Un recente studio, con tutte le credenziali medico-scientifiche, correla i metalli pesanti, in particolare il cadmio, alla sindrome da affaticamento cronico, una patologia che il Dottor Donald Scott attribuisce al micoplasma,
per la precisione ad un micoplasma geneticamente modificato, molto
aggressivo. Quasi certamente le cause ed i cofattori dell’affezione sono
molteplici: è comunque assodato che i metalli pesanti (alluminio, bario, stronzio, ferro, manganese…)
sono all’origine delle patologie neurodegenerative. E’ anche sicuro che
la dispersione di nanoparticolato metallico, attraverso le quotidiane,
letali operazioni di geoingegneria clandestina, spiegano sia la sempre
maggiore diffusione di queste affezioni sia l’abbassamento dell’età in
cui insorgono. Nell’articolo che pubblichiamo è scritto che i soggetti
che rischiano di più sono quelli che vivono in aeree contaminate, cioè…
tutti.
La sindrome da affaticamento cronico (chronic fatigue syndrome) è un
disturbo dalle origine ancora oscure, caratterizzato da una spossatezza
prolungata e debilitante nonché da multipli sintomi non specifici, quali
cefalea, faringite ricorrente, dolori muscolari ed alle articolazioni,
disturbi del sonno, perdita di memoria, difficoltà di concentrazione
nonché da un malessere generale.
I sintomi per definizione si protraggono almeno per sei mesi, ma spesso
nella realtà per anni. Dall’Università di Firenze uno studio
internazionale ipotizza che la malattia sia la conseguenza
dell’esposizione al cadmio. Il gruppo di ricerca della Facoltà di
Medicina dell’Università di Firenze guidato dai Professor Gulisano e
Ruggiero, ha recentemente pubblicato un articolo scientifico sulla
prestigiosa rivista “Medical hypotheses” dove si ipotizza per la prima
volta una relazione tra esposizione al cadmio e sindrome da la sindrome
definita anche encefalomielite malgica.
Questa sindrome neurologica invalidante colpisce milioni di persone nel
mondo e si calcola che in Italia i malati siano nell’ordine delle
centinaia di migliaia, anche se purtroppo in molti di loro la patologia
non è correttamente diagnosticata. Infatti la diagnosi risulta incerta,
lunga e complessa e spesso i malati sono costretti a subire esami
diagnostici per mesi e mesi prima di arrivare alla diagnosi. Come per
molte affezioni neurodegenerative, le cause non sono note e la terapia,
spesso soltanto palliativa, ha scarsi risultati.
Il gruppo di ricerca fiorentino, nell’articolo pubblicato, ipotizza per
la prima volta un legame tra la malattia ed esposizione al cadmio. Il
cadmio è un metallo pesante cancerogeno molto diffuso nei paesi
industrializzati, che deriva dall’inquinamento urbano, dal’incenerimento
dei rifiuti, dai processi industriali, dal fumo di tabacco (e
soprattutto dalla geoingegneria clandestina - n.d.r.).
I ricercatori fiorentini, dopo aver dimostrato i danni indotti dal
cadmio sui neuroni umani, hanno messo a punto una tecnica ecografica
semplice e priva di rischi che permette di studiare la corteccia
cerebrale senza l’uso di radiazioni, in modo da evidenziare fenomeni di
infiammazione o di danno encefalico nei pazienti affetti da sindrome da
affaticamento cronico e nei soggetti esposti al cadmio. In questa
maniera, sarà possibile diagnosticare precocemente i danni neurotossici
conseguenti all’esposizione al cadmio (ad esempio, nei fumatori o nelle
persone che vivono in prossimità di aree inquinate, di impianti
industriali o inceneritori) ed individuare i sintomi della patologia in
modo da intervenire in modo tempestivo. Sarà anche possibile monitorare
la malattia e la risposta alle diverse terapie in via di sperimentazione
nel mondo, con l’auspicio di poter osservare una reversione del danno
cerebrale.
Il prestigio internazionale della rivista dove i ricercatori fiorentini
hanno pubblicato lo studio è testimoniato dalla presenza nel comitato
editoriale dei Premi Nobel Arvid Carlsson, John Eccles, Frank Macfarlane
Burnet e Linus Pauling, e del pioniere della filosofia della scienza,
Sir Karl Popper.
L’articolo, con le immagini relative, è reperibile sul sito della
rivista “Medical hypotheses” ed è inoltre stato immediatamente inserito
nel database della National Library of Medicine (N.I.H.) del Governo
degli Stati Uniti d’America.
Fonte: ambientebio.it
http://www.tankerenemy.com/2013/12/correlazione-tra-sindrome-da.html
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