Renzi? E’ senza dubbio giovane, ma che sia nuovo è dubbio: è in politica
fin dai tempi della rappresentanza di classe nel liceo. Poi ha
prosperato a lungo nella Margherita e, come suo esponente, divenne
presidente della Provincia di Firenze. Per un motivo elementare: i Ds
avevano allora il presidente della Regione (Martini) e il sindaco di
Firenze (Domenici). Perciò alla Margherita “spettava” la presidenza
della Provincia. «L’indubbia capacità di Renzi si rivelò
nell’eliminazione della concorrenza interna», annota Pancho Pardi. Ora
Renzi si esibisce tra i fautori più convinti dell’eliminazione delle
province? «Sarà l’effetto dell’esperienza diretta. Ma a suo tempo usò
sapientemente la presidenza come trampolino di lancio per la candidatura
a sindaco di Firenze». Inoltre, della sua legislatura in Provincia «si
ricorda una lunga serie di mostre ed eventi culturali di mezza tacca, il
cui centro unificatore era il logo: Il Genio Fiorentino. Al di là
dell’insopportabile retorica fiorentinocentrica, passava il messaggio
subliminale: il Genio era lui».
Nella
vulgata renziana, continua Pardi in un intervento ripreso da
“Micromega”, la sua candidatura a sindaco «passa come atto di coraggio:
ingigantisce la difficoltà di sfidare una nomenclatura cittadina esausta
per sopravvalutare il successo della sua parte di nomenclatura». Sulle
sue gesta da sindaco è istruttiva la lettura di Tomaso Montanari, “Le
pietre e il popolo” (Minimum Fax, 2013). «Voleva rivestire il San
Lorenzo con una facciata posticcia; e bucare la Battaglia di Marciano
per trovarvi sotto un improbabile Leonardo. La logica pubblicitaria
domina: piazza della Signoria affittata per le nozze di un ricchissimo
sultano, il Ponte Vecchio concesso alla festa della Ferrari. Ma questo è
colore». La sostanza, continua Pardi, è l’assenza di una qualsiasi
logica di governo del territorio. «Firenze è presentata come città a sviluppo
edilizio zero, ma ci si dimentica di dire che il piano strutturale
acquisisce come dato di partenza tutte le procedure insediative avviate
in precedenza: una massa enorme di spazi è già impegnata».
Secondo
Pardi, anche il delicatissimo sottosuolo di Firenze è minacciato. «Si
può sperare che i numerosi parcheggi sotterranei nel centro storico
restino allo stadio di minaccia. Ma il sottopasso dell’alta velocità è
un danno certo. Gli abitanti della striscia di città interessata stanno
già preparando le cause civili. Qui il coraggio del sindaco tace».
Eppure, la “tecnica del trampolino” sembra proprio funzionare: «Chi ha
scelto il mestiere più bello del mondo dovrebbe portarlo a termine e
sottoporsi al giudizio dei cittadini per il secondo mandato. Renzi
invece vuole bruciare le tappe e prima di finirlo vuole già cominciare
un altro lavoro che gli appare ancora più bello». Per fare cosa? «Basta
sentirlo parlare. Presenta il responso delle primarie come il momento
definitivo in cui comincia l’avvenire. L’egotismo forse supera perfino
quello di Berlusconi».
Renzi? E’ senza dubbio giovane, ma che sia nuovo è dubbio: è in politica
fin dai tempi della rappresentanza di classe nel liceo.Poi ha prosperato a lungo nella Margherita e, come suo esponente, divenne presidente della Provincia di Firenze.
Per un motivo elementare: i Ds avevano allora il presidente della Regione (Martini) e il sindaco di Firenze (Domenici). Perciò alla Margherita “spettava” la presidenza della Provincia. «L’indubbia capacità di Renzi si rivelò nell’eliminazione della concorrenza interna», annota Pancho Pardi.
Ora Renzi si esibisce tra i fautori più convinti dell’eliminazione delle province? «Sarà l’effetto dell’esperienza diretta. Ma a suo tempo usò sapientemente la presidenza come trampolino di lancio per la candidatura a sindaco di Firenze». Inoltre, della sua legislatura in Provincia «si ricorda una lunga serie di mostre ed eventi culturali di mezza tacca, il cui centro unificatore era il logo: Il Genio Fiorentino. Al di là dell’insopportabile retorica fiorentinocentrica, passava il messaggio subliminale: il Genio era lui».
Nella vulgata renziana, continua Pardi in un intervento ripreso da “Micromega”, la sua candidatura a sindaco «passa come atto di coraggio: ingigantisce la difficoltà di sfidare una nomenclatura cittadina esausta per sopravvalutare il successo della sua parte di nomenclatura». Sulle sue gesta da sindaco è istruttiva la lettura di Tomaso Montanari, “Le pietre e il popolo” (Minimum Fax, 2013). «Voleva rivestire il San Lorenzo con una facciata posticcia; e bucare la Battaglia di Marciano per trovarvi sotto un improbabile Leonardo. La logica pubblicitaria domina: piazza della Signoria affittata per le nozze di un ricchissimo sultano, il Ponte Vecchio concesso alla festa della Ferrari. Ma questo è colore».
La sostanza, continua Pardi, è l’assenza di una qualsiasi logica di governo del territorio. «Firenze è presentata come città a sviluppo edilizio zero, ma ci si dimentica di dire che il piano strutturale acquisisce come dato di partenza tutte le procedure insediative avviate in precedenza: una massa enorme di spazi è già impegnata».
Secondo Pardi, anche il delicatissimo sottosuolo di Firenze è minacciato. «Si può sperare che i numerosi parcheggi sotterranei nel centro storico restino allo stadio di minaccia. Ma il sottopasso dell’alta velocità è un danno certo. Gli abitanti della striscia di città interessata stanno già preparando le cause civili.
Qui il coraggio del sindaco tace». Eppure, la “tecnica del trampolino” sembra proprio funzionare: «Chi ha scelto il mestiere più bello del mondo dovrebbe portarlo a termine e sottoporsi al giudizio dei cittadini per il secondo mandato. Renzi invece vuole bruciare le tappe e prima di finirlo vuole già cominciare un altro lavoro che gli appare ancora più bello».
Per fare cosa? «Basta sentirlo parlare. Presenta il responso delle primarie come il momento definitivo in cui comincia l’avvenire. L’egotismo forse supera perfino quello di Berlusconi».
fonte: http://www.libreidee.org/2013/12/chi-e-davvero-matteo-renzi-quello-che-firenze-insegna/
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