonostante i tentativi ultragrezzi intentati per appiattire, denigrare e alla fine distruggere la gioia vivente che è nostro diritto di nascita e ragione di questa.
Dopotutto, come è possibile osservare l'acqua frizzante, gli uccelli in picchiata e le foreste scintillanti, ovvero ogni sfaccettatura dell'abbondanza della natura, senza un senso di meraviglia?
Dove siamo se non possiamo più gioire interiormente delle emanazioni miracolose del grande ciclo della vita e della morte?
Dove siamo se non possiamo essere superati, di tanto in tanto dalla incredibile ricchezza della diversità e del mistero che evidenzia il viaggio imperscrutabile in cui ci troviamo tutti?
Dove siamo sei in tutto questo vediamo semplicemente l'ordinario, l’inerte e il funzionale? Dove siamo se tutto ciò finisce con l'essere una sorta di mediocrità ordinaria? Una traversia quotidiana senz’anima?
Come dichiara l'epitaffio sulla tomba di un cimitero inglese: “Qui giace John Adams. Il fatto che morì, non garantisce che avesse vissuto”
E di questo si tratta. Per morire bene dobbiamo vivere bene. Questo significa vivere pienamente e generosamente, significa prendere ogni occasione che abbiamo per utilizzare pienamente il nostro potenziale, la nostra immaginazione e le aspirazioni creative. Usarle per portare giustizia in un mondo ingiusto. Per sfidare coraggiosamente l'inganno con la verità.
Questa è la prerogativa legata al fatto di essere “umani” e ciò che ci rende orgogliosi di esserlo. Uno stato che non possiamo raggiungere quando veniamo separati dai nostri compagni terrestri oppure quando cerchiamo solamente di mettere in sicurezza i nostri interessi, le nostre ambizioni narcisistiche.
Questa è una strada che va in contromano rispetto alle nostre più profonde vocazioni.
Ecco perchè poi la morte diventa un evento molto temuto. Temuto perché la morte per certo termina le voglie dell’ego. Perché per certo tritura le tronfie vanità del narcisismo e di certo conferisce al suo vettore ulteriori cicli di espiazione, prima che il “passaggio” sia in grado di portare una vera libertà di spirito ed un viaggio in avanti di gioiosa esaltazione.
Sì, per morire bene, dobbiamo vivere bene. In questo viver bene includiamo dare agli altri una mano lungo la strada della vita, ovunque sia possibile, perché in molti cosi abbiano la possibilità di risplendere e di trovare il divino in se stessi.
Dare un passaggio a coloro che possono beneficiare del nostro aiuto, qualsiasi sia il loro cammino di vita, qualsiasi siano i loro fallimenti o presunti errori, questo è una espressione fondamentale di servizio verso l’umanità, alla quale siamo legati nell’azione.
Perché alla fine quella persona e noi siamo unificati nella lotta, condividiamo le stesse pulsioni emozionali, gli stessi bisogni ed agonie ed estasi interne ed esterne.
Non c'è una grande pozza di coscienza nella quale noi “umani” vediamo qualcosa di comune e condiviso? E tutto ciò non sta crescendo impercettibilmente in questo tempo? I muri della “differenza”, non stanno costantemente disgregandosi?
Perché, al centro di questa pozza di coscienza, c'è il misterioso fermento ciclico che non è osservabile come vita e come morte, ma semplicemente come un “E’“, in costante espansione.
E là è dove siamo diretti, per completare la nostra esistenza fisica temporale sul pianeta terra. E da lì è dove siamo tutti arrivati. Lo stato supremo, eterno, infinito. Di tutti i tempi e di nessun tempo. Ecco cosa ha in serbo per noi la morte: è veramente una grande iniziazione!
Julian Rose
fonte: http://www.zengardner.com/great-initiation-called-death/
traduzione e adattamento Cristina Bassi, per www.thelivingspirits.net
http://www.thelivingspirits.net/sulla-morte-e-le-altre-vite/quella-grande-iniziazione-chiamata-morte.html
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