Semi proibiti e nuovi vincoli per l’orticoltura. L’11 dicembre è
scaduto il termine che i deputati del Parlamento Europeo avevano per
presentare emendamenti al testo con il quale la Commissione di Barroso
intende introdurre una nuova regolamentazione per il mercato delle
sementi.
Un testo molto criticato dalle associazioni che raccolgono le
realtà contadine di base che si battono per un’agricoltura sostenibile,
per la libera circolazione dei semi e per la preservazione della
biodiversità.
Il nuovo regolamento, infatti, punta a sostituire 12
precedenti direttive europee.
Secondo l’associazione europea “Seed
Freedom”, sono in arrivo «condizioni ancora più limitative e ulteriore
standardizzazione delle sementi». Lo scambio dei semi «conoscerà nuove
restrizioni». Conseguenza: «Ciò che costituisce la base del nostro cibo
diventerà parte di regole di mercato». Per le varietà locali, gli
ortaggi rari e i frutti antichi, il nuovo regolamento «significherà
barriere burocratiche ed economiche che saranno molto difficili da
oltrepassare», mentre «diventerà più complicato anche l’accesso alle
varietà biologiche».
Probabilmente, spiega Giovanni Fez su “Il Cambiamento”, la commissione agricoltura del Parlamento voterà sul testo a gennaio 2014 e qualche mese dopo
ci sarà la votazione in plenaria prima che venga adottata la decisione
definitiva dal Consiglio d’Europa. “Seed Freedom” chiama quindi a
raccolta tutti i cittadini
affinché facciano pressione sulle istituzioni europee per non far
passare il testo così com’è stato redatto: «Con queste modalità spesso
si arriva ad ignorare la salute pubblica, la biodiversità e gli aspetti
etici della produzione alimentare e degli interessi comuni». E’ in pericolo anche l’economia locale dei territori, quella delle filiere corte. «Chi si prenderà a cuore gli interessi della società civile, dei cittadini,
degli agricoltori biologici e dei consumatori?».
Attenzione:
«L’uniformità genetica delle sementi non potrà mai risolvere il problema
della fame nel mondo; in molti casi questi semi non riescono ad
adattarsi alle condizioni locali e hanno bisogno di grandi quantità di
pesticidi e fertilizzanti». Al contrario, «l’agricoltura biologica,
biodinamica e tradizionale cerca di sviluppare varietà che diano
risposte alle esigenze del luogo e che si adattino alle condizioni
specifiche per produrre in maniera sostenibile».
Lo dimostra un recente progetto co-finanziato dalla stessa Unione Europea attraverso il programma Alcotra (cooperazione franco-italiana), che in due anni ha creato “una rete per le biodiversità transfrontaliere”,
varietà locali di ortaggi tradizionalmente coltivati in Piemonte e in
Provenza, grazie all’impegno di agricoltori-custodi che hanno
salvaguardato le specie, scongiurandone l’estinzione.
Può apparire un
impegno hobbystico, ma non lo è: la lotta contro l’erosione genetica
degli ortaggi garantisce un’offerta più ampia verso il consumatore
locale, fatta di prodotti veramente a chilometri zero, con un taglio
netto al costo dei trasporti e all’impatto negativo – anche ecologico –
della grande distribuzione, a tutto vantaggio delle economie locali e
degli stessi consumatori, a cui si offrono prodotti sani, di stagione,
coltivati senza pesticidi. A coordinare il progetto sono stati centri di
ricerca francesi come il Grab di Avignone (agricoltura biologica) e la
stessa Aiab, associazione italiana per l’agricoltura biologica.
Obiettivo del progetto: il libero scambio di semi tra contadini italiani
e francesi, per mettere al riparo – una volta per tutte – l’immensa ricchezza costituita dalla biodiversità coltivata negli orti.
In Italia a battersi per la modifica del testo di Bruxelles
è ora la Rete Semi Rurali. «La revisione attuata dalla Commissione
Europea deve tenere in considerazione quegli agricoltori e quei cittadini-consumatori
che, ad oggi, sono stati dimenticati dalla legislazione». Infatti, «chi
cerca varietà locali, tradizionali, non uniformi o con particolari
caratteristiche organolettiche o qualitative non può trovarle sul
mercato, a causa di una legislazione troppo restrittiva».
Inoltre, la
nuova normativa sementiera «deve rispettare gli obblighi internazionali
firmati dall’Unione Europea
e in particolare il trattato Fao sulle risorse genetiche agricole per
l’alimentazione e l’agricoltura, favorendo l’uso sostenibile della
diversità agricola, tutelando i diritti
degli agricoltori e garantendo l’accesso facilitato per fini di ricerca
e sperimentazione alle varietà commercializzate».
Le grandi lobby del
cibo, comprese le multinazionali degli Ogm, vedono la sovranità
alimentare dei territori come fumo degli occhi. Il guaio è che Bruxelles
si limita a prendere ordini da loro. Non resta che una mobilitazione
per tentare di sbarrare la strada a chi vuole cancellare la concorrenza
locale al grande business.
Ora, riassume “Il Cambiamento”, i prossimi
mesi saranno decisivi: dopo la tappa di gennaio «ci si giocherà
veramente tanto, perché non dimentichiamolo: chi controlla i semi,
controlla il cibo e quindi la vita».
fonte: http://www.libreidee.org/2013/12/ortaggi-vietati-sul-nostro-cibo-lultimo-diktat-dellue/
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