Il 7 e 8 giugno del 2000 si
tenne un Meeting segreto di oltre 50 individui del CDC, OMS, NIH,
American Academy of Pediatrics con altri rappresentanti delle lobby
farmaceutiche per discutere i dati del CDC Vaccine Data Sets che aveva
dimostrato come l’aumento di esposizione al mercurio contenuto nei
vaccini aveva incrementato di 11 volte il numero dei bambini con disordini neurocomportamentali.
Pertanto, il Memo di Simpsonwood
è la trascrizione letterale di tutto ciò che è stato affermato
durante questo convegno medico tenutosi nelle vicinanze di Norcross in
Georgia.
Il CDC, o Center for Desease Control, è
l’organizzazione governativa americana che gestisce la poco invidiabile
situazione di aiutare a sviluppare i vaccini, contribuire al loro
sviluppo, pagare per la loro somministrazione, essere responsabile per
la loro sicurezza, raccogliere e diffondere i dati sul pericolo e sulla
diffusione delle malattie: “una volpe a guardia di un pollaio”.
Allarmati dal crescente movimento di
protesta contro i potenziali danni da vaccino, il CDC organizzò quindi
un convegno “interno”, di consultazione fra esperti, al quale
parteciparono più di 50 specialisti di immunologia e tossicologia venuti
da ogni parte d’America.
Al centro della discussione furono posti i risultati di una ricerca, il cosiddetto “Verstraeten Study” [pubblicato su Pediatrics solo nel 2004 dopo innumerevoli manipolazioni),
che inizialmente suggeriva una diretta correlazione fra vaccini a base
di mercurio [Thimerosal] e malattie infantili
neurodegenerative [autismo, ritardi nello sviluppo del linguaggio, tic,
disturbi neurologici etc. etc.].
Lo studio di Verstraeten era
particolarmente interessante poichè aveva preso in esame un totale di
ben 110.000 bambini, attingendo le informazioni direttamente dal Safety
Datalink, ovvero il database medico nazionale, suddivisi in due HMO:
Northern California Kaiser [NCK] e Group Health Cooperative [GHC].
Nacque così un documento dattiloscritto
di quasi 300 pagine dove, nei due giorni di convegno, nessuno ha mai
affermato l’esistenza certa di un legame fra autismo e vaccini, così
come molti partecipanti giudicarono i dati disponibili “non sufficienti a stabilire una diretta correlazione fra mercurio [Thimerosal] e autismo“.
Tuttavia, è proprio dall’imbarazzo
generale, dagli incomprensibili giri di parole, dagli innumerevoli
tentativi di arrampicarsi sugli specchi, dai continui dubbi espressi – e
soprattutto dalle “istruzioni finali” ricevute dai convenuti – che si
coglie lo spessore innegabile del conflitto che si veniva a creare fra
gli interessi economici dei produttori di farmaci, la necessità di
garantire la sicurezza per la salute dei bambini da vaccinare, e la
percezione del danno ormai avvenuto in tutta la sua gravità.
[Pag. 40] Dr. Verstraeten:
“Abbiamo trovato una relazione statisticamente significativa tra le esposizioni [ai vaccini] e gli esiti [di tipo autistico] per tre diversi tipi di esposizioni ed esiti. Nel primo caso [con la somministrazione] a due mesi di età, c’era un non specificato ritardo nello sviluppo, che ha il suo codice ICD9 specifico. Per l’esposizione a tre mesi, tic nervosi. Per l’esposizione a sei mesi, sindrome da deficit di attenzione. Esposizione a 1, 3 e 6 mesi: ritardi nel linguaggio e nella parola, con due codici ICD9 separati. Esposizione a 1,3 e 6 mesi: tutta la categoria di ritardi nello sviluppo neurologico, che include tutti questi disturbi più un certo numero di altri disturbi“.
[Pag. 42] Dr. Verstraeten:
“Una cosa è certa: c’è sicuramente una sottovalutazione [di tutti questi dati] perché alcuni dei bambini semplicemente non sono ancora abbastanza grandi per poterli diagnosticare. Quindi il tasso crudo di incidenza è probabilmente molto più basso di quello che ci si può aspettare, perché la coorte è ancora molto giovane“.
[Pag. 44] Dr. Verstraeten:
“Parliamo dei ritardi nell’uso della parola, che è il disturbo più diffuso in questa categoria di ritardi di tipo neurologico. Il test generale del trend è altamente significativo, statisticamente, al di sopra di uno“.
[Pag. 68] Dr. Verstraeten:
“Nei nati prematuri il trend è significativo, e troviamo un rischio relativo fino [ai valori] 2 e 3, dove quelli che hanno ricevuto più Timerosal sono più a rischio di quelli che hanno ricevuto il vaccino combinato.
[Pag. 198] Dr. Johnson:
“Questa associazione [fra vaccini e sindromi di tipo autistico] mi porta a favorire la raccomandazione che i bambini fino a due anni non vengano inoculati con vaccini contenenti Timerosal, qualora vi siano valide alternative disponibili. Io mi occupo di rapporti di causalità, e mi sembra abbastanza chiaro che i dati non siano sufficienti nè in un senso nè nell’altro. Se volete la mia impressione, la cosa mi preoccupa abbastanza. Chiedo scusa per questo commento personale, ma ho ricevuto una chiamata di emergenza, e mia nuora ha appena avuto un figlio nella sezione-C. E’ il primo maschio in famiglia della prossima generazione, e non voglio che questo mio nipote riceva nessun vaccino con Timerosal finchè non ne sapremo di più. Ci vorrà probabilmente molto tempo. Nel frattempo, e mi rendo conto che vi saranno probabilmente implicazioni a livello internazionale, ma nel frattempo penso che mio nipote debba ricevere solamente vaccini senza Timerosal“.
[Pag. 207] Dr. Weil:
“Il numero di associazioni [diagnosi di tipo autistico] dovute alle inoculazioni è lineare, ed è statisticamente significativo. Possiamo girarci intorno finché vogliamo, ma sono lineari. Sono statisticamente significative“.
[Pag. 229] Dr. Brent:
“I risultati medico-legali di questa ricerca, che siano di tipo causale o meno, sono orrendi. E’ quindi importante che vengano eseguiti degli studi epidemiologici, farmacocinetici e studi su animali. Se qualcuno sostenesse che questi risultati neuro-comportamentali dei bambini sono causati da vaccini che contengono il Timerosal, si troverebbe subito uno scienziato da due lire pronto a sostenere questa tesi “con un ragionevole grado di certezza”. Ma non troverete di certo un solo scienziato, con un minimo di integrità morale, disposto a sostenere il contrario, di fronte ai dati disponibili. Questa è la verità. Siamo quindi in una brutta posizione, se dovessimo trovarci a difenderci da una qualunque causa in tribunale, e questo mi preoccupa“.
[Pag. 247] Dr. Clements:
“Io ho come la sensazione che siamo partiti a tutta velocità con una barca verso un braccio della palude, senza che vi sia stata prima una discussione su quale direzione prendere. Potrò anche offendere qualcuno fra i presenti, ma dico che forse questo studio non andava fatto del tutto, perché il risultato, in una certa misura, era prevedibile, e ora siamo tutti lì senza sapere cosa fare. Questo anche se ho sentito che la maggior parte dei consulenti non si dice convinta di un diretto collegamento causale fra il Timerosal e le varie diagnosi di tipo neurologico. Mi rendo conto che il modo in cui tratteremo la cosa da qui in avanti è estremamente problematico. Ormai siamo arrivati ad un punto che dobbiamo affrontare la questione, e anche se questo comitato decidesse che non vi sono associazioni [fra vaccini e autismo], il lavoro fatto finirà in mani altrui grazie al FOIA, ed il modo in cui sarà usato non è più sotto il controllo di questo gruppo. Io sono molto preoccupato, perché penso che sia ormai troppo tardi per fare qualunque cosa, indipendentemente da quello che possa dire qualunque associazione professionale“.
Questo documento rappresenta l’ammissione
indiretta da parte del Governo americano che il Thimerosal ha
danneggiato i bambini. Il team aveva calcolato il “rischio relativo” per
un certo numero di effetti, basandosi sulla diversa esposizione dei
bambini, come affermato da Verstraeten. In
altre parole, avevano determinato la probabilità che si verificasse un
effetto neurologico a ogni aumento dell’esposizione [0 – 12,5 – 25 –
37,5 – 50 – 62,5 microgrammi ed oltre].
Quello che queste stime suggeriscono è
che sembra esserci un trend in aumento, un aumento del rischio per
ciascuno di questi effetti neurologici e comportamentali nei bambini con
l’esposizione maggiore rispetto ai bambini che hanno ricevuto poco
mercurio o addirittura nulla.
I ricercatori dapprima avevano combinato
un certo di effetti sotto una categoria generale chiamata “disordini
neurologici e dello sviluppo”, che includeva l’autismo, trovando un
aumento del rischio a fronte di un aumento dell’esposizione cumulativa a
1 mese, 3 mesi e 6 mesi d’età.
Quando la categoria NDD
[Neurological Developmental Disorders – disturbi generalizzati dello
sviluppo neurologico] è poi stata divisa in effetti individuali, il team
aveva trovato ancora una relazione statisticamente significativa tra i
sintomi e l’esposizione a 3 mesi.
Per l’ADD [Attention
Deficit Disorder – disturbo dell’attenzione] una relazione era stata
trovata con l’esposizione a 6 mesi; per i ritardi del linguaggio la
relazione era stata trovata a 1, 3 e 6 mesi; e per i “ritardi non
specificati” la correlazione era stata trovata con l’esposizione a 2 e 3
mesi.
Molti degli aumenti di rischio
erano solo moderatamente elevati, ma il trend era inequivocabile e molti
risultati erano statisticamente significativi.
L’aumento
del rischio per il disordine neurologico e dello sviluppo per ogni
microgrammo di esposizione a 3 mesi era calcolato in 1,007, cioè in un
trend dello 0,7% di aumento del rischio per microgrammo. Come Verstraeten
spiegò, se si va da 12,5 a 62,5 microgrammi di esposizione cumulativa
al mercurio nei primi 6 mesi di vita, allora ci sarebbe un aumento di 50
microgrammi. Noi dobbiamo moltiplicare questo numero [1,007 o lo 0,7%]
per 50 e questo starà a significare un rischio relativo dell’1,35 per
questa categoria.
In altre parole, i bambini esposti a 62,5
microgrammi avevano il 35% di possibilità in più di sviluppare un
disordine dello sviluppo e neurologico rispetto ai bambini esposti a
12,5 microgrammi.
Il rischio elevato di 1,64 era
considerato statisticamente significativo perché il margine d’errore [il
95% di intervallo di fiducia] rimaneva sopra un rischio di 1,0.
Quando il team aveva suddiviso la categoria generale NDD in effetti individuali, aveva trovato quanto di seguito illustrato.
Per il disordine da deficit dell’attenzione [ADD],
aveva trovato una risposta statisticamente significativa
dose-dipendente per l’esposizione a 6 mesi d’età. L’aumento di rischio
relativo per ogni microgrammo di etilmercurio era 1,006 o lo 0,6%.
Quindi un bambino che aveva ricevuto 62,5 microgrammi dai 6 mesi di età
aveva il 30% di possibilità in più [RR 1:30] di sviluppare ADD
rispetto a un bambino che aveva ricevuto 12,5 microgrammi [perché lo
0,6% moltiplicato per 50 microgrammi genera il risultato di 0,30].
Allo
stesso modo, un aumento del rischio statisticamente significativo per i
disordini del linguaggio era stato trovato a 1 mese [RR 1,019 o un
trend dell’1,9% per microgrammo], a 3 mesi [RR 1,021 o 2,1% per
microgrammo], a 6 mesi di età [RR 1,006 o 0,6% per microgrammo].
Il risultato a tre mesi di esposizione era piuttosto allarmante.
Usando gli stessi esempi della
differenziazione con 50 microgrammi, i bambini che avevano ricevuto 62,5
microgrammi di etilmercurio da 3 mesi d’età, confrontati con i bambini
che ne avevano ricevuti 12,5, avevano un rischio elevato di 2,10, cioè
avevano il 110% di possibilità di sviluppare disordini del linguaggio.
Un aumento del rischio per microgrammo di
esposizione era stato anche trovato per il ritardo della parola: a 1
mese [RR 1,011], a 3 mesi [RR 1,008], a 6 mesi [RR 1,002]; ritardi non
specificati a 2 mesi [RR 1,005], a 3 mesi [RR 1,007]; tic a 3 mesi [RR
1,021].
Alcuni di questi sono al limite in maniera significativa e per alcuni di loro la statistica è veramente molto significativa.
Per l’AUTISMO,
il rischio relativo a 3 mesi di età nel gruppo a più alta esposizione
era stato calcolato in 1,69, cioè questi bambini avevano il 69% di possibilità in più
di sviluppare l’autismo rispetto al livello base che in questo caso
erano i bambini che avevano ricevuto meno di 37,5 microgrammi di
mercurio.
I dati però non erano statisticamente
significativi perché il margine di errore [95% di intervallo di fiducia]
scendeva al di sotto del rischio 1,0, il che significava che i
risultati avrebbero potuto anche essere dovuti al caso.
Il team dei CDC aveva condotto un
segmento di fase II di questo studio. Avevano raccolto dati da un terzo
HMO al di fuori del sistema Vaccine Safety Datalink, l’Harvard Pilgrim
in Massachusetts. Gli studiosi volevano vedere se le loro scoperte nei
primi due HMO potevano essere riprodotte in un terzo. Le analisi di
questi dati effettuate utilizzando gli stessi metodi del primo studio
non hanno confermato i risultati visti nella prima fase.
Anche se i CDC non avevano ripetuto le
scoperte nell’HMO Harvard Pilgrim e anche se non avevano potuto
dimostrare un legame definitivo con l’autismo, il fatto che avessero
associato il Thimerosal con altri disordini neurologici non aveva
precedenti nella storia della medicina ed equivaleva ad una chiara
ammissione del danno procurato.
Il gruppo di lavoro ha espresso
impressione unanime secondo cui le scoperte sostengono una associazione
statisticamente significativa, sebbene fievole, ma le implicazioni, per
ovvie ragioni, sono profonde.
Da questo primo pezzo di evidenza
scientifica ufficiale è nata la prova del danno che, ad oggi e dopo
numerosi studi rigorosi, non è più possibile nascondere.
Non c’è più alcun dubbio che i vaccini possono causare l’Autismo e i genitori hanno ragione quando raccontano la loro storia: i governi devono smettere di giocare con le parole, mentre sempre più bambini continuano ad essere danneggiati.
29 luglio 2015
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