La testimonianza di un manifestante
Già a 8 giorni dall’inizio della protesta dei forconi il movimento si
era già spaccato. Prima hanno cercato di emarginarla, dicendo che “non
rappresentava il popolo” (Letta, Kyenge ecc) poi vedendo che il consenso
non accennava a diminuire, anzi aumentava, hanno cercato di
stigmatizzarla sventolando lo spauracchio della repressione e delle
“infiltrazioni fasciste” (Alfano, Letta), infine, complici certi fautori
del movimento stesso, si è cercato un accordo politico. Il divide et
impera ha avuto successo ancora una volta e si è forse persa
un’occasione per fare fronte unico e dimostrare al palazzo che l’attuale
politica, costante da anni, non è rappresentativa degli interessi della
Nazione, che è lontana anni luce dall’esigenze della popolazione.
Sono stato in piazza, per strada, in città diverse (Como e Lecco), e
ho visto studenti, disoccupati, pensionati, lavoratori precari e non,
impugnare quella che dovrebbe essere la bandiera di noi tutti, il
Tricolore, e farne strumento di comunanza, di appartenenza ad un popolo,
come mai è accaduto prima. Per una volta è sembrato che le diverse fedi
politiche fossero venute meno, di fronte al comune malcontento anche se
a Como ad un certo punto ho sentito intonare, sottovoce e da pochi a
dire il vero, “bella ciao”, ma è stato un episodio marginale di breve
durata, per fortuna. Le persone coinvolte, che hanno subìto questa
manifestazione, hanno largamente condiviso e solidarizzato con la
protesta applaudendo, dicendo “bravi siamo con voi” dal finestrino,
fermandosi e unendosi anche per 10 minuti o mezz’ora, portando la loro
testimonianza anche solamente chiacchierando dall’auto, dal camion o dal
furgone.
Professionisti, artigiani, operai, commercianti per una volta tutti
uniti per dire basta. Perché la realtà è questa: si fa fatica ad
arrivare a fine mese, per chi riesce ad arrivarci, oberati dalle tasse,
preda di un governo imbelle che non è capace neanche di fare un decreto
serio sul lavoro; basterebbe farsi un giro agli uffici di collocamento
per vedere le code di persone, parlare con la gente per rendersi conto
della situazione. Invece alcune categorie (solo mentali) di persone,
vivendo in una realtà disconnessa dal mondo reale, parallela, non hanno
saputo fare di meglio che definire chi protesta come “4 sfigati”,
supportati da alcuni politici di una ben nota parte, la solita, che
hanno definito il movimento come “mafioso” (nientemeno!). Ebbene
tralasciando il cortocircuito mentale di costoro, dei veri relitti
dell’ideologia, preda ancora della convinzione che “la piazza se non è
rossa è fascista”, convinti che il Tricolore sia una bandiera di destra,
dato che la loro è ancora, come è sempre stata, la bandiera
dell’internazionale socialista, devo ammettere che si sta perdendo
l’occasione di fare fronte unico: non a causa degli “infiltrati”, dato
che in giorni di presidi sparsi a macchia di leopardo in tutta Italia i
cosiddetti infiltrati ci sono sempre stati e non è successo mai nulla,
ma perché sembra che alcuni ideatori del movimento abbiano deciso di
abbandonare il carattere “rivoluzionario” per venire incontro ai propri
desideri più o meno politici, forse in cerca di un posto al Sole
anch’essi.
Apro, sempre per parlare della distanza tra il mondo reale e costoro,
una piccola parentesi: recentemente sono stato a una conferenza dalla
FIOM/CGIL a Lecco, per una questione locale (il caso Leuci), presieduta
dalle forze politiche di sinistra (PD, Rifondazione, SEL) in cui, era
presente anche un avvocato giuslavorista per parlare di diritti
costituzionali del lavoro; ebbene costui, di cui non farò il nome per
pietà nei suoi confronti, davanti a una quindicina di operai che sono da
6 anni in cassa integrazione e che da gennaio prossimo saranno senza un
lavoro, non ha saputo dire altro di meglio che “occorre che nella
costituzione ci siano articoli come ‘ garantire a tutti il ben vivir ‘ o
‘ vietato odiare ‘ come nella costituzione dell’Ecuador”. Follia pura.
Credo sia offensivo dire certe farneticazioni davanti a persone che da
gennaio saranno disoccupate; ma da un punto di vista meramente politico è
un bene che costoro siano così distaccati dalla realtà: saranno sempre
più emarginati dalla classe operaia e lasceranno un vuoto che dovremo
colmare per sostituirci a certi soloni, anzi, il vuoto si sta già
aprendo dato che alcuni tra gli operai presenti hanno aspramente
bacchettato i rappresentanti sindacali e politici presenti arrivando a
dire che sono sfiduciati e che i sindacati non fanno più i loro
interessi (meglio tardi che mai, verrebbe da dire).
Torno al discorso principale. Qualche giorno fa c’è stata la presa di
distanza da chi avrebbe voluto che la piazza fosse una sola,
indipendentemente da chi vi partecipa, il dire “non vogliamo Casapound
alla manifestazione ne faremo una nostra” assume il suo vero connotato:
quello di resa alle dinamiche di un Governo che ha paura della protesta e
sta cercando di rendere appetitoso un piatto che dovrebbe essere
indigesto; del resto anche i Romani se non riuscivano a vincere
combattendo, usavano accordi commerciali “corrompendo” col denaro e
l’opulenza chi si dimostrava ribelle. Ora attendo che venga loro
proposto un ruolo istituzionale, che vengano invitati a qualche
concertazione, che mangino da quel piatto in cui sino all’altro giorno
non volevano mangiare, il tutto per raggiungere il loro posto di spicco
nella società: pena infinita.
Occorre che questa protesta riassuma il carattere col quale era
partita: nazionale, al di là delle differenti idee politiche di
provenienza, superare le mere dinamiche partitiche, riprendersi la
sovranità di popolo attraverso lo stringersi intorno alla nostra
bandiera, per far capire a chi si trova nel palazzo che non si può
dividere un movimento che rappresenta un popolo intero; sarà molto
difficile, soprattutto perché persistono certi pensatori da salotto che
osteggiano e deridono questa rivolta, perché si è sventolato addirittura
lo spauracchio dell’antisemitismo (assurdo) per cercare di allontanare
le persone dal movimento, ma se non altro, forse si è gettato il seme
per una futura presa di coscienza che potrebbe portare ad un vero
cambiamento: sempre che abbandoniate il portatile e il divano.
Paolo Mauri
http://www.ilprimatonazionale.it/2013/12/26/cosa-resta-del-9-dicembre/
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