domenica 22 dicembre 2013

La Turchia è nella trappola d'armi

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© Collage: «La Voce della Russia»

Soltanto a partire dal giugno del 2013 la Turchia ha fornito ai ribelli siriani 47 tonnellate di armamenti, hanno comunicato i mass media turchi citando la banca dati dell'ONU sul commercio estero U.N. Comtrade. Le rivelazioni hanno suscitato una vasta eco e le autorità ufficiaci ad Ankara hanno spiegato di aver fornito soltanto schioppi a pallini e fucili d caccia. Come è noto, la Turchia in pratica è apertamente a favore del rovesciamento del regime di Bashar al-Asad in Siria, sostenendo i ribelli nel paese vicino.


 
Tuttavia il sostegno degli islamisti con le forniture d'armi a loro può ritorcersi contro la stessa Turchia. Intanto questa non è per niente la prima prova della fornitura d'armi in Siria. Nella provincia turca di Konya sono state fermate tre persone legate ad al-Quaeda. A loro sono stati sequestrati 250 chili di sostanze utilizzate per la fabbricazione degli esplosivi. Alla pari del ministro delle Difesa della Turchia, che aveva negato l'uso per scopi militari del carico, i fermati hanno sostenuto di utilizzare queste sostanze per il lavaggio dei panni.

Nel corso dell'interrogatorio si è scoperto che le sostanze erano destinate per la spedizione in Siria. In totale quest'anno in Turchia sono state fermate 25 persone, tra l'altro anche affiliate di al-Quaeda, con l'accusa di spedizione d'armi nel territorio siriano. Inoltre è noto che sul territorio della Turchia sono presenti i campi di addestramento delle formazioni militari per la conduzione dei combattimenti sul territorio della Siria.

Finora la Turchia chiudeva un occhio sull'infiltrazione libera, passando tramite il suo territorio, degli islamisti oltranzisti diretti in Siria. Tuttavia un mese fa il Ministero degli Esteri turco ha riconosciuto ufficialmente che dalla parte dell'opposizione siriana stanno combattendo anche cittadini turchi. Stanislav Tarasov, direttore del Centro studi del Medio Oriente e del Caucaso dell'Istituto internazionale dei nuovissimi stati, ritiene che dopo il fallimento del formato europeo - americano dei negoziati nell'ambito del cosiddetto club Amici della Siria, la Turchia si troverà a tu per tu con il problema degli scontri armati a ridosso dei propri confini.
 Inizialmente intervenendo come apostolo della democrazia e chiedendo il rovesciamento del regime autoritario in Siria, la Turchia si posizionava come apripista per poi essere relegata in coda. In fin dei conti è stata buttata fuori dal processo politico poiché l'accordo principale è stato raggiunto tra l'America e la Russia. E ora è costretta a ricucire gli strappi della sua politica fallimentare.
L'escalation del conflitto minaccia di destabilizzare sia la Turchia, sia i paesi confinanti, ritiene l'esperto.
Gli scontri armati avvengono in prossimità dei confini con la Turchia, tanto che a volte questi territori a ridosso del confine sono colpiti dal fuoco di mortai e di artiglieria. Mentre prima Ankara accusava damasco, ora, secondo le valutazioni degli osservatori occidentali si tratta di un tentativo dei gruppi oltranzisti islamisti di allargare il fronte della loro lotta e coinvolgere la Turchia negli scontri armati, e costringere l'esercito turco all'intervento nel territorio della Siria. Sarà condotta l'escalation del conflitto che potrebbe coinvolgere i paesi confinanti – Iraq e Iran.
Viktor Nadein-Raevskij, turcologo russo, professore dell'Istituto dell'economia mondiale e di relazioni internazionali dell'Accademia Russa della Scienze è convinto che gli aiuti ai ribelli, soprattutto alle frange islamiste, creerà problemi alla Turchia:
Per quanto riguardano le forniture noi vediamo soltanto la punta dell'iceberg. Queste forniture senz'altro sono state più massicce. Quegli schioppi a pallini per la caccia che avrebbe fornito la Turchia, – sono favole. Perché laggiù l'unica caccia ancora aperta è quella agli avversari politici. E' un fenomeno pericoloso per la stessa Turchia. Lo stesso intervento nel conflitto interno siriano ha svegliato quelle forze politiche interne in Turchia e quegli strati della popolazione che prima erano sotto stretta sorveglianza delle forze dell'ordine. Ad esempio, aleviti turchi – sono parenti degli alawiti siriani.
Oltre agli aleviti, possono ribellarsi anche i curdi che si sono trovati coinvolti negli avvenimenti in Siria. Nel Nord-Est del paese vive grande comunità curda che ha proclamato la propria autonomia. Secondo il parere Nadein-Raevskij, le forniture d'armi ai ribelli siriani comportano un pericolo molto serio, fino alla disintegrazione della Turchia.
 L'opposizione siriana armata, la sua componente islamista, si comporta in modo insolente e sfacciato sul territorio della Turchia. Rapine e violenze nelle zone situate a ridosso del confine sono diventate una norma, non solo nelle zone lungo il confine, ma anche nei territori interni della Turchia. Si è creata la situazione quando qualsiasi aiuto agli avversari di al-Assad da parte del governo turco contribuisce alla disintegrazione della stesa Turchia e questo pericolo è molto serio.
Cosicché la Turchia, aiutando le forze d'opposizione in Siria, piazza una mina a orologeria. Tutte le speranze sono deposte negli accordi che probabilmente si riuscirà a raggiungere a un ennesimo incontro nell'ambito di "Ginevra-2", fissato per il 22 gennaio.


Ksenia Fokina, Redazione Online
 

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